By: Moderatore on Mercoledì 18 Febbraio 2004 16:11
A Merano c'era chi falsificava certificati medici per i giovani valligiani. La diagnosi? Sempre la stessa: omosessualità.
Siamo nell'ospedale militare di Padova, bell'edificio a due passi dalla stazione e per secoli già austero convento. Siamo alla fine dello scorso mese di novembre e sta per iniziare una storia davvero singolare.
Un giovane aitante, con marcato accento tedesco, viene sottoposto alla visita per l'idoneità alla leva.
È appena arrivato dalla Val Passiria, terra di boschi e di masi, lassù tra Merano e il confine con l'Austria.
«Dottore, non posso fare il militare. Io sono omosessuale». Il giovane esibisce un certificato come se fosse un trofeo. Il medico ha un moto di stizza: «Un altro omosessuale» dice tra sé e sé. Poi, rivolgendosi all'infermiere, osserva: «Se non sono gay, questi dell'Alto Adige soffrono d'attacchi di panico o pensano al suicidio».
Il medico guarda e riguarda il certificato. La diagnosi non è impugnabile: come si può contestare un'asserita omosessualità? Però ha un dubbio e telefona alla procura militare, qualche centinaio di metri di distanza. «Procuratore Dini, anche oggi ne è arrivato un altro che si dichiara omosessuale. Anche lui è della Val Passiria».
Il ragazzo viene rispedito a casa, prudentemente senza l'esonero. Il procuratore Sergio Dini allerta i carabinieri di Merano. «Possono raccogliere qualche informazione su un ragazzo ventenne di San Leonardo di Val Passiria? È vero che il giovane è un omosessuale dichiarato?».
Indagine delicatissima, ma anche estremamente facile. Nel giro di poche ore i carabinieri emettono il verdetto: il «sospettato», operatore turistico (con i genitori gestisce un bellissimo agriturismo), ha una fidanzata. In paese danno per scontato il matrimonio.
Com'è possibile un simile inganno? Il procuratore chiede all'ospedale militare copia dei certificati di esonero degli ultimi due anni. L'attenzione è orientata soprattutto sull'Alto Adige. Ed ecco la scoperta: c'è uno psichiatra a Merano che ha firmato centinaia di referti. È il dottor R.M., quarantacinquenne di bell'aspetto, con studio sotto i portici, zona centralissima.
I suoi pazienti, ventenni della Val Passiria e della vicina Val Venosta, soffrono quasi tutti di gravi problemi di identità sessuale.
La percentuale è alta, anzi altissima. Cosa sta accadendo in queste valli fantastiche, già alla ribalta perché regno di terribili terroristi antitaliani? Chi non ricorda George Klotz, il «martellatore della Val Passiria»?
I carabinieri perquisiscono lo studio dello psichiatra. Prima sorpresa: non c'è traccia di cartelle cliniche dei suoi ventenni omosessuali.
Seconda scoperta: non c'è traccia nemmeno di visite mediche dei ragazzi in crisi di identità.
Invece nell'agenda del professionista risulta annotata ogni giovedì, ore 14, una sigla: M.T. È soltanto un indizio.
Ma pochi giorni dopo all'ospedale militare di Padova ecco presentarsi un altro ventenne, anche lui con accento tedesco. È appena arrivato da Moso di Val Passiria.
«Non posso fare il soldato, sono omosessuale» balbetta brandendo il suo bel certificato. Il medico, questa volta, si arrabbia. «Ma quale omosessualità?» comincia a inveire. Il ragazzo, colto in castagna, spiffera: «Ho pagato 3 mila euro. Sì, il certificato è falso. Mi sono rivolto a una donna del mio paese. Ci ha pensato lei. Si chiama M.T.».
Il cerchio si chiude facilmente: M.T., 50 anni, casalinga irreprensibile, ogni giovedì lasciava il suo maso per andare a Merano, dallo psichiatra. In borsa aveva un elenco di nomi e parecchi quattrini. Interrogata, la donna ha sbarrato gli occhi. In fondo lei faceva soltanto un piacere a quei ragazzi. Non volevano fare il militare, niente di male... Interrogati, i giovani hanno alzato le spalle. «Perché fare il soldato, per voi, per l'Italia?».