Di chi è la sovranità monetaria ?

 

  By: gianlini on Venerdì 29 Agosto 2014 13:10

MR, non sono affatto sordo e ricordo bene l'elenco di cose che lei farebbe; arguendo che lei è persona molto intelligente, probabilmente gianlini non avrebbe nemmeno niente in contrario a che decidesse lei per tutti, certamente meglio lei di Renzi o Alfano tanto per dire... ma ugualmente, pur ammettendo la sua intelligenza, nessuno può stabilire a priori che siano innanzitutto proposte attuabili, e poi esattamente tutte e soltanto le cose da fare.... per cui resta incerto se siano davvero "quanto basta" in altre parole...basta la sua intelligenza o è necessario magari un QI ancora più alto? e se magari ne servisse uno più basso? chi lo può dire? PS il discorso è che nella cura della cosa pubblica ci vuole buona volontà, cioè una volontà quanto più spontaneamente estranea al proprio tornaconto strettamente personale

 

  By: MR on Venerdì 29 Agosto 2014 13:04

Veramente io l'ho detto come va usato il deficit, ma mi pare sia un tantino sordo alla questione.

 

  By: gianlini on Venerdì 29 Agosto 2014 13:01

MR, la sua affermazione sarebbe anche condivisibile "tanto quanto serve" peccato che sposti semplciemente la questione su un altro livello e cioè "chi stabilisce quanto serve?" per questo la trovo altrettanto illusoria di chi predica la salvezza eterna (termine che in sè contiene ben due concetti lasciati totalmetne indefiniti, e cioè cosa sia la salvezza e cosa voglia dire eterna)

 

  By: MR on Venerdì 29 Agosto 2014 12:44

Gianlini, ben triste deve essere la vita di un nichilista senza alcuna spinta ideale che non siano le proprie budella. Detto questo, io le ho dato una risposta coerente ed argomentata, se lei vuole limitarsi a fare dello spirito avvisi prima che mi aggrego ben volentieri. Lei crede che un deficit creato per lanciare soldi dagli elicotteri (come prescriveva quel fesso di Friedman) sia la stessa cosa di un deficit creato per realizzare investimenti infrastrutturali di lungo periodo? Fatti suoi, si renda conto però che è più che lecito non pensarla allo stesso modo.

 

  By: hobi50 on Venerdì 29 Agosto 2014 12:33

Gianlini ,quel "numerino" che cerchi per la "giusta"(??) quantità di moneta NON ESISTE. Parlare di "tanta" o "poca" moneta non ha senso alcuno. E'tanta la moneta impiegata in processi produttivi o di consumo che alla fine producono una ricchezza netta residuale ? Certamente no. E' invece un problema "poca" moneta che va in processi produttivi o di consumo poco efficienti . Ed è pure un problema "poca" moneta creata a fine di welfare. Se bisogna trasferire ricchezza da Hobi a Gianlini non c'è bisogno di creare moneta . Bisogna tassare Hobi. Se si prende la via traversa è solo perché la classe politica tende a far cose non trasparenti. Dare soldi a Gianlini senza scontentare troppo Hobi. In definitiva la materia del contendere è modesta. Allo stato si deve dare la facoltà di avviare processi produttivi finanziati attraverso la creazione di moneta? O,detto in altro modo, lo stato può fare efficacemente impresa ? Personalmente questo tipo di discussione interessa poco( perché bisogna mettersi a parlare della qualità della politica). Hobi

 

  By: gianlini on Venerdì 29 Agosto 2014 12:25

"Indi, devono essere tanti quanti servono." bla bla bla "pregate e sarete salvati"

 

  By: MR on Venerdì 29 Agosto 2014 12:13

Il parametro di riferimento non può essere di tipo contabile, bensì esclusivamente lo sviluppo. Ovvero, il deficit pubblico deve servire a finanziare quei necessari investimenti nell'energia, nei trasporti, nelle telecomunicazioni, nella ricerca e nell'ambiente necessari nel lungo periodo. Indi, devono essere tanti quanti servono.

 

  By: gianlini on Venerdì 29 Agosto 2014 11:24

"non esiste ragione perchè lo stato si finanzi con debito quando può invece creare moneta". E' semplice. ----------- il problema è stabilire la giusta quantità di questa moneta sarebbe probabilmente la soluzione migliore al mondo se uno riuscisse ad imporre alla politica un limite fisso e inderogabile, ragionevolmente basso ad esempio, ad occhio direi che non si dovrebbe mai superare il 3 % di deficit

 

  By: MR on Venerdì 29 Agosto 2014 11:12

Bello questo economista dal nome indicativo. Tante parole per dire che va cambiato tutto per non cambiare nulla. Tomasi Da Lampedusa ci era arrivato da un pezzo.

Uscire dall’euro o “uscire” da questa BCE? Pier Giorgio Gawronski - Moderatore  

  By: Moderatore on Venerdì 29 Agosto 2014 02:11

Il punto dell'articolo è: bisogna liberarsi della BCE prima e più ancora di liberarsi dell'euro, cioè la Banca Centrale nel mondo di oggi è quella che conta. Sia i "keynesiani" cioè quelli che vogliono la fare maggiori deficit pubblici, che gli anti-euro che vogliono la lira, non vedono bene che la politica della moneta della Banca Centrale è la cosa più importante. #i# Pier Giorgio Gawronski era un economista di area PD, da cui si è staccato da quando c'è l'austerità#/i# ---- ^"Uscire dall’euro o “uscire” da questa BCE ?"#http://keynesblog.com/2014/08/27/uscire-dalleuro-o-uscire-da-questa-bce/#more-5705^ 27 agosto 2014 di Pier Giorgio Gawronski Economisti di scuole diverse convengono: “la BCE non può fare di più”. I liberisti, perché non capiscono le crisi di domanda, e in ogni caso vogliono deregolamentare la società: per loro l’unica soluzione – fallita l’austerità – sono le riforme strutturali. I keynesiani invece ricordano il classico risultato teorico: in una trappola della liquidità ‘la politica fiscale è efficace, la politica monetaria è impotente’! Trascurano però quattro fatti: (1) una banca centrale può sempre fare danni: come quando nel 2011 la BCE alzò i tassi; (2) in economia aperta si può sempre svalutare; (3) i modelli keynesiani moderni sono più sofisticati di una volta; (4) la politica monetaria non è del tutto separabile dalla politica di bilancio. Perciò anch’essi sottovalutano le responsabilità della Banca Centrale Europea. Nel 2011 la BCE sostenne che la crisi finanziaria era causata dall’insufficienza di austerità in Italia e Spagna. Non dipendeva da lei; non poteva essere fermata da lei; e i Trattati Europei non le consentivano di intervenire. Ma il 26 Luglio 2012 a Mario Draghi fu sufficiente dichiarare il contrario: “The ECB is ready to do whatever it takes to preserve the euro. And, believe me, it will be enough” (la BCE è pronta a fare tutto ciò che è necessario per preservare l’euro. E, credetemi, sarà abbastanza). Tra questo “necessario” anche il controllo dei tassi di interesse dei debiti sovrani: “To the extent that the size of the sovereign premia hamper the functioning of the monetary policy transmission channels, they come within our mandate” (nella misura in cui la dimensione dei premi dei titoli sovrani ostacola il funzionamento dei canali di trasmissione della politica monetaria, essi entrano all’interno del nostro mandato). La comparsa di un ‘lender of last resort’ si dimostrò condizione necessaria e sufficiente a por fine alla crisi finanziaria. (Corollario: le dichiarazioni del 2011 destabilizzarono i titoli pubblici). La BCE previde allora che il calo degli spread avrebbe rilanciato la crescita già nel 2013, nonostante l’austerità: l’insufficienza della domanda, per la macroeconomia neoclassica, non è mai un problema. Di nuovo si sbagliava. Con la ‘svolta’ dello scorso 5 Giugno anche quest’errore è stato riconosciuto. È stata smentita, in particolare, la tesi secondo la quale ‘la depressione dipende dall’insufficienza di riforme strutturali, perciò la banca centrale non può fare di più’: tesi che confonde i problemi della produttività delle risorse produttive (vincolo alla crescita nel 2005-07) con quelli della disoccupazione delle risorse produttive (vincolo alla crescita dal 2009 in poi). La BCE ha ammesso implicitamente che la produttività non ha nulla a che vedere con i problemi attuali dell’Eurozona: questi hanno origine piuttosto in una prolungata depressione della domanda. La Bce riconosce, inoltre, che si tratta di una situazione meritevole di attenzione: il problema non è ‘di breve termine’, e non si risolve da sé, come era stato sostenuto. La retorica delle riforme strutturali c’è ancora, ma è ormai separata dall’analisi della crisi. Le conclusioni keynesiane della BCE si basano su recenti stime di OCSE e FMI, che confermano che oggi l’offerta dipende dalla domanda, non viceversa. Fino al 2008, infatti, PIL e Pil Potenziale sono cresciuti assieme: dal 2009 il crollo della domanda ha fatto precipitare il PIL. Il Pil potenziale ha resistito a lungo ma poi, specie dal 2012, ha cominciato a cedere: la carenza di domanda distrugge la capacità produttiva. Nel caso dell’Italia le stime del danno al PIL Potenziale oscillano fra 7% e il 12%, e sono in crescita: i giovani lasciano il paese, l’Università, i disoccupati perdono competenze, le imprese non investono, ecc. La BCE ha grandi responsabilità per la depressione della domanda. Dal 2012 definisce la politica monetaria ‘accomodante’. Ma nel frattempo l’attivo del suo bilancio è calato di mille miliardi di Euro (mentre l’attivo della Fed è cresciuto di un importo analogo). L’offerta di moneta nell’Eurozona è quasi ferma (M3: +0,7%, M2: +1,7%; USA: +6,5%). Le riserve bancarie depositate presso la Bce sono scese da 800 a 100 miliardi: perciò i tassi negativi introdotti il 5 Giugno per stimolare il credito incideranno su fondi assai limitati. La riduzione dei tassi d’interesse, inoltre, non frena l’aumento dei tassi ‘reali’, spinti verso l’alto dal calo dell’inflazione. In Spagna, ad esempio, i tassi pagati dalle imprese sono scesi in 2 anni dal 5,2% al 4,8% circa, e l’inflazione da 3,5% a 0,2%: perciò i tassi reali sono aumentati di circa il 3%. Andamenti simili, anche in Italia, scoraggiano gli investimenti. Nel 2009-14 l’obiettivo d’inflazione (2%) è stato mancato: la media (core) è stata 1,3%; oggi è a 0,7%; la BCE prevede che resterà sotto l’1,5% fino a tutto il 2016. Già un anno fa la BCE si disse ‘preoccupata’, ma ha atteso 10 mesi per intervenire, pur avendo tassi più alti di quelli suggeriti dalla ‘Taylor rule’ (la regola d’oro dei banchieri centrali): la differenza era di +1% (Svizzera -1,2%, USA -1,5%, UK -3%, Giappone -4%, Guggenheim Inv.; Morgan Stanley stima divari persino maggiori). Draghi, basandosi su alcuni sondaggi, considera le aspettative d’inflazione “saldamente ancorate al 2%”: ma i mercati obbligazionari (TIPS) incorporano una previsione d’inflazione media nei prossimi dieci anni dell’1,35%. I fallimenti della BCE hanno destabilizzato molti debitori. In Italia, un punto e mezzo di inflazione aumenta il debito pubblico italiano di due punti percentuali di PIL ogni anno, tre contando gli effetti indiretti. L’impatto su famiglie e imprese (i cui debiti Eurostat stima al 126% del Pil, l’Ocse al 188%) potrebbe essere ancora più forte. Avvantaggiando i creditori sui debitori, la BCE ha frenato sia il ‘deleveraging’ in atto – quindi la domanda interna pubblica e privata -, sia il riequilibrio della competitività con la Germania (domanda estera). Draghi ritiene ora di avere in mano “a significant package”. Per la prima volta la BCE utilizza tutto lo spazio delle politiche convenzionali; e sta varcando la soglia delle politiche non convenzionali. Basterà? Le politiche monetarie non convenzionali sono essenzialmente di due tipi: la ‘Forward Guidance” e il “Quantitative Easing”. La prima mira ad alzare le aspettative di inflazione per abbassare i tassi reali ‘percepiti’, stimolare il credito, accrescere la propensione all’investimento. Si realizza alzando l’obiettivo d’inflazione per alcuni anni; i Trattati Europei non creano ostacoli giuridici. Ma Draghi si limita ad annunciare “tassi bassi” per un lungo periodo di tempo. A differenza delle altre banche centrali, la BCE continua inoltre a rimandare il Quantitative Easing (l’acquisto di titoli dai mercati finanziari a fronte dell’emissione di nuova moneta) perché non vuole comprare titoli pubblici. Attende perciò lo sviluppo del piccolo mercato Europeo degli Asset Backed Securities (meno rischiosi?): oggi vale 1300 miliardi, in gran parte mutui immobiliari, considerati inadatti. Potrebbe intanto acquistare titoli pubblici americani, inglesi, svizzeri, ecc., svalutando l’Euro en passant… eppur non si muove! Escluse le grandi manovre macroeconomiche, alla BCE sono rimaste solo misure parziali e mirate. ma difficilmente i TLTRO – i fondi che da settembre saranno messi a disposizione delle banche per prestiti alle PMI – da soli saranno efficaci. Le banche Europee hanno nei bilanci sofferenze per 1020 Mld., a fronte dei quali riserve per soli 570 (Fitch); in Italia, Spagna e Portogallo le sofferenze superano il 10% degli impieghi; in Italia il 14,5% dei crediti alle imprese (Moody’s): perché dovrebbero offrire nuovo credito, oltre a quello già offerto ai clienti migliori, aumentando ancora i rischi in portafoglio? E le imprese perché dovrebbero fare nuovi investimenti se le vendite non ripartono? Tanto più che – ha ricordato Visco – quelle italiane hanno debiti ‘in eccesso’ per 400 Miliardi. Il basso livello dell’inflazione indica piuttosto che l’Eurozona ha bisogno di aumentare l’offerta di Moneta, alzare le aspettative sui prezzi, e più in generale di un nuovo paradigma economico che abbatta il rischio di disoccupazione percepito dalle famiglie. Le responsabilità della BCE vanno anche oltre la politica monetaria. La BCE ha promosso l’austerity e la deregulation del mercato del lavoro, forte del suo status di prestatore di ultima istanza e dell’assenza di check and balance democratici europei. Non solo: influenza anche la composizione del bilancio pubblico (ad es. in Francia), sostenendo che l’austerità è growth friendly se taglia la spesa invece di alzare le tasse: il contrario di quanto insegna la teoria economica (Teorema di Haavelmo) quando è la domanda che vincola la crescita! Altrove, le banche centrali si coordinano con la politica di bilancio: dichiarandosi senza riserve lender of last resort consentono ai governi di indebitarsi a tassi bassissimi; o comprano titoli pubblici e girano loro gli interessi. La BCE – pur essendo ‘behind the curve’ – sta evolvendo. Ma la ‘svolta’ del 5 Giugno non deve trarre in inganno: senza una discontinuità politica, non potrà mai diventare una banca centrale normale. La BCE è diventata il centro ideologico dell’Eurozona: essendo stata monopolizzata dalla scuola neoclassica, ha grandi difficoltà a capire e applicare le politiche keynesiane. Grazie all’immagine di organo ‘tecnico’ e super partes, fornisce copertura ideologica alla Commissione Europea, alla Germania, e agli interessi dei rentiers (che beneficiano degli alti tassi reali). Tollerare alti tassi di disoccupazione è una scelta, non un accidente, che implica la riduzione dei salari reali rispetto ai profitti in tutta l’Eurozona. L’assetto istituzionale è strutturalmente carente: l’interpretazione dei Trattati non è affidata ad un organo terzo (Parlamento Europeo); né vi è controllo sulla performance dei banchieri centrali. Poiché questi sono istintivamente avversi all’inflazione più che alla disoccupazione, l’interpretazione delle norme ne viene sistematicamente distorta. Ma è possibile sottoporre la BCE al controllo democratico senza che vi sia dietro uno Stato Europeo? E in uno stato europeo, un paradigma diverso dall’attuale sarebbe possibile? Molti chiedono l’abbandono dell’Euro. Ma forse basterebbe uscire da questa BCE. Perché con un’inflazione europea al 3% anche la periferia potrebbe recuperare 3-4% di competitività all’anno, rendendo la svalutazione meno urgente. Il vero problema è l’assenza di politiche espansive. Purtroppo, i nostri commentatori continuano – quasi all’unanimità – ad incensare la BCE in modo superficiale ed acritico: così diventa politicamente impossibile uscire dal paradigma vigente. Alla BCE è stato attribuito informalmente un ruolo politico improprio di ‘arbitro’ dei conflitti monetari fra i paesi membri: perciò un eventuale tentativo di cambiarne gli assetti sarebbe di una delicatezza estrema. Ma se è vero, come sostiene Zingales (Sole24ore del 27/7) che la BCE è preda degl’interessi politici tedeschi, a maggior ragione un vero negoziato (discreto ma di alto livello) sull’Euro non può che mettere al centro la BCE. ---- Ottima analisi. #F_START# size=3 color=blue #F_MID#Solo... spendere questo spazio per un analisi corretta e poi non venire fuori con una proposta pratica, qualcosa di chiaro che bisogna fare.... E cosa bisogna fare ? Semplice, se riprendi controllo della Banca Centrale le fai comprare piano piano tutto il debito pubblico fino a quando non sparisce. Perchè da quando il trattato di Maastricht è stato firmato nel 1992 lo stato ha pagato 1,600 miliardi in euro di oggi IN INTERESSI e le tasse addizionali da allora sono state.... circa 1,500 miliardi...cioè tutti gli aumenti di IVA, Irpef, accise, Irap, IMU, tasse locali, multe, da allora, dal 1992, sono andati solo a pagare gli interessi sul debito pubblico. E non esiste ragione perchè lo stato si finanzi con debito, quando può invece creare moneta Perchè gli economisti non vogliono o riescono riassumere tutto in modo chiaro ? Alla fine puoi arrivare ad uno slogan se vuoi: "non esiste ragione perchè lo stato si finanzi con debito quando può invece creare moneta". E' semplice. #F_END#

 

  By: MR on Giovedì 24 Luglio 2014 15:04

Siamo ancora in economie pianificate centralmente, sia che si tratti dello Stato o di corporazioni private. L'unica discriminante è chi pianifica e per quale scopo strategico.

 

  By: XTOL on Giovedì 24 Luglio 2014 14:47

non esattamente, io sono più drastico :) lei ipotizza che possano esistere pianificatori centrali che operano efficacemente per il bene comune. io nego decisamente questa possibilità. ne discendono linee di condotta molto diverse: lei vorrebbe modificare il rapporto potere politico/potere economico, io vorrei eliminare il potere economico dello stato.

 

  By: hobi50 on Giovedì 24 Luglio 2014 14:36

Legga bene,XTOL ...è quello che ho detto io. ...non serve sceglierli bene ... Hobi

 

  By: XTOL on Giovedì 24 Luglio 2014 14:23

#i#basterebbe sceglierli bene#/i# sceglierli bene è inutile, il peccato originale sta nel centralizzare le decisioni (il potere). il meccanismo che determina le decisioni di qualsiasi pianificatore centrale le rende inevitabilmente scadenti. se si vuole capire perchè, la lettura di questi due libri bellissimi dovrebbe essere sufficiente (se non lo fosse, allora siete senza speranza): ^Trivers Robert L. - La follia degli stolti. La logica dell'inganno e dell'autoinganno.#http://www.ibs.it/code/9788806172558/trivers-robert-l/follia-degli-stolti-la.html^ ^Maestripieri Dario. A che gioco giochiamo noi primati. Evoluzione ed economia delle relazioni sociali umane.#http://www.ibs.it/code/9788860306425/maestripieri-dario/a-che-gioco-giochiamo.html^ non si tratta di saggi di argomento economico, ma le ricadute su come si dovrebbe ragionare in economia e in politica sono evidenti. l'immagine qui sotto l'ho prodotta 2 anni fa: se leggere buoni libri vi stanca, potete metabolizzare questa

 

  By: hobi50 on Giovedì 24 Luglio 2014 12:51

In generale quando sento parlare di Stato imprenditore mi fuma il cervello ... E non perché i boiardi di Stato debbano essere necessariamente degli incapaci ( basterebbe sceglierli bene come cerca di fare qualunque azionista che si sceglie il top management ). Ma perché ,se i politici devono " comprarsi gli elettori" per essere eletti,così i boiardi devono accondiscendere i politici di riferimento per essere RI-eletti. Il caso Alitalia e l'aumento di capitale di 72 milioni di Euro sottoscritto dalle Poste ed andato in fumo in pochi mesi,ne è il classico esempio. Naturalmente qualcuno solleverà il caso del ruolo degli ammortizzatori sociali che uno stato sovrano puo decidere di darsi. Ma in questo caso i cittadini devono volerlo e vi devono partecipare scientemente. Come ? Pagando la tassa ,ripeto la tassa,ripeto in maiuscolo la TASSA ALITALIA. Non si può inventare il denaro per produrre il nulla pagando solo delle SPESE FINE a SE STESSE.. Si può inventare il denaro per innescare un processo produttivo( per questo l'unico denaro inventato "buono" è quello bancario ). Hobi