By: Nevanlinna on Sabato 05 Aprile 2014 12:29
@Cures
Oltre all'approccio bottom-up [che pretende lo spaccarsi la testa sulle banche dati e i programmi di emulazione, bensì con soddisfazione], un po' di intuito e di lavoro sperimentale non guasta.
Ad es., è noto che Rossi possedeva un fornetto per evaporazioni nel vuoto [ditta Kolzer, Milano - chissà se lo ha spedito in America insieme al resto del laboratorio segreto]. Lasciamo perdere cosa ci facesse il Nostro, perché agli strati sottili, e in una particolare declinazione, credo si debba tornare. Però agli epigoni dei nanodiamantoidi catalitici voglio far notare quanto segue.
Problema nelle evaporazioni di strati alternati di metalli sottili non è solo l'adesione di strato a strato, ma si deve anche evitare la formazione di tensioni tra strati successivi, tensioni che porterebbero a distacchi o "arricciamenti".
Bene: nella letteratura sull'argomento, in cui sono declinati gli accorgimenti per evitare il difetto, si stimano le pressioni locali in caso di tensioni da cattiva deposizione [in buona sostanza di origine termica, cioè generate da differenziali di temperatura durante il coating]: tali pressioni sono dell'ordine del gigapascal.
Si parla da anni di dislocazioni e/o deformazioni del reticolo di palladio, e delle settimane o mesi di elettrolisi necessari per la formazione di una particolare ecologia della superficie che dovrebbe favorire la "fusione".
25 anni di elettrolisi, e tutte più o meno uguali, polverina in più o in meno: ma un'idea come la precedente, nella sua banalità di produrre campioni con "grinza", non è mai venuta a nessuno? I fusionisti classici sono tutti zombi?