se n'è appena andata la Fiat. La più grande azienda italiana. - Moderatore
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By: Moderatore on Lunedì 03 Febbraio 2014 05:10
se n'è appena andata la Fiat. La più grande azienda italiana. E i dementi parlano della Boldrini offesa nella sua dignità...
^"Il governo vuole espellere l'industria". Denuncia choc dell'economista#http://www.affaritaliani.it/economia/electrolux-fiat-squinzi31012014_pg_1.html^
L'economista della Bocconi Carlo Alberto Carnevale Maffè, intervistato da Affaritaliani, spiega cosa sta accadendo nel caso Electrolux e nel tessuto produttivo italiano. Parla della Fiat, delle tasse
Il presidente della Confindustria Giorgio Squinzi ha preso carta e penna e ha scritto al premier Enrico Letta per citare il caso Electrolux come esempio emblematico dei deficit strutturali che penalizzano la competitività dell'industria italiana e denunciando "il rischio desertificazione industriale". E' d'accordo?
"Più che rischiarla, direi che la desertificazione industriale è in corso. In questi cinque anni di crisi, il Paese ha perso il 23% di capacità produttiva. Il governo sta assistendo in maniera statica a una progressiva moria di Pmi e a una migrazione di grandi imprese. Ricordo che questa settimana la Fiat, che è la più grande azienda del Paese, ha appena deciso che l'Italia non sarà più casa sua, perché 'non ci sono le condizioni legali e fiscali', ha detto Marchionne, per continuare a produrre qui. Una notizia di quelle che rimangono sui libri di storia. L'ultimo rapporto Prometeia-Bocconi dice se un'azienda produce in Italia, a parità di business, con l'Imu sui capannoni industriali di fatto ha un total tax rate dell'80%. La stessa azienda, se produce fuori dai confini nazionali, ha un tax rate del 30%. Con un delta fiscale di quest'entità, nessun imprenditore è in grado di giustificarlo ai propri azionisti".
E quindi?
"Le imprese hanno un dovere diverso, che è quello in primis di rimanere sul mercato e poi remunerare il capitale e il lavoro. Se non sono in queste due condizioni, emigrano. Le aziende votano con i piedi".
Perché?
"Perché si interviene sul muscolo fondamentale di un'organizzazione che sono le risorse umane ed è la cosa peggiore che si può fare. Ma se non si ha altre alternative come si può fronteggiare il calo della redditività? Fare selezione fra gli stabilimenti e il personale è, ovviamente, un dramma, ma se la nave affonda, andiamo a picco tutti. Putroppo, i numeri del sistema Paese sono questi".
Quali?
"Un cuneo fiscale che è solo una parte del problema. Io parlo di total tax rate di cui fa parte anche l'Imu sui beni strumentali, tassa introdotta dallo Stato perché deve pagare chissà cosa. Azione che si basa poi su un concetto sbagliato".
Quale?
"Il concetto che non esiste che venga tassato presuntivamente un reddito di un capannone che non dà reddito, perché vuol dire tassare ancora prima che il bene possa creare valore aggiunto. E' un controsenso industriale. A questo punto non ci sono dubbi".
Su cosa?
"Il governo vuole espellere l'industria e otterrà ciò che vuole. Le decisioni parlano da sè. Le aziende se ne andranno. L'esecutivo avrà il deserto industriale".
E il fenomeno della reindustrializzazione?
"E' una simpatica storia di marketing. E' vero che qualche azienda sta tornando indietro, ma stiamo parlando di una quota minima del manifatturiero. Anche in America, stiamo assistendo a un ritorno dell'industrie, ma si tratta di numeri molto piccoli. Industrie, oltretutto, iper automatizzate e con tecnologie diverse ed è chiaro che di fronte al fatto che il lavoro è super tassato come lo è lo spazio fisico per fare impresa, l'imprenditore o adotta linee automatizzate che impiegano poco spazio oppure va all'estero. Sceglie Stati come la Repubblica Ceca o la più vicina Carinzia che fa ponti d'oro alle aziende italiane oppure, ancora, la Polonia dove il capitale umano è di buon livello e costa un terzo di meno rispetto al nostro. Mi spiace, ma le imprese sono apolidi: non hanno e non devono avere cioè passaporto, perché se ce l'anno finiscono per fare scelte irrazionali".
Tre misure di politica industriale per arginare un fenomeno che è già esploso. Quali suggerisce?
"Emigrare, emigrare ed emigrare. E' impossibile arginarlo. La classe politica non è nè intenzionata a farlo nè è capace di farlo. E' inutile suggerirlo. Vuole che citi solamente la banda larga analizzata in lungo e in largo nel rapporto Caio?".
Prego...
"Tutte le ricerche spiegano che il calo di produttività del sistema Paese è largamente dovuto al fatto che non si è investito in processi e in modelli organizzativi che utilizzano le tecnologie. L'Italia si è ritirata in settori produttivi a basso valore aggiunto e a bassa tecnologia. Quindi, ci siamo paradossalmente spostati più vicino alla Cina e al Terzo Mondo: lavoriamo come i cinesi, veniamo pagati come i polacchi e paghiamo le tasse come italiani. Un sistema che fa molta fatica a stare in piedi".
Un processo irreversibile, dunque...
"Non è irreversibile, ma in questo momento non vedo nè una volontà politica nè gli stumenti per fare alcunchè Il governo sta parlando di cuneo fiscale, ma è soltanto marketing: abbiamo un gap da recuperare rispetto ai concorrenti tedeschi che è elevatissimo. Tagliare il cuneo di un punto percentuale sembra una presa in giro".
Oltre all'Inox Valley e riferendosi ai marchi e ai distretti italiani, quali altri sono a rischio implosione nel nostro Paese?
"Questa settimana se n'è appena andata la Fiat. La più grande azienda italiana. E' devastante. Un accadimento che la classe politica non ha nemmeno compreso. L'amministratore delegato Sergio Marchionne l'ha detto con estrema lucidità: non ci sono le condizioni legali, non c'è cioè lo Stato di diritto, le condizioni fiscali e giuslavoristiche per mantenere il quartier generale nel nostro Paese".