Per favore comprate obbligazioni o i nostri bambini moriranno di fame

 

  By: Moderator on Giovedì 11 Novembre 2004 15:18

Piccolo ritocco alle aliquote fiscali. Parametri italiani :Grande fabbisogno ,Grosso deficit ,Grande numero di contribuentimedio-bassi ,elusione-evasione Come ha insegnato l' Anatocismo , con piccole cifre spalmate su molti si ottengono cifre enormi , quindi, al contrario :abbassare le tasse a molti fa mancare un enorme gettito , l'Italia non se lo può permettere , il sollievo indurrà a comprare solo qualche gadget tipo nuovo cellulare di fabbricazione estera :vantaggio nullo. Quindi meglio portare l'aliquota per i ricchi al 15%. Risultato : lo stato non perde gettito (già eludono ed evadono), chi ha soldi tenderà a renderli produttivi non nascondendoli e cercherà di creare ricchezza che sarà premiata con un'aliquota bassa, Gli altri che non creano ricchezza ( profesionisti commercianti...)tenderanno a lavorare di più per passare alla categoria di aliquota più bassa. Inoltre si incavolerebbe la sinistra italiana , il centro italiano , la destra italiana : che si vuole di più ?

 

  By: mistral04 on Martedì 09 Novembre 2004 22:47

leggete con attenzione questo articolo di Alessandro Penati, apparso oggi su Repubblica ------------------------------------------ stavolta Repubblica è un giornale da leggere?

 

  By: Moderator on Martedì 09 Novembre 2004 22:38

Anatocismo : 20/30 miliardi da pagare per le banche ( che non pagheranno mai) : è straordinario come con un piccolo marchingegno come quello sia stato possibile accumulare un utile cosi consistente. Senza quello quanto avrebbero quotato ?

Tienti stretto il TFR - gz  

  By: GZ on Domenica 07 Novembre 2004 18:08

Alcuni numeri calcolati da Alessandro Penati. Con i tassi di interesse attuali, anche se le azioni rendessero in media l'8% nei prossimi anni come hanno fatto (fuori dall'italia) negli ultimi 20 anni, il rendimento del risparmio gestito, al netto dell´inflazione e dei costi, sarà negativo. Dopo due anni ormai di mercati azionari in rialzo (il Nasdaq ha cominciato il rimbalzo da ottobre 2002, l'S&P da marzo 2003...) il risparmio gestito nell'insieme tiene investito in azioni solo il 18%. Nel 2000 erano arrivati mi sembra al 35%. Quindi dopo quasi due anni che le borse salgono ne sono ancora fuori. Dei 1.000 miliardi che sono gestiti (pari al PIL italiano) il resto è tenuto in liquidità il 23% (!) e soprattutto in obbligazioni con una scadenza media di 4 anni che rendono il 3.2% lordo (solo quellea con scadenze di 10 anni rendono). Con i tassi di interesse così bassi tengono quasi tutto in Bot e liquidità che rendono zero e obbligazioni a breve scadenza che rendono quanto l'inflazione. Tenendo presente poi i costi è impossibile che (in media) possa rendere nei prossimi anni ----------------------------------------------------------------- ..... Tfr (trattamento di fine rapporto, meglio noto come liquidazione). Il sistema scelto dal governo è quello del silenzio-assenso. Chi non dice esplicitamente di no, vedrà i soldi del suo Tfr confluire automaticamente in un fondo pensione. Se state pensando di lasciare che questo accada, tenete a mente che il Tfr oggi "rende" circa l’1,5 per cento l’anno e leggete con attenzione questo articolo di Alessandro Penati, apparso oggi su Repubblica. "Oggi - scrive Penati - i 1.000 miliardi di risparmio gestito sono investiti per il 23% in liquidità, 59% in obbligazioni (scadenza media circa 4 anni), e 18% in azioni. Ai tassi attuali (liquidità 2%, obbligazioni a 4 anni 3,2%), e ipotizzando che i rendimenti delle azioni tornino alla media secolare (sei punti più dell´inflazione, cioè 8%), questo enorme portafoglio dovrebbe rendere il 3,8%. Sottraendo i costi di gestione e le imposte, pur nella migliore delle ipotesi (1,45% di costi), il rendimento del risparmio, al netto dell´inflazione, sarebbe negativo. Se anche i tassi salissero di un punto, e la quota di azioni arrivasse al 25%, si collocherebbe intorno allo 0,7%: meno del Tfr; la metà del necessario per tenere il passo con la crescita dei salari reali (almeno l´1,5%)".

 

  By: gianlini on Martedì 12 Ottobre 2004 12:21

quello che è cambiato è il ruolo del bancario da fidato consigliere a spregiudicato venditore di qualsiasi cosa il suo reparto marketing lo obbliga a vendere diciamo che lo spartiacque si è aperto con Profumo, che veniva da McKinsey, non per niente prima il bancario era una sorta di parrocchia parallela, un posto tranquillo dove guadagnarsi da vivere facendo cose di routine e tutto sommato anche qualche opera buona, ogni tanto

 

  By: mistral04 on Lunedì 11 Ottobre 2004 22:08

un plauso a unicredit che ha visto il campo da mietere e l'ha mietuto. senza la mietitura con il cavolo che stava a 4 euro.il dubbio viene x il futuro, è difficile far pagare un altro biglietto x lo stesso brutto film.... ---------------------------------------------- Mi piacerebbe che le cose cambiassero un pochetto, tutto qui. Se si fa passare l'idea che alla fine "è un gioco a somma zero" (cioè una guerra in piccolo) tutto è ammesso; e diventa difficile distinguere il risparmio dalla greed. Perciò mi chiedevo cos'altro s'inventeranno: potremmo dire che se uno mette piede in banca tutto ciò che gli accade è lecito... anche vendere quei BTPx in fondo è "mietitura". E' meglio mettere dei paletti prima, anche se troppo restrittivi, e limitare un poco il potere di chi ha il coltello dalla parte del manico (le banche). Perchè non credo che un'azienda o un risparmiatore avranno mai il coltello dalla parte del manico in questo tipo di rapporto... Ora vado a denunciare GZ per aggiotaggio, diffusione di notizie false e tendenziose, e abuso della credulità popolare; guardate un pò cosa ha scritto in homepage: "Fortunatamente dato appunto sono anni che vedo in opera questo meccanismo, scrivo anche io che ''le borse europee sono al massimo...'' o come ieri ''..e Stai Sull'energia, Metalli e Materie Prime Sei Invulnerabile ..'' PERO' SUBITO PRIMA QUALCOSA VENDO" Ciao :-) (il mio nick è a caso)

senza la mietitura con il cavolo che stava a 4 euro - panarea  

  By: panarea on Lunedì 11 Ottobre 2004 21:12

ciao Mistral (il vento c'entra qualcosa?), io so che in finanza quasi tutte le operazioni sono a somma zero, il valore atteso è zero, per cui che sempre uno che vince e uno che perde. Detto questo, io, forse sbagliando, penso che l'etica in finanza esista nel senso che è frodare soltanto quando un soggetto tutelato e regolamentato istituzionalmente come una banca volontariamente propone ad un soggetto singolo e solo, come un privato investitore, prodotti sbagliati senza spiegargli il funzionamento (è il caso di banca121 che aveva un'obbligazione superstrutturata che si chiamava BPTx o qualcosa del genere). E' il caso parmalat perchè nextra e banca intesa vendevano i titoli in portafogli propinandogli ai clienti (nextra sabato ha pagato + di 100 mln di euro come compensazione x evitare ulteriori cause, a mio avviso una gigantesca dichiarazione di correità) Il caso myway e for you o argentina è già diverso, sub-entra la greed del privato investitore che con i bot al 2.5% spera di guadagnare il 7%. Ma nel caso di una azienda bresciana contro unicredit le cose sono diverse: mi dici che i derivati erano su tassi e cambi, quindi roba "semplice", la spa ha un collegio di revisori, si avvale professionalmente di persone che si presuppone preparate, non è un privato investitore. Cavolo ci sarà un commercialista che sa come funzionano i tassi o no? E in + lo scopo sia della spa che di unicredit è quello di lucrare dei soldi x i propri azionisti. le piccole spa hanno fatto volontariamente una scommessa che forse non sapevano valutare e unicredit ha fatto i soldi? gioco a somma zero, uno vince l'altro perde. succede, non vedo il problema. un plauso a unicredit che ha visto il campo da mietere e l'ha mietuto. senza la mietitura con il cavolo che stava a 4 euro.il dubbio viene x il futuro, è difficile far pagare un altro biglietto x lo stesso brutto film.... x le aziende forse una dura ma necessaria lezione, nel mondo sono svegli, se ti affidi al bancario e basta ti massacrano... concordo pero con te che l'immagine delle banche italine ne esce ulteriormente peggiorate perchè non sono + le saggie tesoririe di un tempo a cui affidarsi senza dubbi....la globalizzazione è cattiva

 

  By: mistral04 on Lunedì 11 Ottobre 2004 20:43

ma se vendono un derivato sui metalli a un bresciano che PROFESSIONALMENTE con 50 operai produce e vende rubinetti ---------------------------------------------- si parla di derivati sui tassi e sui cambi. Le banche sapevano che nessuna azienda o quasi aveva un esperto sui cambi e sui tassi, e hanno formato dei "promotori dedicati", cioè ad hoc per "piazzare" quei "prodotti". Non so se si tratti di etica o meno, qui ci vedo uno che si industria *volontariamente* per fregare qualcun altro. E allora me la prendo prima col fregatore, e poi al limite faccio la ramanzina al fregato.

 

  By: panarea on Lunedì 11 Ottobre 2004 19:56

no non c'entra l'etica e io non amo le banche italiane ma quando vendono a un 70 enne pensionato un titolo azionario sono ladre ma se vendono un derivato sui metalli a un bresciano che PROFESSIONALMENTE con 50 operai produce e vende rubinetti NO perchè uno che ha 50 operai e fattura 25 mln di euro di "cose" di metallo è un operatore professionale, fa quello di mestiere e magari nella sua ditta il 90% dei costi industriali è strettamente correlato con l'andamento dei metalli. Chi fa quello di mestiere DEVE sapere, tra persone giuridiche non c'entra ADUSBEF o il valido beppescienza, lo scopo, di entrambi, è solo il lucro.

 

  By: mistral04 on Lunedì 11 Ottobre 2004 19:03

c***i loro!!! se assumevano qualcuno che ha studiato un po + di un istituto tecnico o di una ragioneria evitano tali errori. ------------------------------------------------- gli imprenditori non sono "operatori del mercato professionale", e poi se ogni impresa dovesse assumere uno che ha studiato "un poco più"... di questo passo si potrebbe giustificare ogni ladrata che fanno le banche.

 

  By: gianlini on Lunedì 11 Ottobre 2004 18:01

panarea, ?=?????? per i piccoli e medi imprenditori (ma anche per moltissimi comuni cittadini) il funzionario di banca sta al mercato finanziario come il medico sta alla medicina se il loro funzionario di banca li consiglia di acquistare un certo prodotto, pensano che non solo stia facendo il loro interesse, ma che lo faccia per perizia, esperienza e capacità...

 

  By: panarea on Lunedì 11 Ottobre 2004 17:31

Lavorano per produrre la macchina ed esportarla in germania o canada o india e poi si mangiano i soldi perchè sono ignoranti di mercati finanziari. - - - - c***i loro!!! se assumevano qualcuno che ha studiato un po + di un istituto tecnico o di una ragioneria evitano tali errori. il caso è completamente diverso dai parmalat & cirio, un imprenditore non è un semplice risparmiatore è un operatore del mercato professionale (anche se lui non lo sa) x lui non si pò applicare il solito buon senso di padre di famiglia, se gli spennati provano a fare causa perdono

 

  By: mistral04 on Lunedì 11 Ottobre 2004 17:14

Prima hanno fregato i risparmiatori coi bond Parmalat e Cirio, poi sono passati alle aziende...che altro si inventeranno?

30 mila piccole aziende italiane in perdita per dei derivati - gz  

  By: GZ on Lunedì 11 Ottobre 2004 15:47

Almeno 30 mila piccole aziende italiane sono ^in perdita per dei derivati sui tassi di interesse e i cambi che hanno comprato dalle banche negli ultimi due anni#http://www.corriere.it/edicola/economia.jsp?path=TUTTI_GLI_ARTICOLI&doc=PUA5^. Lavorano per produrre la macchina ed esportarla in germania o canada o india e poi si mangiano i soldi perchè sono ignoranti di mercati finanziari. (".... Le aziende italiane negli ultimi due-tre anni li hanno sottoscritti in massa.....Purtroppo, però, i fatti non hanno corrisposto alle previsioni. Il dollaro non è salito e i tassi nemmeno, anzi, si sono dimezzati: dall'ottobre 2000 a oggi - in quattro anni - l'Euribor a 6 mesi è sceso dal 5,2%......«Una situazione anomala - fanno notare in Unicredit..... -. Per la prima volta nella storia d'Italia il dollaro è debole, lo stesso i tassi. Nessuno lo avrebbe creduto un anno e mezzo fa».....") Nessuno ? Davvero ? Le varie Goldman, Lehman, e centinaia di hedge fund esteri hanno capito che il dollaro scendeva e i tassi scendevano e guadagnato miliardi e da dove sono venuti i loro profitti ? Dagli imprenditori padani che si fanno rifilare dei derivati sui tassi e i cambi di cui non capisconono molto. ---------------------------------------------------------------------- 30 mila aziende sono in perdita. Paola Pierri di Ubm: «Errori sì, ma la maggioranza dei collocamenti è stata fatta bene» ^Derivati, le banche di nuovo sotto accusa#http://www.corriere.it/edicola/economia.jsp?path=TUTTI_GLI_ARTICOLI&doc=PUA5^ - di Alessandra Puato, www.corriere.it L’imputazione: hanno spinto per vendere prodotti finanziari rischiosi alle piccole imprese. La difesa: i clienti erano consapevoli del rischio Le banche «hanno sbagliato. Hanno proposto strumenti complessi ad aziende molto piccole. Hanno spinto. Hanno privilegiato il risultato a breve rispetto al rapporto con il cliente. Ora le perdite pesano. E le imprese minori sono le più colpite». Chi parla è Emanuele Facile, consulente di banche e aziende. Ex Ernst & Young, Dresdner Bank, Sige, At Kearney, è amministratore delegato, con Maurizio Belli, di Financial Innovations, la società indipendente uscita un anno fa dalla pancia di Cardine, che ha per clienti un centinaio di imprese fra l'Emilia Romagna e il Nordest e diverse banche di medie dimensioni. Emanuele Facile si riferisce al nuovo scandalo nazionale: la bolla dei derivati. Una storia tutta italiana, che sta trascinando il sistema finanziario sul banco degli imputati un'altra volta, dopo i casi di Cirio, Parmalat e dell’Argentina. Ma questa volta a lamentarsi sono le imprese, non i privati. Circa trentamila le aziende a rischio in quanto titolari di derivati in rosso, stima Financial Innovations in base ai dati della Banca d'Italia e ai bilanci del campione Unicredit, Bnl, Intesa, SanPaolo-Imi, Mps, Popolare Verona e Novara, Popolare di Vicenza. Con perdite fino al 5% del capitale sul quale è stato stipulato il contratto e casi limite anche di cinquecentomila euro di perdite per imprese con 10 milioni di euro di fatturato. Una vicenda sulla quale l’Abi, l’Associazione bancaria italiana, annuncia ora: «Stiamo avviando una riflessione». La denuncia arriva a due settimane dal monito di Antonio Fazio alle banche: «Avanzamenti sono ancora necessari sul piano dell’efficienza, dei rapporti con l'utenza, della tutela dei risparmiatori», aveva detto il governatore della Banca d'Italia. Si difendono le banche: errori sporadici, imprese consapevoli. Nessuna vuole però commentare direttamente: l’eccezione è Unicredit, quindicimila imprese clienti nei derivati e una decina di cause intentate, finora vinte dall'istituto. «Sostenere che non siano stati commessi errori è una sciocchezza - dicono all’istituto - ma la grandissima parte di questi prodotti è stata collocata bene. Rifiutiamo l'idea che gli imprenditori italiani, tanto abili nel produrre e vendere sui mercati esteri, vadano considerati incapaci nelle scelte finanziarie». L'accusa è infatti quella di aver piazzato prodotti rischiosi senza spiegarli: i derivati complessi sul rischio tassi e cambi. Perciò è stata avviata dalla Commissione Finanze alla Camera, il 23 settembre, un'indagine conoscitiva, dove si sottolineano i «problemi relativi alla loro gestione ed utilizzazione». E mentre l’Abi si prepara, con l’annunciata «riflessione sul tema», all’audizione parlamentare, dalla Consob è partita una verifica ricognitiva. I derivati sono quei prodotti che ti garantiscono, se i tassi o il dollaro salgono, che non perderai un quattrino, benché il tuo finanziamento sia a tasso variabile e in euro. Ma in caso contrario, sei tu a dover pagare. Le aziende italiane negli ultimi due-tre anni li hanno sottoscritti in massa, anche per garantirsi quei finanziamenti diventati più difficili dopo la stretta al credito minacciata da Basilea 2. Mentre le banche, sull'onda del capostipite Unicredit che cominciò a proporre i derivati alle imprese nel 1998-99, hanno dedicato a questa nuova area di business sempre più forze: «Sono nati promotori dedicati», dicono Facile e Belli. Parecchi. Si parla di cinque-sei persone per banche di dimensioni medie, sui 700 sportelli, e di almeno una cinquantina per un istituto grande, con 3-4 mila sportelli. Purtroppo, però, i fatti non hanno corrisposto alle previsioni. Il dollaro non è salito e i tassi nemmeno, anzi, si sono dimezzati: dall'ottobre 2000 a oggi - in quattro anni - l'Euribor a 6 mesi è sceso dal 5,2% al 2,2%, il tasso Swap a 2 anni dal 5,2% al 2,5%, quello a 5 anni dal 5,5% al 3,5%. «Una situazione anomala - fanno notare in Unicredit, che in base all'ultima semestrale risulta avere fortemente ridotto la gestione dei rischi della clientela corporate, 244 milioni di euro contro i 472 del primo semestre 2003 -. Per la prima volta nella storia d'Italia il dollaro è debole, lo stesso i tassi. Nessuno lo avrebbe creduto un anno e mezzo fa». Nell’istituto guidato da Alessandro Profumo fanno notare: «Comunque, il costo di copertura non è una perdita». E Paola Pierri, direttore generale di Unicredit Banca Mobiliare, usa una metafora: «Se ho una polizza antincendio, non spero per questo che la mia casa vada a fuoco». Inoltre, in Unicredit sottolineano come l'attività di vendita dei loro promotori sia da un anno e mezzo monitorata tutti i giorni, con report su quantità, qualità, congruità dell'operazione. «I reclami sono su contratti vecchi». Fatto sta che le aziende italiane, notoriamente indebitate sul breve periodo e sensibili, da esportatrici, alle variazioni del dollaro, sono andate in rosso. «Il fenomeno è stato rapidissimo», dice Facile. E ingente: nell’ultimo semestre 2003, stando alla Banca d’Italia, i derivati sui tassi d’interesse sono aumentati a valore del 19% rispetto al gennaio-giugno 2003, con prodotti destinati a imprese o enti pubblici per 262,3 miliardi di dollari. «Nell'ultimo anno sono esplose le perdite», dice Emanuele Facile. Perdite che non sono visibili nei bilanci, perché non è obbligatorio dichiararle. Si vedranno dal primo gennaio prossimo, quando entrerà in vigore, in recepimento delle direttive Ue (lo Ias 39), il decreto 394 del 2003, che impone la registrazione, in nota integrativa, dei derivati, al valore di mercato. Una rivoluzione: come l'ingresso, sempre da gennaio, dei derivati in Centrale dei rischi. Due le responsabilità attribuite alle banche: una è l'accelerazione del rischio con il collocamento di ulteriori derivati sui derivati: «A fronte delle perdite che si accumulavano, le banche hanno proposto alle imprese altri prodotti finanziari, più sofisticati, con i quali all'inizio non si paga, anzi, si incassa», dice Facile. Prodotti come l’Atlantic Swap e l’Extra Swap di Unicredit Banca d'Impresa. L'altra imputazione è la pressione sulle aziende. «Proporre la copertura sui rischi è una prassi corretta, ma negli ultimi due anni qualche banca, in modo informale, ha usato questa leva per la concessione del credito. Quando un'azienda chiede un finanziamento spesso è in condizioni di debolezza». «Per quanto ci riguarda, noi non abbiamo esercitato alcuna pressione - ribatte Unicredit -. Perderemmo i clienti se li ricattassimo». I due consulenti non danno però la colpa soltanto agli istituti di credito. «Ci sono stati comportamenti scorretti e approssimativi da un lato e dall'altro - ammettono -. Le aziende, questi prodotti, spesso li hanno chiesti, in logica speculativa. C'è un'evidente mancanza di cultura finanziaria». Una tesi che vede d'accordo Stefano Caselli, docente di Economia degli intermediari finanziari in Bocconi. «Le imprese hanno dimostrato una pericolosa carenza di conoscenza», dice il professore. Ma aggiunge: «Non c'è dubbio che le banche abbiano spinto in modo indiscriminato sui derivati, che consentono commissioni elevate in tempi rapidi. Il derivato ha una sua funzionalità, ma va venduto tenendo conto del profilo di rischio dell'azienda». Parmalat docet.

 

  By: Moderatore on Sabato 25 Settembre 2004 17:01

--------------------------------- Mille investitori nella trappola delle gestioni Cta Scandinavia Fallita la società che ha collocato i suoi prodotti tramite Fcb sim (oggi Cortal). Bruciati tre quarti dei 30 milioni complessivamente raccolti ^da B&F di Anna Messia - 25-09-2004 #http://www.borsaefinanza.it/art.pic1?ID=103812^ Una perdita pari al 75 per cento dell’investimento iniziale. È il triste bilancio con cui devono fare i conti i risparmiatori che più di un anno fa acquistarono le gestione in derivati della Cta Scandinavia. La storia non è dissimile da altre che di questi tempi si leggono talvolta sui giornali. Cta Scandinavia è una società svedese che nel 2001 ha iniziato a collocare i suoi prodotti in Italia, in regime di libera prestazione di servizi. Le sue gestioni in derivati sono finite nei portafogli di tanti risparmiatori, portate soprattutto dai promotori finanziari di Fcb sim (società mantovana che annovera tra i suoi azionisti e clienti personaggi illustri del mondo dello sport), anche se talvolta si è vista la mano di altre reti. Niente di apparentemente insolito, insomma. Se non fosse che a novembre 2003 i sottoscrittori delle gestioni hanno ricevuto una lettera dalla società svedese che li avvertiva dell’interruzione del servizio, preannunciando la restituzione del patrimonio residuo della gestione, che in pochi mesi aveva perso il 50% del suo valore iniziale. Ma il gennaio seguente, invece del 50% è stato restituito solo il 25% e quindi, di fatto, i clienti stanno oggi perdendo il 75 per cento. Una situazione ovviamente spiacevole per i malcapitati investitoti, alcuni dei quali hanno subito fatto la voce grossa, pretendendo una restituzione meno punitiva. Ma inutilmente, perché a giugno di quest’anno Cta Scandinavia ha dichiarato fallimento, mentre nel frattempo Fcb sim è stata posta in amministrazione straordinaria. La questione si è poi fatta più ingarbugliata perché a oggi non c’è evidenza di responsabilità diretta da parte di Fcb sim nella distribuzione delle gestioni avvelenate. Il caso, quindi, è ancora oggi senza un colpevole verso il quale dirigere eventuali pretese. Intanto la rete di Fcb sim è stata rilevata da Banque Cortal (gruppo Bnp Paribas), ma resta ancora da liquidare il resto della struttura con i dipendenti, che nel frattempo si sono ridotti dai 24 iniziali a sette. Resta aperta, ovviamente, la questione delle gestioni, vendute quanto meno con leggerezza: i risparmiatori attendono l’esito della procedura fallimentare per valutare l’eventualità di azioni di recupero. Un’operazione che comunque non sarà priva di difficoltà, visto che nel frattempo la rappresentanza italiana di Cta ha chiuso i battenti. In ballo ci sono un migliaio di clienti, che hanno investito complessivamente circa 30 milioni: un terzo del default Giacomelli.