By: giveme5 on Mercoledì 04 Luglio 2007 13:54
Forse queste 2 notizie (di 15 e 40 gg. fa) non erano scappate solo a me. Mi sembrano importanti tasselli del quadro macroeconomico.
Dal combinato di entrambe deduco che le merci cinesi in export, già quest'anno, aumentano sensibilmente di prezzo.
Il che, insieme con la sempre + probabile introduzione di alcuni dazi doganali in USA e UE sull'import cinese, alimenterebbe pressioni inflazionistiche sia sul sitema produttivo che direttam. sui consumatori delle economie europee / USA / JP.
Ciò confermerebbe il trend up dei tassi centrali delle economie europee; renderebbe sempre + improbabile un taglio del tasso Fed (anzi) anche a fronte di un eventuale emergere di grosse grane sulla questione CDO-CDS-RMBS; renderebbe sempre + imminente un rialzo non solo simbolico del tasso BoJ.
Troppo semplicistico e schematico ?
LA 1a:
" 21 Giugno 2007, 9:44 - Yahoo Notizie
La Cina tenta di raffreddare le esportazioni
di AC Finanza
Il governo cinese ha annunciato una tornata senza precedenti di riduzione dei rimborsi di imposte indirette che gravano sulle esportazioni, che riguarderà un'ampia gamma di beni, dai giocattoli al tessile, dal cemento ai fertilizzanti, dall'acciaio alla carta.
Saranno oltre 2000 i prodotti colpiti dal provvedimento, che entrerà IN VIGORE IL PROSSIMO 1° LUGLIO ( - quindi è già in vigore - ).......
Gli esportatori cinesi in passato avevano beneficiato del rimborso completo delle imposte indirette (aliquota 17%) sostenute in relazione ai costi di spedizione all'estero. Negli ultimi anni il governo aveva già deciso delle riduzioni nei rimborsi, in particolare per alcuni settori dell'industria pesante come l'acciaio o l'alluminio. Questo provvedimento ha riguardato molti più prodotti, anche dell'industria leggera, sia con riduzioni dei rimborsi previsti (all'11% o al 5%), sia con la completa eliminazione degli stessi.
Mi sembra un chiaro segnale di preoccupazione ufficiale circa la dinamica del surplus commerciale cinese e, probabilmente, un'indicazione di non volere agire più di tanto sul fronte valutario.
E' tuttavia probabile che l'impatto del provvedimento sui flussi commerciali con l'estero possa essere relativamente limitato, poichè mi aspetto che i produttori cinesi in molti casi saranno in grado di traferire i maggiori costi sui compratori esteri. "
LA 2a:
" 22 maggio 2007 - Il sole 24 ore
Il Fisco cinese: imprese straniere e locali per noi pari sono
di Luca Vinciguerra
La festa è finita. Dopo essere state trattate per due decenni con i guanti bianchi dall'Erario cinese, DAL PRIMO GENNAIO 2008 le società straniere non godranno più di un regime fiscale preferenziale. Niente più aliquote ridotte, niente più tax holiday per le nuove arrivate,niente più sconti per chi s'insedia nelle Zone economiche speciali.
Attesa da tempo e scongiurata da tutti, la grande riforma fiscale è stata varata il 16 marzo scorso dall'Assemblea Nazionale del Popolo. L'obiettivo tecnico del provvedimento è chiaro: armonizzare la disciplina tributaria in modo che le società straniere e quelle cinesi paghino le stesse tasse. Dal prossimo anno, i redditi di tutte le aziende operanti oltre la Grande Muraglia saranno assoggettati ad un'aliquota unica del 25 per cento, indipendentemente dal fatto che siano imprese straniere o domestiche. Per gran parte delle prime la differenza è notevole. Finora le società estere hanno pagato un'imposta variabile tra il 10 e il 24 per cento, a seconda della loro localizzazione (oggi in Cina ci sono Zone Economiche Speciali che offrono trattamenti fiscali molto favorevoli agli investitori esteri). Pechino dà loro tempo cinque anni per allinearsi progressivamente al nuovo regime fiscale. Per esempio, un'impresa straniera che oggi paga un'aliquota agevolata del 15%vedrà aumentare quest'ultima del 2% l'anno per il prossimo lustro fino a raggiungere l'aliquota unificata.
Anche per le aziende cinesi il cambio di regime fiscale è una novità non da poco. Una bella novità. Attualmente versano al fisco un'aliquota secca del 33 per cento; il che significa che dall'anno prossimo il carico fiscale sulle loro spalle diminuirà di ben 8 punti percentuali.
Il nuovo Testo Unico prevede solo due casi particolari in cui le imposte sul reddito a carico delle imprese d'oltremare continueranno a essere più leggere: le società di piccole dimensioni e quelle ad alta tecnologia che saranno tassate rispettivamente al 20 e al 15 per cento.
Altrettanto chiaro è anche l'obiettivo politico di Pechino. «Con questa riforma il Governo cinese vuole aumentare il livello e la qualità degli investimenti stranieri. Al tempo stesso, intende favorire l'evoluzione dell'economia nazionale dal vecchio paradigma exportoriented verso un modello più centrato sulla domanda interna e sui consumi», spiega Jan Borgonjon, presidente di InterChina Consulting.
Ma che impatto avrà la rivoluzione fiscale del Dragone sui conti delle società straniere e sul flusso degli investimenti esteri? Probabilmente nessuno, rispondono in coro gli esperti. «La riforma mette fine al più grosso paradiso fiscale del mondo. Ciò premesso, il sistema tributario cinese resta ancora molto favorevole per le aziende straniere», osserva Federico Perdomini, di Birindelli & Associati.
«Sebbene la tendenza sia versoun inasprimento del carico fiscale sulle società estere, l'impatto della riforma sugli investimenti stranieri in Cina sarà insignificante — dice Christian Cavazzuti di Diacron —. D'altronde, se guardiamo all'Italia, non è certo la motivazione fiscale a spingere le nostre aziende a venire in Cina. Le molle sono ben altre: i costi della manodopera, le infrastrutture, la possibilità di vendere sul mercato locale». Ma per valutare appieno gli effetti della riforma bisognerà attendere l'emanazione dei regolamenti attuativi. Per ora, infatti, tutti (comprese le grandi società internazionali di consulenza fiscale) possono solo azzardare delle ipotesi e sono costrette a navigare a vista tra i principi generali del nuovo Testo Unico.
I punti da chiarire sono ancora molti. Uno particolarmente importante è quello che riguarda la cosiddetta tax holiday, vale a dire il periodo di 2 anni a tasse zero più altri 3 anni di imposta dimezzata per le aziende produttive straniere appena sbarcate in Cina (il calcolo inizia dal primo esercizio in utile). La certezza è che il primo gennaio 2008 questo schema di incentivazione finirà. Tuttavia, le imprese d'oltremare che hanno varcato la Grande Muraglia prima del 16 marzo scorso (giorno di promulgazione ufficiale della riforma) potranno continuare a godere del vecchio trattamento fiscale agevolato. Con una limitazione: l'inizio del lustro di tax holiday inizierà il primo gennaio 2008, indipendentemente dal fatto che l'azienda abbia conseguito utili.
Resta il dubbio sul destino fiscale delle fabbriche che hanno aperto i battenti in Cina tra il fatidico 16 marzo 2007 e la fine di quest'anno. Potranno sfruttare il vecchio schema 2+3 per iniziare la loro attività cinese? In attesa che i regolamenti attuativi forniscano una risposta al quesito, alcuni consulenti fiscali suggeriscono ai loro clienti che hanno già maturato la decisione di aprire nuovi siti produttivi oltre la Grande Muraglia di farlo prima della fine del 2007, nella speranza che alla fine Pechino decida di concedere un ultimo regalo agli investitori stranieri.
L'altro punto incerto riguarda la cosiddetta withholding income tax. Finora gli utili distribuiti dalle società straniere alle loro controllanti potevano essere rimpatriati in totale esenzione d'imposta. Secondo taluni,la riforma fiscale potrebbe cambiare le regole del gioco. «È probabile che la nuova legge imponga una ritenuta d'acconto sui trasferimenti degli utili fuori dalla Cina — spiega Gianluca D'Agnolo dello Studio Chiomenti di Pechino —. Premesso che in questa evenienza le società italiane potrebbero poi recuperare quanto versato al fisco cinese sotto forma di credito d'imposta, si tratterebbe comunque di una novità importante.La differenza di ritenuta da Paese a Paese, infatti, potrebbe condizionare la scelta della nazione di origine dell'investimento".
Infine, c'è un altro aspetto cruciale che i regolamenti attuativi dovranno chiarire ai fini delle residue agevolazioni d'imposta stabilite dal Testo Unico: in base a quali criteri le società straniere verranno considerate "piccole" o ad "alta tecnologia"? "