Scenario di lungo periodo

 

  By: gianlini on Martedì 28 Ottobre 2003 12:11

paolo, non hai suggerito al tuo amico di rinunciare al profitto extra dato dal minor costo in nome dello statuto dei lavoratori, che in Cina è sicurmente calpestato dai loro fornitori?

 

  By: Paolo Gavelli on Martedì 28 Ottobre 2003 11:44

Ci vorrà tempo, ma tutte le fabbrichette che vedo intorno a Modena verrano fatte fuori dai cinesi... -------------- Confermo riferendo il racconto fattomi da un amico (contitolare di una azienda che costruisce macchinari per l'agricoltura): sono stati contattati via e-mail da un'azienda cinese di lavorazioni meccaniche e hanno risposto. 15 giorni dopo avevano in ufficio una ingegnere cinese a cui hanno ordinato alcuni pezzi test. oggi si riforniscono regolarmente presso quell'azienda: la qualità dei manufatti è ottima, il costo (trasporto compreso) è la metà dello stesso pezzo prodotto in italia. diamoci al trading 2ali

 

  By: gianlini on Martedì 28 Ottobre 2003 11:43

tra l'altro, rifacendoci al discorso sugli acquisti a rate un amico che lavora in Mercedes mi segnala che più della metà delle Mercedes in circolazione vedono alla guida tizi che non sanno se avranno i soldi per farci la benzina il giorno dopo e che la comprano a rate resistuendola spesso per incapacità a pagarle, queste rate. Peraltro conosco parecchi possessori di decine di fabbrichette e capannoni che girano su scalcagnate Fiesta e risparmiano anche sul cappuccino al bar. Questa è molto spesso l'Italia. Da noi si ostenta ricchezza se non la si ha.

 

  By: GZ on Martedì 28 Ottobre 2003 11:09

....l'azionista delle sue fabbricchette è un tipo sui 50/60 con la mercedes, la villa, appaggato dai soldi fatti e che guida la fabbricchetta da padre/padrone... ------------------------- Questo negli sceneggiati TV o nei romanzi per cui il padroncino deve essere sempre quello già ricco con mercedes un poco volgare che se la gode e basta. E' deprimente vedere che tanti assorbono con latte questa cultura invidiosa e ignorante di come funzionino le imprese Nella realtà la gente continua a mettere su delle fabbrichette anche oggi, ottobre 2003 in tutte le fasce di età: 20 anni, 30 anni, 40 anni, 50 anni e cerca di darsi una mossa ora perchè se si ferma o si distrae un attimo la fabbrichetta va in malora Un mio amico di infanzia ha cambiato impiego andando a lavorare per una nuova impresa messa 4 o 5 anni fa su da tre tecnici sulla quarantina che hanno messo assieme i loro risparmi e creato una società che e assembla macchine per la pulizia e manutenzione degli edifici, che portano con delle piattaforme mobili a 20-30 anche 50 metri di altezza l'addetto conun braccio meccanico ecc.... Ora fatturano un 30-40 milioni in tutta europa e questa estate hanno avuto un offerta da una società di venture capital che gli consentirebbe di non lavorare più e giocare a golf. Ovviamente come tutti qui prendono i soldi, si spostano un poco più in là e aprono un altra azienda nel settore. Fino a quando questa gente riesce a creare aziendine e fabbrichette in italia andiamo avanti poi chissà

 

  By: panarea on Martedì 28 Ottobre 2003 10:31

a Modena verrano fatte fuori dai cinesi o "delocalizzate", cioè spostate in Romania o Cina con beneficio temporaneo del consumatore, permanente dell'azionista - - - - - - - - - - - - - - - e' questo il problema, l'azionista delle sue fabbricchette è un tipo sui 50/60 con la mercedes, la villa, appaggato dai soldi fatti e che guida la fabbricchetta da padre/padrone. Secondo lei questo tizio si dovrebbe prendere la briga di impacchettare tutto e mettere su una ditta in Cina? E chi gliela guarda? Un manager? Non sa neanche chi sia. Che fa lascia l'Emilia dove tutto sommato ci si sta bene con i soldi x una squallida provincia cinese? Per ora qualcuno ha delocalizzato in Romania, ma è una scelta a 3/4 anni perchè i salari e la regolamentazione sono in salita. Rapida. Allora che fa il re della fabricchetta? Smette campa di rendita sui capannoni e sulle case x altri 10 anni e poi si vedrà. Il futuro lo vedo nerissimo x questo paese, a ragione Lei, bisognerà x forza imparare a muoversi in borsa altrimenti lo vedi te che fine si fa.

 

  By: gianlini on Martedì 28 Ottobre 2003 09:51

zibordi, vede che per noi italiani era assolutamente fondamentale essere comunisti, cioè che metà del mondo lo fosse!! Io mi sto ritrovando fra i maggiori nostalgici e fondamentalisti del comunismo (a casa degli altri). Ma si ricorda quando dall'Albania non arrivava neanche un bullone perso da una bicicletta ? (che gli albanesi importavano dalla Cina, unico Paese con cui intrattenevano rapporti, praticamente) Ma si ricorda quando con due paia di collant San Pellegrino si conquistavano torme di ungheresi e con un biglietto aereo per Dubrovnik (costo 20 dollari) da Praga ci si faceva il week end con due sventole da 1,80 sulla costa dalmata (la sola idea di poter fare un bagno in una vasca da bagno mandava in visibilio qualsiasi Hana della spenta Praga)? O quando i mujaheddin non tiravano bombe agli occidentali, impegnati come erano a tirarle ai russi? O quando i cinesi erano tanti musi appiattiti dagli occhi tirati ai lati che si divertivano a mangiare un po' di riso e qualche formica fritta senza fare sostanzialmente male a nessuno, un po' intorpiditi fra le zanzare delle loro immense pianure? Il comunismo (per noi occidentali) era stata veramente una grandiosa idea!! Peccato che abbiano deciso di abolirlo, ora ci troviamo bulgari che rubano macchine, albanesi che assaltano case, polacchi che ci molestano ai semafori, russi che trafficano in armi nucleari, rumeni che turbano le nostre orecchie trasformandosi in improbabili suonatori di fisarmonica o violino, arabi che distruggono grattacieli, cinesi che copiano modenesi nel fare pompe peristaltiche e ingranaggi per trattori, e per le ragazze....?? non ci resta che Cuba..... forza Fidel, speriamo che almeno tu resista (anche se l'età ce lo fa ormai dubitare.....) Hasta la victoria! Siempre!

 

  By: pana on Lunedì 27 Ottobre 2003 23:56

allora la Svizzera batte tutti...e piena di fabbrichette di tutto macchine per il legno meccanica, i precisione.. tusirmo invernale(70 franchi al giorno per un paio di sci sti ladroni)+ un sacco di chimica (certi nuvoloni) hanno pure le centrali nucleari.. e poi la cioccolata famosissima..e scordavo...e tantissime banche insomma per il lungo termine compro Svizzera? anche il lusso hanno :Richemont

Russian Forces Storm U.S. Military Base In Niger; Pentagon Confirms Big Move Of Putin's Men - YouTube

Non sarà facile fare i villaggi vacanze qui in mezzo alla nebbia - gz  

  By: GZ on Lunedì 27 Ottobre 2003 23:37

Quando sono in campagna e torno a casa a Modena passo per Modena Est, una zona industriale fatta di centinaia di fabbrichette in mezzo alla nebbia che sfornano componenti meccanici di tutti i generi per le aziendine appena un poco più grandi della provincia le quali a loro volta esportano i due terzi del fatturato e danno da mangiare a tutto il resto di noi che facciamo cose tipo la borsa, i prodotti finanziari, commercialista, avvocato, ristoratore, farmacista, consulente del lavoro, insegnante, istruttore di fitness, cubista, etnologo, dermatologa, vivaista, tabaccaia, benzinaio... . Quando abitavo a los Angeles anche guidando per decine di miglia in tutte le direzioni e attraversando da un lato dello stato all'altro non incontravo tutte queste fabbriche e fabbrichette. Magari si vedevano alcuni stabilimenti di produzione di videogiochi, film e musica, oppure società di sofwtare, qualche multinazionale farmaceutica o di satelliti e missili, anche grandi studi di consulenza di tutti i generi e parecchia finanza e consilenza internazionale. Più in là anche frutta e vigneti enormi industriali per l'esportazione. Ma di fabbriche che producesser roba meccanica zero, idem per tessili e in generale del "manifatturiero". Sparito tutto, prima andato in Messico oltre il confine con le migliaia di fabbrichette "maquiladoras" come le chiamano, messe su da americani con soci messicani e poi tutto in Cina e basta. Arrivano enormi cargo e container nel porto di Long Beach tutte dalla Cina e scaricano tutti gli "oggetti" di cui hanno bisogno i californiani. In cambio gli vendono per ora software e farmaci, video, film e musica, consulenza, coca cola, mais e maiali, ma i "prodotti" meccanici, tessili, industriali in genere li fanno i cinesi e basta, fine del discorso, in america tutto kaputt. Tutte le fabbrichette che vedo per arrivare a casa spariranno col tempo anche qui perchè i cinesi i componenti meccanici li possono fare uguali a un quarto del costo italiano incluso il trasporto. Uno dice: "... eh anche con i giapponesi alla fine si è trovato un modo di vivere, loro fanno le Honda e le Sony e noi qualche cosa d'altro...". Mica vero, il problema è ad es che i cinesi sono DIECI VOLTE di più dei giapponesi 1.3 miliardi contro 130 milioni e sono bravissimi nelle piccole produzioni e in tutti i settori non solo nelle mega-multinazionali irregimentati come soldati come i giapponesi. Gli americani un poco si salvano perchè hanno il dollaro e i mercati finanziari a 360 gradi in cui gli asiatici alla fine depositano i loro soldi, poi hanno ancora quasi tutto l'high tech-silicon valley-MIT-Nasdaq, hanno i servizi finanziari e di consulenza internazionale, i media, il militare, il farmaceutico, dell' agricoltura industriale, i marchi come McDonald e Pepsicola o Starbucks. Tutte cose che noi italiani non abbiamo. (L'agricoltura la sovvenziamo noi, l'high tech meglio non parlarne, i servizi finanziari sono ad uso locale, i media pure, come marchio c'è solo la moda ...) Purtroppo la cosa che tiene in piedi l'italia sono queste fabbrichette di roba meccanica, del tessile e moda, delle piastrelle, infissi, macchinari e impianti e componenti di nicchia in tanti piccoli settori che le multinazionali tedesche e giapponesi delle BMW e Sony non sono mai riuscite a coprire. Ma che 1.3 miliardi di cinesi invece copiano a uno a uno e rifanno uguali a un quarto del costo. Ci vorrà tempo, ma tutte le fabbrichette che vedo intorno a Modena verrano fatte fuori dai cinesi o "delocalizzate", cioè spostate in Romania o Cina con beneficio temporaneo del consumatore, permanente dell'azionista e danno irreversibile per il lavoratore (che però alla fine è anche il consumatore....) Al loro posto non ci saranno a tappare il buco magari gli studios di Disney, le multinazionali tipo McDonald, le società biotech di Silicon Valley, gli allevamenti di milioni di maiali, i missili Lockeed, le Merril Lynch e Goldman Sachs e Fannie Mae che attirano quattrini. Magari gli italiani si inventeranno cose mai viste e che oggi non immaginiamo, ma forse no, forse non ci sarà invece alla fine più niente, a Rimini e Riccione i cinesi arriveranno di sicuro, ma non sarà facile nemmeno per degli emiliani creare villaggi vacanze qui in mezzo alla nebbia al posto delle fabbrichette

 

  By: Mr.Fog on Lunedì 27 Ottobre 2003 19:18

Da "L'ECO DI BERGAMO" di domenica... ------------- LA CINA È PROPRIO VICINA E IO COSA FACCIO CON LA MIA DITTA? gregio Direttore, ho sempre trovato molto interessanti i numerosi articoli di carattere economico che vengono pubblicati sul suo giornale ed è per questo motivo che mi rivolgo a lei per sottoporle un quesito semplice, ma per me molto importante. In questa così decantata era della globalizzazione, di cui in tanti ci siamo riempiti la bocca, da illustri economisti ad affermati politici, c’è ancora spazio per la piccola e media impresa a gestione familiare, per il semplice negozio, per tutti quei lavori artigianali che fanno parte della nostra cultura, ma che ad uno a uno stanno scomparendo? E qual è, secondo lei, il modello di sviluppo al quale dobbiamo guardare per il futuro? La sola logica del profitto, o dobbiamo tutelare anche altri valori? Vede, se in un primo momento nutrivo grande speranza in questo progetto globale che, secondo molti, avrebbe dovuto distribuire più benessere e più ricchezza grazie a un mercato senza più confini, dove le merci circolano liberamente, ora mi rendo conto a mie spese che se nelle intenzioni questo tipo di sviluppo avrebbe dovuto portare benefici, purtroppo rischia di diventare la prima vera causa di un declino lento ma inarrestabile della nostra economia locale, basata da anni sulla produzione di articoli tessili e affini. La ragione è molto semplice: come si può competere con mercati dove il costo della manodopera è 150 volte inferiore al nostro? Con grande lungimiranza abbiamo esportato tecnologia in grado di rendere ancora più competitivi questi Paesi non solo sul piano del prodotto di basso costo, ma anche sul piano della qualità. Considerando poi che nel campo tessile il costo della manodopera incide per il 70%, il risultato è che ormai nei magazzini all’ingrosso il 90% dei prodotti tessili è di importazione. Spesso sento dire che dobbiamo aumentare gli investimenti, ma a che scopo e a quale fine se comunque non potremmo mai essere competitivi? In altri settori, vedi quello automobilistico, lo Stato è intervenuto con politiche di sostegno, ma evidentemente il settore tessile, sia in campo nazionale ma anche a livello europeo, non è di primaria importanza. La triste realtà è che noi produttori siamo una razza in via di estinzione e che niente e nessuno potrà fermare questa tendenza. Per anni siamo cresciuti con molti sacrifici, ma anche con soddisfazioni. Abbiamo dato e creato ricchezza sia alle nostre aziende sia ai nostri dipendenti, che conosciamo tutti ad uno a uno, conosciamo le loro famiglie e per questa ragione ci sentiamo legati a loro anche da un senso di gratitudine. Forse qualcuno mi potrebbe rinfacciare di essere egoista nei confronti di Paesi che hanno bisogno più di noi di crescere e svilupparsi, ma noi a chi dobbiamo rendere conto? Alla nostra gente, che pure ha diritto di esistere ed è quella che poi in fin dei conti fa la spesa, spende e consuma: ma se questi a fine mese si trovano senza soldi in busta paga, chi credete che andrà a comprare questi prodotti non certo di primaria necessità? Il cinese, il pakistano, l’indonesiano o l’indiano? Dobbiamo diventare tutti commercianti? Va bene , ma commerciare è diverso dal produrre: la trasformazione di un prodotto comporta un ciclo di attività dalla filatura alla tessitura alla tintoria e al finissaggio, dove lavorano parecchie persone, senza dimenticare il terziario. Per commerciare non c’è bisogno di molta gente: si va, si compra e si vende. Tutto è finalizzato a un rapido giro di denaro che non tocca per niente la parte produttiva, se non a volte marginalmente per qualche lavoro di finissaggio. In poche parole: non si crea ricchezza per la collettività. Alla faccia della globalizzazzione, forse un giorno dovrò dire basta. Certo, non succede niente: un altro piccolo artigiano che smette non fa notizia, a chi può importargliene? Tanto più che si potrà sempre trovare un nuovo ipermercato che apre grazie ai nostri soldi, ai nostri risparmi che le banche si mangiano in continuazione per distribuire a questi grandi gruppi finanziari, per i quali la cosa più importante sono gli utili di gestione. Quelli, sì, a fine anno non possono mancare, anche a scapito di toglierci l’unico bene prezioso che ci è rimasto: la nostra salute e il nostro lavoro. E questo sarebbe il nuovo modello di sviluppo? Che fregatura! Sono curioso di vedere quale sarà nel prossimo anno il gettito fiscale che lo Stato raccoglierà, visto che nei primi mesi di quest’anno i dati indicano un crollo del fatturato in tutti i settori, non solo in quello tessile. Considerando che per la maggior parte il denaro versato al fisco arriva dalla piccola e media impresa, credo che in futuro il governo dovrà inventarsi nuove tasse che alla fine pagheranno i soliti fessi. Recentemente sul vostro giornale ho letto alcune interviste rilasciate da famosi imprenditori locali, dalle cui dichiarazioni si deduce che la paura nei confronti dei prodotti importati non ha ragione di esistere in quanto, grazie alla nostra abilità e capacità, dobbiamo essere in grado di creare nuovi articoli, nuovi modelli di alta qualità capaci di imporsi sul mercato, per la cui realizzazione non bisogna temere di fare nuovi investimenti. A parte il fatto che oggi il prodotto di qualità lo sanno realizzare anche in quei Paesi, ma poi, con tutto il rispetto, proprio loro mi dovrebbero spiegare come mai stanno smantellando a poco a poco il settore tessile puntando decisamente in altri campi di sviluppo: dal meccano-tessile alla chimica, all’energia, ecc. In un’altra intervista, invece, si legge che il problema tessile di per sé non esiste, ma c’è soltanto un problema di perdita occupazionale. Decisamente faccio fatica a capire questo genere di affermazione, in quanto da parte mia considero primario il problema della perdita occupazionale per il semplice fatto che nel momento in cui un nostro operaio perde il posto di lavoro e si trova con moglie e figli a carico da mantenere è gia tanto se riesce ad arrivare a fine mese con abbastanza soldi per andare a fare la spesa. Figuriamoci poi come potrebbe spendere altro denaro per acquistare prodotti non di primaria necessità. Famosi economisti dicono che imporre i dazi doganali è anticommerciale, che va contro le regole del libero mercato e che sarebbe controproducente, considerando il fatto che in futuro il mercato asiatico potrebbe diventare potenzialmente appetibile. Ma siamo sicuri che nel momento in cui una volta raggiunto un sufficiente grado di ricchezza costoro verranno da noi a comperare? Permettetemi di avere qualche dubbio: con il tasso di crescita attuale, nel giro di pochi anni la Cina avrà sufficienti risorse da sopperire senza difficoltà alle richieste del mercato interno ed estero. Recentemente ho ricevuto da parte dell’Associazione Artigiani un fax dove vengo invitato a partecipare a un convegno dove si parla delle prospettive ed opportunità per la piccola e media industria di internazionalizzarsi sul mercato cinese, vista e considerata l’enorme influenza che questo Paese sta avendo sull’economia mondiale grazie alla partecipazione di aziende già presenti sul posto. Mi meraviglio del fatto che vengano sostenute iniziative del genere da parte dell’Associazione Artigiani. Anche ammesso che uno decida di lasciare moglie e figli per andare in Cina (il che per uno abituato a mangiare polenta è alquanto difficile), chi mi dà i soldi ? E poi cosa faccio con i miei dipendenti? Porto in Cina anche loro? Queste opportunità le può avere solo la grande industria come già sta facendo. A me non resta che stare alla finestra e sperare che nella lista delle aziende che chiuderanno a breve termine non ci sia anche la mia. Scusate se mi sono dilungato troppo, anche in modo un po’ confuso. Di certo non tutti saranno d’accordo con quanto ho scritto ed è giusto così, ma mi premeva esprimere queste considerazioni del tutto soggettive con qualcuno che più di me ha la capacità di dare risposte a queste mie preoccupazioni. Gianmario Zambaiti amministratore della Almatex di Leffe---------------------

 

  By: GZ on Giovedì 23 Ottobre 2003 13:12

l'italia è il paese più vecchio del mondo in senso anagrafico, bisogna guardare altrove come paese per investire in borsa ------------------------------------------------------------------ Il rapporto annuale dell’Istat sull’evoluzione demografica dell'Italia nel 2002 presenta una situazione alquanto allarmante: l’Italia è un paese vecchio, anzi, il più vecchio d’Europa! Infatti, il Belpaese presenta l'indice di vecchiaia più alto al mondo, nonché la speranza di vita più lunga e la popolazione più anziana dell'Ue. A ciò si aggiunge un altro fenomeno tutto italiano, il basso tasso di fecondità. All'aumento della speranza di vita che procede a passo spedito continua infatti a non corrispondere un adeguato tasso di natalità, e dal 1976 l'Italia si trova al di sotto del livello di sostituzione. Secondo il rapporto, nel 2002 la speranza di vita in Italia è di 76,8 anni per gli uomini, e di 82,9 per le donne. Numeri, in entrambi i casi, di un anno superiori alla media europea. Nell'Unione, l'Italia ha dunque un triste primato: quello del Paese con la popolazione più anziana. Nel 2000, infatti, gli ultra 65enni erano il 18% della popolazione, contro il 16,2% che è la media dell'Unione europea. Dato che continua a salire, tanto che a gennaio di quest'anno un italiano su cinque aveva 65 anni e più. Trent'anni fa erano uno su dieci e fra trent'anni saranno uno su tre gli over 65! I più longevi risultano essere i molisani, mentre le donne campane vivono in media 81,2 anni. Da questi dati si evince, tuttavia, che il concetto di vecchiaia si sta evolvendo, e una persona oggi diventa anziana sempre più tardi, visto che a sessantacinque anni un uomo ha ancora davanti a se ben 16,8 anni da vivere, di cui mediamente 13 in piena autonomia. Il discorso cambia se si parla di donne: ad una maggiore longevità, infatti, non corrisponde sempre una buona qualità della vita, e in base alla propria autopercezione, una donna trascorre mediamente il 60% della propria vita in “buona salute”, contro il 70% degli uomini. Le donne sono infatti afflitte, più spesso rispetto agli uomini, da malattie meno letali, ma che nel lungo periodo degenerano in situazioni invalidanti, come artrite, artrosi, osteoporosi, ipertensione arteriosa, mentre gli uomini sviluppano soprattutto patologie croniche a maggiore letalità. Nel nostro Paese, inoltre, aumentano i grandi vecchi, quelli con più di 80 anni, che ormai sono una persona ogni venti. Ai primati europei si aggiungono quelli mondiali e così l'Italia detiene il record del mondo dell'indice di vecchiaia: per ogni 100 giovani al di sotto dei 15 anni ci sono 133 persone al di sopra dei 65. Natalità e mortalità pongono l'Italia davanti al problema del debito demografico, e di conseguenza a quello della spesa pensionistica. Alla fine del 2001 - riferisce l'Istat - in Italia il numero di prestazioni pensionistiche previdenziali e assistenziali è stato pari a 21,5 milioni, per un importo complessivo annuo di 178 mila milioni ed un importo medio annuo di 8.300 milioni

 

  By: michelino di notredame on Giovedì 23 Ottobre 2003 12:51

salve. io i mercati non li seguo piu', guardo il mib30 praticamente come guardo cos'ha fatto il piacenza domenica, pero' devo dire che avere il listino a 25400, un 10% circa sopra i minimi assoluti fa abbastanza impressione. vuol dire che sei a contatto dei minimi dopo mesi interi di mercato tranquillo. e se non sei salito fin qui, quando sali? e se scendi, dove vai?, a 12000? qui tra un po' la fila dei barboni rischia di allungarsi. ma niente paura. un posto sulla panchina, ve lo tengo.

IL guru grida di vendere - gz  

  By: GZ on Giovedì 23 Ottobre 2003 11:32

Bob Prechter di Elliot Wave questa settimana. Per chi non legge bene l'inglese: "...non è che sono negativo, ma nervoso della mia posizione. Qui oggi vi sto gridando dal tetto a squarciagola, a tutta forza che questa è la più grande opportunità in un generazione di vendere... " Perlomeno ci sono dei guru che non dicono: ... se scendesse sotto 1020 allora potrebbe scendere fino a 1.020 e se salisse sopra 10.40 allora può arrivare a 1.060... ---------------------------------------------- "....."Understand that I am not nervously bearish or on the fence. I am all-out, no-holds-barred, shout-from-the-rooftops, yet-another-opportunity-of-a-lifetime bearish. Wave patterns, cycles and technical indicators have developed into an astonishingly one-sided message... "After this bear market is finally over, almost no one will remember the Pollyanna psychology that existed in the summer of 2000, the spring of 2002, the spring of 2002, or the fall of 2003. The S&P and Nasdaq will look like one big slide with a few rallies along the way, and historians will probably not even imagine that investors could have been stark raving bullish during any one of them." ....."

 

  By: Paolo Gavelli on Lunedì 29 Settembre 2003 19:06

imho, sopra 1,1550 €/$, tira una brutta aria per i mercati 2ali

 

  By: poncio on Venerdì 26 Settembre 2003 02:07

in italiano. 15:49 Freddie Mac rinvia a novembre pubblicazione revisione bilancio NEW YORK, 25 settembre (Reuters) - Freddie Mac annuncia il rinvio a novembre della pubblicazione dei suoi risultati finanziari rivisti e l'ammontare degli utili non distribuiti ricalcolati potrebbe essere maggiore dei 4,5 mld dollari precedentemente annunciati. Il numero due dei mutui negli Stati Uniti è stato al centro degli scorsi mesi di uno scandalo contabile, in particolare sui metodi di contabilizzazione dei derivati, che ha portato al licenziamento del top management a giugno. Inizialmente la società aveva annunciato la pubblicazione dei conti rivisti per il 30 settembre. Freddie Mac dice di avere problemi con le modifiche al software necessarie per mettere a bilancio trasferimenti di attività e securitization. Le cartolarizzazioni prevedono la vendita di prestiti ipotecari per creare mortgage-backed securities. "Siamo spiacenti di dover rinviare la scadenza per la revisione del 30 settembre, ma la nostra priorità era – e continua a essere - rendere giusti i nostri rendiconti finanziari", ha detto il responsabile della finanza Martin F. Baumann. Oltre a rivedere i suoi conti sui derivati, la società ribadisce che cambierà il modo in cui sono classificati certi titoli, come sono registrati i trasferimenti di asset e le securitization e la sua valuazione di strumenti finanziari.

 

  By: poncio on Venerdì 26 Settembre 2003 02:05

notizia odierna FREDDIE MAC DELAYS EARNINGS RESTATEMENT Once again delays release of its widely anticipated reaudited and restated financial results, pushing publication date to November. Anticipates total increase in retained earnings of $4.5 billion or more.