Parmalat - moderatore
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By: Moderatore on Domenica 02 Marzo 2003 23:20
Parmalat, comunicazione e mercati
IL MERCATO
di ALESSANDRO PENATI
U na cattiva comunicazione societaria può distruggere valore. Mercoledì 26 febbraio, Parmalat annuncia il lancio di un prestito obbligazionario per un importo fino a 500 milioni di euro, riservato a investitori istituzionali (senza obbligo di rating). Punto uno. Lo scarno comunicato non risponde alle domande ovvie: per farne cosa? Qual è la posizione finanziaria della società in questo momento? Perché si indebita quando dovrebbe avere 3 miliardi liquidi? Come ha chiuso il 2002? Forse a Collecchio non si sono accorti che il mercato, dopo tante fregature, attende con ansia ogni annuncio di risultati aziendali, e che la sola parola debito mette paura. Così il titolo Parmalat comincia a scendere. Secondo comunicato: l'obbligazione serve a rimborsare il debito esistente. Corporate bond senza rating per ripagare debito bancario? Viene in mente «Cirio bond». E il titolo cade. Il giorno dopo da Collecchio si degnano di comunicare che «il gruppo continua a godere di solidità economico-finanziaria come dimostrato dagli ultimi risultati pubblicati lo scorso settembre 2002». Ha il sapore di una presa in giro: ormai è fine febbraio; il mercato vuole sapere come sta la società adesso. Ma Parmalat fornirà i dati sulla chiusura del 2002 solo il 28 marzo, ultimo giorno consentito dalla legge.
Difficile capire che sarebbe meglio mostrare i conti prima di chiedere soldi al mercato? In due giorni il titolo perde fino al 20%. Ma per Parmalat è colpa di speculatori che «mettono in circolazione notizie false e tendenziose». Quarto comunicato: la società «non avendo necessità di raccogliere fondi, decide di non proseguire l'operazione». Scusate, avevamo scherzato.
Un comportamento che fa temere problemi finanziari o brutte sorprese nei bilanci. Invece Parmalat è finanziariamente solida e competitiva a livello internazionale. Il titolo è un buon investimento, a patto che non usi la liquidità per acquisizioni sballate. Facendo delle stime sulla base dell'ultima trimestrale, il debito netto è solo 2 volte il margine operativo del 2002, pari a circa 910 milioni; sottraendone 320 per gli investimenti, ne rimangono quasi 600 di cassa che coprono abbondantemente gli oneri finanziari (460 milioni). I margini (8%, utili prima di imposte e interessi sul fatturato) sono inferiori a quelli dei colossi Danone e Unilever; c'è il Sud America, anche se il peggio è passato. Ma la penalizzazione di Parmalat in Borsa è irragionevole: oggi vale appena 5,6 volte gli utili attesi per quest'anno, 50% meno della media di settore. Una valutazione da società automobilistica o acciaieria, con metà crescita e un terzo dei margini.
Sulla qualità del latte niente da dire: ma qualche investimento su finanza e comunicazione darebbe buoni frutti.