altro chiodo per la bara dei vaxidioti (e ricordiamo il convitato di pietra - le reazioni avverse)
Affidarsi unicamente alla vaccinazione come strategia primaria per mitigare COVID-19 e le sue conseguenze negative è una metodologia che deve essere riesaminata, soprattutto considerando la variante Delta (B.1.617.2) e la probabilità di varianti future. Potrebbe essere necessario mettere in atto altri interventi farmacologici e non farmacologici insieme all’aumento dei tassi di vaccinazione. Tale correzione di rotta, specialmente per quanto riguarda la narrativa politica, diventa fondamentale con le prove scientifiche emergenti sull’efficacia reale dei vaccini.
Ad esempio, in un rapporto pubblicato dal Ministero della Salute in Israele, l’efficacia di 2 dosi del vaccino BNT162b2 (Pfizer-BioNTech) contro la prevenzione dell’infezione da COVID-19 è stata segnalata essere del 39% [6], sostanzialmente inferiore all’efficacia dello studio del 96% [7]. Sta anche emergendo che l’immunità derivata dal vaccino Pfizer-BioNTech potrebbe non essere forte come l’immunità acquisita attraverso il recupero da COVID-19 [8]. È stato anche riportato un sostanziale declino dell’immunità dai vaccini a mRNA 6 mesi dopo l’immunizzazione [9]. Anche se le vaccinazioni offrono protezione agli individui contro il ricovero grave e la morte, il CDC ha riportato un aumento dallo 0,01 al 9% e dallo 0 al 15,1% (tra gennaio e maggio 2021) dei tassi di ospedalizzazioni e decessi, rispettivamente, tra i completamente vaccinati [10].
In sintesi, gli sforzi per incoraggiare le popolazioni a vaccinarsi, dovrebbero essere fatti con umiltà e rispetto. Stigmatizzare le popolazioni può fare più male che bene. È importante sottolineare che altri sforzi di prevenzione non farmacologica (ad esempio, l’importanza dell’igiene sanitaria pubblica di base per quanto riguarda il mantenimento della distanza di sicurezza o il lavaggio delle mani, promuovendo forme di test più frequenti ed economiche) devono essere rinnovati al fine di trovare l’equilibrio della convivenza con COVID-19, nello stesso modo in cui conviviamo da 100 anni con varie alterazioni stagionali del virus dell’influenza del 1918.