By: lutrom on Lunedì 18 Luglio 2011 00:22
Si può anche essere favorevoli al mantenimento del valore legale del titolo di studio, però poi devi garantire un minimo di uniformità tra i diversi titoli, ma ciò ormai è solo una pia illusione. Ci sono ormai differenze abissali tra università ed università, scuole e scuole (private e pubbliche). Vedo (e vedevo) esami che in certe sedi universitarie sono difficilissimi, in altre quasi quasi basta la presenza. In realtà nessuno va a controllare il valore di un diploma di scuola superiore: infatti le decisioni valutative dei docenti sono praticamente insindacabili, e, quando si fa ricorso al TAR, ci si limita a questioni puramente formali: lo stesso dicasi per l'università, più o meno. I vari organi di valutazione dell'università e delle superiori, si limitano a controlli formali, a vedere se ci sono le aule, le attrezzature, se i docenti sono abilitati, ecc. ecc. ma sul valore effettivo della didattica praticamente non c'è controllo. Ad esempio si parla malissimo delle università telematiche, considerate una specie di "laureifici" a pagamento, il che è spesso vero: purtroppo, avendo io dovuto fare dei master per docenti (una pagliacciata che serve solo a finanziare le università, però servono per i punti in graduatoria), sono andato in 2 università statali ed in una privata telematica legalmente riconosciuta: l'esame finale in una università statale (a Roma, non in centro Africa!!) consisteva in un esame scritto, eravamo seduti uno vicino all'altro, attaccati e compressi, in pratica era più difficile non copiare che copiare; nell'aLTRA università statale (sempre a Roma) l'esame consisteva in un test svolto nelle stesse identiche condizioni, senza controllo, tutti coi libri sotto il banco. Invece nell'università telematica privata (sempre a Roma) l'esame consisteva in una verifica orale col professore: se proprio non sapevi niente ma niente potevi essere bocciato, ma c'è stato un caso su 300!! Alla fine, pagliacciata per pagliacciata, l'esame all'università telematica è stato il più... severo (severo per modo di dire!!!). Scuole ed università ricevono i soldi non tanto in base alla qualità della didattica ma in base alla quantità di iscritti, e quindi, logicamente, la qualità si abbassa, si cercano i numeri (di somari...): va riconosciuto che chi paga per tutto questo sono le persone preparate che vedono il proprio titolo svalutato (basti pensare che, studentesse che con me avevano la media del sei, ed io non sono certo un docente particolarmente severo, ora, all'università, hanno molti trenta: secondo me c'è qualcosa che non quadra in tutto questo...). C'è un mio amico commercialista che fatica a trovare collaboratori motivati e capaci -diplomati o laureati-: il mio amico dice che, se va bene, hanno una decente preparazione teorica, ma non pratica, inoltre hanno grandi pretese solo perché laureati, anche se poi devono ancora imparare il "mestiere"; vi posso assicurare, il mio amico non è sicuramente uno sfruttatore; la cosa che nota spesso è la mancanza di spirito di sacrificio e di senso pratico. Quindi è vero che in Italia c'è lo sfruttamento dei laureati, ma è anche vero che il valore di queste lauree è spesso basso.
A questo punto o ci si sforza di avere un minimo di uniformità tra titoli di studio, oppure si elimina il valore legale del titolo di studio, tertium non datur!!!