“E’ una situazione così grave per cui valga la pena di mettere l’intera popolazione agli arresti domiciliari, rovinare l’economia per chissà quanto tempo, distruggere attività economiche che sono occorsi anni di lavoro per mettere in piedi, caricare le prossime generazioni di debiti, depressione, stress, infarti e infliggere una situazione intollerabile a milioni di persone che non sono particolarmente vulnerabili a questo virus e ne soffrono poco o niente quando ne vengono contagiati ?“ (Lord Sumpton, magistrato della Suprema Corte inglese e storico).
Quando ci si chiede se valga la pena di sacrificare l’economia e la vita normale di milioni di persone, i quali nell’80% dei casi non hanno molto da temere dal coronavirus, viene subito detto che salvare vite umane non è qualcosa su cui si possano fare compromessi.
In Gran Bretagna però ad esempio fino a metà marzo il numero di decessi totali settimanali era sistematicamente inferiore a quello dell’anno precedente
Per cui il numero crescente di decessi associati al coronavirus per ora sta riportando il numero totale di decessi verso valori che si verificavano anche altri anni
Il problema è che l’ultima volta che si è fatta chiudere in casa tutta la popolazione era per la peste del 1600 (e quelle precedenti) che sterminavano l’equivalente odierno di milioni e milioni di persone (di tutte le età) e invece finora le vittime del coronavirus sono di un ordine di grandezza che è difficile distinguere da quello della oscillazione stagionale annuale che si concentra di inverno tra la popolazione anziana. I dati dicono infatti che ovunque nel mondo questo inverno i decessi erano molto più bassi della media fino a quando non scoppiata l’epidemia. E lo stesso fenomeno di un anomala bassa mortalità stagionale si è verificato negli Stati Uniti e in tutta Europa. Ad esempio EuroMOMO si dedica a monitorare la “mortalità eccessiva” in Europa utilizzando dati dei ministeri della Sanità dei diversi paesi. I dati che elabora mostrano che complessivamente, sia per gli ultrasessantenni che per la popolazione in generale, fino a questa settimana la curva stagionale dei decessi risulta particolarmente bassa quest’anno
Lo stesso fenomeno di bassa mortalità è stato rilevato negli Stati Uniti
Se passiamo all’Italia questo scenario non sembra vero, perchè siamo tutti ovviamente coinvolti dal dramma che si svolge a Bergamo, Cremoni, Lodi, Piacenza, Brescia
Il problema è che stiamo parlando di una intera nazione di 60 milioni di persone tra i quali si verificano ogni anno da 620 mila a 650 mila decessi che ora si sta suicidando economicamente perchè allarmata da un fenomeno che ha portato finora a 15mila decessi,
A questo subito si risponde che si tratta di un epidemia globale che può fare centinaia di migliaia o milioni di morti come la Spagnola del 1919.
Tuttavvia, dove l’epidemia è sorta cioè in Asia è ora sotto controllo e nel resto di America e Europa ha un impatto molto minore (eccetto per la Spagna) che come mostravamo prima sulla base solo dei dati dei decessi non la farebbe distinguere (per ora) da una brutta stagione di polmonite
Si dirà che l’Italia mostra quello che poi succederà agli altri paesi e qui non entriamo nel campo delle proiezioni degli epideomiologhi, salvo notare che finora hanno errato indicando a inizio febbraio che l’Italia non era a rischio e non anticipando che l’Asia poi invece l’avrebbe sostanzialmente risolta in due mesi.
Se preservare vite umane non ha prezzo, quando il prezzo è la rovina economica e lo stress esistenziale di milioni di persone oggi in Italia, occorre considerare i dati di tutto il paese e non solo quelli di alcune province che sono il centro del focolaio.
Può essere che alla fine dell’anno avremo invece lo stesso numero di decessi che si sperimenta di solito (anzi probabilmente inferiore a causa degli effetti collaterali del blocco) e un economia rovinata nonchè un incredibile stress inflitto a decine di milioni di persone
Vediamo meglio i dati. Un articolo di Bloomberg del 4 aprile cita dati del Ministero della Sanità italiano aggiornati fino al 17 marzo, per i quali in Italia questo inverno la mortalità durante da influenza e polmonite stagionale era particolarmente bassa. Questo può aver indotto un aumento del segmento di popolazione anziana particolarmente vulnerabile poi al corona virus
In Italia in media ogni anno ci sono 17-18mila decessi da polmonite con oscillazioni tra 8 mila e 26 mila decessi attibuibili a questa patologia stagionale (vedi ad es lo studio guidato da Walter Ricciardi “Investigating the impact of influenza on excess mortality in all ages in Italy during recent seasons (2013/14-2016/17 seasons). PubMed, Rosano, Bella, Gesualdo, Pezzotti, Marchetti, Ricciardi, Rizzo
Questo è il fattore che spiega quasi tutta l’oscillazione del numero totale di decessi tra 6 0mila e 650 mila l’anno. Ad esempio, nel solo gennaio 2017 si sono verificati 20mila decessi in più di quanti ce ne siano stati nel gennaio 2016. Poi ogni anno dopo marzo inizia il calo del numero dei decessi
Come si è visto però quest’anno in tutto il mondo e anche in Italia il numero di morti attribuibili alla polmonite stagionale era particolarmente basso e in base allo studio citato sopra quindi senza il coronavirus il numero totale di decessi previsti per il 2020 poteva essere intorno a 620mila, perchè appunto questo è l’estremo più basso dell’oscillazione annuale nel nostro paese.
Si può ipotizzare quindi che, anche se i decessi associati al Corona Virus dai circa 15mila attuali dovessero salire ancora e arrivare fino a 30mila, il totale di decessi annuali potrebbe attestarsi intorno a 650 mila, quindi ai massimi del range degli ultimi anni.
In sostanza, in base ai dati disponibili, l’impatto del coronavirus sul totale delle persone che muoiono in Italia alla fine potrebbe essere assimilato a quello della peggiore stagione di influenza e polmonite degli ultimi anni. Proprio perchè, in Italia come negli altri paesi, si partiva quest’anno da un dato anomalo molto basso di mortalità stagionale.
Se l’obiettivo che travalica le considerazioni economiche è la vita umana, bisogna allargare il discorso all’ulteriore crollo delle nascite che la depressione economica che viene creata genera. Da quando siamo in crisi economica, dal 2008, i nati in Italia sono crollati da 97 per centomila abitanti a 64 per centomila abitanti ed è possibile ora con la disoccupazione e miseria che si determina, che crollino ancora verso 50 per 100mila. Ricordiamo che i decessi sono intorno a 110 per 100mila abitanti, per cui parliamo di un paese che si suicida demograficamente, come nessun altro al mondo
Sembra esserci un improvviso aumento del numero di polmoniti gravi associate ad un nuovo virus in alcune province italiane, i cui ospedali sovraccaricati e poco preparati poi hanno anche fatto da veicolo sfortunatamente alla trasmissione del virus (come ormai notano quasi tutti). Questo problema è in Italia di un ordine di grandezza da 2 a 10 volte maggiore che negli altri paesi occidentali se si guardano il numero di decessi.
I quali appunto nel resto dell’occidente come abbiamo mostrano non sono statisticamente distinguibili (per ora) da quelli delle altre stagioni influenzali. Inoltre il confronto con l’Asia non quasi possibile perchè in due mesi i decessi sono diventati insignificanti. Questo fa pensare quindi che non si tratti un epidemia come la “Spagnola” che spazzò il mondo senza incontrare ostacoli, ma un problema di gestione e risorse ospedaliere molto specifico di alcuni paesi come l’Italia e la Spagna nei quali i numeri dei decessi sono arrivati ora al limite di quella che è l’oscillazione stagionale, come abbiamo cercato di mostrare-òò-fdd
In conclusione occorre veramente chiedersi, sulla base dei dati che abbiamo provato a raccogliere e citare, se sia una situazione così grave “per cui valga la pena di mettere l’intera popolazione agli arresti domiciliari, rovinare l’economia per chissà quanto tempo, distruggere attività economiche che sono occorsi anni di lavoro per mettere in piedi, caricare le prossime generazioni di debiti, depressione, stress, infarti e infliggere una situazione intollerabile a milioni di persone che non sono particolarmente vulnerabili a questo virus e ne soffrono poco o niente quando ne vengono contagiati”