Mafia capitale e balle capitali - Moderatore
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By: Moderatore on Giovedì 11 Dicembre 2014 00:32
I mass media italiani continuano a fare abbastanza pena
C'è la storia di #b# Salvatore Buzzi#/b# , il capo della cooperativa 29 giugno al centro dell'inchiesta Mafia Capitale, che si era inserito nel giro della sinistra recitando il ruolo che piace tanto, #b#l'ex carcerato riabilitato che si occupa di ex-detenuti e li impiega per l'assistenza a immigrati e zingari #/b#, in pratica un santo!#/b# L'uomo era un genio, metteva assieme il ruolo dell Ex-Carcerato redento dagli studi + coop di ex-carcerati + zingari + immigrati, mancava solo qualcosa per i trans e gli intellettuali di sinistra con lui avevano un orgasmo. Di Buzzi i giornali scrivono tutti che "aveva ucciso una prostituta" tanti anni fa.
In realtà Buzzi era un bancario, che aveva messo in piedi un grosso giro di assegni falsi e quando un collega in banca lo voleva denunciare, #b# lo aveva massacrato con 37 coltellate e poi aveva cercato di farlo sparire bruciando il cadavere#/b# . Per questo omicidio ha fatto solo 4 anni di carcere perchè si è messo a recitare la parte del detenuto redento dagli studi e Pietro Ingrao, Luciano Rodotà e altri luminari progressisti lo hanno raccomandato per l'indulto e poi ha avuto tutte le porte aperte per avere gli appalti che le giunte di sinistra danno appunto per tutto quello che è ex-carcerati, immigrati e zingari. Cioè Buzzi era un truffatore fin dall'inizio, che ha sgozzato un collega e cercato di farne sparire il cadavere e poi l'ha data a bere agli intellettuali e politici progressisti facendo un sacco di soldi con altre truffe ai danni dello stato...
Poi c'è che tutti i media continuano a titolare #b# "Mafia Capitale#/b# " (seguendo l'input dei magistrati), mafia a Roma e parlare di boss, intimidazioni, picchiatori "spezza-pollici", terroristi neri, banda della Magliana, cosche, minacce, ecc... e però se ci fai caso non è stato ancora menzionato in tutta questa storia un solo episodio di violenza, anche solo un aggressione, un pestaggio, niente.
#b# Massimo Carminati#/b# fa molto colpo per il suo passato con la pistola, è molto fotogenico nella vecchia foto con l'occhio di vetro, ha delle battute anche genialoidi come quelle sul "mondo di mezzo" e sembra avere una gran reputazione in tutta la destra ex-fascista di Roma. Carminati ha una fama da spericolato criminale con motivazioni politiche che in un epoca in cui hai Monti, Letta e Renzi e Draghi richiama l'uomo virile.
Di sicuro c'è che ha rapinato parecchie banche una ventina di anni fa, ma non c'è un solo omicidio per cui sia stato mai condannato, solo e sempre rapina e detenzione di armi e anche quando ha perso l'occhio stava cercando di passare il confine disarmato e gli ha sparato la polizia. E' probabile che all'epoca dei NAR abbia anche lui sparato e ammazzato come Fioravanti e Alibrandi suoi camerati, ma non per la giustizia italiana e comunque sono cose di 30 anni fa.
Nel giro di affari e appalti messo in piedi con Buzzi e soci sono girate (da quanto pubblicato finora) solo delle gran tangenti e mazzette politici e funzionari e poi amicizie e contatti politici.... L'Espresso due anni fa esatti pubblicò un inchiesta che raccontava praticamente tutte queste e per due anni i politici e gli altri giornali hanno ignorato la cosa mentre i magistrati accumulavano intercettazioni.
Allo stato dei fatti (e i magistrati sembra abbiano già girato ai giornali l'intera ordinanza, faldone di migliaia di pagine con migliaia di intercettazioni), è un giro di tangenti per appalti a cooperative di qualche decina di milioni di euro, diciamo una "mani pulite" locale (romana) che coinvolge alcuni gli appalti per servizi a cooperative.
----- ^"BUZZI, L’OMICIDA MODELLO"#http://www.dagospia.com/rubrica-29/cronache/buzzi-omicida-modello-vera-storia-sparita-cronache-capo-90415.htm^ Panorama,
Contrariamente a quanto sostenuto a caldo da tutti i principali quotidiani italiani, Salvatore Buzzi, il capo della cooperativa 29 giugno al centro dell'inchiesta Mafia Capitale, non è stato condannato nei primi anni 80 per omicidio colposo. Né, come è stato detto a Bersaglio Mobile, per l'assassinio di una prostituta. Salvatore Buzzi è stato condannato nel giugno del 1980 per aver ucciso con 34 coltellate un suo complice a Roma.
L'episodio e il movente non sono irrilevanti per inquadrare il profilo psicologico e criminale di quest'uomo che, nel suo percorso di vita, casi di corruzione a parte, ha saputo prendere un po' tutti per il naso, financo due galantuomini come l'ex presidente della Camera Pietro Ingrao, il presidente della Caritas Don Luigi Di Liegro e lo stesso presidente Oscar Luigi Scalfaro che nel 1994 gli concesse la grazia, dopo aver constatato il pieno recupero del detenuto.
L'omicidio che gli aprì le porte di Rebibbia avvenne nel giugno 1980 dopo che un suo complice lo aveva minacciato di rivelare ai superiori della banca per la quale lavorava il vorticoso giro di assegni falsi che incassava e si spartiva col suo socio, grazie alle mansioni che svolgeva. 34 coltellate, un alibi costruito in fretta e furia grazie alla complicità della fidanzata brasiliana, infine la confessione.
Insomma, Buzzi, prima di diventare quello che sarebbe diventato, un detenuto modello che era riuscito a laurearsi in carcere (primo in Italia), per di più con il massimo dei voti, era sin dagli esordi un truffatore. Non esattamente il profilo criminale più adatto per gestire un fiume di denaro pubblico, come sarebbe avvenuto in seguito.
Buzzi, in sostanza, era un imbroglione che non aveva esitato a uccidere in modo anche efferato e che, quando si trovò dietro le sbarre, seppe calarsi perfettamente nella parte, divenne il punto di riferimento dei detenuti di Rebibbia, il testimonial vivente della bontà della legge Gozzini, il fondatore di una cooperativa che avrebbe messo in pratica l'utopia costituzionale del reinserimento dei detenuti, l'uomo che aveva saputo studiare e riscattarsi, ricevendo pubblici riconoscimenti di parlamentari e dirigenti della sinistra e dell'associazionismo cattolico che si battevano da anni per i diritti e il reinserimento dei detenuti. Il resto della storia la conoscete, ma l'inabissamento, va detto, gli è riuscito alla perfezione.
La domanda che molti si pongono è come sia possibile che un uomo che era finito dietro le sbarre non solo per omicidio, ma anche per truffa, al netto della condanna già scontata, possa arrivare a controllare un giro d'affari di soldi pubblici e appalti per 60 milioni di euro annui. Sciatteria politico-istituzionale? Complicità diffuse? Eccessiva fiducia negli esseri umani? Queste domande rimarranno probabilmente senza risposta.
O le risposte contengono tutte un principio di verità. La nostra classe dirigente è un po' incompetente, un po' collusa e anche, nel migliore dei casi, un po' ingenua sulla possibilità di riscatto degli uomini. Si chiese una volta, per tutt'altra finalità, Pier Paolo Pasolini: «Può un uomo essere molto diverso dalla propria storia?»