By: gerry10 on Mercoledì 05 Novembre 2014 13:34
Il debito pubblico, essendo la somma dei deficit annuali di bilancio dello Stato, esprime essenzialmente la consistenza della ricchezza finanziaria di cittadini ed imprese. Se non vi fosse debito pubblico non solo non esisterebbe alcuna ricchezza finanziaria privata ma nemmeno lo stato sociale, reso possibile proprio dalla spesa pubblica.
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Sostenere che la ricchezza di cittadini e imprese dipende dai deficit annuali dello Stato, quale espressione dei cosiddetti “beni finanziari al netto”, mi pare un’affermazione assai distorsiva della realtà.
L’arricchimento nominale prodotto dal disavanzo statale non può ergersi a vera ricchezza, e non si tratta, beninteso, di voler distinguere i beni liquidi da quelli “solidi” (case e gioielli) assumendo che solo i secondi sono vera ricchezza (i soldi contano eccome).
La ricchezza va pesata.
Per dire, se il maggiore afflusso di denaro proviene dai commerci con l’estero, è pacifico che vi sia un arricchimento reale dell’economia di un paese.
Del tutto transitorio e quindi soltanto apparente, o meglio ancora effimero, risulta invece l’arrichimento generato dal deficit di Stato, posto che tale deficit, ove perdurasse a lungo e si mantenesse elevato, sconterebbe prima o poi gli effetti regolatrici delle leggi monetarie, o deprimendo il valore della moneta (inflazione), oppure la credibilità del debito (maggiori tassi o default).
Ciò non toglie, sia chiaro, che si possa affermare, in assoluto o in particolari situazioni, che i deficit statali sono da preferirsi rispetto all’equilibrio dei conti del Tesoro.
L’opinione è del tutto legittima ma non abbisogna di essere sovraccaricata di postulati ingannevoli quale quello dei “beni finanziari al netto che sono la vera ricchezza privata”.
Se proprio si vuole guardare alla quantita di monetà come indice di ricchezza, più che al deficit bisognerebbe guardare al valore complessivo degli aggregati monetari, o meglio al delta fra M3 e M0 (io preferirei M1 in rappporto a M0), vero indizio dell’incidenza della moneta bancaria nell’economia reale e quindi della fiducia, dei cittadini da un lato e delle banche dall’altro, nel divenire prospero di un paese.
Per quanto suoni strano, il credito arricchisce il popolo più delle elemosine.