I Bilanci italiani secondo Mediobanca - gzibordi
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By: GZ on Martedì 08 Gennaio 2002 11:55
la lettera finanziaria di Turani commenta sempre il famoso rapporto mediobanca sullo stato dei bilanci delle aziende italiane
e il quadro che da conferma il perchè in media il nostro indice resti indietro rispetto agli altri
Gli analisti di R&S hanno messo a confronto i primi nove mesi del 2001 (i bilanci definitivi non ci sono ancora) con i primi nove mesi del 2000 per i 31 maggiori gruppi industriali italiani. Risultato? Utili in discesa del 10,7 per cento. E notare che tutto sommato nei primi nove mesi dlel'anno non c'è stata grossa crisi (quella, semmai, è venuta dopo). Ma si scopre, ad esempio, che l'insieme di questi 31 gruppi industriali ha visto salire i propri oneri finanziari (gli interessi pagati alle banche) del 91,8 per cento. Insomma, sono raddoppiati. E i debiti finanziari, sia pure in un anno congiunturalmente non tremendo, sono saliti del 22 per cento.
E questi sono i gruppi industriali. Poi ci sono le banche. R&S ha messo insieme i conti degli 11 maggiori gruppi bancari italiani. Risultato? Rispetto ai primi nove mesi del 2000 gli utili sono in discesa del 15,6 per cento: hanno fatto peggio delle industrie. E gli esperti di R&S fanno notare che ci sono stati alcuni provvedimenti fiscali favorevoli alle banche, altrimenti i conti sarebbero stati ancora peggiori. Ma a preoccupare non sono tanto questi risultati (pessimi) quanto il fatto che, ad esempio, le perdite su crediti sono aumentate, nei primi nove mesi del 2001, del 34,8 per cento rispetto all'analogo periodo dell'anno precedente. Insomma, nel giro di un anno i soldi "bruciati" da clienti inaffidabili sono aumentati di oltre un terzo. Forse, queste banche dovrebbero assumere qualche investigatore privato o chiedere informazioni al parroco prima di concedere prestiti.
Ma gli esperti della R&S sono andati oltre. Hanno preso in esame, ad esempio, i dividendi delle società che nel 2001 hanno distribuito (sui bilanci 2000, ovviamente) più di 50 milioni di euro di dividendi. Ne hanno trovate 28. E quindi hanno fatto un po' di conti. In totale questi 28 gruppi hanno distribuito poco più di dieci mila milioni di euro di dividendi. Ebbene, la parte che riguarda aziende industriali vere e proprie è poco più di 1600 milioni di euro, meno del 16 per cento. Insomma, nel capitalismo italiano i dividendi arrivano per l'85 per cento da aziende non industriali. Esiste infatti un capitalismo delle bollette.
Se si guarda l'elenco dei 28 gruppi che hanno distribuito i maggiori dividendi, si vede che a distribuire più di un miliardo di euro di dividendi sono state quattro società in tutto: Telecom Italia, Eni, Tim e Enel. Da sole, queste quattro società (bollette o semplice distribuzione di prodotti petroliferi) hanno versato più di metà dei dividendi dei grandi gruppi nel 2001. L'Italia è piena di imprenditori, ma quando si vanno a fare i conti si vede che l'unico capitalismo che remunera i suoi azionisti è quello delle bollette: Tim, Telecom, Enel.
La definizione di capitalismo quasi-straccione data all'inizio può sembrare eccessiva. Ma i numeri sono quello che sono: secondo gli esperti di R&S (che lavorano su bilanci non su ipotesi) il rapporto debiti/patrimonio per i maggiori 11 gruppi quotati è del 120 per cento contro una media europea del 70 per cento. Insomma, adesso la moneta è unica, ma in Italia i debiti sono quasi il doppio rispetto all'estero.
In questo panorama un po' desolato, esiste qualcosa che funziona? Per scoprirlo, R&S ha elaborato cinque criteri di eccellenza (crescita, profitti, ecc.) e poi ha fatto le sue brave tabelline e ha deciso che le migliori aziende sono quelle presenti in almeno quattro dei cinque criteri. Risultato? Le migliori aziende italiane sono queste: Buzzi Unicem, Omnitel e StMicroelectronics.
La prima, Buzzi Unicem, è una brava azienda di cementi (e qui siamo nell'old-old economy). L'Omnitel è un'azienda di telefonia mobile (oggi posseduta dagli inglesi di Vodafone). STM è un'azienda di chips molto quotata in tutto il mondo. Può essere curioso notare che tanto Omnitel che STM nascono da una costola della vecchia Olivetti, per la serie quando la classe non è acqua [85] E sempre dalla Olivetti viene fuori anche Infostrada, altra azienda indicata dalla R&S come meritevole di una citazione.
Ma perché i conti di questo capitalismo italiano sono così brutti? Perché al suo interno (o meglio: nella testa dei suoi big) circola una spirale infernale: poiché il denaro costa poco, allora compriamo altre aziende. Solo che così crescono i debiti. E i nuovi debiti si mangiano, come è accaduto adesso, gli aumentati margini operativi. Insomma, gli uomini delle officine fanno il loro lavoro e sono anche bravi, ma poi quelli sopra spendono, spandono, si allargano, si indebitano. E i conti non tornano più.
(O8 gennaio 2002)