Cirio pagava il 9% invece del 15%

 

  By: GZ on Mercoledì 11 Febbraio 2004 10:50

Cragnotti in carcere, ogni tanto i fondamentali migliorano anche in italia

 

  By: Bardamu on Venerdì 30 Gennaio 2004 14:03

Concordo con l'operatore. Si stanno arricchendo così...tanto, e non da oggi, ma da almeno 2-3 anni

Nuovi prodotto finanziari in commercio - gianlini  

  By: gianlini on Venerdì 30 Gennaio 2004 12:27

Liberamente tratto dal sito del Corriere della Sera Non ho la sfera di cristallo, ma lavoro nel settore come operatore sui mercati obbligazionari di una grande banca straniera, da cui la mia «timidezza» su nome e cognome. Ebbene c'è un fenomeno molto interessante che darà i suoi frutti nell'arco del 2004 e più ancora nel 2005. Devi sapere che la maggior parte delle grandi banche italiane, da un paio di anni fanno buona parte dei loro utili non più dando fregature ai poveri risparmiatori al dettaglio (dopo aver loro venduto i fondi con commissioni da furto, le obbligazioni strutturate, le polizze vita index-linked e unit-linked, sulle quali hanno incassato laute commissioni e dato fregature clamorose, molti non ci cascano più), ma invece vendendo prodotti derivati alle piccole e medie aziende, che in Italia sono veramente tante. Cosa sono questi prodotti derivati? Di solito sono finanziamenti dove magari il tasso d'interesse è legato al verificarsi di certi fenomeni, che se si verificano ti fanno aumentare il costo in maniera vertiginosa. Ma quando mai il dollaro andrà sopra 1,20 sull'euro? Così dicevano i venditori di questi prodotti 3-4 mesi fa, ed ecco il dollaro a 1,28. E, guarda caso, il finanziamento che sembrava così conveniente diventa una mazzata, perché il tasso aumenta del 5% (si chiamano «opzioni digitali», carino no?). E di questo tipo di strutture ce ne sono migliaia. Ebbene, imprenditori abilissimi nel loro campo si sono fatti infinocchiare a comprare cose di questo tipo dalle loro banche, le quali tutte si sono buttate su questo tipo di prodotti negli ultimi 2-3 anni. I frutti di questo si vedranno a breve, quando, con la congiuntura negativa, queste aziende piccole o piccolissime (a volte artigiani) avranno da pagare anche il conto di queste geniali trovate. E lì altro che Parmalat, perché l'Italia è fatta di microaziende.

quello che che fanno le aziende tramite le società offshore e usando i derivati esotici offshore - gz  

  By: GZ on Martedì 27 Gennaio 2004 23:16

Se qualcuno che ha studiato finanza all'università lo vuole spiegare agli altri in italiano. Questo è quello che che fanno le aziende tramite le società offshore e usando i derivati esotici offshore e con l'aiuto di Wall Street. Sono cose di routine che fanno in tante società, poi c'è chi è in buona fede e chi in malafede, ma una volta che puoi fare transazioni finanziarie di questo genere (che sono fuori bilancio) chi capisce più cosa succede veramente nei tuoi conti? Comunque chi come me ha studiato un poco queste cose a scuola prova invidia per quelli che possono divertirsi a mettere in piedi queste transazioni esotiche: un mestiere eccitante, come fare il prestigiatore. ------------------------- Parmalat Auditor: CSFB, Santander Did 'Anomalous' Deal By Brian Lagrotteria and Salvatore Pizzo DOW JONES NEWSWIRES ------------------------------------------------ Investigators, bankers and auditors are looking into how Parmalat misled investors for years as part of one the largest alleged corporate frauds in history. By looking into the company's past transactions, they are seeking to piece together who knew what about Parmalat's financial state and when. In the deal with Credit Suisse Group's (CSGN.VX) investment banking arm, Parmalat's Brazilian unit, Parmalat Brasile, sold convertible bonds whose underlying shares were then reacquired by the parent company, Parmalat SpA. CSFB acted as an underwriter and counterparty in the deal. "The bond issue by Parmalat Brasile presents anomalous characteristics. The bond was effectively reacquired by Parmalat SpA," the auditor wrote in its report, a copy of which was seen by Dow Jones Newswires. "We believe that the economic and financial motives behind this transaction are still to be understood." According to the report, Credit Suisse First Boston International underwrote a EUR500 million convertible bond issued by Parmalat Brasile on Jan. 18, 2002. Credit Suisse First Boston International also entered into a Forward Sale Agreement with Parmalat Brasile's parent, Parmalat SpA, that allowed Parmalat SpA to reacquire the underlying shares of its Brazilian unit's debt. The Forward Sale Agreement resulted in a EUR248 million payment made by Parmalat SpA unit Parmalat Finance Corporation BV to a CSFB account at a Chase Manhattan bank in Frankfurt, Germany, according to the report. The transaction took place the day of Parmalat Brasile's convertible bond issue. The Forward Sale Agreement allowed Parmalat SpA to book the value of Parmalat Brasile's convertible bond as EUR248 million in assets. At the group consolidated level, the Forward Sale Agreement allowed Parmalat Finanziaria SpA to book EUR250 million in debt, as opposed to the EUR500 million value of the convertible bond issue. According to PriceWaterhouseCoopers, the second part of the transaction involved Banco Santander Central Hispano SA (STD) unit Banco Santander Cayman Island underwriting an Investment Management contract that allowed Parmalat Brasile to book EUR250 million in assets. This deal took place between Jan. 22 and 24, 2002. As part of that deal, Banco Santander invested EUR250 million that Parmalat Brasile had deposited with the bank by underwriting promissory notes for the same amount issued by Parmalat unit Parmalat Finance Corporation BV. According to the original Investment Management contract, however, Banco Santander was supposed to invest the money in bonds with a minimal rating of BBB under Standard & Poor's classifications. The maturity date of those promissory notes was Jan 18, 2008, the same day Parmalat Brasil's convertible bonds were to mature. The liquidity gained by Parmalat Brasile through these deals was partially used to "immediately reimburse" CSFB through the reacquisition of bonds, PriceWaterhouseCoopers said. CSFB earned EUR3.375 million in fees from underwriting Parmalat Brasile's convertible bond, or 0.7% of the value of the transaction. And CSFB earned EUR5.1 million for the Forward Sale Agreement, payable over a six-year period, according to PriceWaterhouseCoopers' report.

 

  By: Moderatore on Lunedì 12 Gennaio 2004 14:56

PARMALAT: CAPITALIA; ACCUSE TANZI A GERONZI PRETESTUOSE (ANSA) - ROMA, 12 GEN - Il gruppo Capitalia definisce in una nota pretestuose le dichiarazioni rese ai magistrati da Calisto Tanzi riguardanti il ruolo di Cesare Geronzi nelle operazioni Eurolat e Ciappazzi, e riportate oggi da alcuni quotidiani. ''La pretestuosita' di tali dichiarazioni - si legge nella nota - e' evidente in quanto si riferiscono a transazioni vere, ampiamente documentate e valutate anche da terzi indipendenti, ma soprattutto che nulla hanno a che vedere con i motivi del dissesto di Parmalat''. Mentre appare ''umanamente comprensibile'' l'obiettivo di Tanzi e Tonna ''di attenuare le proprie responsabilita' - si legge nella nota - suscita sgomento che le dichiarazioni di persone che si sono rese responsabili di un dissesto aziendale senza precedenti mediante un organico e continuo flusso di informazioni e notizie difformi dal vero al mercato ed alle Autorita' non vengano opportunamente soppesate dai media''.

 

  By: GZ on Sabato 10 Gennaio 2004 15:45

"....come mai le banche non si sono accorte del singolare fenomeno della moltiplicazione delle fatture, che scontavano senza problemi.... Moltiplicazione per cinque, per l'esattezza: tanto che a un fatturato reale di 400 milioni ne corrispondeva uno fittizio pari a 2 mila. ...." "Parmalat.....consegnava la merce a queste 34 aziende di distribuzione e naturalmente emetteva le relative fatture. Poi girava questi crediti a decine di banche, ovvero si faceva anticipare i soldi. Le società distributrici, a loro volta, recapitavano latte e merendine ai supermercati, ma a emettere fattura era di nuovo la Parmalat, che poi girava questi crediti (buoni) a una società lussemburghese: l'Eureka. Costituita appositamente dalla Citigroup per questo lavoretto. Domanda: è mai possibile che il colosso finanziario Usa non sapesse nulla? E che le banche subentrate alla Parmalat nei crediti verso le società di distribuzione non abbiano mai sentito puzza di bruciato, anche quando quei crediti si moltiplicavano vertiginosamente ?..." "... Nell'elenco compaiono tutti i principali istituti di credito italiani. Dalla Capitalia al San Paolo Imi, dalla Intesa al Monte dei Paschi di Siena, dall'Unicredito alle Banche popolari unite...." "....le procure della Repubblica di Parma e Milano vogliono vederci chiaro. Vogliono sapere, per esempio, se è vero quanto Tonna ha fatto mettere a verbale: e cioè che la Capitalia di Cesare Geronzi (il gruppo italiano più esposto nei confronti della Parmalat) imponeva determinate operazioni, pena il taglio immediato delle linee di credito....".

 

  By: Moderatore on Sabato 10 Gennaio 2004 15:41

Sotto processo di ^Angelo Pergolini 9/1/2004 #http://www.panorama.it/economia/capire_economia/articolo/ix1-A020001022415^ Per truccare i bilanci, l'azienda di Calisto Tanzi si serviva perfino di una società che moltiplicava le fatture e aveva un nome davvero geniale: Eureka. Costituita dal colosso americano Citigroup. Che ora, con tutte le maggiori banche italiane e straniere, deve misurarsi con i dubbi dei magistrati e la sfiducia dei risparmiatori Dopo quella dei ragionieri, scocca l'ora dei banchieri. Se la prima fase dell'inchiesta sul crac ^Parmalat#^ ha avuto come indiscussi protagonisti il ragionier Calisto Tanzi e il ragionier Fausto Tonna, adesso la ribalta spetta agli gnomi del credito. Perché è vero che i ragionieri, come hanno confessato, sono stati gli artefici del colossale disastro finanziario che ha travolto il primo gruppo alimentare italiano. Ma è altrettanto vero che hanno potuto sempre contare sull'appoggio delle banche. Le quali, per 15 anni, mentre i ragionieri taroccavano contabilità e bilanci, proponevano affari, suggerivano strutture finanziarie esotiche, prestavano soldi, collocavano bond, rassicuravano gli investitori. E intascavano laute provvigioni. Ora che il giocattolo si è rotto, le procure della Repubblica di Parma e Milano vogliono vederci chiaro. Vogliono sapere, per esempio, se è vero quanto Tonna ha fatto mettere a verbale: e cioè che la Capitalia di Cesare Geronzi (il gruppo italiano più esposto nei confronti della Parmalat) imponeva determinate operazioni, pena il taglio immediato delle linee di credito. Ma vogliono anche capire se gli analisti del Citigroup (l'istituto di credito più grande del mondo e il maggior sostenitore dell'azienda di Collecchio) che lo scorso 17 novembre suggerivano «buy», consiglivano cioè di comprare le azioni del gruppo alimentare, sono molto cretini o troppo furbetti. E magari vorrebbero pure qualche chiarimento sui rapporti con quella Banca del Monte di Parma, presieduta da Franco Gorreri, ex responsabile della tesoreria della Parmalat, già raggiunto da un avviso di garanzia. Oppure sapere come mai le banche non si sono accorte del singolare fenomeno della moltiplicazione delle fatture, che scontavano senza problemi. Moltiplicazione per cinque, per l'esattezza: tanto che a un fatturato reale di 400 milioni ne corrispondeva uno fittizio pari a 2 mila. Grazie a una trovata semplice e «geniale». E a una società lussemburghese che non poteva avere un nome più azzeccato: Eureka. Il giochetto, scoperto dai revisori della Price Waterhouse, incaricati dal commissario Enrico Bondi di mettere ordine nel mare di cifre truccate della Parmalat, era disarmante. La distribuzione dei prodotti avveniva tramite 34 società. Tutte a responsabilità limitata. Tutte facenti capo alla Nyte investment, società fuori dal bilancio consolidato del gruppo Parmalat, che ora la Guardia di finanza sta cercando di rintracciare fra il Delaware (Stati Uniti) e l'Isola di Man. Che faceva la Parmalat? Consegnava la merce a queste 34 aziende di distribuzione e naturalmente emetteva le relative fatture. Poi girava questi crediti a decine di banche, ovvero si faceva anticipare i soldi. Le società distributrici, a loro volta, recapitavano latte e merendine ai supermercati, ma a emettere fattura era di nuovo la Parmalat, che poi girava questi crediti (buoni) a una società lussemburghese: l'Eureka. Costituita appositamente dalla Citigroup per questo lavoretto. Domanda: è mai possibile che il colosso finanziario Usa non sapesse nulla? E che le banche subentrate alla Parmalat nei crediti verso le società di distribuzione non abbiano mai sentito puzza di bruciato, anche quando quei crediti si moltiplicavano vertiginosamente? Ecco, sono domandine come queste che gli investigatori adesso cominceranno a porre ai banchieri di Tanzi. Che sono tanti. Nell'elenco compaiono tutti i principali istituti di credito italiani. Dalla Capitalia al San Paolo Imi, dalla Intesa al Monte dei Paschi di Siena, dall'Unicredito alle Banche popolari unite. Ma ci sono anche colossi internazionali come la già citata Citigroup e Ubs, Deutsche Bank e Jp Morgan. Tutti gruppi che, a vario titolo, negli ultimi 12 mesi sono restati coinvolti in operazioni decisamente poco trasparenti. Basta pensare che Citigroup e Jp Morgan hanno patteggiato con il procuratore generale di New York una multa da 305 milioni di dollari per chiudere il capitolo dei traffici che portarono ai crac di Enron e Worldcom. E che le stesse due banche (insieme ad altri otto istituti di credito, fra cui anche Ubs e Deutsche) sono state coinvolte nel cosiddetto scandalo delle commissioni (in pratica, facevano la cresta sulle emissioni obbligazionarie). Quanto alle banche italiane, basta scorrerne l'elenco: è praticamente la fotocopia di quello degli istituti più coinvolti nel crac della Cirio. Un disastro che ha coinvolto decine di migliaia di risparmiatori che avevano sottoscritto le obbligazioni del gruppo guidato da Sergio Cragnotti. E se fra il crollo della Cirio e quello della Parmalat ci sono enormi differenze (se non altro per le cifre in ballo), compaiono anche inquietanti punti di contatto. E parecchie somiglianze. In comune le due storie hanno una forte esposizione con la Capitalia (banca romana presieduta da Cesare Geronzi, già indagato per la vicenda Cirio) e un affare opaco, quello della Eurolat. Società che nel 1998 Tanzi comprò sborsando a Sergio Cragnotti oltre 350 milioni attuali di euro, consentendo al finanziere di lucrare una plusvalenza pari a 150 milioni di euro. Che allora consentirono alla Cirio di non affondare. Di simile le due storie hanno anche l'utilizzo spregiudicato delle obbligazioni. Collocate non solo presso investitori istituzionali, ma anche fra migliaia di risparmiatori. La differenza, in questo caso, consiste nel fatto che le obbligazioni Cirio erano senza rating mentre quelle Parmalat erano debitamente certificate. E perciò erano state collocate con facilità anche sui mercati internazionali, soprattutto su quello americano. La conseguenza è che il crac Cirio ha avuto conseguenze a livello interno, quello Parmalat a livello planetario. Infatti oggi a muoversi non sono solo le procure di Parma e Milano, ma anche la Sec (l'organo di vigilanza sui mercati Usa) e il procuratore di New York, Eliot Spitzer. Mentre gli investitori di mezzo mondo si stanno organizzando per avviare richieste di risarcimento. Difficile ipotizzare come andrà a finire. All'inizio dell'affaire Parmalat l'ipotesi più gettonata era quella di un disastro provocato dall'uso spregiudicato della finanza creativa in un gruppo sostanzialmente sano dal punto di vista industriale. Ma più avanza la lettura dei conti veri della società di Collecchio, più si delinea un quadro assai desolante. «Tutte, ma proprio tutte le società del gruppo Parmalat facevano bilanci falsi» dicono oggi gli investigatori. Trovare qualcosa di buono da salvare, insomma, sarà molto difficile. Trovare poi qualche soldo per risarcire almeno in parte i piccoli azionisti truffati e gli obbligazionisti gabbati appare ancora più improbabile. Una prospettiva che fa imbufalire i risparmiatori. I quali non capiscono come mai gli organi di controllo, dalla Consob alla Banca d'Italia, alla borsa, non siano stati capaci di controllare alcunché. E soprattutto che non si capacitano dell'atteggiamento delle grandi banche. È mai possibile che se un commerciante o un piccolo imprenditore chiede un fido o l'anticipo di qualche fatturina la banca gli chieda garanzie su garanzie, mentre per aziende come la Parmalat (ma anche la Cirio) la borsa fosse sempre aperta? E ancora: avete provato a chiedere un prestito personale di qualche migliaio di euro? Beh, come minimo la banca esaminerà con la lente d'ingrandimento la vostra busta paga e il reddito familiare. Ma per garantire e collocare montagne di obbligazioni Parmalat (oltre 7 miliardi di euro) tutti i più blasonati istituti di credito, italiani e internazionali, si accontentavano di dare un'occhiata distratta a bilanci taroccati da cima a fondo. Quanto alle banche, quelle se la caveranno come sempre. Prima, quando la Parmalat sembrava una miniera d'oro, hanno ingrassato i loro bilanci con le commissioni. Adesso quelle più esposte perderanno sicuramente qualche penna. Ma non c'è da dubitare che si rifaranno. Come? Aumentando i costi per servizi e conti correnti, che nel 2003 erano già lievitati del 9 per cento. Statene certi: cresceranno ancora. E a pagare saranno i soliti noti. Gli investitori. E i piccoli imprenditori con l'imperdonabile difetto di avere bilanci veri e nemmeno una offshore alle Cayman. Perché la storia è sempre la stessa: sui grandi crac la banca campa. E il risparmiatore crepa.

Il Dow recupera perchè qualcuno lo stanno ora beccando - gz  

  By: GZ on Martedì 17 Giugno 2003 02:55

In teoria con alcuni milioni di italiani che bene o male hanno sofferto perdite finanziarie consistenti almeno alcuni politici dovrebbero avere interesse a sfruttare o interpretare il malcontento dei risparmiatori come serbatoio elettorale. Ad es. Spitzer il procuratore di Mahnattan e gli altri giudici a NY hanno ora in corso cause di tutti i tipi per le frodi finanziarie e hanno costretto già a pagare miliardi le case di wall street. Un altro giudice ha appena distribuito 9 anni di carcere per insider trading al top manager di Imclone la settimana scorsa. Questa gente nelle procure distrettuali poi fra 5 anni si presenta alle elezioni di sindaco o senatore: si accaniscono a fare queste inchieste per la popolarità e i titoli dei giornali che ne derivano e che sfruttano per farsi eleggere. Rudy Giuliani ha fatto lo stesso per lanciare la sua carriera politica facendo chiudere una banca d'affari la Drexel Burhnam Lambert e per spuntarla le ha applicato le leggi "rico" per la mafia. Se gli davi Previti ed era motivato a farlo fuori te lo chiudeva in un penitenziario per sempre Frank Quattrone che nonostante il nome da mafioso italoamericano è stato il banchiere più abile nel finanziare società tecnologiche in California lo hanno incastrato il mese scorso solo per una mail in cui diceva a dei dipendenti che alcuni documenti non andavano conservati. Non hanno trovato che abbia fatto niente di sbagliato, ed era lecito non conservare documenti aziendali di quel genere, ma dato quella mail è ora "ostruzione della giustizia" rischia degli anni di carcere. Il NY Times ha le sue star del giornalistmo finanziario, Gtrechel Morgenson e Norris, che tutti i santi giorni nella pagina economica firmano un pezzo che è sempre critico e attacca le banche, i brokers e le aziende per manipolazioni e distorsioni varie. Se lo leggi al mattino tutti i giorni dici: "vendo short o metto tutto in lingotti". E' vero che si sono fregati miliardi su miliardi a Worldcom, Global Crossing, Enron e così via, ma qualcuno lo stanno ora beccando, il direttore finanziario di Enron ora ha 90 capi di imputazione e per ora il conteggio è che rischia alcune decine di anni Invece il bello del sistema italiano è che tutti, dai giornali e le televisioni, alla Consob, a Bankitalia, alle procure ai partiti e i sindacati preferiscono stare dalla parte delle banche e delle istituzioni e il risparmiatore non se lo fila nessuno. Nessuno ha interesse ha sfruttare anche solo per fini politici o sindacali la frustrazione dei risparmiatori. E' un problema astratto e politico ? Mica tanto, il risultato è che il Dow Jones è solo un -22% sotto i massimi del 2000 e Piazza Affari di un -46% ---------------------------------------------------- Gianni Rossi -- Investire Oggi ----- 16/6 Qualche contributo intellettuale Dopo che per mesi Autorità competenti e la maggior parte dei mass media hanno ridimensionato gli scandali finanziari scoppiati in Italia, ecco che da alcune settimane è un fiorire di iniziative. Abbiamo detto di ispezioni Consob e Bankitalia. Continuiamo a leggere e a vedere con attenzione e piacere inchieste giornalistiche che finalmente cercano di mettere in luce gli scandali finanziari scoppiati in Italia. Ancora nessun fiato dal mondo politico e da quello sindacale-sociale. Eppure il risparmio è una delle cose che accomuna tutti gli individui: forse qualcuno potrebbe pensare al partito dei risparmiatori! In ogni caso nessun parlamentare, eccezion fatta forse per Bruno Tabacci, che abbia presentato proposte di legge per tutelare al meglio il risparmio degli italiani. Nessun politico o sindacalista che abbia fatto una denuncia forte e vigorosa dei casi Cirio, Argentina, Foryou, Giacomelli, etc… Vorrei fornire un contributo innovativo e un po’ schoccante: perché non legare la retribuzione del promotore finanziario o dell’addetto titoli di una banca/assicurazione alle performance realizzate dal cliente e non alla redditività per la banca/assicurazione dei prodotti venduti allo stesso cliente. Forse sto sognando o forse no. Nel mondo anglosassone qualcuno ci sta pensando.

Altro che il salumiere - kaiser soze  

  By: kaiser soze on Lunedì 11 Novembre 2002 15:43

.... (panarea): ..Cambia banca. Ma sono tutte uguali? Come i salumieri, più o meno uguali... -------------------------------- Come i salumieri ? ma vogliamo scherzare, è un sistema protetto chiuso dove non c'è concorrenza se non nella pubblicità, altro che il salumiere che è uno che ogni volta che gli aprono un ipermercato di fianco rischia di chiudere. Il salumiere non è protetto dal governo, da bankitalia e i principali gruppi economico-finanziari ed editoriali italiani! Le banche italiane sono un semi-monopolio, la concorrenza è minima e di facciata e sono in mano a gente che deve avere l'ok dei politici o di bankitalia o dei gruppi come agnelli che controllano l'editoria A differenza delle società di informatica o alimentari o di viaggi o immobiliari o di macchine utensili o delle radio (o del salumiere!) e di qualunque altro business privato sono: a) regolamentate e dirette sulle questioni di assetto proprietario in modo stretto da bankitalia che in cambio della garanzia statale di non fallire (che gli altri business non hanno) decide quale banca si può fondere o comprare o vendere e se ci sono problemi (vedi bipop o banco napoli) chi e come la ristruttura b) protette dalla concorrenza di esteri e di soggetti non bancari. Le sim e sicav e fondi in genere non bancarie sono scoraggiate nei fatti sia con ispezioni che le colpiscono in modo particolare, sia con requisiti e iter burocratici particolari che rendono difficile o impossibile creare fondi o società di intermediazione non bancarie facendo il solito esempio a contrario dei paesi anglossassoni, la hai delle società di software che creano o diventano poi dei Broker ! Oppure centinaia di fondi o hedge funds di tutti i genere che sono creati da gente che non ha mai lavorato in una banca. Come mai non avviene da noi ? c) le banche italiane sono in buona parte controllate politicamente tramite le fondazioni i cui membri sono tutti di nomina politica il che vuole dire che nelle diverse banche ci sono dirigenti che fanno riferimento al di fuori tutti della propria banca alla stessa cordata, in parole povere prendono ordini da due o tre persone a roma. E ovviamente in cambio di questa dipendenza ottengono copertura a tutti i livelli. Anche quelle che non sono in mano a fondazioni come Capitalia-Fineco sono indirettamente controllate dal governo e Bankitalia E i giornali appartengono a gruppi che sono interessati nelle banche e viceversa. E' un circolo chiuso dove tutti si conoscono e "proteggono" e le cordate passano trasversalmente dalla consob a bankitalia al governo alle fondazioni bancarie ai giornali. Modificato da - kaiser soze on 11/11/2002 14:51:57

 

  By: Luigi Luccarini on Lunedì 11 Novembre 2002 15:41

Le cause collettive non esistono perchè la "collettività" in genere è tutelata dal diritto penale. L'esempio con il salumiere calza ma fino a questo punto: se ti vende merce avariata arrivano i NAS. Non esiste una normativa corrispondente per le banche e tuttavia il problema più pressante rimane quello della LORO liquidità. Trasferire il rischio default alla clientela è un palliativo che non li aiuterà certo nei conti di fine anno. A meno di non voler considerare massa amministrata in deposito il valore nominale dei bonds in c/titoli sulla clientela...

 

  By: panarea on Lunedì 11 Novembre 2002 14:10

Siamo più o meno d'accordo. L'esempio più calzante con il salumiere è questo: le banche nel caso Cirio hanno venduto carta pagata dai risparmiatori con soldi. Il salumiere vende, vista l'ora ho fame, salame contro denaro. Se il salame è scadente oppure talmente cattivo da essere buttato via, chiaramente il cliente ha perso quanto pagato e non torna più da quel salumiere. Se il bond Cirio era pessimo e marcio, anche qui il cliente ha perso i soldi pagati e, se intelligente, non dovrebbe tornare più in quella banca. Sia il salumiere che la banca confidano in 3 punti: che i "truffati" non si organizzeranno mai insieme per fare una forte causa contro di loro (la cause collettive da noi non esistano...), che per ogni cliente truffato ci sarà un altro contento (magari chi ha comprato la mortadella o i BTP due anni fa) e, infine, che così come il mio cliente truffato andrà dal mio dirimpettaio, il suo venga da me. Certo che se tutti i salumieri danno sole a tutti, la loro associzione va in crisi e c'è il rischio di scomparire. Così come le banche, devono stare attente.... Purtroppo però nel caso del Cirio, nel foglioletto che l'investitore truffato avrà firmato a suo tempo, da qualche aprte, ci sarà stato scritto frasi tipo "investimento ad alto grado di rischio, non garantito ect" e forse, al limite, anche "operazione in conflitto di interessi ect". Ma lui, liberamente, ha firmato......

 

  By: Luigi Luccarini on Lunedì 11 Novembre 2002 14:09

Era sul Sole di sabato

 

  By: GZ on Lunedì 11 Novembre 2002 14:00

la cassa dei notai ? dove ha visto la notizia ? (ho dei parenti nel ramo)

 

  By: Luigi Luccarini on Lunedì 11 Novembre 2002 13:52

Che è come dire che se il tuo salumiere ti avvelena con il prodotto che ti vende prima o poi smetterà di guadagnare...

 

  By: Luigi Luccarini on Lunedì 11 Novembre 2002 13:50

Non sono d'accordo. O, meglio, sono d'accordo con gli editoriali del Sole che hanno più volte stigmatizzato la pratica delle emissioni senza rating. Chiediti il danno che operazioni di tal genere possono produrre al circuito del credito e ti spiegherai perchè le banche collocatrici sono responsabili di questo sfacelo. In più - ribadisco - se l'emittente è debitrice della banca che cura il collocamento sorge il "sospetto" di un conflitto di interessi mica tanto sotterraneo. In effetti la situazione sembra al limite di qualsiasi rilevanza civile e penale, ma non è poi molto diversa da quella che in America ha dato origine a cause miliardarie contro le Banche d'affari. Perciò la "vigilanza" dovrebbe vigilare un po' più a parer mio.