italiani a 4 euro - GZ
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By: GZ on Mercoledì 05 Ottobre 2011 18:05
Questa tragedia dimostra anche tre cose:
i) non c'è bisogno di andare in Cina per trovare lavoro a basso costo, ^a 4 euro all'ora ne trovi in italia#http://www.corriere.it/cronache/11_ottobre_05/barletta-crollo-14orealgiorno-piccolillo_3819478c-ef18-11e0-a7cb-38398ded3a54.shtml^. In Cina sono ora sui 2 euro l'ora e poi ci sono i costi e complicazioni dei trasporti e della logistica (nonchè i problemi di frodi e qualità), per cui il mezzogiorno (e altre zone), lavorando in nero, sarebbero competitive verso i paesi emergenti, come costi di produzione. Senza contare che se anche risparmi 1 euro di differenziale di costo del lavoro quando importi dallo Shenzen rispetto a produrre a Bari, perdi però tutto il resto del salario che viene pagato ad un cinese, che lo spende in Cina piuttosto che ad un italiano che lo spende in Italia.
La Globalizzazione, come discusso qui tante volte, è solo una gigantesca frode. Bisogna semplicemente mettere dazi alle importazioni dalla Cina, i cinesi se le comprino loro le loro magliette
ii) l'evasione fiscale in Italia è soprattutto nel mezzogiorno, perchè qui in Emilia ad esempio è semplicemente impossibile trovare laboratori, officine o uffici dove tutti sono in nero. Ed è necessaria, perchè questi laboratori non riescono in maggioranza a tirare avanti se devono pagate contributi, ferie e tredicesima a tariffa sindacale. Se reprimi questo tipo di evasione fiscale la maggioranza chiude e basta, quindi meglio tollerarla perchè riflette il fatto che ad un costo del lavoro totale di 20 euro (con contributi ed oneri sociali vari) non puoi produrre in Puglia o Campania, punto e basta
iii) tutta l'Italia potrebbe essere però competitiva e con costi più bassi, non c'è bisogno ne di importare dalla Cina e non c'è bisogno degli immigrati. Voglio dire, qui al nord gli immigrati lavorano a 9 euro l'ora, nel sud hai italiani che lavorano a 4 euro l'ora ! Che cavolo importi dalla Cina perchè costa 2 euro l'ora che poi c'è il trasporto dall'altro capo del mondo, le truffe e sostanze tossiche. Che cavolo importi immigrati a Bologna a 9 euro l'ora. Fai produrre e fai venire la gente da Bari !
Questo è possibile se liberalizzi, dai massima flessibilità e soprattutto riduci i costi assurdi delle case,affitti ed asili al nord. Oggi come oggi non è possibile muoversi più dal Sud al Nord perchè la vita costa il doppio a causa di tasse comunali, affitti e costo della casa, asili e a causa della repressione dell'evasione fiscale, che aumenta i costi di tutto, dalle pizzerie ai mercati della verdura e pesce.
Potresti però produrre tutto in Italia e senza immigrati se riduci il peso dello stato e delle sue regolamentazioni nel norditalia che è peggio della Germania come burocrazia e tasse.
La Globalizzazione, come discusso qui tante volte, è solo una gigantesca frode. Pensa solo che nell'Ipad della Apple i componenti sono tutti prodotti in Cina, ma costano circa 15 dollari su 399 dollari del costo finale di un Ipad. Tutto il resto sono costi di logistica, ricerca, marketing, amministrazione, pubblicità e commercializzazione. Se ad esempio lo producessi in Puglia o in Tennessee magari invece che in Cina alla fine un Ipad costerebbe forse 5 dollari di più (20 dollari di costo industriale invece dei 15 dollari che costa adesso produrre in Cina), ma su 399 di prezzo finale chi se ne accorge ?
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^pagate 3,95 euro l'ora. Il sindaco: non criminalizzare#http://www.corriere.it/cronache/11_ottobre_05/barletta-crollo-14orealgiorno-piccolillo_3819478c-ef18-11e0-a7cb-38398ded3a54.shtml^
Tre delle vittime in una foto su Fb: con la maglia turchese Antonella Zaza, con gli occhiali Giovanna Sardaro e in basso Matilde Doronzo (Ansa/Turi) BARLETTA - «Mia nipote, di 33 anni, prendeva 3,95 euro l'ora. Altre 4. E mica lavoravano poco. A seconda di quello che c'era da fare potevano lavorare 8 ore, certi giorni anche 14». È troppa la rabbia di chi ha perso una persona cara. Troppa per essere valutata in euro. Ma la rabbia dei parenti delle donne uccise dal crollo del laboratorio di confezioni Barletta, davanti all'obitorio del Policlinico di Bari dove giacciono in attesa di autopsia i corpi delle quattro lavoranti, non può non esplodere. Si inginocchia silenziosa di fronte al dolore di chi, come il titolare dell'impresa Cinquepalmi, ha pagato in anticipo ogni responsabilità, con il prezzo più alto: la morte di una figlia di 14 anni.
Il sindaco pd Nicola Maffei, contestato dalla popolazione per quegli allarmi inascoltati sulla palazzina pericolante, cavalca questo sentimento di umana pietà che unisce la città: «Non mi sento di criminalizzare chi, in un momento di crisi come questo viola la legge assicurando, però, lavoro, a patto che non si speculi sulla vita delle persone». Sarebbe un «paradosso» se i titolari della maglieria che si trovava nel palazzo crollato, «dopo avere perso una figlia e il lavoro, venissero anche denunciati».
Ma gli accertamenti su quel laboratorio a conduzione familiare e, a quanto pare, clandestino, non possono fermarsi. Lo spiega, in mattinata, il procuratore Carlo Maria Capristo che assieme al pm Giuseppe Maralfa ha delegato alla Guardia di Finanza l'attività di indagine: «Abbiamo voluto dividere in due l'inchiesta proprio perché ci sta molto a cuore la condizione del lavoro delle persone». «Abbiamo solo un'amarezza - conclude il procuratore -: quella di non essere riusciti a tirare fuori in tempo tutte le donne che erano in quel laboratorio. Dei due contatti telefonici che abbiamo avuto con quelle lavoranti, una sola è stata tratta dalle macerie ancora viva. L'altra, nonostante gli sforzi encomiabili dei vigili del fuoco, non ce l'ha fatta».
Ora la Finanza sta accertando se l'impresa fosse in regola. Al sindacato non risulta: «Non sappiamo in quante lavorassero lì, né cosa facessero. Noi sospettiamo che fosse una delle tante aziende sommerse che pullulano in questo territorio» spiega Franco Corcella segretario della Camera del lavoro della Cgil di Barletta. E Luigi Antonucci, segretario generale della Cgil-Bat, più tardi conferma: «Dalle nostre ricerche risulta che le donne lavorassero in nero e l'azienda fosse completamente sconosciuta all'Inps. Purtroppo sono molte le lavoratrici che accettano situazioni analoghe perché anche pochi euro al giorno servono per mandare avanti la famiglia e i figli». In questa zona sono centinaia le aziende in nero che prendono piccole commesse dalle molte imprese tessili. Un sistema irregolare che offre alle lavoratrici, in massima parte donne, uno stipendio mensile di 400-600 euro al mese.
Andava così anche nel laboratorio di via Muro Spirito Santo. Raccontano i parenti: «Non era un maglificio vero e proprio. Confezionavano magliette, tute da ginnastica, cose così. A seconda delle commesse che il proprietario riusciva ad ottenere lavoravano. Una volta erano quattro, una volta cinque. Una volta stavano lì dalla mattina alla sera, altre volte di meno». Ma la rabbia esplode contro chi contesta ai familiari delle vittime che nessuno avesse segnalato questa situazione illegale. «Ma queste erano donne normali! Lavoravano per bisogno, mica per divertimento. Avevano bisogno di pagare il mutuo, la benzina. Non avevano il contratto ma avevano la tredicesima pagata. Magari non erano proprio assunte, ma il lavoro da queste parti serve, mica ci si sputa sopra».