Articolo uscito su Libero quotidiano del 02/10/2018
di:
Paolo Becchi, Guido Grossi, Giovanni Zibordi
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Passare dai BTP a BOT e CCT ci cambia la vita.
Dopo cinque mesi il governo Lega-M5S ha deciso di fare un deficit pari a quello dell’ultimo governo, cioè un 2,4% del PIL. La differenza è che mentre la finanziaria precedente del Ministro Padoan è stata accolta bene dai mercati, per cui il costo dei Btp era sceso al 2% e le banche salivano in borsa questa finanziaria del Ministro Tria ha affossato le banche e fatto salire il costo dei Btp al 3%.
Come mai, visto che alla fine di tutto il dramma e di tutte le giravolte di dichiarazioni il deficit pubblico risulta identico, 2,4% del PIL con Renzi/Gentiloni e 2,4% con Di Maio e Salvini ?
Il governo populista aveva nominato un ministro delle Finanze, il prof. Tria, che ha speso l’estate a “rassicurare i mercati”, sospettosi di Di Maio, Salvini e dei “sovranisti” anti-euro in senso alla coalizione. Tria e ha detto e ripetuto che voleva meno deficit dei precedenti governi a guida PD, voleva un 1,6% del PIL e la ragione era lo “spread”, (il famigerato differenziale del costo dei Btp rispetto agli analoghi titoli di stato tedeschi) che da quando Di Maio e Salvini sono andati al governo a maggio è aumentato di più dell’1% e implica già 5 o 6 miliardi in più di interessi nei prossimi dodici mesi. Tria spiegava che con un deficit più alto i “mercati” avrebbero fatto crollare i BTP e di conseguenza il loro rendimento, cioè il costo per lo Stato del debito, sarebbe salito. In più le banche italiane che hanno comprato 430 miliardi di Btp avrebbero subito perdite sul capitale, il che le avrebbe indotte a fare meno credito e farlo pagare di più.
Come si può vedere dal grafico del deficit pubblico, Tria voleva continuare a ridurre il deficit sotto il 2% seguendo le indicazioni della UE che chiedeva una discesa all’1,6% nel 2018 e poi 0,8% nel 2019 e 0% nel 2020
All’ultimo momento il Ministro delle Finanze ha dovuto piegarsi al M5S che ha imposto un deficit del 2,4% e per i prossimi 3 anni. Questa % è la stessa dell’anno scorso e più bassa di quella dei deficit dei governi degli ultimi dieci anni, ma grazie alla girandola di dichiarazioni bellicose, smentite rassicuranti, minacce e retorica si è creata una sensazione di caos e una perdita di credibilità del Ministro delle Finanze e i titoli di stato e quelli delle banche italiane sono franati sui mercati.
Alla fine però la “manovra del popolo!” a cui inneggia il M5S consiste in una differenza dall’1,6% al 2,4% del PIL cioè in 10 miliardi l’anno. Perchè allora tanto dramma ?
Semplice. La Banca Centrale Europea ha “stampato” (con il suo computer) 2,500 miliardi di euro comprando e facendo comprare alle banche titoli di stato e di questi circa 700 miliardi sono finiti a comprare Btp (anche tramite le banche italiane). Negli ultimi anni i Btp li hanno comprati solo Bankitalia (per conto della BCE) e le banche italiane (con soldi della BCE). Per comprarne gli investitori esteri e le istituzioni finanziarie chiederanno non il 2% dell’anno scorso, ma il 3% o anche il 4%
Lo Stato italiano sembra alla impotente e il M5S sta trascinando anche Salvini a scontrarsi con i mercati finanziari, senza avere però più la Banca Centrale a supporto e quindi rischiano una crisi finanziaria.
C’è una soluzione che non sia seguire solo i vincoli di bilancio della UE e tenere l’economia in stagnazione permanente ?
Lo Stato italiano ha dietro un economia da 1,700 miliardi, che esporta per 500 mld l’anno, con un surplus estero di 50 miliardi l’anno, una produzione industriale maggiore di Francia e Inghilterra, un surplus manifatturiero con l’estero di 100 miliardi e soprattutto che ha accumulato più ricchezza media delle famiglie di quasi tutti gli altri Paesi europei.
Lo Stato italiano non può rimanere impiccato su 10 miliardi in meno o in più. Ecco il paradosso: tutti a stracciarsi le vesti per 10 miliardi, ma ignoriamo i 4200 miliardi di risparmi finanziari delle famiglie italiane, misurati da Banca d’Italia. Dove sono? Il sistema finanziario privato ed internazionale ci vende titoli, fondi, prodotti a capitale garantito, polizze e derivati vari e indirizza poi la liquidità degli italiani in giro per il mondo. Nel fare questo ne trae miliardi di utili, con commissioni generose e margini opachi, ma ora che i tassi di interesse sono ai minimi della storia in realtà non riesce più a dare rendimenti (nell’ultimi anno quasi tutti i fondi a reddito fisso sono in perdita)
Una volta i risparmi nazionali erano impiegati direttamente dallo Stato, che vendeva ai cittadini BOT e CCT: capitale garantito, poco o nessun rischio, rendimento ridotto (al netto dell’inflazione, occhio ai tassi reali!). Indirettamente, attraverso le grandi banche pubbliche. Spesa pubblica e prestiti alle imprese reimmettevano la liquidità nel circuito virtuoso dell’economia reale. Lo Stato spendeva molto in interessi, ma erano soldi che rimanevano in Italia.
Tutto è cambiato dal 1992 al ‘99, mentre facevamo sacrifici per entrare nell’Euro, il Ministero del Tesoro perseguiva la politica di “internazionalizzare il debito pubblico” grazie all’uso massiccio dei BTP rivolti agli investitori esteri perché hanno un tasso di interesse fisso per cui è il prezzo che varia e quindi sono adatti a speculare. I CCT invece, introdotti negli anni ‘70, hanno un tasso di interesse che varia, per cui il prezzo oscilla meno. Fino a quando c’erano i CCT e la lira che si svalutava solo gli italiani compravano i titoli di stato. Con i Btp e poi l’Euro si è arrivati a finanziare l’80% del debito con Btp in mano in maggioranza a esteri i quali incassavano almeno metà degli interessi che lo stato pagava tassando gli italiani.
Vendere il proprio debito pubblico all’estero è una iattura, un errore fondamentale, qualcosa che non a caso in Asia in gran parte evitano. Come cambiare ? Occorre diminuire l’offerta di BTP e offrire CCT con un “premio” in aste “dedicate” solo alle famiglie italiane. I CCT ora pagano l’euribor + 0,15%, dove l’euribor è zero, quindi circa zero. Occorre offrire un “premio” pari all’inflazione italiana che è l’1,1% oggi (e niente tasse).
Nella situazione attuale del risparmio, dove i tassi di interesse i più bassi della storia e metà dei titoli di stato in Europa rendono zero, dove tutti i fondi e prodotti di reddito fisso stanno perdendo intorno al -1,5%, un CCT, ad esempio, a sette anni che renda netto almeno l’inflazione (1,1%) è attraente. Per lo Stato però costa meno di un Btp a sette anni che oggi gli costa un 2,5%. Se l’inflazione o la politica della BCE che influenza l’euribor cambia il CCT pagherà di più, mentre il Btp aumenta il suo rendimento solo perché il suo prezzo cala. In sostanza il Btp è uno strumento per speculare sui tassi adatto alle grandi banche e fondi e va gradualmente eliminato.
Ci sono altre misure tecniche per aumentare il controllo dello Stato sul debito che emette: inserire nell’elenco degli operatori specialisti delle aste CassaDepositi e Prestiti e Banco Poste e “orientarle” insieme a MPS (controllata dallo Stato) alla tutela del risparmio nazionale; eliminare le aste marginali e invertire totalmente i meccanismi d’asta (il Tesoro fissa il rendimento, il mercato determina le quantità), introdurre la pratica tedesca del “parcheggio” dell’invenduto presso la Bundesbank; usare CDP per garantire la copertura (come in Germania la KFW ed in Francia la BPI).
Infine bisogna offrire ai cittadini “conti deposito vincolati” presso il Tesoro, tramite le banche pubbliche e aprire un conto corrente fiscale obbligatorio e gratuito su Banco Poste a tutti i codici fiscali (elimina il “rischio Grecia”: la chiusura dei rubinetti della liquidità manovrati dall’estero che impedisce ai cittadini di prelevare i propri soldi depositati in banca).
Da qui a fine anno scadono 30 mld di BTP e nel 2019 altri 163, controllati da investitori istituzionali. Perché non sostituirli con BOT e CCT dedicati alle famiglie italiane per almeno il 50%? Obiettivo raggiungibile, se si adottano le misure in maniera coordinata, lanciando una campagna d’informazione corretta e trasparente.
I benefici di questa proposta sono evidenti: può scendere gradualmente il costo del finanziamento del debito, i risparmiatori italiani si salvano dal bail-in (e partecipano alla rinascita del Paese) e lo Stato si libera dal ricatto dello spread.
Non c’è bisogno di chiedere il permesso a nessuno, per questi interventi: nessuna norma nazionale o internazionale li vieta.
Ci sono controindicazioni? Gli investitori istituzionali perdono una ghiotta occasione di guadagno. Li ringraziamo, restituiamo loro il dovuto, facendogli però notare che altrimenti la cosa diventa ingestibile. Le banche perdono commissioni sui prodotti per l’investimento. Spiace per i dividendi che distribuiscono agli azionisti che verranno tagliati, ma saranno spinte a fare il loro mestiere: raccogliere il risparmio privato pagandolo il giusto, e offrirlo, assumendosene il rischio professionale, a chi fa investimenti produttivi nell’economia reale. E siccome le banche private e straniere potrebbero essere poco interessate, è bene spingere con convinzione sull’idea, già ventilata, di rimettere il sistema creditizio sotto pieno controllo pubblico, come vuole la Costituzione. Banche pubbliche per un servizio pubblico, per mobilitare nella giusta direzione le immense ricchezze nazionali.
Quelle fatte in questo articolo sono proposte concrete e di semplice applicazione, anche se finora nessuno le ha formulate. E soprattutto la Ue non può porre alcun obiezione al riguardo. Speriamo che qualcuno nel governo le prenda in seria considerazione. Se vogliamo difenderci dallo spread un modo per farlo c’è.