By: Roberto964 on Giovedì 10 Luglio 2014 09:43
Un mondo di “bolle” (o di balle?)
Obama, nel 2012, allo scopo di essere rieletto, dichiara che i suoi sforzi nel prossimo mandato sarebbero stati tutti incentrati alla lotta alla disoccupazione che aveva un tasso elevatissimo, prossimo al 8,5%. Il suo intendo era di portare quella percentuale entro il 6,5%.
In accordo con la FED (la banca centrale USA) da il via al Quantitative Easing IV (riacquisto di titoli statali in scadenza che vengono monetizzati, immettendo nuova moneta nel sistema), con l’immissione di $ 85 miliardi al mese che sarebbe durato, appunto, sino a che la disoccupazione rientrasse entro il 6,5/6,8%.
Obama ha rivinto e il piano da $ 85 mld è proseguito per quasi 2 anni ininterrotti, mentre la disoccupazione pian piano rientrava, tanto che, sul finire del 2013 la FED ha deciso di dare vita al cosiddetto “tapering” (taglio progressivo del QE) che ha visto diminuire gli stimoli monetari sino ai $ 35 mld attuali. La Yellen (presidente FED succeduta a Ben Bernanke da pochi mesi) ad ogni riunione del board della FED ha ridotto la quantità del QE e nell’ultima riunione di ieri l’altro ha annunciato che sarà chiuso del tutto entro ottobre 2014. Intanto la disoccupazione USA è scesa più velocemente di quanto lo stesso Obama sperasse, portandosi a ridosso del 6%, ovvero ben al di sotto di quanto si era sperato.
Come già pronosticavo da diversi mesi ribadisco che entro fine 2014 o al massimo entro il primo trimestre 2015 la FED sarà costretta ad alzare i tassi di sconto per evitare, a loro detta, che l’inflazione rialzi la testa: una evenienza che a me, alla luce di quanto posso vedere oggi, sembra molto lontana.
Le conseguenze di un aumento dei tassi USA, in un periodo di contrazione globale, potrebbero causare una serie di effetti a catena ad oggi inimmaginabili, tra cui, l’incancrenimento dei debiti esteri in valuta pregiata di molti Paesi emergenti ed in via di sviluppo, la frettolosa uscita di capitali esteri che disinvestirebbero massicciamente (molto di più di quanto sta già avvenendo da anni), mettendo in crisi interi comparti produttivi che fallendo potrebbero trascinarsi dietro gli Stati stessi, anche se grossi.
Nonostante una ripresa in USA ci sia innegabilmente stata, negli ultimi anni il costo orario del lavoro in è sceso di diversi punti percentuali e ancora oggi il governo federale elargisce 45 milioni di buoni-pasto al giorno, mentre una grossa fetta di statunitensi vive stabilmente in campeggi più o meno improvvisati. La cartina di tornasole di quanto affermo è il dato del PIL trimestrale USA a -2,9%, dopo che anche lo scorso trimestre aveva realizzato un segno ampiamente negativo. La causa di ciò è stata addotta all’ondata di gelo di quest’ultimo inverno particolarmente rigido che ha tenuto le famiglie lontane dai centri commerciali. Della serie ogni scusa è buona.
A questo punto una domanda sorge spontanea:
dove sono finiti i circa $ 2000 miliardi di QE?
Di questo ho già parlato abbondantemente ma lo rifaccio sempre volentieri.
Da sempre, i maggiori detentori di debito pubblico sono le banche, i fondi pensione e gli istituti finanziari in genere. Costoro, dell’enorme liquidità di cui sono venuti in possesso cosa ne hanno fatto? Semplicissimo: hanno alimentato il notissimo “american dream”, quel sogno fatto di facili guadagni ma soprattutto di poca fatica. Essi hanno prestato denaro ad interesse che i babbani americani hanno preso a piene mani investendoli in borsa, allettati dai facili guadagni a doppia cifra che un mercato azionario può “garantire” quanto l’economia tira forte.
Ma vi assicuro che l’economia reale USA è messa molto peggio di quanto ci abbiano fatto intendere (leggi dati sul PIL) e che l’incremento delle borse è dovuto ESCLUSIVAMENTE al crearsi di una immensa bolla.
Come già successe nei secoli scorsi, negli anni ’20 con la bolla immobiliare in Florida, con l’immensa bolla del ’29 (che per inciso fu una delle maggiori cause del secondo conflitto mondiale), con la bolla del 1991, con quella del 1997 e per finire con quella delle dot.com del 2000, anche questa esploderà, lasciando sul lastrico milioni di persone e di converso facendone arricchire ancor di più solo qualche centinaio che sta già preparando il terreno per la prossima ventura ed inevitabile altra bolla.
I dati rilasciati nelle ultime settimane sono univoci: un po’ dappertutto nei paesi avanzati crolla (anche del 50%) la fiducia delle imprese e dei consumatori.
I dati industriali rilasciati negli ultimi giorni sono tragici:
Germania: superindice IFO giù di diversi punti;
Corea del sud: export annuo -10.6%; import -8.8%;
Giappone: -14,3% gli ordinativi di macchinari “core” (contro una previsione del +9,5%);
Australia: tasso di disoccupazione in aumento (6%); indice delle materie prime in costante ribasso;
Cina: export ed import sotto le attese; prezzi al consumo (inflazione) in ribasso; prezzi alla produzione annua -1,1%;
Francia: prod industriale mensile -1,7%;
Olanda: prod manifatturiera -1,9%;
Italia: prod industriale mensile -1,2%; annua ben -1,8%;
Grecia: disoccupazione a nuovi record (27.3%);
Portogallo: Indice Prezzi Consumo (inflazione, o meglio, deflazione) Portoghese (Mensile)0,1%0,3%-0,1%; IPC portoghese (Annuale)-0,4%-0,2%-0,4%
Intanto i #cialtroniseriali che governano questo pazzo mondo, usando scongiuri antichissimi, infondono speranze e buonumore, drogandoci con i loro potentissimi mezzi di disinformazione di massa e annunciando la solita lieta novella, fatta di “va tutto bene” e di “a breve sistemeremo ogni cosa”.
Quello che oggi sta accadendo mi fa ripensare in continuazione al discorso dell’allora presidente USA tenuto sullo stato dell’unione nel 1928 che vedeva il miglior mondo possibile: un mondo perfetto fatto di benessere e prosperità. Così dannatamente perfetto da offuscare una realtà ben tangibile. Peccato nel 1929 accadde ciò che accadde e chi diceva il contrario fu definito “cassandra con i baffi”.
La realtà è UNA sola: siamo di fronte ad un nuovo genere di crisi sino ad ora completamente sconosciuta e mai vista in passato: CRISI da sovraccapacità produttiva, ovvero il deteriorarsi dei consumi innescato dalla crisi di liquidità in
€Uro-zone ha avviato una mostruosa spirale deflattiva che passa appunto dal mancato consumo di merce già prodotta e stoccata e in massima parte destinata al rinnovo degli abitanti più ricchi del globo: quel miliardo su sette del pianeta terra tra cui i 500 milioni di europei che non sono più in grado di spendere oltre il necessario.
La semplicissima possibilità di indebitamento decisa dal pensiero unico economico globalista ha messo in moto un mostruoso ciclo di investimenti sovradimensionato e sovrastimato. Dopo il crack finanziario globale del 2007 era semplicissimo prevedere cosa sarebbe accaduto: STOP all’indebitamento tout-court con conseguente stop dei consumi su larghissima scala.
Ne vedremo delle belle, e se sopravvivremo potremo persino raccontarle.
Buona vita a tutti.
Roberto Nardella.