A Kherson. La controffensiva ucraina è un fallimento: è ora che l’Ue lo dica
Di Alessandro Orsini.
La controffensiva ucraina è finalmente partita. Questo contrattacco ha creato una grande attesa ed è stato accompagnato da aspettative molto alte. Zelensky ha promesso che avrebbe scacciato i russi dal proprio territorio infliggendo loro una grande umiliazione. Lo stesso Biden aveva annunciato che la Russia avrebbe subito una sconfitta sul campo talmente pesante da porre fine al suo status di super-potenza. Le aspettative sono cresciute anche per le dichiarazioni iper-belliciste di Johnson, che aveva esortato gli ucraini a colpire il territorio russo con i missili occidentali, e da quelle dei principali capi di Stato europei, che, durante l’estate, avevano indicato la liberazione della Crimea come un obiettivo possibile e doveroso.
I fatti dicono che la controffensiva, almeno finora, è stata un fallimento. L’esercito di Kiev non ha la forza di cacciare i soldati russi da Kherson né tantomeno di liberare la Crimea. A dirlo è la stampa occidentale. Il problema è che bisogna saperla leggere attraverso un filtro sociologico perché quasi nessuna fonte occidentale ha il coraggio di riportare i fatti nella loro brutalità. In primo luogo, il Guardian e il Wall Street Journal hanno riportato una serie di interviste con soldati ucraini impegnati nella controffensiva, i quali hanno rivelato che non possono strappare intere regioni agli invasori perché il loro esercito è vistosamente inferiore a quello russo. In secondo luogo, il comandante supremo dell’esercito tedesco, il generale Eberhard Zorn, ha invitato ad abbassare le aspettative perché l’aviazione e la marina russe sono intatte e, quindi, Putin potrebbe aprire un secondo teatro di guerra se si trovasse in difficoltà. Ammesso che Putin arretri a Kherson, avanzerebbe altrove. Che gli eventi non stiano andando secondo le attese emerge anche dalle parole di Oleksiy Arestovych, consigliere presidenziale di Zelensky, il quale ha dichiarato che la controffensiva ucraina non ha il fine di liberare i territori occupati, bensì di indebolire le postazioni russe. Ma allora è un combattimento e non una controffensiva che, per definizione, implica un ribaltamento nei rapporti di potenza in favore del difensore. Chi scrive è schierato dalla parte dell’Ucraina, ma, come abbiamo detto tante volte, il compito delle Università nelle società libere è di smascherare tutti i tipi di propaganda, quella russa e quella dell’Ue giacché il fine dell’Università è la ricerca della verità.
Soffermiamoci sulla tecnica per manipolare l’opinione pubblica utilizzata dall’Ue e dai media dominanti. In primo luogo, i governi europei stabiliscono una serie di obiettivi altissimi per la Russia in modo da minimizzare tutti i suoi successi. È elementare: se la propaganda della Nato stabilisce in modo del tutto arbitrario che Putin aveva pianificato di occupare l’Ucraina in tre giorni, la conquista russa del Lugansk o di Mariupol non vale niente. In secondo luogo, i media dominanti stabiliscono una serie di obiettivi bassissimi per l’Ucraina. In tal modo, la conquista di un villaggio da parte di Zelensky diventa un trionfo militare. Questa massiccia manipolazione dell’informazione è necessaria all’Unione europea per convincere i cittadini che alimentare la guerra è meglio che cercare un accordo. I cittadini non devono capire che la Russia sta devastando l’Ucraina e non devono nemmeno sapere che la Russia sta combattendo con un braccio dietro la schiena, come lascia intendere il generale Zorn. Devono credere che l’Ucraina trionferà a breve conquistando il Donbass e pure la Crimea. Infine, devono credere che lo Stato russo andrà incontro alla dissoluzione.