By: lutrom on Domenica 05 Gennaio 2003 15:05
Ricordo vagamente l'articolo sulla minigonna-indicatore, simpatico. Forse l'articolo seguente (luoghi comuni e frasi fatte a parte) potrà dare qualche altra indicazione al riguardo. Non male l'idea di utilizzare le annate di Playboy o anche di altri giornali che non siano sempre i soliti: esempi di psicologia di massa da appicare alla borsa, un indicatore per la borsa (un altro??!!) che varia al variare della bellezza, delle nudità femminili e del relativo abbigliamento (se presente!). D'altronde le mode ora cambiano continuamente come la nostra società (anche se talora si torna in parte al passato): perché non siamo antichi egiziani, cioè una società, delle mode e dei canoni di bellezza in buona parte immobili per secoli.
da www.panorama.it
Sedotti dal global sex
di Silvia Grilli
31/12/2002
Adriana Karembeu Sklenarikova (misure 88-59-89 per un metro e 81) è nata nel 1971 a Bratislava, in Slovacchia. Le sue gambe infinite (126 centimetri) sono da Guinness dei primati. Adriana, lanciata nel '96 come bionda Peroni, ha 4 figli
Le nuove Monroe sono alte, androgine, simmetriche. Perfette per l’anno che comincia. Perché in tempi di crisi torna un ideale forte di femminilità. Come mostrano le immagini che Panorama pubblica in esclusiva
Perfetta. Un metro e 78 di altezza, misure 89-63-90. Il tipo di donna che spinge certi uomini, quando parlano di lei, a schioccare la lingua e scuotere maliziosamente la testa. Simmetrica. Da qualsiasi angolazione la si guardi. Destra, sinistra, davanti, dietro. È il modello di bellezza globale del 2003, quella che piace ovunque perché oggi l'ideale della seduzione è come una borsa di Dior: uguale da Tokyo a Buenos Aires. Così priva di difetti da sembrare finta o montata al computer.
Il sorriso di Marilyn Monroe, gli occhi di Sofia Loren, il giro vita di Audrey Hepburn, gli zigomi di Grace Kelly.
Programmata per sedurre dopo aver filtrato le misure perfette dal cinema e dalla pubblicità. L'essenza della bellezza, come si distilla un concentrato di profumo o come si realizza una star nella scena migliore di S1mOne, il film di Andrew Niccol.
Dove Al Pacino, il produttore Viktor Taransky, si rialza dal viale del tramonto cesellando al Macintosh S1mOne. Oh, S1mOne! Ovvero la modella Rachel Roberts, così finta da sembrare vera, così vera da sembrare finta. Per dirla come Eminem o Charles Baudelaire, una gran gnocca o una dea artificiale.
Bellezza 2003: bella forte. «In tempi di crisi, con l'aria di guerra che tira, il buon cibo ritorna a essere buon cibo, la bellezza torna a essere bella» dice il fotografo Marino Parisotto, ideatore di Excess, la rivista più eccessiva e patinata, due chili ogni numero, sensualità sofisticata, pagine da toccare, donne da fantasie erotiche, per ora in vendita solo a New York.
Sono finiti gli anni gratificanti dell'imperfezione. È passata l'epoca della consolazione, quando i tipi, le asimmetriche, potevano aspirare persino a essere definite belle. Addio alle nipotine di Bridget Jones, tutte ciccia e abbuffate davanti alla tv, in attesa di mr Right, l'uomo giusto, che arriverà, arriverà, basta farsi desiderare, non rispondergli al telefono, si diceva in tempi di pace.
È terminata la ricerca della perfezione nell'imperfezione, sono passati gli anni consolatori dell'interpretazione. È fuori moda l'estremizzazione della bellezza, che diventa bruttezza, nelle foto di Jürgen Teller. Addio alla bellezza da capire della top model Linda Evangelista. Siamo tornati indietro alla tornita simmetria dei ritratti di Helmut Newton.
Adesso vanno queste: belle come fossero state dipinte da un disegnatore di moda. Perfettamente simmetriche, ma con quel qualcosa in più che fa molto 2003: androgine e un po' lesbiche, come Rebecca Romijn-Stamos, nel film Femme fatale di Brian De Palma. Scena lesbo nella toilette di un grande albergo che resterà negli annali del cinema, che va nella sola direzione del piacere estetico.
Donne oggetto. Come diceva Marilyn Monroe: «Il guaio è che un sex symbol diventa un oggetto. E io odio essere un oggetto. Ma se devo diventare simbolo di qualcosa, meglio che sia il sesso».
Femmine fragili con i muscoli allenati. Esercizio, diete e amore. Amore, diete ed esercizio. Femmine come queste: la slovacca Adriana Sklenarikova Karembeu, miss gambe più lunghe del mondo; la giamaicana Giorgianna Robertson, la top model nera post Naomi Campbell; la misteriosa asiatica Gong Li. Fotografate per Panorama da Gérard Rancinan.
«La prima Marilyn della mia vita è stata mia madre» dice Adriana. Ma la mamma aveva il carattere irriducibile delle donne dell'Est. Adriana invece: «Io adoro il modello Monroe, femmina bambina, ingenua e fragile, quello che la rende sexy».
Marilyn, cioè «un essere sempre in cerca d'amore» dice Giorgianna. «Un'aspirazione alla leggerezza e alla seduzione. Una bellezza plastica» dice Gong Li. Viste così, è impossibile immaginarle vecchie. Viste così, desiderose di essere bionde da tutte le parti, rappresentano la sconfitta del femminismo, la stupefacente retromarcia delle donne.
La statuaria Giorgianna Robertson (misure 88-61-90 per un metro e 80), trent'anni, è nata in Giamaica da madre indiana e padre scozzese. Scoperta da Yves Saint Laurent, ha sfilato per i più grandi stilisti. Ha esordito come attrice in «Prêt-à-porter» di Robert Altman e in Italia ha recitato con Gigi Proietti in «Un nero per casa»
Le femmine delle statistiche sono le più brave all'università, le più pugnaci nel lavoro, le più pervicaci nell'obiettivo di fare carriera. Eppure, viste così, nell'unico modello erotico globale, sono tornate a consegnarsi sotto chiave. Sono ridiventate di proprietà. Creature che raggiungono la perfezione solo in posizione subalterna. Anche Cherie Blair, moglie del primo ministro inglese, eccellente avvocato, si è sentita meglio solo quando ha imparato l'arte della seduzione dalla spogliarellista Carole Caplin. Anche Irene Pivetti era solo la presidente della Camera prima di vestirsi da pin-up e ostentare quello di sé che prima aveva cercato di nascondere con la scusa dell'intelligenza.
Esemplari da laboratorio. Il periodico scientifico British Medical Journal ha pubblicato una ricerca dell'università di Vienna e della New York University di Toronto, Canada. Bello studio. Gli scienziati hanno osservato 48 annate di Playboy: 577 fotografie di donne nude dal 1953 al 2001. Probabilmente si sono molto divertiti e alla fine del loro inesausto studio hanno individuato il più recente ideale di bellezza. Creature più alte, più magre, con i fianchi stretti. Femmine androgine. Un po' lesbiche, come dicevamo un minuto fa. Più muscoli che curve. Il modello Nina Moric. O in formato mignon, il modello Elisabetta Canalis, ex velina.
«Quale donna di copertina fa vendere di più i giornali italiani? Il tipo mediterraneo, la ragazza esile, ma formosa, molto simpatica» dice Paolo Bonanni, nuovo direttore di GQ, ex direttore di Max. La cosa migliore sarebbe continuare a costruirsele al computer, come ha fatto GQ, tempo fa, spacciando per vere modelle virtuali.
Come ha fatto Al Pacino in S1mOne, appunto. La cosa migliore la farà Pedro Almodóvar nel suo prossimo film, Tarantola, storia di un chirurgo plastico che tiene sotto sequestro uno dei violentatori di sua figlia e lo manipola con il bisturi fino a farlo diventare una donna. Androgina, bella. E prefabbricata.
Per quelle carine in modo normale, il danno è arrivato dall'Est. Le ha rovinate la fine del comunismo. Le hanno inguaiate le slave e le russe.
Tutte quelle creature da guardare alzandosi sulla punta dei piedi, tutte quelle femmine con la faccia piena di zigomi, l'andatura da gazzella e l'insostenibile sguardo dei tartari. Per quelle moderatamente graziose la rovina sono stati Gucci e la sua modella Natalia Vodianova, un metro e 77, misure 85-62-68, da Gorki, Russia. Loro, quelle garbate, i tipini da sposare, allora si sono buttate su Prada, il marchio che negli ultimi dieci anni più ha mortificato le fanciulle, facendole apparire tutte come delle povere orfanelle.
Ma così bon chic, così bon ton. Così poco sexy. Le graziose sono state rovinate da Karolina Kurkova: un metro e 79 di altezza, ceca, grande e bionda, il tipo di donna che non può essere deturpata con gioiellini da quattro soldi. Le nostre figlie, invece, verranno rovinate dalla nuova Barbie.
Quando eravamo piccole, Barbie era la bambolificazione della ragazza californiana tutta salute e franchezza. Oggi la nuova bambola è come loro: le Karoline, le Natalie del calendario Pirelli 2003. Sottile come una corda di chitarra. Imbarazzante per la sua evanescente perfezione. I chirurghi della Mattel l'hanno riscolpita e l'hanno vestita con i corsetti di Yves Saint-Laurent. Non è più come la Kate Moss del Surrey, England, che consolava le donne con la sua vita a soffietto, prima magra, poi un po' più in carne, poi ancora magra. No, anche Barbie è diventata come una gazzella di Gorki.
Diciamo la verità: le donne graziose sono molto stanche. Volevano solo stare tranquille. Una pulizia del viso una volta il mese, una ceretta brasiliana nei momenti salienti, una punturina alle labbra in pausa pranzo. E invece no. Ecco che tutte quelle pubblicità glitterate ripropongono modelli più che mai irraggiungibili. Ecco che Tom Ford per la prossima primavera-estate 2003 sceglie come testimonial Carmen Kass. Dico: Carmen Kass, bionda estone di Tallinn, già miss Estonia. Le donne sono stanche. Si erano abituate a Prada. E invece no. A la guerre comme à la guerre.
Gong Li, attrice icona della Cina, è nata a Shenyang il 31 dicembre del 1966. Ha esordito a 22 anni con «Sorgo Rosso» del regista Zhang Yimou, suo ex compagno. Ha interpretato anche film di kung fu mai distribuiti in Occidente, e ruoli di vamp misteriosa in «Addio mia concubina» e «Le tentazioni della Luna». È l'unica testimonial orientale scelta da L'Oréal.
Qualcuno propugna ancora una naturalezza consolante da lenzuola di cotone. «L'attenzione a se stessi, la cura di sé, la ricerca dell'equilibrio» dice il pubblicitario Marco Testa. Ma le donne graziose sono bombardate dal modello Carmen Kass: supersexy, capelli vaporosi, aria da vamp. O il modello Rachel Roberts, la star virtuale, ma non troppo di S1mOne che sarà la testimonial della primavera-estate 2003 di Gianfranco Ferrè.
Dice il libertino tra i filosofi, il bel francese Bernard-Henry Lévy, in un'intervista con Joan Juliet Buck sulla rivista Vanity fair: «Odio quello che è naturale in una donna. Credo che più una donna sia raffinata, più sia seducente». Tutte le fanciulle graziose saranno costrette a scimmiottare l'unico possibile modello globale. Per dirla con Baudelaire o Eminem: la solita gran dea o la grande gnocca.