9 euro all'ora salario minimo

 

  By: Roberto964 on Martedì 16 Dicembre 2014 09:23

bravo Giovanni. non so sino a quanto ti sarà concesso ma dobbiamo resistere strenuamente. sto chiudendo anche quest'anno con un bel -20% (arrivato al -75% dal 2006) ma non mi arrenderò sino a quando sarò perlomeno in pareggio. caro Lutrom! che piacere sentirti. quando ho visto questa foto è stato un tutt'uno pensare a te e ridevo come un ragazzino che ha avuto un giocattolo nuovo. non è magnifica la trimurti somaresca?

 

  By: Giovanni-bg on Lunedì 15 Dicembre 2014 17:06

Sono così lontani i tempi dove gli imprenditori italiani acquistavano materia prima all’estero che poi veniva trasformavata in prodotto finito interamente sul suolo nazionale, dando vita al vero made in Italy 101% --------------- Io lo sto facendo tutt'ora. Non so ancora per quanto ma non ho mai smesso di fare così La differenza era che un tempo (fino a 15 anni fa) anche la material prima era made in Italy.

 

  By: lutrom on Lunedì 15 Dicembre 2014 17:01

Bravo, Roberto!! Sei l'antisomaro per eccellenza!!!!

 

  By: Roberto964 on Lunedì 15 Dicembre 2014 16:21

"Made in Italy" (o no?) Le cifre ufficiali per il 2014 parlano di un surplus commerciale italiano (differenza tra esportazioni e importazioni) che a fine anno sarà pari a circa €50 miliardi, ed è sicuramente un bene per la nostra disastrata economia, ma è tutt’oro quello che luccica? È davvero tutto vero “made in Italy” ciò che troviamo con questo nome sulle etichette dei prodotti che acquistiamo? Un paio di settimane fa la trasmissione “La gabbia” si è occupata del “made in Italy” alimentare con riferimento particolare ad une delle eccellenze italiane: i salumi. In studio era presente la vice presidente di CONFINDUSTRIA con delega alla valorizzazione del “made in Italy” nel mondo, la signora Ferrarini, titolare del noto marchio emiliano. Veniva contestato ad ella, come titolare d’azienda e rappresentante della categoria, la mancanza della provenienza delle carni nelle etichette di prosciutti e affini, cosa che non è stata resa obbligatoria dalla legge sulla trasparenza del prodotto al consumatore ma che nessuno ha mai vietato di fare a chi l’avesse voluto. Del resto i numeri parlano chiaro: solo circa il 30% delle carni impiegate nella filiera produttiva proviene dagli allevamenti italiani mentre il resto arriva dagli altri Paesi della U€, soprattutto da Francia, Olanda e Germania. Ovvero, solo TRE prodotti su DIECI che finiscono sulle tavole sono realmente italiani. E questo è un fatto. Adesso analizziamo un altro aspetto, il più inquietante: realmente le altre carni da dove provengono? Sembra che una grossa fetta delle carni importate (che poi viene finito di lavorare in Italy) provenga realmente da Romania, Bulgaria, Ungheria e anche Turchia che grazie ad accordi bilaterale con Olanda, Francia e Germania (ma non solo) aggirano i blandi vincoli imposti dalla U€. basta che un animale arrivi in un paese comunitario e, come per incanto, dopo poche settimane prende cittadinanza dello stesso e diventa pronto per la successiva riesportazione. Altro che Jus solis! Nel servizio si parla anche della chiusura del 60% delle porcilaie italiane che non potevano assolutamente competere con aziende estere e non comunitarie che oltre ad avere costi inferiori che arrivano anche al -70% non hanno neppure da ottemperare ad obblighi sanitari stringenti. Della serie cornuti e mazziati. Eppure TUTTI i salumi (ma non solo) che troviamo nei supermercati riportano la dicitura che ci tranquillizza e rende felici: “made in Italy”. Quando le nostre aziende di trasformazione si decideranno ad inserire in etichetta la provenienza delle carni e di tutta la filiera in generale sarà sempre troppo tardi. Avete mai comprato un cappellino, una t-shirt o altro capo a marchio “Ferrari”? chi l’ha fatto sa benissimo che un cappellino “originale” (e con tanto di altri sponsor annessi) costa intorno ai 60 €uro. Leggete l’etichetta e (cercando di non bestemmiare) rendetevi conto che vi è un bel “made in altraparte”. Eppure quel prodotto è considerato, quanto viene esportato, a tutti gli effetti “made in Italy”. In quanti sanno che per fregiarsi del marchio “made in Italy” basta che il 30% del prodotto sia confezionato in Italia? Ad esempio, basta che ad un paio di scarpe fabbricate in Laos, India, Vietnam ecc si aggiungano lacci, marchietto, lustrini vari e scatola (tutti fabbricati anch’essi da “altraparte”) per ottemperare ai requisiti richiesti: pure questo diventa per incanto “made in Italy”. I gruppi Benetton, Oviesse, Terranova ecc producono tutti da “altraparte” (ricordate la tragedia in Bangladesh dove morirono 1500 lavoratori sottopagati?): quanto queste multinazionali esportano quello diventa “made in Italy”. Anche nell’abbigliamento di lusso, anzi, soprattutto in quel settore, è prassi più che consolidata. Oramai è noto a quasi tutti che una borsa di Prada rivenduta anche a 1000 €uro ne costi realmente poche decine. C’è un altro aspetto interessante segnalatomi da un lettore operante nel settore. Vi siete mai chiesti il perché ogni anno che passa le svendite partono sempre prima? Esse arrivano in pochi giorni anche al -70%, cifra a cui la stragrande maggioranza dei piccoli commercianti non può arrivare poichè accuserebbero perdite secche in conto capitale così forti da portarli alla chiusura o al fallimento in poche stagioni. Le multinazionali dell’abbigliamento che producono da “altraparte” a costi RIDICOLI continuerebbero ad avere lauti guadagni anche con sconti superiori al -90% (un paio di jeans costa poco più di 80 centesimi di dollaro e un paio di scarpe non più di 2 $). Essi, con le svendite folli, continuano a guadagnare come produttori e nello stesso tempo, le loro holding commerciali, scaricano come perdite operative le percentuali mancanti dal prezzo di acquisto (ad es. se la holding “taldeitali” prende dalla casa madre dei jeans a 30 €uro per rivenderli a 50 e poi in fase di saldi li rivende a 15, al fisco italiano scaricherà come perdita netta il 50%). La holding commerciale avrà un forte sconto tributario, andando spesso anche in perdita operativa, mentre la casa madre vedrà aumentare le vendite e di conseguenza i profitti. Quanto all’estero comprano una “Panda” costruita in Polonia o in Serbia quello è “made in Italy” e va a formare, insieme a tutti quei prodotti sin qui elencati, il nostro export, che è italiano (anche come ricadute occupazionali, tasse, dividenti ecc) forse nella misura del 30%. Sono così lontani i tempi dove gli imprenditori italiani acquistavano materia prima all’estero che poi veniva trasformavata in prodotto finito interamente sul suolo nazionale, dando vita al vero made in Italy 101%. Sono così lontani i tempi quando IRI vendeva sottocosto l’acciaio alle aziende italiane pur di mantenere alto il livello occupazionale. Questo ragionamento deve anche far capire che tipo di impatto potrà avere un €uro "debole" in termini di ricadute sull’intera economia italiana: sarà quasi nullo poiché, laddove le vendite extra-U€ dovessero incrementare (e con la deflazione globale che è in atto nutro più di qualche dubbio che ciò possa verificarsi) andrebbero a portare il 70% dei benefici occupazionali da “altraparte”, aumentando solo il numero di schiavi in giro per i Paesi poveri che producono per qualche centesimo di dollaro il cappellino della Ferrari, le tod’s, i vestiti di Armani ecc. Adesso, ditemi, secondo voi, i grandi industriali italiani potrebbero mai desiderare un ritorno alla £ira? GIAMMAI! Dalla politica hanno avuto tutto il desiderabile: la possibilità di esportare capitali, di impiantare fabbriche dove più gli aggrada (vendendo dappertutto i prodotti ivi costruiti), una moneta “forte” che gli permette di avere i massimi vantaggi e anche gli ammortizzatori sociali dove parcheggiare i lavoratori in esubero, accollandone i costi alla comunità. Adesso hanno ottenuto l’abolizione dell’art. 18 e a breve avranno anche in Italia frotte di disperati disposti a lavorare per pane e acqua. Un’ultima cosa chiedono: la riduzione del cuneo fiscale che, ovviamente, andrà finanziato con tagli lineari alla spesa pubblica e svendite di Stato. Uno Stato privo di qualsiasi autonomia ed autodeterminazione, che non riesce più ad imporre la sua autorità a salvaguardia del Popolo, finisce ricattato dalla finanza e dall’industria multinazionale. L’Italia è morta ogni qualvolta i suoi politici hanno firmato quei trattati capestro, a partire dall’adesione allo SME nel lontano 1978. Roberto Nardella. http://scenarieconomici.it/made-in-italy/

 

  By: foibar on Venerdì 12 Dicembre 2014 11:39

>tradeoscar bello vedere persone che ironicamente si divertono, buona giornata

 

  By: traderosca on Venerdì 12 Dicembre 2014 02:17

SonoUnEversore!!!

 

  By: lmwillys on Giovedì 11 Dicembre 2014 19:41

metto qui solo perché è in questo thread che si chiacchierava di vertical farm http://www.rinnovabili.it/greenbuilding/con-cityfarm-il-mit-ti-insegna-a-trasformare-gli-edifici-in-fattorie-urbane-567/ http://mitcityfarm.media.mit.edu/ cibo sano senza pesticidi terre dei fuochi tir per le strade ecc. ecc.

 

  By: DOTT JOSE on Giovedì 11 Dicembre 2014 17:22

Eccovela servita la signora ripresa !! In Gran Bretagna le famiglie nonhanno i soldi per i funerali e il cimitero, seppellisconoi loro familiari nel giardino e in effetti, ora che ci penso, le ceneri dei miei parenti perchè diavolo non le posso tenere dove voglio io? http://www.dagospia.com/rubrica-2/media_e_tv/morire-lusso-gran-bretagna-poveri-che-non-possono-permettersi-90489.htm

10 febbraio 1947 MATERIALI DI RESISTENZA STORICA GIORNO DEL RICORDO FOIBE dieci febbraio | MILLENOVECENTOQUARANTASETTE

 

  By: Ganzo il Magnifico on Mercoledì 03 Dicembre 2014 21:21

Per il divieto di doppia imposizione, anche in caso di tassa patrimoniale, se tutti i tuoi beni sono all' estero, e là tu paghi regolarmente le tasse, non dovrebbero poter farti nulla. Comunque Gianlini se ti fa così tanta paura il fisco italiano puoi andare in Spagna o in Portogallo, che sono mediamente più sicuri dell' Italia (ameno le grandi città). O in Grecia, dove spendi poco e hanno la natura più bella d' Europa.

Slava Cocaïnii!

 

  By: gianlini on Mercoledì 03 Dicembre 2014 13:02

se soggiorni più di 185 gg* l'anno in Italia secondo me non puoi essere così certo che le autorità fiscali italiane ti lascino in pace (nel caso ovviamente di una tassazione patrimoniale, che è quello di cui stiamo parlando; allo stato attuale, che detta tassazione non c'è, se non percepisci redditi in Italia, hai ragione tu) * se affitti casa per tutto un anno ad esempio, sei nei guai da questo punto di vista

 

  By: Ganzo il Magnifico on Mercoledì 03 Dicembre 2014 11:24

Vivi in affitto. In Italia puoi affittare dai monolocali alle ville. Fra l' altro stando in affitto quando un posto ti viene a noi lo cambi. Quando hai tutti i tuoi beni all' estero e all' estero le tasse le paghi regolarmente e non fai il furbo, delle autorità fiscali italiane te ne freghi.

Slava Cocaïnii!

 

  By: gianlini on Mercoledì 03 Dicembre 2014 10:52

da turista? e che fai, vivi in albergo? PS non so se è vero, ma mi dicevano che gli italiani che soggiornano più di due notti nello stesso albergo in Svizzera, vengono segnalati automaticamente alle autorità fiscali italiane

 

  By: Ganzo il Magnifico on Mercoledì 03 Dicembre 2014 10:02

Basta spostare i propri beni 10 Km a Nord o ad Ovest del confine. Poi in Italia ci stai da turista, che è il modo migliore per starci. PS Nessuno ha esperienza col FATCA e con l' IRS per i cittadini americani redienti all' estero?

Slava Cocaïnii!

 

  By: Paolo_B on Martedì 02 Dicembre 2014 19:29

Gianlini, già adesso, in inverno, appena possiamo andiamo in costa azzurra, dove abbiamo già la casa peraltro. Se non fosse per la mia compagna che insegna qui sverneremmo laggiù. C'è proprio tutto, dal clima alle città, dal mare alla montagna. L'italia è probabilmente imbattibile dal punto di vista storico, ma anche l'Europa ha posti molto belli. Anche Innsbruck è un bel posto dove andare se uno non ritiene indispensabile essere sul mare. L'ideale è prendersi la residenza in Austria o (se proprio hai tanti soldi) in Svizzera e poi vivere dove vuoi in europa. Anche la Spagna mi pare che abbia la patrimoniale sul reddito, e non sul patrimonio, e quindi può essere un ottimo posto dove risultare effettivamente residenti. Dopo vivi dove vuoi. Marchionne e De Benedetti insegnano. Devo informarmi invece di più sulla Slovenia e la Crozia, dal punto di vista fiscale e della sicurezza almeno. Non hai le città che hai dalla parte occidentale ma però puoi avere un'ottima qualità della vita con una bella villa sul mare.