By: Esteban on Martedì 02 Ottobre 2007 13:01
Da Kancropoli - La mafia del cancro
Infatti, all'XI Congresso mondiale di Oncologia, il più famoso, sia
per presenze illustri che per numero di partecipanti (circa 9.000),
dove dovevano essere tirate le somme di anni di ricerca, il suo
segretario generale, Umberto Veronesi, affermò che era necessario
rimboccarsi le maniche e ripartire, con estrema umiltà, da basi nuove.
Si erano così amalgamati vari fattori, quali il messaggio di Bonifacio,
le sofferenze dei pazienti, l'impotenza delle terapie ufficiali ed in
ultimo la nostra convinzione che la scoperta dell'anticancro sarebbe
venuta dall'intuizione di un singolo, anziché dal lavoro di équipe;
tutto ciò ci spinse a continuare.
Cercammo di integrare i nostri studi, documentandoci sulle abitudini
di vita della capra selvatica e grande fu la meraviglia quando
apprendemmo che essa era stata usata per millenni nella cura dei
tumori. L'idea di curare il cancro con un estratto del contenuto
gastrointestinale caprino, nacque in Persia, e da qui passò agli Arabi
e poi in Europa, ed intorno all'anno mille giunse anche in Italia. Gli
antichi persiani chiamavano padzahr una concrezione che si formava
nello stomaco dei caprini, usata come anticancro, gli arabi la
chiamarono bazar o badizhar ed in ultimo gli europei beozar o
benzoar o belzoar.
Le esperienze raccolte, gli studi fatti sulle più disparate terapie con
prodotti biologici, ci permisero di mettere in pratica quanto da tempo
avevamo sperimentato sui nostri animali da laboratorio.
Con un metodo originale di preparazione, ottenemmo un prodotto
che si dimostrò molto più immunoattivo, lo affinammo ulteriormente,
lo standardizzammo, saggiandone la tossicità, la pirogenicità e la
sterilità.
Rivolgemmo ancora le nostre ricerche in varie direzioni,
approfondendo la conoscenza del farmaco da un punto di vista
chimico, biochimico e microbiologico, isolando i singoli componenti
e valutandone sperimentalmente la loro immunogenicità.
I singoli aminoacidi trovati, le lipo e le glicoproteine, furono saggiati
singolarmente e per gruppi sugli animali, ottenendo risultati
terapeutici incoraggianti. Il prodotto, iniettato per via intramuscolare,
era assorbito meglio e più velocemente, i tempi morti tra
l'inoculazione e l'azione terapeutica erano dimezzati. Riuscivamo
meglio a seguire i pazienti richiedendo tests immunologici specifici,
che ci consentivano di controllare i parametri immunitari, sia umorali
che cellulari. Riuscimmo ad ottenere un movimento rigogliosissimo
di macrofagi, di linfociti T e B, di granulociti neutrofili; ove
possibile, oltre alla terapia generale, applicammo anche quella locale,
con netti ridimensionamenti di grosse masse neoplastiche.
Riuscimmo a monitorizzare, con il lavoro univoco di medici curanti e
di specialisti, 80 casi di neoplasie polmonari in stadio avanzato e di
presentarne i miglioramenti ottenuti con la somministrazione del
prodotto biologico da noi usato, ad un convegno medico tenuto a
Roma, sul tema: Terapie biologiche nella cura del Cancro.
Fu un vero successo; avevamo dimostrato risultati inequivocabili,
l'efficacia della nostra terapia, là dove le terapie ufficiali non avevano
potuto più nulla. La nostra casistica, ormai si avvaleva di migliaia di