By: lmwillys on Lunedì 28 Ottobre 2013 23:29
videocronaca
metto l'immagine perché il blog è infestato di piddini che dicono che non funziona ... :-)
non so quaante volte l'ho messo ... http://metagovernment.org/wiki/Main_Page
che tenerezza il 'colleghi deputati' nella proposta ....
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Proposta di legge
D’iniziativa dei deputati
Disposizioni volte alla abolizione del finanziamento pubblico all'editoria
Colleghi deputati - Il finanziamento pubblico ai giornali attualmente costa oltre 80 milioni di euro l’anno, e parliamo soltanto di quello diretto! L'editoria può quindi, a pieno titolo, essere definita editoria di Stato. Ci sono buoni e anche ottimi giornalisti, quelli che scrivono rischiando la pelle, quelli emarginati, i precari, i tanti giornalisti sottopagati. Ebbene, questi giornalisti hanno dovuto operare in un sistema in cui, a fronte dell'erogazione di fondi pubblici, si è sostanzialmente «privatizzata» l'informazione.
Per anni lo Stato ha finanziato colossi imprenditoriali, a tutto vantaggio degli azionisti delle loro emanazioni editoriali, elargendo milioni di euro sotto forma di contributi, crediti di imposta ed agevolazioni di vario genere. Il paradosso dei contributi indiretti e delle compensazioni è che ne hanno beneficiato i giornali a più alta tiratura, ben più che le pubblicazioni no profit. Solo considerando le agevolazioni postali, l'Antitrust ha rilevato come esse non abbiano costituito una misura efficace per sviluppare gli abbonamenti e abbiano finito invece col favorire Poste italiane S.p.a., unico soggetto presso cui è possibile ottenere i benefìci, ostacolando lo sviluppo di una piena concorrenza nei servizi di recapito. Il regime speciale di applicazione dell'IVA sulla vendita di libri, quotidiani e periodici è stato sfruttato a vantaggio di prodotti di ben altro genere venduti in allegato alle pubblicazioni.
Un capitolo a parte è costituito dai contributi alle testate politiche e di partito, con le conseguenti paradossali distorsioni di cui si è dato ampio conto in passato e alle quali si è cercato di porre riparo con una recente, tardiva e parzialissima riforma. Il costo diretto di queste forme di sostegno all'editoria, considerata la molteplicità delle disposizioni stratificatesi nel tempo mediante il ricorso a differenti strumenti normativo-finanziari e la pluralità delle fonti decisionali e di spesa, dovrebbe inglobare anche le provvidenze per radio e televisioni, il costo delle convenzioni e concessioni, in cui pochi grandi gruppi imprenditoriali privati hanno giocato un ruolo predominante.
Il presente disegno di legge, che propone il superamento del suddetto modello di finanziamento pubblico, si inquadra in una politica volta a creare condizioni di autonomia ed indipendenza dei giornalisti, competizione più aperta, eliminazione dei conflitti di interesse e degli intrecci tra politica, economia ed informazione, riportando la discussione in termini di rapporto delle testate col lettore piuttosto che con il potere di turno, dato che il costo della disinformazione è ancor più rilevante.
Anche per effetto della crisi, che pone il tema di come utilizzare i pochi fondi a disposizione dello Stato, il Parlamento è posto di fronte ad una occasione storica, in cui l'abolizione del finanziamento pubblico come è stato finora conosciuto e distorto possa essere abbinata a riforme che pongano tutte le testate in condizione di accedere al mercato pubblicitario. Si tratta di favorire l'innovazione, non lo status quo, in un campo così delicato dal punto di vista democratico come l'informazione.
Si auspica pertanto un celere esame ed una condivisa approvazione del presente disegno di legge.
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
1. La presente legge reca disposizioni volte alla abolizione del finanziamento pubblico all’editoria, ai fini della promozione della concorrenza e della tutela dei consumatori nel settore dell’informazione nonché al fine di assicurare il conseguimento di rilevanti economie di spesa per la finanza pubblica.
2. Ai fini di cui al comma 1, sono abrogate le seguenti disposizioni:
a) gli articoli 22, 23, 24, 25, 27, 28, 32, 34, 37, 39, 40 e 41 della legge 5 agosto 1981, n. 416;
b) l'articolo 11 della legge 25 febbraio 1987, n. 67;
c) il comma 3 dell'articolo 23 della legge 6 agosto 1990, n. 223;
d) i commi 2, 2-bis, 2-ter, 2-quater, 2-quinquies, 3, 3-bis, 4, 5 e 6 dell'articolo 3 e gli articoli 4 e 8 della legge 7 agosto 1990, n. 250;
e) il comma 3 dell'articolo 14 della legge 9 gennaio 1991, n. 19;
g) l'articolo 153 della legge 23 dicembre 2000, n. 388;
h) gli articoli 3, 4, 5 e 15 della legge 7 marzo 2001, n. 62;
i) il decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 353, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2004, n. 46;
l) l’articolo 138 del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206;
m) il comma 462 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266;
n) il comma 3-ter dell'articolo 20 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248;
p) l'articolo 44 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;
q) il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 25 novembre 2010, n. 223;
r) il comma 3 dell'articolo 29 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214;
s) gli articoli 1, 1-bis, 2 e 4 del decreto-legge 18 maggio 2012, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 luglio 2012, n. 103.