By: Linux on Lunedì 29 Aprile 2002 05:15
Vorrei rispondere a James Glassman, ma visto che è più facile lo faccio a lei.....
Mi dica:
1) conta "qualcosa" nella statistica fatta da questo signore (o da chi per lui) che dal 1982 al 2000 l'america ha vissuto il più grosso bull market da 70 anni a questa parte?
2) è stata fatta un'analoga statistica prendendo come riferimento investitori di altri paesi (es. il Giappone dal 1990 in poi?)
Ovviamente le domande sono retoriche e penso già di sapere la risposta giusta:" Col senno di poi e tutto più facile..."
La statistica è una scienza, ma al contrario di quello che sono portati a pensare molti, non ha alcuna volontà previsionale!
L'analisi tecnica invece la definirei una forma di statistica esoterica, in cui dove alla fine (più che la tecnica) conta il feeling personale che ognuno ha col mercato...
A volte si fa' meglio del mercato, altre volte si fa' peggio....
Il fatto che in 50 effettivi di borsa, possa aver "fatto" oltre 320 punti di S&P non significa che a fine anno arrivi a farne 1600 (320/50gg x 250), anche se me lo auguro....; significa solamente che sono in uno stato particolare di grazia e se DIO vorrà continuerò a fare bene.
Ultima cosa: Warren Buffett è sicuramente un grande (altrimenti non sarebbe arrivato a diventare uno degli uomini più ricchi della terra), ma è anche vero che le sue tecniche di investimento non sono per tutti.....e anche lui è "figlio" di un grosso bull-market che penso per qualche anno difficilmente torneremo a vedere.....
A mio parere il vero punto della questione non è tanto il guadagno che avrò a fine anno, ma piuttosto: quanto ho rischiato (o sono disposto a rischiare) per ogni punto percentuale di guadagno?
Alla fine sembra che gli unici titoli su cui convenga rimanere investiti siano quelli con alti dividendi, ma questo sempre prendendo per scontato che continui a farne (....e si ricade nel solito trabocchetto che se fino adesso è andata bene, perchè non dovrebbe andare in futuro?)
saluti
Lino Betti
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Ho ricopiato nel forum il pezzo del solito James Glassman (tiene la colonna di finanza del ''washington post'', ha scritto diversi libri di investimento ecc...)
Spiega come funziona la strategia di investimento di warren buffett che chiama ''Being There'' (''esserci'') e in generale la base statistica della teoria di portafoglio.
Ovvero che occorre essere investiti perchè se esci non riesci poi a rientrare. Come diceva Warren Buffett : "non ho la più pallida idea cosa farà il titolo nei prossimi mesi.." (ovvero se l'ho scelto bene lo tengo e non bado alle oscillazioni più di tanto).
Questo pezzo e i dati che cita mi sono utili perchè danno la base statistica della strategia che seguo nei portafogli modello. Molti non capiscono come mai mostro dei rendimenti (lordi fin che volete) così superiori alla media. Il motivo è che non è semplice comprendere il rendimento cumulativo nel tempo, l'effetto cumulativo nel tempo dell'essere restati investiti ogni volta che la borsa rimbalzava.
Glassman cita qui i fatti e i dati di base della teoria moderna di investimento, quelli che quasi nessuno capisce perchè sono basati sulle ''medie'' e il cumularsi nel tempo dei rendimenti.
1.
nello studio più comprensivo del rendimento effettivo degli investitoti americani risulta che: tra il 1984 e il 2000 gli investitori che hanno investito in azioni e fondi in proprio hanno avuto un rendimento solo del 5.3% medio.
Ma chi avesse comprato solo l'indice Standard & Poor's 500 index avrebbe avuto avuto invece un rendimento in Usa 16.3 percento medio.
Sorprendente no ? L'investitore medio ha avuto un 5.3% annuo dcontro il 16% dell'S&P 500 !
Tradotto in termini monetari in 17 anni $10,000 investiti in fondi e azioni di un investitore medio sono diventati $24,000. Ma $10,000 investiti nell' S&P 500 sarebbero diventati $140,000.
Come mai ? Non è incredibile ( e deprimente) ?
Bene, questo è successo perchè nei 17 anni del periodo in esame quasi tutti gli investitori che sono stati esaminati compravano e vendevano spesso.
Per certi periodi erano investiti, poi uscivano dalla borsa, rientravano, uscivano, insomma nessuno o quasi è mai stato investito per 10 o 15 anni di fila.
Se quindi si compara il rendimento effettivo degl investitori con quello dell'indice la differenza risulta dal cumularsi nel tempo del rendimento a favore dell'indice.
2.
Ecco il motivo qui di seguito. Leggere con attenzione.
Templeton Investments ha dimostrato in uno studio che nei 10 anni precedenti al Dic. 2001, l' S&P ha reso in media il 12 percento.
Ma chi avesse mancato i 10 giorni migliori di questi 10 anni (cioè 10 giorni su circa 2500 giorni) avrebbe avuto un rendimento medio dell'8% annuo (sui 10 anni in esame).
Chi avesse mancato i 20 giorni migliori di questi 10 anni (cioè 20 giorni su circa 2500 giorni) avrebbe ridotto il suo rendimento medio al 4% annuo !
E infine chi avesse mancato i 30 giorni migliori di questi 10 anni (cioè 30 giorni su circa 2500 giorni) avrebbe ridotto il suo rendimento medio al 2% annuo !
Prego di riflettere un attimo: quello che succede è dunque che il rendimento è molto concentrato in pochi giorni, il 12% annuo medio dipende da pochi giorni e chi li manca perde il rendimento annuo. Il quale però si cumula nel tempo, anno dopo anno.
3.
Conosco l'obiezione. Ma uscendo dalla borsa e rientrando evito anche le perdite e posso cercare di sfruttare il tempismo....
Bene, ecco il terzo studio citato. Su 110 newsletter di investimento americane che sono esaminate ogni anno nel Timer Digest, una newsletter di Jim Schmidt, che ne studia le raccomandazioni, nei 10 anni fino al 31 Dic. 2000, solo una delle newsletter aveva battuto gli S&P. Quindi non è così facile.
Conclusioni:
1) l'investitore che entra e esce dalla borsa dal 1984 ha fatto il 5.6% medio contro un 16% medio dell'indice.
2) il motivo è che ha mancato i giorni dell'anno in cui il rendimento si concentra, ovvero rientrava in borsa DOPO i rialzi
3) anche gli esperti che hanno cercato con il tempismo di battere l'S&P 500 e cogliere i giorni migliori dell'anno in media non ci sono riusciti.
Di conseguenza "essere investiti" è la strategia che ha reso il triplo del comprare e vendere dell'investitore medio e ha battuto anche la maggioranza degli esperti.
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