Il Problema è l'Europa

 

  By: Roberto964 on Domenica 02 Marzo 2014 00:07

Anti, hai ragione anche tu, ma ti ostini a non capire che quelle cause endogene a cui ti riferisci erano e sono le stesse che hanno sempre ammorbato non solo l'Italia ma il mondo intero. Credi forse che il denaro da altre parti piaccia di meno? La differenza è che le magagne a cui ti riferisci venivano mitigate dalla crescita e dalla possibilità resa estremamente facile di indebitarsi. Possibile che non capite che il debito pubblico è composto in MASSIMA parte da interessi cumulati ad altre interessi? Mille grafici per dimostrare che, alla fine, in TROPPI non ci hanno capito una mazza. Spero tanto di aver incuriosito qualcuno a cui sia venuta la voglia di andare più in profondità alle questioni. Non ho più voglia di fare sterili polemiche. ps sbaglio a far notare che le dinamiche dell'implosione della TUA URSS o della ex jugoslavia siano le stesse che faranno spaccare la U€? ...mi auguro solo che non finisca in una guerra che, a questo punto, non è poi così improbabile.

 

  By: antitrader on Sabato 01 Marzo 2014 21:19

Robbe', porre qualche volta l'attenzione sulle cause endogene del fallimento dell'Italia no eh? E' sempre colpa degli altri! Sai cosa dicono alcuni qui a nord? L'unica chance che ci resta e' quella di dichiarare guerra alla Svizzera e poi lasciarci invadere senza opporre resistrenza.

 

  By: Roberto964 on Sabato 01 Marzo 2014 17:56

L’appartenenza Mille volte ho scritto del male che ci han fatto le leggi calate dall’alto dalla U€, di quanto siano in conflitto con la nostra costituzione, e di quanto sia responsabile la moneta €Uro della crisi nei GIIPS (ma non solo). Adducendo 1000 spiegazioni diverse, accompagnate da 1000 grafici diversi, ho cercato di spiegare, ultimo tra tanti altri, l’insostenibilità di una moneta comune in un’area così disomogenea quale è da sempre stata l’Europa e di cui ben si sapeva sin dall’inizio. Alla fine, la Storia ci darà riscontro. Del resto, la matematica sta facendo il suo corso e sarà inoppugnabile ed insindacabile il suo giudizio: la U€ e l’€Uro sono destinati a ROMPERSI. La mia speranza e che tutto ciò accada senza dover per forza passare attraverso una tragedia. Oggi, però, vi voglio parlare di appartenenze. Io mi sento italiano perché sono nato in Italia e se fossi nato in Finlandia mi sarei sentito finlandese. Scontato, no? Mi sento europeo? Si, allo stesso modo di un koreano che si sente asiatico o di un cubano che si sente americano o di un marocchino che si sente africano. Sbaglio a pensarla così? Allora proviamo a dirla in modo diverso. Chiedete ad un koreano se si sente giapponese o ad un pakistano se si sente indiano, oppure ad un cubano se si sente statunitense … potrei andare avanti per ore, passando dalle nazioni alle regioni eppoi dalle città ai paesini, sino ad arrivare ai quartieri. Una volta si chiamava “campanilismo”. E’ un sentimento giusto? E’ un sentimento sbagliato? Non tocca a me giudicare, ma SEMPRE così sarà. Solo chi NON ha Patria la pensa diversamente. La PATRIA è UNA SOLA. Potrò avere simpatia per un portoghese piuttosto che per un greco ma NON mi sentirò MAI ne’ greco ne’ portoghese. Quindi è ora di finirla con il sentimento europeista a prescindere. Una matrice apolide vuole inculcarci questo massimo conformismo. E Vi prego di non additarmi come ultranazionalista xenofobo razzista. L’amor Patrio è altra cosa: è un amore smisurato verso ogni forma di vita e nondimeno è tolleranza ed integrazione. Quella tolleranza ed integrazione che ci ha fatto accettare, nel bene e nel male, il nostro essere diversi come italiani. L’amor Patrio è l’emozione per l’inno di Mameli da Trieste a Lampedusa. Gli USE, gli Stati Uniti d’EUROPA sono un MIRAGGIO, un effetto di fata morgana. Si possono trovare delle cose da realizzare per il bene comune, come si fa in un condominio garbato ma non per questo vado a dormire nel letto del mio vicino o lui si arroga il diritto di decidere la tinteggiatura dei muri in casa mia. La CEE rispondeva appieno a quelli che erano gli interessi comuni europei e anche per questo nessun altro continente è progredito maggiormente dal dopoguerra sino agli anni ’80. Un sentimento nazionale, di amore per la Patria NON si costruisce in LABORATORIO ne’ si ordina all’alchimista o allo stregone di turno ma si CONSOLIDA nei secoli, come appunto avvenuto alla Federazione Elvetica, dove la moneta comune arrivò circa duecento anni dopo tutto il resto. La Svizzera resta l’UNICO ed INIMITABILE esempio di un condominio garbato che funziona appieno. Se si fosse resa necessaria una moneta comune europea doveva arrivare dopo migliaia di altre cose e diversi secoli. Tutti i secoli occorrenti a colmare il divario economico e sociale tra Grecia ed Olanda o Portogallo e Germania, per esempio. Pensiamo alla diatriba nord-sud (che dopo 150 anni fa ancora aspramente discutere) e facciamocene una ragione e, soprattutto, NON facciamo gli IPOCRITI. Ci hanno annacquato il cervello con i loro slogan da quando eravamo bambini, a partire dalle generazioni nate dagli anni ’60, da quelle generazioni che non hanno visto le guerre e le carestie scoppiate a causa degli interessi che da sempre hanno diviso e contraddistinto i Popoli europei. Avete mai pensato alle esperienze passate di altri Popoli tenuti insieme con la forza? Alla URSS, ad esempio? (ma non solo?) Chi dice che, dopo il secondo conflitto mondiale, non ci sono state altre guerre in Europa MENTE SPUDORATAMENTE e il nobel per la pace assegnato alla U€ la dice lunga circa l’attribuzione di questo riconoscimento. L’ultima e sanguinosissima guerra in Europa è durata dieci anni ed è avvenuta a trecento chilometri a nord-est di Bari. Pensateci, quella finta nazione si chiamava FEDERAZIONE JUGOSLAVA: Popoli diversi messi insieme per forza e che avevano interessi e costumi completamente dissimili. Eppure quei Popoli avevano il non trascurabile vantaggio di parlare una lingua comune. Oggi parlano dell’€Uro come della moneta UNICA euro-pea: MAI ci fu bugia più grande. In Europa circolano BEN TREDICI monete diverse, tra cui la sterlina, il franco svizzero, la corona danese, svedese, ceca e norvegese, il fiorino ungherese, lo zloto polacco, il lev bulgaro e il lei rumeno. Ovvero, metà della popolazione europea usa monete diverse e non per questo quelle Nazioni possono essere definite NON europee. Forse sarò all’antica ma Io mi sento italiano, profondamente italiano, e NULLA potrà cambiare il mio status. Sono un Patriota della mia UNICA PATRIA e ne sono fiero. Le divisioni che nascono per l’appartenenza ad una ideologia politica piuttosto che ad un’altra stanno profondamente inficiando il sentimento nazionale di bene comune. Pensiamo alla resistenza partigiana: dopo il 1943 vediamo che tutte le fazioni politiche fecero fronte comune per liberare il Paese: il collante UNICO fu il patriottismo. Vorrei lasciare alle generazioni future un’Italia sovrana ed autodeterminata e soprattutto libera. Senza quel sentimento COMUNE di Patria NON potrà mai realizzarsi. La Patria siamo NOI. Tocca a NOI. NESSUNO lo farà al posto nostro. se lo faremo Ci libereremo. Roberto Nardella.

 

  By: Trucco on Mercoledì 26 Febbraio 2014 14:41

#F_START# size=3 color=blue #F_MID#Lei Hobi cosa suggerirebbe di fare?#F_END#

 

  By: hobi50 on Mercoledì 26 Febbraio 2014 01:25

Una volta tanto sono d'accordo con il Dott. Zibordi. La razionalizzione e l'efficientamento sono cosa meritoria ma dal punto di vista macro risolvono ben poco. Dieci miliardi di efficientamento girati ai redditi inferiori migliorano un po' le condizioni di vita di molte persone ma dal punto di vista macro ,ripeto,contano praticamente zero. Hobi

Filippo Taddei, un deficiente - Moderatore  

  By: Moderatore on Martedì 25 Febbraio 2014 20:50

Questi come Filippo Taddei magari sono molto onesti personalmente, magari sono benintenzionati, ma sono dei deficienti integrali, dei minus habens (con la cattedra all'università), soffrono di qualche problema cerebrale.... [quando si applicano all'economia beninteso, in altri ambiti della vita come la pesca con l'amo magari brillano) Taddei, ^l'economista di Renzi, dice che il programma economico è di togliere 10 miliardi all'economia per ridarle 10 miliardi#http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-02-25/taddei-un-anno-taglio-cuneo-fiscale-8-10-miliardi-50-euro-busta-paga-chi-ne-guadagna-1600--110642.shtml?uuid=ABUwp0y^. Il risultato è zero, o nel migliore dei casi (cioè che miracolosamente lo realizzi e migliora l'efficienza del sistema perchè riduci i costi di aziende da una parte e però riduci dei consumi interni dall'altra...) è forse +1 miliardo alla fine. Se togli soldi a degli statali e li dai (50 euro al mese!!!) a imprese, di cui diciamo un terzo esportano queste hanno un impercettibile vantaggio che gli consente di ridurre forse leggermente qualche listino... e forse alla fine, nel 2015 il PIL sarà salito di... 1 miliardo. Peccato che il PIL sia oggi di 1,540 miliardi, per cui stai solo prendendo per il kulo... Niente fa più danni della stupidità e ignoranza. I piddini, o come si chiamano, hanno pochi neuroni che funzionano e quei pochi li usano per dire fregnacce (anzi twittarle) (...dopo aver detto che avrebbe sintetizzato la sua replica al dibattito "in tre brevissimi tweet", ^Renzi ha poi citato un verso di una canzone dei Jalisse ("fiumi di parole" vuote e vane), per concludere con lo scrittore inglese Gilbert K. Chesterton: "Il mondo non finirà mai per mancanza di meraviglie, finirà per mancanza di meraviglia"....#http://it.reuters.com/article/italianNews/idITL6N0LU46S20140225^) ---

 

  By: shabib on Giovedì 30 Gennaio 2014 12:27

.............. Il problema centrale è quello completamente dimenticato da questo rapporto: esso si chiama euro e politica economica europea. La moneta unica europea sta favorendo quelle forze che propugnano un ridimensionamento dello stato sociale europeo e sta di fatto contribuendo ad allargare la fascia dei poveri e ad allargare le diseguaglianze sociali. L’euro sta inoltre agendo come una camicia di forza che incrementa le tendenze recessive. Quindi, hanno ragione gli esperti di Bruxelles a temere una lunga stagnazione dell’Europa. L’errore è che hanno dimenticato di indicare la causa prima della condanna al declino economico del Vecchio Continente. Ma molto probabilmente verrà rammentata dai cittadini nelle prossime elezioni europee. L'Europa condannata al declino http://www.ticinonews.ch/tuor-blog/190411/l-europa-condannata-al-declino

 

  By: pana on Mercoledì 20 Novembre 2013 09:16

il rendimento dei Tbond 10 anni usa NON E' 1,8 % ma bensi 2,67% se riporti una sfilza di dati e gia' nella prima riga trovi un errore marchiano..

U.S. Navy Ridiculed Over Picture Of Commander With Rifle; 'We're Going To Lose A War' | Viral - YouTube

 

  By: gianlini on Martedì 19 Novembre 2013 22:24

Roberto... secondo te i tassi in Germany sono a zero e da noi e in espagna al 5 perché l'amburghese compra i btp e il francese los bonos?? come diceva una pubblicità di merende.....forse hai bisogno di rinfrescarti le idee?

 

  By: lutrom on Martedì 19 Novembre 2013 22:12

Ottimo anche quest'altro tuo intervento, Roberto, e non ti preoccupare per il "furto", è una delle foto provenienti dai miei "studi somaroantropologici": ormai in Italia, infatti, se non sei un asino, non ti resta che diventare uno studioso-esperto di asini (come nel mio caso), non c'è alternativa, tertium non datur, eh eh eh...

 

  By: Roberto964 on Martedì 19 Novembre 2013 21:52

L’insostenibile pesantezza dell’interesse Questi Paesi sotto elencati sono le prime 15 Nazioni al mondo per Prodotto Interno Lordo (PIL) espresso in miliardi in miliardi di dollari USA nel 2011; Nella seconda colonna c’è il rendimento dei titoli di debito statale a 10 anni (marzo 2013); Nella terza i dati relativi all’inflazione di marzo 2013; Posiz...Stato…..PIL ‘11mld$…..rendim 10 anni…...inflazione 1)……….USA………..15075………1.85%.....................2.00% 2)……….Cina………....7298………3.46%.....................3.13% 3)……… Giappone…..5866……….0.57%..(infl. neg.)..-0.30% 4)……… Germania…..3607……….1.29%....................1.55% 5)……….Francia……..2778……..…2.03%....................1.05% 6)……….Brasile……...2492………10.10%....................6.30% 7)……… U.K……….....2431………..1.78%....................2.80% 8)……….Italia………...2198…….….4.78%....................1.91% 9)……… Russia……....1850…….…6.91%....................7.26% 10)……...India………..1826………..7.96%...................11.60% 11)……..Canada……..1738………..1.88%....................1.24% 12)……..Australia…….1487…….….3.40%.......(2012)...2.20% 13)……..Spagna……...1479……..…5.07%...................2.75% 14)……..Messico……...1153………..4.88%...................3.55% 15)……..Korea sud…...1116………..2.80%...................1.41% --------------------------------------------------------------------------- Come possiamo vedere, se analizziamo i dati dei paesi dalla EZ (Euro-Zone) con moneta comune euro, nei primi 15 posti troviamo nell’ordine: Germania (4), Francia (5), Italia (8) e Spagna (13). La Gran Bretagna o UK (7) non facendo parte della moneta unica euro merita un caso a parte. L’evidenza maggiore è nella discrepanza relativa sia ai rendimenti dei titoli a 10 anni, sia all’inflazione dei 4 Paesi presi in esame. La Germania finanzia il proprio debito statale, praticamente, in negativo poiché l’inflazione è maggiore degli interessi che paga (interessi – inflazione = -0.26%). La Francia finanzia il proprio debito con un misero 0.98% L’Italia finanzia il debito con un corposo 2.87% La Spagna si finanzia con un altrettanto corposo 2.32%. Sino all’epoca pre-moneta unica europea €uro grossi problemi non ve ne erano: la vendita di titoli di debito statale era riservata ai soli residenti. Non che fosse giusto un rendimento ben al di sopra alla inflazione ma, se non altro, quegli interessi rimanevano sul territorio nazionale e un minimo ritorno in termini di ricaduta sui consumi era certo. Da quando è stata liberalizzata l’esportazioni di capitali e da quando c’è la moneta unica le cose sono cambiate parecchio, esacerbando un problema già esistente. Potendo scegliere, un residente di Amburgo o di Parigi dove investirebbe? Se comprassero in Spagna, l’amburghese avrebbe un bel rendimento netto del 3.52%, più di tre volte l’inflazione tedesca, un eccellente risultato. Al parigino, come vediamo, andrebbe ancora meglio poichè si porterebbe sotto la torre Eiffel la bellezza del 4.02%, pari a quasi 5 VOLTE l’inflazione francese. NON ce che dire, un ottimo modo per difendere i risparmi o di speculare. I rendimenti sono NETTI poiché NON c’è rischio di cambio, in quanto un euro francese o tedesco vale come quello spagnolo e il rischio è quasi assente, avendo alle spalle la garanzia dello Stato emittente e, infine, della UE. Un berlinese, un bretone o anche un milanese MAI si sognerebbe di investire in un titolo di debito del Brasile o indiano, poiché il rischio di cambio e l’inflazione altamente instabile esporrebbero a serio rischio il patrimonio investito. Adesso analizziamo i soli Paesi con economie mature, quelli che hanno welfare e tutele per i lavoratori similari: USA (1), Giappone(3), Germania(4), Francia(5), UK(7), Italia(8), Canada(11), Australia(12), Spagna (13), Korea del sud (15). Possiamo affermare con relativa tranquillità che tutti i Paesi elencati, pur nelle loro differenze, hanno un modello di sviluppo e di consumi simili. 1)…….USA………15075……1.85%............................2.00% 3)…….Giappone…..5866…….0.57%.(infl. negativa). -0.30% 4)…….Germania…..3607……1.29%.............................1.55% 5)…….Francia……..2778……2.03%.............................1.05% 7)…….U.K………...2431……1.78%.............................2.80% 8)…….Italia………..2198……4.78%.............................1.91% 11)…...Canada……..1738……1.88%.............................1.24% 12)…..Australia…....1487…….3.40%........(dato 2012)..2.20% 13)…. Spagna……...1479…….5.07%............................2.75% 15)…..Korea sud…...1116……2.80%............................1.41% Un dato appare subito chiaro: le UNICHE 2 Nazioni che pagano interessi superiori del 2% al tasso d’inflazione annuo sono Italia e Spagna, di converso, esempi, anche eclatanti, di tassi reali negativi non mancano: si va dal -0.15 degli USA al -1.02 della UK. Queste evidenze empiriche si nascondo quando le economie sono in crescita ma quando c’è stagnazione, crisi o addirittura deflazione come per Italia e Spagna tutte le incongruenze e le magagne vengono fuori. In questo studio non sono state messe in evidenza TUTTE le altre, non meno gravi, storture, quali: fiscalità, IVA, tassazione ecc. fortemente dissimili in EZ e che sono alla base dei gravissimi squilibri all’interno della UE. Queste cospicue differenze data dalle asimmetrie tra i saggi di interesse che ogni Stato della UE paga è alla base dell’insostenibilità della moneta unica: essa continua ad essere un vantaggio per i Paesi a bassa inflazione e di converso una palla al piede per chi, da sempre, ha una inflazione più alta. Il cambio fisso conviene solo a loro. Di certo vi è solo un’evidenza innascondibile: regaliamo ai rentiers 80/100 miliardi di euro l’anno in interessi e questo accade dal 1981, dall’epoca del divorzio tra il Ministero del Tesoro e Banca d’Italia. Roberto Nardella p.s. la foto l'ho rubata a Lutrom ... eheheh..

 

  By: Roberto964 on Sabato 16 Novembre 2013 09:12

ahahahahahah... grazie Giorgiofra del tuo intervento. Ti aspetto per il caffè. caro Lutrom, negli ultimi mesi mi sono impegnato parecchio a far crescere due-tre gruppi sovranisti su Facebook, oltre a essermi iscritto ad ARS. Sul sito di ARS ci sono diversi miei interventi, più di una volta mi ha pubblicato scenarieconomici.it di gpg imperatrice e spessissimo scrivo per il quot. on line ilsovranista.it. Se vuoi saperne di + mandami una mail....

 

  By: giorgiofra on Venerdì 15 Novembre 2013 21:56

Roberto, ti trovo particolarmente arrogante. Come ti permetti, tu, senza titolo di studio, piccolo commerciante di mobili costretto a consegnarli ed a montarli da solo, ma sopratutto terrone, a scrivere certe cose. Il mondo va a scatafascio perchè nessuno più resta al suo posto. Il tuo, caro Roberto, dovrebbe essere quello del piccolo commerciante evasore, analfabeta e mantenuto dallo stato, che guarda ballando sotto le stelle e gozzoviglia al bar discutendo animatamente di calcio. Direi, anzi, che dovresti avere anche l'umiltà di indossare l'abito che ti è proprio: vestito scuro con panciotto, camicia senza cravatta, coppola e lupara a tracolla, oltre allo scacciapensieri nel taschino. Salvo i giorni di festa, nei quali dovresti indossare l'abito di pulcinella e suonate il mandolino ballando la tarantella. Certe riflessioni lasciale ai laureati, perchè loro si che hanno la capacità di pensare. Accontentati di sopravvivere questuando qualche miserabile prebenda che il governo volesse, per pura bontà, elargirti, e smettila di leggere ed informarti. Quelli come noi che non hanno studiato, si sa, sono privi delle capacità intellettuali indispensabili a comprendere cose troppo complesse. Comunque domani mattina il caffè te lo offro io.

 

  By: lutrom on Venerdì 15 Novembre 2013 19:45

Bentornato, Roberto!! Comunque questi tuoi ultimi interventi sono di grande interesse, complimenti! Su quali altri lidi hai scritto (se è possibile saperlo)??

 

  By: Roberto964 on Venerdì 15 Novembre 2013 10:16

Teoria della “moneta diluita” Poco tempo fa abbiamo visto quali erano le “forze” delle monete nel 1980 e nel 1999 che poi sarebbero confluite nell’euro. Da quei semplici dati si evinceva chiaramente che Paesi come la Grecia, il Portogallo, la Spagna e l’Italia sarebbero stati stritolati da questo meccanismo. Era evidente che anche la Francia avrebbe avuto grossi problemi di sostenibilità. Voglio ricordare che uno studio simile era possibile farlo anche all’epoca, allora, perché mai si decise comunque di addivenire alla creazione dell’obbrobrio-euro? Furono i governi dell’epoca a decidere? O piuttosto le multinazionali europee e non che sponsorizzavano i governi già dall’epoca? Potevano gli industriali dell’epoca avere così tale presa sui governanti da indirizzarli a prendere tale nefasta decisione? I politici erano consci di fare esclusivamente il bene delle lobby industrial-finanziarie? Per cercare di capirne di più dobbiamo fare un salto indietro, sino agli anni ’50. L’Italia repubblicana nacque liberista e tra le nazioni europee fu quella che maggiormente prese a modello gli Stati Uniti. Le ingerenze statunitensi negli affari interni italiani erano (e sono) all’ordine del giorno. Le elitès industriali italiane puntarono ad imitare appieno il modello USA. Anche lì, anzi, soprattutto lì, nella “liberissima” Amerika, il divario di reddito tra i ricchi ed industrializzati stati del nord e i poverissimi stati del sud era abnorme. Ad esempio, la deindustrializzazione di Detroit non è stata solo frutto delle delocalizzazioni all’estero: molte aziende trasferirono le loro sedi in Alabama e Mississippi, dove grazie a quelle che potremmo definire “gabbie salariali” e all’incostituzionalità dei sindacati (in questi due stati sono vietati per legge) e ad altri forti incentivi inerenti la tassazione ebbero enormi risparmi. Il solito mantra: ridurre i costi e aumentare i profitti. La competitività effettuata sulla pelle dei lavoratori senza erodere i ricavi, anzi. Detroit, dagli anni ’50 ad oggi, è passata da 1,8 milioni di abitanti a 713.000, svuotando letteralmente interi quartieri. Detroit, aveva assunto il nomignolo di “Motown” ed era la IV città degli USA, oggi è al 18esimo posto. Nell’intera Storia degli USA, in termini percentuali, solo New Orleans ha perso più abitanti a causa di “katrina”. A Detroit la disoccupazione sfiora il 20%, mesi fa il comune ha dichiarato bancarotta. Nel Michigan, un operaio della General Motors o della Ford poteva permettersi una vita agiata pur essendo l’unico a lavorare in famiglia. Questa era la “middle class” che ha fatto grande gli USA. La sola GM aveva più di 1,2 milioni di dipendenti, di cui circa ¼ del totale nel Michigan. I salari di GM erano tra i più alti in assoluto e permettevano ad un operaio specializzato di mantenere senza problemi la famiglia, permettendo loro di mandare i figli alle high-school, di avere una bella casa con tanto di prato e giardino e di fare le vacanze almeno una volta all’anno. Le gabbie salariali hanno portato un po’ di benessere in quelle regioni poverissime ma hanno inferto un colpo mortale a Detroit e soprattutto alla middle-class americana, inaugurando un ciclo continuo di ribassi salariali che hanno portato la Wall-Mart a scrivere davanti agli ingressi del personale una frase che dice più o meno così: “con il salario che percepirete da noi non pensate di poter far vivere la vostra famiglia …”. Il salario standard di Wall-Mart è inferiore ai 900 dollari/mese e non include assicurazioni, carta health-care, accantonamento pensionistico, ferie pagate e/o tredicesima. Tanto lavori e tanto ti pago. Che differenza ci possa essere tra un lavoro del genere ed un lavoro completamente a NERO devo ancora capirlo. L’attrito che provoca la sperequazione salariale tra regioni che fanno parte della stessa nazione sono foriere di grossi ed irrisolvibili problemi che i “trasferimenti fiscali” non riescono a colmare. L’emigrazione forzata ha svuotato intere regioni, sovrappopolandonealtre: uno sciame di locuste impazzite che si muove alla ricerca di una stabilità economica o del “sogno americano”. Una nazione così grande, anche se è una federazione, avrebbe bisogno di diverse valute complementari che potrebbero, mediante una banda di oscillazione ben concordata, alleviare i problemi. Ad esempio, l’Alabama e il Mississippi avrebbero bisogno di una valuta di un 20% più bassa di quella del Texas o del New Jersey. Per allineare gli scompensi della differenza di prezzo che avrebbe il dollaro tra un texano rispetto ad un abitante dell’Alabama il gov centrale dovrebbe operare così: a fine anno lo Stato centrale pretenderebbe il saldo di valuta in dollari dagli Stati in surplus per darla a quelli in minus, riallineando le disparità. La moneta complementare di ogni stato potrebbe fare in modo di avere uno sviluppo più regolare per il proprio territorio, facendone così una “area valutaria ottimale”. Il prezzo di un “big-mac”, in questo modo, sarebbe diverso tra una zona e l’altra, spingendo la regione in surplus ad “importare” prodotti e manufatti dalla regione in minus , creando sviluppo e limitando fortemente la migrazione di lavoratori che mette in crisi strutturale interi territori. Gli USA non sono MAI stati una AVO. Alla fine è SEMPRE e SOLO il sostanziale PAREGGIO tra le BILANCE COMMERCIALI tra Stati che eviterebbe (o quantomeno limiterebbe fortemente) le crisi periodiche derivanti da debito verso l’estero a cui assistiamo. La “diluizione” del dollaro che ha reso competitive le loro merci nasceva da questo ENORME divario tra il ricco nord ed il poverissimo sud. Chiaramente si aveva l’esercito di riserva di lavoratori a basso salario e anche un enorme mercato di sbocco per i prodotti industriali del nord. Un dollaro di New York è identico a quello di Orlando. L’abbandono di intere regioni a favore di altre che offrono lavoro è una costante negli USA. Il senso di appartenenza ad un territorio, semmai fosse esistito, è stato completamente cancellato. La distruzione della famiglia e l’imbarbarimento della società statunitense trae le sue origini in tutto ciò. Una società dell’EGO che smaterializza sentimenti e legami, dove il business è l’unico scopo della vita e che prepara la gente alla competizione continua, dove se arrivi secondo non hai nessun merito o riconoscimento di sorta. In Italia, la sperequazione di redditi tra il ricco nord e il poverissimo meridione probabilmente non aveva eguali in tutta l’Europa occidentale. In Italia ci sono stati sempre DUE, forse anche tre Nazioni, distinte e separate. Dall’unificazione in poi il divario economico tra nord-centro e sud si è sempre più accentuato, mostrando una timida inversione di tendenza solo negli anni settanta. Mentre il reddito procapite italiano cresceva fortemente dal 1950 al 1980, recuperando completamente la media europea e avvicinandosi a quello statunitense, la differenza di tale reddito restava accentuata, anzi incrementava, tra nord-centro e sud. Il reddito procapite delle industrializzate regioni del nord Italia è da sempre stato uguale, se non maggiore, alle zone più ricche d’Europa . Se l’Italia, ipoteticamente, nel 1948 fosse stata divisa in due, con i confini all’altezza del Lazio, difficilmente avremmo avuto le dinamiche economiche che conosciamo. La forza dell’industria e gli alti redditi dei cittadini di questa ipotetica nazione del nord-centro Italia avrebbero portato ad una maggiore richiesta di valuta dall’estero per acquistare merci e manufatti prodotti in loco con il risultato scontato di vedere salire fortemente il valore della valuta locale e nello stesso tempo, simmetricamente, avremmo visto una contrazione dell’export. La Germania sta facendo ciò con l’euro: senza i “vasi di coccio” che hanno “diluito” il valore dell’euro, facendo media al ribasso, la richiesta di euro-marco per acquistare i loro prodotti avrebbe portato la valuta alle stelle, rendendo i prodotti di altre nazioni più attraenti. Non è difficile pensare che il sud Italia avrebbe attratto maggiori investimenti, favorito da una valuta più debole e da costi più bassi. Forse anche l’instaurazione di più monete complementari (sul modello già esplicato prima relativo agli USA) sarebbe bastato a far crescere il reddito procapite in maniera più razionale, evitando soprattutto la tragedia relativa all’emigrazione di massa che non fa altro che minare per SEMPRE lo sviluppo del territorio abbandonato. Questo problema lo sollevava poco tempo fa anche il prof. Claudio Borghi Aquilini. Il “miracolo italiano” è stato possibile anche grazie alle enormi differenze di un’Italia divisa in due ma sotto un’unica moneta. Il “miracolo tedesco” a cui stiamo assistendo inermi, alla stessa stregua, trae dall’unione monetaria i suoi enormi vantaggi. Da sempre sappiamo che le esportazioni di manufatti sono avvantaggiate da una valuta debole. Ce lo dice l’esempio della Cina che, artificiosamente ed in QUALSIASI modo, tiene basso il valore dello Yuan per tale non troppo velato scopo. Il meridione abbandonato e deindustrializzato è servito per DILUIRE il valore della moneta Lira, unitamente al grande vantaggio di avere l’esercito di riserva di lavoratori a bassissimo reddito del sud che avrebbe fatto da calmiere al mercato del lavoro del ricco nord (leggi curva di Phillips), oltre a servire da mercato di sbocco ai prodotti dell’industria settentrionale. Ai ricchi e potenti industriali, sponsorizzati dalla politica USA, conveniva tale situazione: erano ancora lontani i tempi della globalizzazione con annesse delocalizzazioni selvagge poiché una Stato ancora forte impediva la libera circolazione di capitali oltre frontiera. Negli anni ’70 si tentò in tutti i modi di portare ricchezza ed investimenti al sud. Partirono ingenti programmi di infrastrutture statali (spesso anche inutili) e arrivò anche un po’ di industria privata fortemente sovvenzionata dal governo ma, come ben sappiamo, il progetto è fallito miseramente. Agli occhi dei meridionali le industrie aperte al sud, soprattutto se statali, apparivano un modo per avere un reddito garantito con il minimo impegno possibile. Nella memoria storica del sud era ancora ben presente la guerra civile ed il bagno di sangue che ne conseguì ai tempi dell’unificazione coatta dell’Italia. Lo Stato, al sud, era visto come un nemico: tutto ciò che era pubblico poteva essere saccheggiato e vituperato. Comunque ciò servì per effettuare quel minimo recupero di reddito procapite da parte del meridione a cui accennavo prima ma innescò il problema più grave che affligge tuttora il sud Italia: il clientelismo a tutti i livelli. La bramosia di avere quel “posto fisso” , meglio se statale, che dava la sicurezza di un reddito mai stato certo prima, spingeva e spinge il meridionale ad usare tutti gli strumenti disponibili, convenzionali e non, compreso la corruzione vera e propria, pur di ottenere l’agognato impiego. Per un napoletano o un barese ecc avere uno stipendio come un milanese o un bolognese ecc era un ENORME vantaggio: la vita molto meno cara del sud dava l’agio che a nord, a parità di lavoro, non si sarebbe mai avuto. I politici, da sempre, hanno trovato in questo modo un’ENORME bacino di voti di riserva da tenere sotto ricatto. Il resto sono ovvietà che vi risparmio. Posso affermare senza rischio di essere contraddetto che il Popolo meridionale, benché non esente da colpe gravi, è stato voluto così ed è rimasto tale: consumatore-cittadino di serie “B” che non è mai passato al rango di cittadino di serie “A”. In Italia, i servizi, il welfare e lo stesso Stato sociale sono sempre stati diversi: un sistema efficiente e ricco al nord-centro e un sistema appena sufficiente al sud. Con l’avvento dell’euro queste asimmetrie si stanno attenuando. Verso il basso. Un “ciclo di Frenkel” all’interno della stessa nazione, ammortizzato solo dai trasferimenti fiscali che man mano che passavano gli anni si trasformavano sempre più in elemosina e che ha raggiunto oramai il mero assistenzialismo. Se l’Italia meridionale avesse avuto un’altra moneta, sicuramente meno forte, probabilmente era il sud che avrebbe esportato verso il nord (ma non solo) e non il contrario, riequilibrando la situazione ed evitando la tragedia dell’emigrazione di massa cha ha IMPOVERITO per sempre quella meravigliosa terra e che è PREPOTENTEMENTE ritornata, interessando ancora una volta un meridione sempre più povero ed abbandonato a se stesso, ostaggio della criminalità organizzata e di politici e amministratori incompetenti e corrotti. Nel meridione si sperimentò il vincolo fisso, compreso tutte le altre storture che oggi stiamo vivendo con l’euro. Una volta la meta preferita dal messinese o dal crotonese era Torino o Milano, oggi, e anche per il milanese e il torinese, è Berlino o Dusseldorf … come cambiano i tempi. L’Italia sta all’Euro-pa come il meridione stava all’Italia, con l’aggravante di non avere ne trasferimenti fiscali e ne, tanto meno, quella spesa a deficit garantita da uno Stato sovrano che tenne in piedi il “Belpaese” sino al 1981. L’Italia, per quanto erano grandi le asimmetrie tra nord-centro e sud, non è MAI stata una “area valutaria ottimale”. Intanto il “sogno euro-peo” cominciava ad essere inculcato alle masse, partendo dalle scuole elementari di tutta Europa. L’accelerazione per perseguire tale scopo incrementò notevolmente negli anni ’70: sarebbero occorsi molti anni perché quelle generazioni che non avevano nulla più in comune con la tragedia della guerra potessero maturare un senso di appartenenza continentale. Lo scopo della UE è sempre stato questo: EDUCARE a DIMENTICARE quanto occorso nei secoli passati, compreso le DUE luttuosissime guerre che hanno interessato il nostro continente in meno di 30 anni. Guerre che nacquero entrambe dalle intransigenze di parte e dalle INCOLMABILI divisioni e contrapposizioni degli stessi Stati europei. In Germania, le elitès industriali caldeggiarono l’unificazione tra le due Germanie e applicarono quanto fatto dalle elitès italiane. Il loro meridione era l’est, la ex DDR. Quanto accadde lì dal punto di vista economico, seppur con dinamiche diverse, è molto simile a quanto occorso al meridione d’Italia. Vi erano tutti gli ingredienti necessari per realizzare il grande progetto. In brevissimo tempo il governo dell’iper euro-peista Kolhn deindustrializzò la ex DDR, consegnando agli industriali tedeschi l’esercito di riserva di lavoratori a basso costo che avrebbe ridimensionato fortemente le velleità salariali del maturo mercato del lavoro della Germania ovest. Si creò un nuovo mercato di sbocco per le industrie: la ex DDR fu inondata dai prodotti della Germania ovest, mettendo in moto il già collaudato “ciclo di frenkel”. Tutto ciò ha una forte similitudine con quanto successo all’Italia del “miracolo economico”. La compressione salariale in Germania ebbe inizio in quegli anni ed ebbe il suo apice nel 2003, sotto il governo Shroeder, con la riforma del lavoro denominata Hartz-IV : portò alla sotto occupazione di massa. Oggi, nella ricca Germania, quasi il 30% dei lavoratori percepisce un reddito pari a 400/450 euro mensili con paga oraria lorda tra le più basse in assoluto: 9 euro/ora. Questo è il “miracolo” tedesco. L’intera Euro-pa è indirizzata su quella strada: recuperare la competitività persa con l’avvento della globalizzazione sulle spalle dei lavoratori, a detrimento della stabilità, dei legami affettivi e della sicurezza che un buon reddito ti garantisce. Se non hai lavoro in Italia devi spostarti in altro luogo ma alle loro condizioni e con salari che ti permetteranno (forse) di sopravvivere, senza che un sacrificio simile sia più ricompensato dalla speranza di un futuro migliore nella tua terra d’origine. Dopo la polverizzazione dell’impero URSS, le elitès europee ebbero gioco facile a far legalizzare anche la libera circolazione delle persone, importando in realtà economiche avanzate (che vedevano crescere diritti e retribuzioni dei salariati simmetricamente ai profitti aziendali) decine di milioni di nuove unità lavorative a bassissimo costo, mettendole in concorrenza tra esse. La grancassa mediatica, rimbambendo tutti gli euro-pei, gridava a gran voce “più euro-pa” e NOI TUTTI, generazioni dagli anni ’60 in poi, fummo convinti che quella era la strada giusta. L’agricoltura italiana fu stravolta e semi distrutta da regole calate dall’alto dalla UE e supinamente accettate dai nostri politici. Anche la scuola e la sanità cominciarono ad avere profondi e radicali cambiamenti. L’industria, grazie alle nuove leggi euro-pee che abrogavano qualsiasi protezionismo nazionale atto a tutelare il lavoro e che limitavano fortemente la libera circolazione dei capitali, cominciò a delocalizzare. Già dal 1987, con quello che fu chiamato “SME credibile”, le Nazioni che facevano parte del serpente monetario entravano in regime di vincolo fisso (si poteva svalutare o rivalutare del 2,5%), eliminando l’ombrello del cambio flessibile che serviva a Paesi con inflazione più elevata a scaricare le tensioni interne sul cambio e non sui salari. Con lo SME credibile si mise fine alla PRIMA barriera protezionistica che uno Stato può vantare: la possibilità della svalutazione monetaria che rende più appetibili i prodotti nazionali esportati all’estero e più onerosi i prodotti di importazione. Del resto, come disse anche Da Rold del sole24ore, “se non puoi svalutare la moneta devi svalutare i salari”. Adottando l’euro le nazioni marco-centriche hanno avuto l’enorme vantaggio di “diluire” il super-marco con dracma, peseta, escudo, lira e anche franco traendone immani benefici. Oggi, se esistesse ancora il DM (marco tedesco) varrebbe un buon 30% rispetto al valore massimo dell’euro contro dollaro: almeno 1,8/1,9, ovvero quasi il doppio del dollaro stesso. Una cosa non capisco: qual è stata la convenienza francese ?…. A distanza di anni ancora non trovo una giustificazione a tutto ciò. Anche lì la bramosia di pochi ha prevalso sulla buona ragione, abbattendo con uno stupidissimo quanto inutile sogno un sistema quasi perfetto, creato per la pace sociale. L’unica “AVO” che io conosca è la federazione Elvetica che arrivò alla moneta unica parecchio dopo una vera e propria integrazione dei Cantoni che col tempo divenne unione politica. La sola lingua dissimile tra tutte le Nazioni della UE basta e avanza a far si che l’Europa resti come è sempre stata: un bellissimo posto per viaggiare e conoscere le 1000 anime diverse provenienti ognuna da una MILLENARIA cultura diversa. Dopo trecento anni che i tedeschi avranno imparato la nostra lingua potrei anche dare il consenso a tale eresia. Sciogliere la UE e tornare alla CEE è l’unica cosa sensata che si possa fare per il bene dell’intera popolazione europea. Prima che sia troppo tardi. Di moneta “diluita” me ne basta una: la Lira italiana. Roberto