By: Gano* on Lunedì 23 Luglio 2007 04:11
Gianlini, non "peroro" la causa cinese. Mi pare pero' inutile cercare di non vedere. Proprio come dicevi tu, come faceva l' Italia e l' America degli anni '50 e '60, gli anni che guarda caso furono chiamati gli anni del boom economico? Creavano nuovi consumatori perche' potevano attingere ad intere classi sociali che nell' Europa del dopoguerra avevano bisogno di tutto. Innanzitutto della casa, dopo le rovine della guerra, poi del frigofero, quindi venne il telefono per tutti, poi l' auto, gli elettrodomestici, quindi la motocicletta, il motorino e il televisore in b/n prima e poi a colori in occasione delle Olimpiadi di Monaco, infine anche della seconda casa da costruirsi nelle zone di villeggiatura. Il boom economico fini' quando le classi sociali che dovevano emanciparsi attraverso l' acquisizione dei beni di consumo (e non) avevano praticamente gia' tutto. A un certo punto si ritrovo' a prosperare solo il Giappone che trovo' ancora da cavalcare il boom dell' elettronica per le masse e continuo' (genialmente per quei tempi) a crescere a suon di radioline, d' impianti stereo e di walkman (*). Le nostre economie capitalistiche sono cosi' strutturate che per sopravvivere hanno bisogno di consumi in crescita esponenziale. Uno steady-state nei consumi, dove viene rimpiazzato solo cio' che si usura, provoca gia' la stagnazione e il declino. Lo sviluppo economico di India e Cina, con i loro tre miliardi di potenziali consumatori e' -secondo me- un' occasione che stimola troppo gli appetiti perche' l' Occidente provochi guerre tariffarie e doganali e/o burrasche finanziarie e valutarie che potrebbero rischiare di fare inceppare la nascita del nuovo piccolo miracolo... Ti diro' di piu': secondo me hanno addirittura fretta.
Non e' un discorso che vuole trovare una morale ne ho particolari simpatie o antipatie per nessuna causa, economica o politica, ma penso che per queste ragioni la Cina e il suo sviluppo siano settori dove pensare di cominciare ad allocare almeno una certa parte del capitale in un' ottica di investimento per i prossimi decenni.
Trovo che vi siano pero' dei punti molto importanti che tu sollevi, cioe' la competizione che nascera' per i generi alimentari e le materie prime/energia. Per il primo punto gli Stati Uniti si stanno gia' presentando all' uscio come i maggiori potenziali esportatori. Il secondo punto potrebbe invece essere quello che creera' dei veri problemi, sia a livello di prezzi che a livello geopolitico per il controllo delle fonti e delle rotte per il trasporto di energia e materie prime.
(*) La crisi del Giappone comincio' con la fine degli anni '80, quando all' hardware di massa (di cui i giapponesi erano maestri) si sostitui', con la diffusione dei PC, il software di massa. La crisi del suo sistema bancario fu un effetto della crisi industriale che attraversava il paese e non la causa. Il grosso del valore aggiunto della prima rivoluzione informatica stava infatti nel software e nella progettazione dell' architettura delle CPU -anche questo un discorso sostanzialmente di software- dove gli americani si sono dimostrati essere piu' bravi. Ai giapponesi (insieme ai coreani, ai taiwanesi ed ai malesi) rimasero da fabbricare le RAM e i lettori di CD; neppure le schede video. La seconda rivoluzione informatica e' stata Internet e il boom dei servizi ad esso connessi.