By: Mr.Fog on Venerdì 09 Aprile 2004 10:54
Oggi si ha anche il tempo di leggere un poco.
Un piccolo riassunto:
L'oro e i fattori della sua crescita: sara ancora toro?
(a cura di Laura Chiapponi - Teleborsa S.p.a.)
Prosegue costante la crescita dell'ORO che ha ormai raggiunto, sul fisico, i livelli segnati nei primi mesi del 1995, all'inizio di un lungo e costoso processo di discesa che ha visto il metallo nobile portarsi su minimi di 255 dollari l'oncia nell'agosto del 1999.
Una fase orso che sembrava difficile da superare, anche per effetto della bolla speculativa sui mercati azionari, culminata nell'anno 2000. Oggi un'oncia d'oro vale almeno 420 dollari, in aumento del 4,5% rispetto ai 401 dollari del 1° gennaio di quest'anno. Nel 2003 l'oro ha riportato una crescita di oltre il 42% dai 282 dollari segnati al primo gennaio del 2002, mentre rispetto ai minimi segnati nel 1995 a 255 usd/oncia il salto è addirittura del 65%.
Molti i fattori che hanno stimolato la ripresa del metallo giallo, in ossequio alla sua natura di bene rifugio: dalla lunga crisi dei mercati azionari mondiali, alla fase di rallentamento dell'economia globale, alla guerra in Iraq. Tutti eventi noti alla comunità finanziaria internazionale, incluso il vasto deprezzamento del dollaro che nei confronti dell'euro è passato dai massimi dell'ottobre 2000, a 0,847, a minimi di 1,2927 nei primi mesi di ques'anno, con una perdita di valore di quasi il 53%.
Non solo questi sono però i fattori che hanno stimolato il bene rifugio, sebbene le tensioni geopoliche e il rallentamento economico abbiano generato ulteriore speculazione sul mercato dei metalli nobili. Da non sottovalutare è infatti il processo di de.hedgin avviato proprio nel 1999 e culminato quest'anno con l'annuncio, da parte della Barrick Gold, uno dei più grandi colossi minerari mondiali, di un abbandono della politica di hedging, perseguita con convinzione per decenni. Un chiaro segnale rialzista per gli operatori globali che possono a questo punto contare su un mercato fortemente rialzista, che potrebbe obiettivamente già raggiungere nel 2004 un valore di 500 dollari l'oncia.
Occorre a questo punto fare qualche precisazione. La pratica dell'hedging, invalsa nel settore minerario, è uno strumento "a copertura" che i produttori di oro utillizzano per coprirsi dal rischio di un calo ulteriore dei prezzi. Grosse quantità di oro fisico vengono infatti vendute a termine ad un prezzo prefissato, al fine di contrastare da un lato il forte calo dei prezzi, dall'altro la debolezza della domanda. Naturalmente i produttori di oro hanno sempre venduto a termine molto più di quanto producessero, impegnando così anche la produzione futura ed in qualche modo lanciando un messaggio ribassista al mercato, convinto che grandi quantitativi di minerale fossero disponibili sul mercato. Se le attese sui prezzi non fossero per un un ulteriore deterioramento, si dicevano inoltre gli operatori, non avrebbe senso che i produttori di oro agiscano a copertura. Nel momento in cui i contratti venivano a scadere poi le società aurifere chiedevano a prestito alle banche centrali le quantità non possedute, rinviando ad un momento successivo la consegna del metallo prodotto. Ovvio che questa politica abbia avuto un effetto depressivo sui prezzi dell'oro, che hanno continuato a scendere per anno.
Una netta inversione si è avuta proprio del 1999 quando gradualmente i vari produttori hanno abbandonato la politica di hedging, dando il via ad un processo detto appunto de-hedging che consiste nel riacquisto dei contratti (buy-back) o in altre pratiche similari. Il recente annuncio di Barrick Gold, uno dei più convinti sostenitori della politica di hedging, ha dato un impulso notevole ai mercati, insieme alle decisioni in tal senso prese da altri grandi competitors internazionali come la AngloGold Ltd, secondo produttore mondiale. A tal proposito un importante gruppo di ricerca, la Gold Fields Mineral Services (GFMC), nel suo rapporto di marzo 2004, ha stimato che il processo di de-hedgiing continuerà ancora nel 2004, riguardando circa 11-13 milioni di once d'oro, superiori ai 10 milioni di once riacquistati nel 2003. D'altro canto occorre considerare i nuovi progetti che daranno luogo ad ulteriori vendite a termine e che vanno a correggere la cifra sopramenzionata. Tali casi sono tuttavia piuttosto isolati, nonostante prosegua una intensa attivitò di ricerca ed esplorazione, mentre la GFMS stima che coinvolgeranno circa 1-2 milioni di once l'anno sino al 2006.
Un ultimo ma non meno importante aspetto del mercato dell'oro riguarda invece il compportamento delle banche centrali, detentrici di grandi quantitativi di fisico che, in taluni casi, hanno un peso dominante sulle riserve totali. La speculazione nei mesi scorsi, infatti, aveva anche tenuto nel debito conto il comportamento delle banche centrali, in vista dello scadere del Washington Gold Agreement del 1999 che limitava le vendite di oro a 400 tonnellate l'anno. L'8 marzo scorso le più importanti banche centrali della UE, in tutto 15 membri, hanno siglato un nuovo accordo, il "2004 Cental Bank Gold Agrrement", che fissa in 500 tonnellate la quantità massima di vendita o prestito (leasing) per i prossimi 5 anni. L'accordo, tuttavia, non è stato firmato questa volta dalla Banca Centrale d'Inghilterra (BOE) la quale ha però tenuto a precisare che non liquiderà a breve le riserve in oro. A livello cumulativo i 15 Paesi firmatari l'Accordo detengono circa 14.395 tonnellate di oro, pari al 45% delle riserve ufficiali di oro. Altre agenzie e Stati, inclusi gli Stati Uniti, detengono ulteriori 13.437 tonnellaste che aggiunte alle precedenti totalizzano 27.832 tonnellate, pari all'87% delle riserve ufficiali. Un accordo importante, dunque, che dovrebbe sencondo gli obiettivi proposti garantire una relativa indipendenza del mercato.