Come mai le banche prestano miliardi a questi romani per fagli comprare RCS ? - gz
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By: GZ on Lunedì 23 Maggio 2005 22:08
Oggi essendo malato guardavo le TV e quando passavano le interviste agli "immobiliaristi romani del contropatto" cioè Danilo Coppola e Stefano Ricucci, un poco per il pesante accento romanesco e la sintassi italiana disastrata, un poco per la mimica stile Verdone (di Ricucci) sembrava un film di Sordi-Verdone e non la solita CFN con gestori e manager che parlano con termini in inglese da Bocconi.
Questo Ricucci con la sua "partecipazione strategggica in RCS .... che non venderò mai, mai....è per sempre ..." è proprio bravo. Ha 42 anni, a 20 era un odontotecnico senza soldi di famiglia e ora è uno degli azionisti di controllo oltre che di Anna Falchi, di BNL, di Antonveneta ed è con il 15% l'azionista numero del Corriere della Sera, con una quota che nemmeno gli Agnelli o nessun altro ha mai accumulato
Come mai visto che il Corriere è la società il cui controllo per motivi politici da sempre è sotto la lente di tutti quelli che contano nel sistema finanziario italiano ?
Come mai, come nel caso di Antonveneta-Popolare Lodi e BNL, a questi tizi con "debiti certi e patrimonio incerto" (secondo Della Valle nell'intervista sull'Espresso di sabato) le banche consentono di comprare centinaia di milioni di derivati sul flottante di BNL, Antonveneta e RCS con soldi (presumibilmente) non loro, ma delle banche, garantendo loro di rivenderli poi con un guadagno certo (con un ruolo forse da prestanome) ?
(nel caso della Lodi è stato provato che ha prestato 1.1 miliardi di euro per fargli comprare le azioni e poi rivenderle a un prezzo più alto alla Lodi stessa e c'è un inchiesta Consob)
Forse perchè dopo che Profumo di Unicredito era uscito dal Corriere il suo controllo era diventato incerto tenendo conto anche che a Ifil-Fiat non c'era più Giovanni Agnelli ma Marchionne e i nipotini che forse hanno altre priorità.
E allora Giovanni Bazoli che come presidente Intesa dopo la morte di Cuccia è il "garante" del Corriere ed è anche come noto il deus ex machina della coalizione di sinistra nel mondo bancario, voleva tornare a ^blindarlo prima che passasse a gente vicina a Berlusconi#http://www.panorama.it/opinioni/archivio/articolo/ix1-A020001030934^
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Qualche anno prima era bastata la velleitaria scorribanda di Luigi Giribaldi, un vecchio finanziere che da Monte-Carlo si divertiva a fare la mosca che infastidisce il grande capitale, per convocare nottetempo una riunione in Mediobanca dove i membri del patto di sindacato Rcs giurarono fedeltà al loro vincolo. Possibile che adesso quelle stesse persone se ne stiano placidamente a guardare le gesta di uno che dice di voler puntare al 15 per cento della società, una soglia che sommando anche i pacchetti degli amici deve avere abbondantemente superato? Oltretutto, i pattisti sanno bene che in caso di opa viene meno il loro impegno a non vendere. E, da esperti uomini di finanza, dovrebbero sapere un'altra cosa: se si ricorre a operazioni derivate su un titolo illiquido come Rcs, cioè a flottante (azioni in circolazione) scarsissimo, vuol dire che con molta probabilità qualcuno dei soci ha già «tradito» ed è pronto a consegnare le sue azioni. Invece qualcun altro, come la Fiat, potrebbe essere indotto a farlo visto che la speculazione di questi mesi ha iperbolicamente gonfiato il valore della sua quota a 450 milioni di euro, soldi che in tempi di magra fanno comodo.
Davvero dunque c'è da dormire sonni tranquilli? In realtà Bazoli, direbbero dalle sue parti, è più furbo che santo. E la tranquillità non gli deriva dalla incrollabile fiducia che i soci del patto onoreranno il loro impegno, ma dal fatto che controlla movimenti e pacchetti degli aggressivi «new comer» che stanno facendo incetta di azioni Rcs.
Non meraviglierebbe perciò che dietro una eventuale, e mai come in questi giorni evocata offerta pubblica sul giornale, nonostante le smentite di Corrado Passera, ci fosse lui con i suoi alleati. E siccome ogni interpretazione economica sulle vicende del primo quotidiano d'Italia è anche politica, terreno su cui il professore si muove con agio, tutto il bailamme sulla Rcs nasce come antidoto alle presunte mire berlusconiane sul giornale.
Preoccupato per un possibile blitz che all'epoca identificava in Cesare Geronzi e Salvatore Ligresti i protagonisti del ribaltone, Bazoli avrebbe orchestrato le contromosse d'intesa con Romano Prodi e Massimo D'Alema. C'erano due problemi: rimediare all'inopinata uscita di Alessandro Profumo dalla Rcs, e costruire in prospettiva una solida difesa. A quel punto il presidente dei Ds, nonostante il biasimo di un padre nobile della sinistra come Giuliano Amato, avrebbe fatto da tramite per assicurare al professore l'appoggio di Francesco Gaetano Caltagirone e della nidiata di rampanti immobiliaristi che a lui guardano come esempio da seguire. Di qui il rastrellamento destinato a fermarsi una volta raggiunta una quota di assoluta sicurezza. Con ciò scardinando, di fatto, gli attuali equilibri.
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