By: GZ on Sabato 27 Agosto 2011 01:05
No, Lutrom non è andata così. ^Il famoso Prefetto Cesare Mori#http://it.wikipedia.org/wiki/Cesare_Mori^ fece più lui contro la mafia di tutti quelli venuti prima e dopo di lui messi assieme nella storia d'Italia. E va dato credito a Mussolini che lo nominò nonostante Mori come Prefetto a Bologna nei primi anni '20 avesse represso i fascisti quanto i comunisti e fosse considerato uno dei Prefetti che erano stati più duri con gli squadristi. E quando Mori fu prefetto in Sicilia fece sciogliere a Mussolini il Fascio di Palermo. Tutti i libri di storia testimoniano che ottenne grandi risultati, gli omicidi scesero del 75% a Palermo con lui ad esempio.
Mori era uno che sfidò personalmente a duello un mafioso durante il suo primo soggiorno in Sicialia. Fece rastrellare uno dei paesi roccaforti della mafia casa per casa e per far arrendere i mafiosi prese ostaggi i loro figli e mogli. Ma allo stesso tempo insisteva che bisognava fare pulizia in alto inclusi alcuni Ministeri. In tutta la sua carriera diede sempre fastidio sia prima di Mussolini che dopo a chi governava, ma in larga parte lo lasciarono fare
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Le prime esperienze in Sicilia
A Castelvetrano, nel trapanese, Mori cominciò subito ad agire energicamente, usando quegli stessi metodi decisi, inflessibili e poco ortodossi che riprenderà - con un'autorità ed una libertà di azione incomparabilmente superiori - molti anni dopo in tutta la Sicilia. Compì numerosi arresti e sfuggì a vari attentati: fu infinite volte denunciato per Abuso di potere ma sempre assolto; una volta fu anche rinviato a giudizio ma fu fatta una particolare amnistia.[senza fonte]
Scrisse il Procuratore Generale di Palermo:
« Finalmente abbiamo a Trapani un uomo che non esita a colpire la mafia dovunque essa si alligni. Peccato, purtroppo, che vi siano sempre i cosiddetti "deputati della rapina" contro di lui... »
Mori fu poi trasferito a Firenze nel gennaio del 1915, con la carica di vicequestore. In seguito ad un inasprimento della situazione in Sicilia, coincidente con l'inizio della guerra, vi fu rimandato al comando di squadre speciali mirate ad una campagna contro il brigantaggio le cui file si erano ingrossate con i renitenti alla leva. Nel corso dei suoi rastrellamenti, Mori si distinse ancora una volta per i suoi metodi energici e radicali. A Caltabellotta, in una sola notte, fece arrestare più di 300 persone[2]; nel complesso, ottenne risultati molto positivi. Quando i giornali parlarono di "Colpo mortale alla mafia", Mori dichiarò ad un suo collaboratore:[2]
« Costoro non hanno ancora capito che i briganti e la mafia sono due cose diverse. Noi abbiamo colpito i primi che, indubbiamente, rappresentano l'aspetto più vistoso della malvivenza siciliana, ma non il più pericoloso. Il vero colpo mortale alla mafia lo daremo quando ci sarà consentito di rastrellare non soltanto tra i fichi d'india, ma negli ambulacri delle prefetture, delle questure, dei grandi palazzi padronali e, perché no, di qualche ministero. »
Con la carica di Prefetto di Bologna dall'8/2/1921 al 20/8/1922[3], Cesare Mori fu - da ligio servitore dello Stato deciso ad applicare la legge in modo inflessibile - tra i pochi membri delle forze dell'ordine ad opporsi allo squadrismo dei fascisti.
Il crescendo della tensione politica avvenne in seguito al ferimento di Guido Oggioni, fascista e vicecomandante della "Sempre Pronti", mentre tornava da una spedizione punitiva contro i "rossi", e all'uccisione di Celestino Cavedoni, segretario del Fascio. Mori si oppose alle rappresaglie violente e alle spedizioni punitive dei fascisti, inviando contro di loro la polizia, e fu per questo ampiamente contestato. Ad un ufficiale che gli confessava di supportare la "gioventù nazionale" di Mussolini, Mori avrebbe risposto equiparando i fascisti ai "rossi"[2]:
« Gioventù nazionale un corno! Quelli sono dei sovversivi come gli altri. »
Si ritirò in pensione nel 1922 a Firenze, assieme alla moglie.
La lotta alla Mafia
Per la sua fama di uomo energico e di uomo non siciliano (non in contatto con la mafia locale) ma conoscitore della Sicilia, fu richiamato in servizio all'inizio di giugno del 1924 dal ministro dell'Interno Federzoni. Fu nominato prefetto e inviato a Trapani, dove arrivò il 2 giugno 1924 e dove rimase fino al 12 ottobre 1925. Come primo provvedimento ritira subito tutti i permessi d'armi, e nel gennaio 1925 nomina una commissione provinciale che provvede ai nullaosta che rende obbligatori per il campieraggio e la guardianìa, attività tradizionalmente controllate dalla mafia.[4]
Dopo l'ottimo lavoro in provincia di Trapani, il 20 ottobre 1925 Benito Mussolini nomina Mori prefetto di Palermo, con poteri straordinari e con competenza estesa a tutta la Sicilia, al fine di sradicare il fenomeno mafioso nell'isola. Questo il testo del telegramma inviato da Mussolini: «vostra Eccellenza ha carta bianca, l'autorità dello Stato deve essere assolutamente, ripeto assolutamente, ristabilita in Sicilia. Se le leggi attualmente in vigore la ostacoleranno, non costituirà problema, noi faremo nuove leggi»[5].
Mori si insediò quindi a Palermo il 1 novembre[6] dello stesso anno e vi rimase fino al 1929. Qui attuò una durissima repressione verso la malavita e la mafia, colpendo anche bande di briganti e signorotti locali, anche attraverso metodi extralegali (fra cui la tortura, la cattura di ostaggi fra i civili e il ricatto), con l'esplicito appoggio di Mussolini, otterrà significativi risultati e la sua azione continuerà per tutto il biennio 1926-27. Secondo Saverio Lodato e Marco Travaglio [7] "spesso, al prefetto di ferro scivolava la mano anche nei confronti degli oppositori politici - socialisti e comunisti - nell'illusione che la lotta alla mafia desse la possibilità di fare due servizi con un viaggio solo", sebbene Mori "arrestava anche fascisti, se per questo: convinto che la mafia sin da allora fosse trasversale agli schieramenti politici" [8]. Il 1º gennaio 1926 compì quella che è probabilmente la sua più famosa azione, e cioè l'occupazione di Gangi, paese roccaforte di numerosi gruppi criminali. Con numerosi uomini dei Carabinieri e della Polizia passò quindi al rastrellamento del paese casa per casa, arrestando banditi, mafiosi e latitanti vari. I metodi attuati durante quest'azione furono particolarmente duri e Mori non esitò ad usare donne e bambini come ostaggi per costringere i malavitosi ad arrendersi. Fu proprio per la durezza dei metodi utilizzati che venne soprannominato Prefetto di Ferro.
Anche nei tribunali le condanne per i mafiosi cominciarono a essere durissime. Fra le "vittime eccellenti" iniziano a figurare anche personalità del calibro del generale di Corpo d'Armata, ed ex ministro, Antonino Di Giorgio, il quale chiede il sostegno, in un colloquio riservato, di Mussolini, cosa che non impedirà né il processo né il pensionamento anticipato dell'alto ufficiale e le dimissioni da deputato nel 1928.[9] Ben presto però circoli politico-affaristici di area fascista collusi con la mafia [10][11] riescono a indirizzare, tramite attività di dossieraggio, le indagini di Mori e del procuratore generale Luigi Giampietro sull'ala radicale del fascismo siciliano, coinvolgendo anche il federale e deputato del PNF Alfredo Cucco, uno dei massimi esponenti del fascio dell'isola. Cucco nel 1927 viene addirittura espulso dal PNF e dalla Camera "per indegnità morale" e sottoposto a processo con l'accusa di aver ricevuto denaro e favori dalla mafia,[12][13] venendo assolto in appello quattro anni dopo,[14] ma nel frattempo il fascio siciliano è stato decapitato dei suoi elementi radicali. L'eliminazione di Cucco dalla vita politica dell'isola favorisce l'insediamento nel PNF siciliano dei latifondisti dell'Isola, talvolta essi stessi collusi o quantomeno contigui alla mafia.
A questa azione si aggiunge quella delle "lettere anonime"[15] tempestano le scrivanie di Mussolini e del ministro della Giustizia Alfredo Rocco, avvisando dell'esasperazione dei palermitani e minacciando rivolte se l'operato eccessivamente moralistico di Giampietro[16] non si fosse moderato. Contestualmente il processo a Cucco si rivela uno scandalo, nel quale Mori viene dipinto dagli avvocati di Cucco come un persecutore politico[17] e nel 1929 Mussolini decide di porre a riposo il prefetto Mori facendolo cooptare nel Senato del Regno. La propaganda fascista dichiara orgogliosa che la mafia è stata sconfitta: tuttavia l'attività di Mori e Giampietro aveva avuto drastici effetti soltanto su figure di secondo piano, lasciando in parte intatta la cosiddetta "cupola" (composta da notabili, latifondisti e politici), la quale riuscì a reagire attraverso l'eliminazione di Cucco, e così addirittura installarsi all'interno delle federazioni del fascio siciliane.
Alcuni autori sostengono che Mussolini avesse rimosso Mori perché nelle sue indagini si sarebbe spinto eccessivamente in alto, andando a colpire interessi e collusioni fra Stato e mafia.[18] Questa tesi viene recisamente respinta da altri, come Alfio Caruso.[19]
[modifica] Risultati dell'azione di Mori
Ancora oggi si discute sui metodi impiegati da Mori nella sua lotta al fenomeno mafioso. È indubbio che la sua azione fu vigorosa ed efficace: ebbe la fama di personaggio scomodo per la sua capacità di colpire molto in alto, senza curarsi dell'opposizione di molti fascisti della prima ora. Alla fine degli anni venti, il "prefetto di ferro" era un personaggio estremamente noto ed alcune sue imprese, che la macchina propagandistica del regime copriva di consensi plebiscitari, erano giunte a rasentare la popolarità di Mussolini. Cesare Mori non si fece problemi nemmeno a perseguire (con il consenso del Duce) sia l'uomo più in vista del fascismo in Sicilia, Alfredo Cucco, sia l'ex ministro della Guerra, il potente generale Antonino Di Giorgio.
Molti mafiosi dovettero emigrare negli Stati Uniti dove diedero origine alla Cosa Nostra americana.
I cardini principali dell'azione di Mori - forte della carta bianca che gli era stata attribuita, e assistito da uomini quali il nuovo Procuratore Generale di Palermo da lui nominato, Luigi Giampietro, e il delegato calabrese Francesco Spanò - furono:
Cogliere un primo importante successo con un'operazione in grande stile per riaffermare l'Autorità dello Stato e dare un segnale forte (l'occupazione di Gangi).
Riottenere l'appoggio della popolazione impegnandola direttamente nella lotta alla mafia.
Creare un ambiente culturalmente ostile alla mafia, combattendo l'omertà e curando l'educazione dei giovani e stimolando la ribellione contro la mafia
Combattere la mafia nella consistenza patrimoniale e nella rete di interessi economici.
Ripristinare il normale funzionamento e sviluppo delle attività produttive della Sicilia
Condannare con pene severe e implacabili i criminali sconfiggendo il clima di impunità.
La sua strategia si basava anche sul seguente schema: i mafiosi appartenevano essenzialmente al ceto medio rurale (gabelloti, campieri, guardiani e sovrastanti) e tenevano in soggezione sia i grandi proprietari, sia i ceti più poveri. Eliminato il "ceto medio mafioso", i latifondisti si sarebbero liberati del doppio ruolo di vittime dei mafiosi e, al tempo stesso, di bersagli della rabbia popolare che li vedeva in combutta con la mafia.
L'azione di Mori si rivelò in tutta la sua clamorosa efficacia sin dal primo anno: nella sola provincia di Palermo gli omicidi scesero da 268 nel 1925 a 77 nel 1926, le rapine da 298 a 46, e anche altri crimini diminuirono drasticamente.[2]
Pentiti mafiosi hanno riconosciuto il grave stato di difficoltà nella mafia dopo quegli anni. [20]
Mori non si occupò solo degli strati più bassi della mafia, ma anche delle sue connessioni con la politica - portando lo stesso Mussolini a sciogliere il Fascio di Palermo ed espellere Cucco, che pure era membro del Gran Consiglio del Fascismo, dal PNF.
Dopo il suo congedo, vi fu ben presto una recrudescenza del fenomeno mafioso in Sicilia. Come scrisse nel 1931 un avvocato siciliano in una lettera indirizzata a Mori:[2]
« Ora in Sicilia si ammazza e si ruba allegramente come prima. Quasi tutti i capi mafia sono tornati a casa per condono dal confino e dalle galere... »
In realtà i vertici della mafia avevano piegato il capo sotto la repressione, e colsero ^l'occasione dello sbarco degli Alleati in Sicilia per rialzare la testa, con gli Statunitensi che spesso li misero ai vertici delle amministrazioni locali siciliane, come sicuri antifascisti#http://it.wikipedia.org/wiki/Cesare_Mori^