L’imperatore si svegliò dal torpore indotto dalle molli sospensioni della carrozza.
Era giovane, molto giovane, eppure proprio a lui era passato il mandato del cielo. Zhending scese dalla carrozza, respirò profondamente l’aria di montagna e si avvicinò alla povera casetta che era la meta del suo viaggio. Rompendo tradizioni e protocolli della corte, Zhending aveva voluto far visita, per prima cosa, al vecchio e saggio filosofo Li Er.
Lao Tse,” disse Zhending rivolgendosi al filosofo con il titolo di antico maestro che tutti ormai gli attribuivano, “sono venuto ad ascoltare la tua saggezza, prima di ascendere al trono ed esercitare il mio potere su tutto il Regno di Mezzo.” “Non c’è molto da dire, giovane Zhending. La via della giustizia è semplice ma solo i più saggi tra gli uomini sono in grado di applicarla. Sappi che solo attraverso l’assenza di azione potrai guadagnare la gloria imperitura.” Zhending lo guardò sorpreso. Lao Tse continuò. “Come faccio a saperlo, mi chiedi? Dove ci sono restrizioni e proibizioni c’è più povertà. Dove vi è abbondanza di armi affilate ne seguirà il caos. Dove ci sono molti editti e molte leggi ci sarà abbondanza di criminali. E dunque il sovrano saggio praticherà il wu wei, la non azione, affinché le sue genti siano naturalmente civilizzate. Non interferire mai e i tuoi sudditi saranno prosperi. Non tassarli e il Regno di Mezzo sarà ricco. Fa che nessuno ti conosca e sarai il più grande sovrano di tutti i tempi.” “Cosa dovrei fare dunque, Lao Tse.?” “Nulla, rispose il vecchio saggio.
La filosofia taoista e il concetto di wu wei, non azione, sono di estremo interesse, soprattutto per la nostra tradizione politica occidentale. Laddove la grande maggioranza delle dottrine politiche occidentali sono improntate al costruttivismo e al dirigismo, l’ideale taoista è quello dell’acqua, duttile, sfuggente, eppure fortissima e capace di scavare la più dura delle rocce. Il precetto fondamentale taoista per quanto riguarda l’azione politica è quello di non agire, di lasciare la massima libertà, una sorta di laissez-faire ante litteram. Come molto più tardi per Adam Smith la libertà avrebbe lasciato il campo all’armonia naturale del mercato, alla mano invisibile composta dalle azioni di milioni di individui, così il libro di Lao Tse, il Tao Te Ching, suggeriva al sovrano di non legiferare, di non tassare, di non interferire in alcun modo nell’ordine spontaneo delle azioni della miriade di sudditi. Solo la non azione sarebbe stata la garanzia di pace e prosperità.
L’altra grande tradizione filosofica cinese, quella del confucianesimo, conteneva simili principi liberali. Di Confucio, o Kung Fu Tse, è la regola d’oro: “ciò che non desideri per te non fare agli altri” e il precetto stabilito nei Dialoghi: “Se il popolo sarà guidato mediante le leggi e se si cercherà l’ordine attraverso le sanzioni, allora il popolo tenterà di evitare la punizione e non avrà senso della vergogna. Se, invece, il popolo sarà retto dalla virtù e se l’ordine sarà cercato attraverso le regole della proprietà, allora avrà il senso della vergogna e diverrà buono.” Vi è, dunque, un’antica e nobile corrente del pensiero cinese legata alla libertà, al rifiuto dell’intervenzionismo, al riconoscimento della proprietà privata, all’iniziativa e alla responsabilità individuale.
La filosofia cinese opposta a quella taoista è quella del legalismo, rappresentato in particolare dal Libro del Signore di Shang scritto da Wei Yang dove si legge: “Quando il popolo è debole, lo stato è forte. Quindi lo stato che possiede la via si impegna a indebolire il popolo. (…) Chi vuole sconfiggere il nemico deve prima sconfiggere il suo popolo. La radice per sconfiggere il popolo è il controllo, come il fabbro controlla il metallo e il vasaio l’argilla. Quando le radici non sono salde il popolo sarà come gli uccelli che volano e gli animali che corrono. Chi potrà, dunque, regolarli? La radice del popolo è la legge. Pertanto, coloro che eccellono nel porre regole ordinate bloccheranno il popolo con la legge.”
Quindi la Cina contiene sia la tradizione anarchica e libertaria del taoismo classico e quella più moderata del confucianesimo, sia il pensiero dirigista del legalismo. Non a caso il segretario del partito comunista cinese Xi Jinping è sovente ricondotto al pensiero legalista. Sebbene la stragrande maggioranza dei governanti faccia oggi a gara a lodare la Cina ed ad imitarne l’esempio nelle draconiane misure di controllo del coronavirus, sembra lecito qualche dubbio circa l’opportunità di seguire le orme di un governo intento a sconfiggere il proprio popolo. Quanto sta succedendo sotto gli occhi di tutti in questi giorni sembra tratto dall’infame libro del Signore di Shang: un governo impersonale e burocratico in guerra con il suo stesso popolo con i mezzi del totalitarismo fondato sul terrore.
dove voglio andare a parare?
alla constatazione che la lotta tra le due modalità (individualismo e collettivismo) è vecchia come l'uomo.
il collettivismo porta alla miseria (historia magistra vitae), ma questo non distoglie il gregge dal sentirsi più sicuro vivendo agli ordini di un pastore/padrone.
gli aspiranti padroni sono facili da individuare: per loro ogni pretesto è buono per spaventare le pecore.
quando qualcuno vi comunica che dovete avere paura di qualcosa, quello è un aspirante padrone,
se vi fate spaventare, siete aspiranti pecore