By: DaniloFabbroni on Venerdì 17 Gennaio 2014 15:11
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Who Paid The Piper?
Nel nostro peregrinare - nel setacciare a destra e a manca - del Sessantotto[1] ci imbattemmo nello studio redatto da Frances Stonor Saunders, Who Paid The Piper?,[2] che mostrava con dovizia di particolari chi era stato foraggiato dall’area dei servizi segreti americani pur appartenendo ad ambiti culturali che non solo non si potevano minimamente sospettare sotto una tale luce, ma che addirittura propalavano tesi, scritture, ed atti formalmente ben contrari ed ostici alle fonti del loro sostentamento pecuniario.
Classico caso di convergenze parallele.
Sempre in quel testo “incontrammo” Sbancor: nome de plume per un bizzarro personaggio proveniente dalla contestazione sessantottina ma profondamente inserito negli alti ranghi dei gironi bancari.
Altro, ennesimo, caso di convergenze parallele.
Ebbene, Sbancor si lascia, per così dire, sfuggire un’affermazione esplosiva nel suo American Nightmare:
«Non contò che Hitler e il suo partito di necrofili fosse stato finanziato da Montagu Norman, sempre lui, più lunatico che mai, dalla Banca d’Inghilterra, dalla Morgan, oltre che da Warburg, e dalla Schroeder, venali banche ebraiche.»[3]
Cosa voleva dire – è proprio il caso di dire – in soldoni, Sbancor?
Come si poteva pensare, come si può ora pensare, che ci fosse stato anche il più labile ed opaco collegamento tra chi ha sofferto una tragedia immane a sue spese e chi ha operato questa tragedia spesato proprio dai primi?
Varrebbe la pena di alzare un po’ il velo pe’curiosi, come recitava un pamphlet sullo svelamento della Massoneria … ed anche togliere di mezzo alcune veline (da precisare in questi tempi di stupidocrazia che si sta parlando di veline giornalistiche e non di giovani scugnizze che svolazzano in TV…).
Forse un aiuto ci viene da un fine conoscitore degli élan che imperversano ed ammantano certi Potentati, visto che la mela non cade mai lontano dall’albero.
Questa mela risponde al nome di Geminello Alvi, e l’albero è quello di Ciro Alvi, a lungo editore della rivista panmassonica “Atanòr”.
L’Alvi – figlio – ne il suo Il secolo americano, edito a differenza di American Nightmare da una casa editrice ben piazzata nei meandri dei segnalibri da diffondere ad arte, l’Adelphi, si premunisce, solerte, di informarci che:
«Hitler è già un argomento oscuro; indagare chi gli diede, nel 1930 e nel 1932, il molto denaro di cui le innumeri modernità della NSDAP abbisognavano, è vagare in un buio, non solo oscuro, ma immondo, sordido. Consiglia cautela anche un falso famoso: il librettino di novantanove pagine dell’olandese, e giornalista, Schoup, che nel 1933 faceva dire a Jimmy Warburg che Montagu Norman, i Warburg, certi Club americani, la Royal Dutch di Deterling, Rockefeller finanziavano Hitler dal 1929.»[4]
Dunque: buio, oscuro, immondo, sordido: quasi una superficie opaca?
Fuori luogo anche solo pensare da parte nostra che l’Alvi non abbia trovato nei labirintici corridoi delle biblioteche forse attigue ai caveaux delle banche elvetiche un testo come quello dei coniugi James e Suzanne Pool che porta il titolo di Who Financed Hitler. The Secret Funding of Hitler’s Rise to Power 1919-1933.
Presumiamo dunque che sia un volume privo di ogni interesse, anche quello di esser smentito a dovizia.
Eppure – ci si perdoni l’insistenza – questo libro pare avere qualche sapidità al nostro proposito di veder leggermente oltre…
Il testo deflagra in un’affermazione che spiazza uno dei luoghi più comuni della vulgata storiografica del periodo nazista, che è quella costituita dal sillogismo grande capitale teutonico = ascesa del partito nazionalsocialista:
«[…] non c’è assolutamente nessuna evidenza che i grandi industriali tedeschi quali Carl Bosch, Hermann Bücher, Carl Friedrich von Siemens e Hugo Stinnes, o le grandi famiglie come quella dei Krupps, e i prominenti banchieri e finanziari abbiano dato contributi finanziari ai nazisti dal 1918 al 1923.
[…] Ci fu un grande industriale (infatti uno dei più potenti al mondo) che dette ad Hitler durante questo periodo un grande aiuto ai nazisti, ma questi non era tedesco, ma bensì americano.»[5]
Quindi qui siamo, se la cosa di cui sopra ha una verosimiglianza, in presenza di una Storia Invertita.
La Storia ha un Senso Invertito.
Quell’americano era Henry Ford, il patron dell’avvento dell’automobile nella Modernità.
Ma Ford non era certo il solo, non era affato un caso isolato, a se stante.
L’ambasciatore americano in Germania – William E. Dodd – ebbe a dichiarare in un’intervista che «certi industriali americani ebbero una gran parte nel portare i regimi fascisti al potere in Italia ed in Germania».[6]
Non solo.
Il pubblico americano a quel tempo era consapevole che le dichiarazioni di Dodd erano in linea con svariate dichiarazioni anti-semite di Ford stesso.
Il “Manchester Guardian”, uno dei prominenti quotidiani liberal in Europa riportò testualmente che Hitler aveva ricevuto «più di un mero supporto morale» da un americano che simpatizzava con l’anti-semitismo.
Il “New York Times” scrisse nel 1922 che c’erano diffusi sospetti a Berlino a riguardo di un supporto di Henry Ford verso Hitler, tanto che uno dei più diffusi quotidiani tedesci di allora, il “Berliner Tageblatt” fece un appello all’ambasciatore americano, Alanson B. Houghton, richiedendo un’investigazione sui finanziamenti provenienti dall’estero in favore di Hitler.[7]
Ma non c’era solo lo zampino del gattone americano ad impastar le uova in Germania.
I club delle Potenze denarili, le Oligarchie dell’Iniziazione,[8] hanno sempre sorpassato mere distinzioni patrie, nazionali, politiche, e via di seguito a totale favore dei loro precipui piani.
Difatti era un tedesco, Carl Duisberg, il fondatore del potente complesso di industrie chimiche tedesche chiamato I.G. Farben, e presidente del Reichsverband – una sorta di Confindusria tedesca dell’epoca – ad essere il loro corrispondente letterario in terra germanica.
Compagnie potentissime come la I.G. Farben e la A.E.G. – la General Electric Association – ad esempio erano un tutt’uno ovviamente con i circoli della finanza Internazionale, tanto che avevano de facto corrispettivi societari e commerciali proprio negli Stati Uniti: vedi la General Electric of America e la Dupont Chemical, tanto per citarne solo due.[9]
D’altra parte queste congiunzioni astrali tra parti apparentemente avverse ormai sorprende solo gli ingenui. Non è forse stata la Gran Bretagna la sede storica che accolse non certo da transfugo sotterraneo ed in incognita niente di meno che l’ideologo del nazionalsocialismo più razzista che risponde al nome di Alfred Rosenberg, condannato a morte dopo il processo di Norimberga?
È storia nota ma vale la pena di ricordarla.
Rosenberg fu accolto in pompa magna addirittura da un altissimo esponente dell’intelligencija britannica, cioè da Geoffrey Dawson che era l’editore de “The Times”.
I due convennero che il Trattato di Versailles era iniquo nei confronti della Germania, segno che la convergenza tra di loro non era certo di superficie.[10]
Ma Rosenberg ebbe ad incontrare anche i vertici della finanza inglese, primo tra tutti Montagu Norman, il governatore della Banca d’Inghilterra, altro segno tangibile di come era tenuto in alta considerazione questo personaggio nazista nelle sfere della corona britannica.
Fino al punto che Norman si incontro con il suo omologo tedesco, Hjalmar Schacht,[11] a più riprese ed anche su motivazioni strettamente personali che lo portarono addirittura in Germania in occasione del battesimo del figlio maggiore di Schacht che non a caso fu chiamato Norman in onore di Montagu.
I due si reincontrarono in segreto nella Foresta Nera, a Badenweiler: lo scopo era quello di approntare prestiti alla Germania nazista.
Il 30 settembre del 1933 l’editore finanziario del quotidiano inglese “Daily Herald” scrisse un articolo di questo tono:
«Il supporto finanziario del Sig. Montagu Norman al regime nazista porta alla luce questioni di enorme importanza politica, in modo particolare in quanto questa è la prima volta a memoria di archivi che la Banca d’Inghilterra ha usato la sua influenza in questa maniera per supportare titoli di stato stranieri o consigliando il loro acquisto.»[12]
Naturalmente Norman Montagu non dette ingenuamente fondi della banca di Stato inglese ma si adoperò affinchè ad esempio compagini bancarie come la Schroeder Bank of London mettessero a disposizione i fondi necessari.[13]
Ma tutto il regale establishment britannico era propenso a serrare i ranghi vicino all’ideologo del nazismo: difatti Rosenberg prima di tornare in patria si incontrò con lord Beaverbrock, proprietario di diverse importanti testate come il “Daily Express”, il “Sunday Express” e l’ “Evening Standard”.
Gran parte della stampa britannica giocò un significativo ruolo nell’aiutare i nazisti a procacciarsi fondi all’estero.
Del resto non bisogna dimenticare che proprio in Gran Bretagna agì a quei tempi un forte e deciso partito fascista diretto da Sir Oswald Mosley: il B.U.F., ovvero British Union of Fascists. [14]
Nel maggio del 1933, Rosenberg fece il secondo ed ultimo viaggio in Inghilterra. In questa ultima tappa prima del terribile showdown dell’esplosione bellica incontrò Sir Henri Deterding ad Ascot.
Henri Deterding era allora il magnate reggente del petrolio britannico, e quindi uno degli uomini più ricchi del pianeta.
Deterding, figlio di un uomo di mare, nacque ad Amsterdam nel 1866 e sognò sin da ragazzino di emulare le gesta del padre, ma l’improvvisa morta di quest’ultimo lo spinse per forza in un lungo apprendistato in banca in qualità di semplice impiegato.
Presto però mise a frutto le sue eccezionali doti contabili e assunto nel 1896 dalla Royal Dutch Petroleum Company ed in breve tempo ne scalò le fila sino a raggiungere il ruolo di direttore generale della Royal Dutch Shell, una joint venture tra la British Steel Oil Company e la Royal Dutch.
Johannes Steel, uno scrittore tedesco e con un passato da agente del German Economic Intelligence Service affermò che Sir Henri Deterding stava prezzolando i nazisti a profusione.[15]
Nel suo libro Escape to the Present, Steel scrive:
«Un incontro privato fu indetto dall’Inquiry Board ed io feci notare in quel frangente che c’erano chiare connessioni tra Hitler ed il trust internazionale del petrolio.
[…] Subito dopo il mio intervento l’editore di un importante quotidiano tedesco puntualizzò a tutti i membri del Board che i fatti concernenti Hitler ed il trust menzionato avrebbero se diffusi imbarazzato il British Foreign Secretary.
Quindi un voto del Board confermò che tali fatti avrebbero dovuto rimanere segreti.»
Anche la stampa olandese pubblicò commenti che stavano a dimostrare il finanziamento voluto da Deterding e veicolato da Georg Bell per favorire poi nelle tasche del Partito Nazista.[16]
Come si vede la Storia – talvolta - non ha solo una sua facciata diretta, unica, lampante ma procede anche per inversioni di senso e di modo.
Come affermano Konstandinos Kalimtgis, David Goldman, e Jeffrey Steinberg nel loro Droga S.p.A. «gli aristocratici sionisti non dovrebbero essere confusi col popolo ebreo. Per lo stesso motivo per cui non si condanna una nazione per i crimini commessi dai suoi cittadini più pazzi, non si può condannare l’intero popolo ebreo per i crimini commessi dall’aristocrazia sionista nel corso dei secoli. Questi ultimi hanno un solo tipo di rapporto con gli ebrei: ne sono i persecutori e i tormentatori.
Dal momento che essi facevano i lavoretti sporchi per conto dell’oligarchia, compresero ben presto che era possibile aumentare in modo tremendo la loro influenza sottoponendo gli ebrei a ondate di persecuzioni per terrorizzarli e reclutarli poi in quelle organizzazioni sioniste che avevano come scopo apparente la “sopravvivenza” degli ebrei stessi.
Nel gergo della strada, i sionisti di corte dirigono da secoli un racket di protezione-estorsione contro il popolo ebreo che è servito a costruire un complesso apparato “sionista” a disposizione del servizio segreto britannico.
Questo rapporto tradizionale tra i sionisti di corte e gli ebrei giunse alle sue logiche conseguenze nel XX secolo quanto i Rothschild, i Warburg, gli Oppenheimer, gli Schroeder e altri aristocratici sionisti divennero i principali sostenitori finanziari di Adolf Hitler.»[17]
Droga S.p.A. è un testo che è stato partorito nell’ambito dell’ ”Executive Intelligence Review”, house-organ del controverso movimento fondato da Lyndon LaRouche il quale fu anche incarcerato negli Stati Uniti, non si sa bene per i soliti motivi fiscali, che fanno da “scusa” facile per altrettanto facili detenzioni o per altre ragioni, più attinenti al ruolo di protesta e di svelamento dei fatti svolto da LaRouche.
Certo son parole grosse, pesanti.
Ma vedremo in seguito che ne troveremo misteriose tracce, accenni ascosi, anche in una estremamente bizzarra corrispondenza tra un ebreo, Jacob Taubes e un esponente, se non del nazismo, ma certo attiguo a questa sponda culturale, Carl Schmitt.
Ma intanto seguiamo le tracce di un altro capitolo della Storia Invertita, anzi di una storia fatta proprio da invertiti.
La Svastica Rosa.
XI
La Svastica tinta di Rosa
«Rimane caratteristico dei tedeschi che essi sono manifestamente la gente più brutalmente mascolina d’Europa ed allo stesso tempo sono la nazione più omosessuale della terra»
Scott Lively e Kevin Abrams, The Pink Swastika. Homosexuality in the Nazi Party, Veritas Aeterna Press, Sacramento, California, 1995, p. 30
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[1] Non si finirà mai di dire come il Movement sessantottino abbia costituito davvero un espediente geopolitico psico-sociale in tutto e per tutto. Oggi la droga è letteralmente coram populo. Negli ultimi cinque anni ben 280 tipi di nuove droghe sintetiche hanno invaso massicciamente il mercato con ovvi gravissimi danni cerebrali: l’utopia sessantottina finalmente realizzata de facto. Droga per tutti, e tutte le droghe a tutti.
[2] Frances Stonor Saunders, Who Paid The Piper?, Granta Books, London, 2001.
[3] Sbancor, American Nightmare. Incubo americano, Nuovi Mondi Media, S. Lazzaro di Savena, Bologna, p. 29.
[4] Geminello Alvi, Il secolo americano, Adelphi, Milano, 1996, p. 392.
[5] James and Suzanne Pool, Who Financed Hitler. The Secret Funding of Hitler’s Rise to Power 1919-1923, A Raven Book, London, 1979, p. 84.
[6] James and Suzanne Pool, Who Financed Hitler. The Secret Funding of Hitler’s Rise to Power 1919-1923, A Raven Book, London, 1979, p. 111.
[7] Ivi.
[8] Non siamo certo gli unici – va detto per gli scettici faciloni… - a riferire di iniziati. Paolo Gila, giornalista economico, che non ha niente da spartire con qualsiasi versante “pancomplottista” parla apertamente di iniziati nella sua interessante disamina del ritorno del feudalesimo nell’era contemporanea. Paolo Gila, Capitalesimo. Il ritorno del Feudalesimo nell’economia mondiale, Bollati Boringhieri, Torino, 2013, p. 40.
[9] James and Suzanne Pool, Who Financed Hitler. The Secret Funding of Hitler’s Rise to Power 1919-1923, A Raven Book, London, 1979, p. 191.
[10] James and Suzanne Pool, Who Financed Hitler. The Secret Funding of Hitler’s Rise to Power 1919-1923, A Raven Book, London, 1979, pp. 307, 308.
[11] Schacht dichiarò: «Ero divenuto nel 1908 membro d’una loggia massonica. La massoneria era di famiglia per noi. Mio padre apparteneva a una loggia americana…», Geminello Alvi, Il secolo americano, Adelphi, Milano, 1996, p. 214. Altro innegabile segno che nei fronti contrapposti (apparentemente) dei due estremismi (nazismo e democrazia) ci fossero sempre a sorvolare queste anguste divisioni legami e vincoli di ben più “alta” natura…
[12] James and Suzanne Pool, Who Financed Hitler. The Secret Funding of Hitler’s Rise to Power 1919-1923, A Raven Book, London, 1979, p. 310.
[13] James and Suzanne Pool, Who Financed Hitler. The Secret Funding of Hitler’s Rise to Power 1919-1923, A Raven Book, London, 1979, p. 311.
[14] James and Suzanne Pool, Who Financed Hitler. The Secret Funding of Hitler’s Rise to Power 1919-1923, A Raven Book, London, 1979, pp. 312, 315. Non solo. Il Mosley era in “confraternita” con D.H. Lawrence, Aldous Huxley, T.S. Eliot, W.H. Auden nei Children of the Sun: il solito circolo di iniziati di matrice oxfordiana di ispirazione dionisiaca ove, come si vede, non conta più essere personaggio di Destra o di Sinistra ma tutt’altro. Essere o non essere iniziato ai riti sì di una Sinistra ma che nulla ha a che fare con la politica. La Via della Mano Sinistra, a cui abbiamo accennato nel nostro Sessantotto. Cfr. Konstandinos Kalimtgis, David Goldman, e Jeffrey Steinberg, Droga S.p.A. La guerra dell’oppio, Edizioni Logos, Roma, 1980, pp. 400, 401.
[15] Cfr. Anche Antony C. Sutton, Wall Street and the Rise of Hitler, capitolo 7, www.reformed-theology.com.
[16] James and Suzanne Pool, Who Financed Hitler. The Secret Funding of Hitler’s Rise to Power 1919-1923, A Raven Book, London, 1979, pp. 320-323.
[17] Konstandinos Kalimtgis, David Goldman, e Jeffrey Steinberg, Droga S.p.A. La guerra dell’oppio, Edizioni Logos, Roma, 1980, pp. 282, 283.