Uscire dall'Euro

 

  By: Bullfin on Domenica 21 Dicembre 2014 02:28

Comunque lo staff di Bagnai sta preparando la risposta alle critiche...

FULTRA 10 MARZO 2020: Qui sotto la fotocopia dal vero "cialtrone medio italico" : Antitrader. Fatene una copia del pensiero per i posteri e quando tra 50 anni vorranno capire perchè l' talia sia finita miseramente

Se argomenti contro l'Euro in questo modo perdi - Moderatore  

  By: Moderatore on Sabato 20 Dicembre 2014 22:45

Il post precedente che riportava il pezzo di #b#Boldrin#/b# sul convegno sull'Uscita dall'Euro organizzato da #b#Bagnai#/b# a Pescara in novembre sull'uscita (con la partecipazione di #b#Borghi#/b# e diversi altri economisti di sinistra come #b#Giacchè#/b# e #b#Gawronsky#/b# , più politici come #b#Meloni#/b# , #b#Salvini#/b# , #b#Fassina#/b# e gente di Sel e #b#Movimento5Stelle#/b# e anche giornalisti come #b#Giordano#/b# del Giornale) lo consigliavo per le vacanze perchè è lungo. Chi non avesse voglia di leggere può guardare i tre video, in cui prima Michele Boldrin strapazza Bagnai a casa sua (di fronte al suo stesso pubblico che rumoreggia senza che il loro eroe reagisca), poi un collega "liberista/Chicago" di Boldrin che scrive su Noisefromamerika, ^Francesco Lippi pure fa educatamente a pezzi il modello di Bagnai sul ritorno alla Lira,...#https://www.youtube.com/watch?v=etzZqn6moME^, dal minuto 109. Infine anche un anziano economista di sinistra napoletano che insegna Oxford da una vita, ^Andrea Boltho, in modo simpatico demolisce anche lui la simulazione di Bagnai#https://www.youtube.com/watch?v=KILBmDixFXA^ (dal minuto 48...). #b#Claudio Borghi#/b# dal canto suo, abbandona la sala (sembra) dopo esser stato sbeffeggiato da Boldrin e non mi sembra nei due giorni abbia mai dibattuto direttamente con i tre scettici (Boldrin, Lippi, Boltho).. Guarda l'intervento di ^Borghi dove immagina e descrive il giorno del ritorno alla Lira...#https://www.youtube.com/watch?v=UDdZKXB5C5w^, tiene un discorso sul tasso di interesse fisso e variabile e #i# dice che se, ritornando alla lira, la "spread" schizza a 800 punti questo vuole dire che i BTP scendono da 100 di prezzo a 50 o 40. Giusto ? e allora la Banca d'italia stampa moneta li ricompra tutti lei a 50 e dimezza il debito pubblico italiano !...#/i# Questo è assolutamente corretto, ma significa anche che chi li ha in portafoglio li venderebbe a metà del prezzo di acquisto...cioè è vero che lo stato italiano si libera del debito, ma le perdite per gli investitori esteri sono pesantissime e questi bruciati reagiscono vendendo lire, per le banche italiane vanno coperte dalla Banca d'Italia stampando moneta per 200 mld o giù di lì e per gli investitori italiani la prospettiva di queste perdite li induce alla fuga di capitali... Cioè è assai più complicato di come dice Borghi... #F_START# size=3 color=blue #F_MID#Il bilancio complessivo è una debacle del partito pro lira in un convegno organizzato dal prof. più noto per il ritorno alla Lira, nella sua università davanti al suo pubblico!#F_END# (500 person che erano tutti lettori del suo blog...) Lasciando perdere il motivo per cui Bagnai sia masochista (deferenza verso professori con più titoli accademici ... ? bisogno di qualificarsi di fronte al modo accademico estero a cui questi appartengono per lui che insegna a Pescara ?...) se ascolti i tre interventi di Boltho, Lippi (molto educati) e Boldrin (più aggressivo, ma contenuto rispetto alle comparsate TV) e le tenui obiezioni del povero Bagnai, capisci che sarà dura argomentare l'uscita dall'Euro Qual'è il succo delle obiezioni al ritorno "secco" alla Lira ? ritornare alla lira abolendo l'Euro in Italia (convertire per legge, in un colpo solo, tutti gli Euro che si trovano in Italia in Lire) significa: 1) far svalutare i salari reali (perchè importi inflazione) cioè aumenta la competività perchè l'inflazione #b# fa scendere il valore reale di stipendi, salari#/b# e altri redditi fissi (pensioni) 2) l'uscita dell'Italia dall'Euro implica l'uscita anche di Spagna, Grecia, Portogallo, forse Francia e quindi la disintegrazione dell'Euro e quindi una #b# crisi finanziaria mondiale stlle Lehman#/b# (ci sono 150mila mld di derivati in Euro...!) 3) in ogni caso, in Italia mesi prima del possibile ritorno alla Lira, inizierà una #b# gigantesca fuga di capitali#/b# con conseguente crollo delle banche italiane ---------------- ^"L’insostenibile pesantezza dell’euro?"#http://noisefromamerika.org/articolo/insostenibile-pesantezza-euro^, 13 aprile 2014 di Francesco Lippi e Fabiano Schivardi Tra i vantaggi che accompagnerebbero un'uscita dall’euro c’è la possibilità di svalutare il cambio nominale per guadagnare competitività nei confronti degli altri paesi dell'area. C’è tuttavia molta confusione, soprattutto nel dibattito giornalistico e televisivo, su quali sarebbero i benefici ed i costi che un ritorno al cambio flessibile comporterebbe per la nostra competitività, nel breve e nel lungo periodo. Le valutazioni spaziano da chi crede che ciò fornirebbe un po’ di ossigeno a un’economia in recessione, a chi sostiene che ciò riporterebbe il nostro paese su un sentiero di crescita duraturo, dal quale ci saremmo allontanati proprio con l’adozione dell’euro. In questa breve nota discutiamo questo punto, astraendo da qualunque altro fattore che potrebbe accompagnarsi a un’uscita dall’euro (crisi bancarie, fughe di capitali, ritorsioni commerciali da parte degli altri paesi dell'area, ecc.) e confrontiamo due scenari, uno con l’euro e uno con la lira a cambio flessibile, a parità di tutte le altre condizioni. NdR: Riprendiamo volentieri l'editoriale di Francesco Lippi e Fabiano Schivardi pubblicato su La Voce dell' 11 Aprile 2014. Alcune brevi precisazioni sono state aggiunte in questa versione. Gli effetti delle svalutazioni nel breve periodo La competitività di un paese è solitamente misurata dal tasso di cambio reale, definito come il cambio nominale fra due valute moltiplicato per il rapporto fra i prezzi: se e è il tasso di cambio nominale (euro per 1 dollaro), p* i prezzi del paese estero (in dollari) e p i prezzi interni (in euro), il tasso di cambio reale è r = e p* / p. Un aumento del cambio reale significa che i beni esteri diventano più costosi di quelli domestici: se ci vogliono più euro per comprare un dollaro, il prezzo in euro di un'automobile prodotta negli Stati Uniti sale. Di conseguenza, la “competitività” del paese migliora, perché i beni stranieri diventano piu' cari per chi compra in euro. E' evidente che la svalutazione del cambio reale può avvenire o tramite la svalutazione del cambio nominale e o con una variazione dei prezzi relativi p* / p per dato cambio nominale (o una qualche combinazione dei due). Com'e' cambiata la competitività dell’Italia dalla fine degli anni novanta? Secondo uno studio di Giordano e Zollino della Banca d’Italia, riassunto su vox, dipende dal tipo di indicatore che si utilizza. Sulla base di indicatori di prezzi alla produzione, la nostra competitività è rimasta stabile, mentre è peggiorata in termini di costo del lavoro. C’è da stare tranquilli? No, perché nel frattempo quella della Germania, il nostro partner commerciale principale, è sensibilmente migliorata, aprendo un divario fra la nostra competitività e quella tedesca fra il 10 e il 40%, a seconda dell’indicatore utilizzato (gli autori ritengono che la cifra rilevante sia quella più bassa). Recuperare competitività attraverso una riduzione dei prezzi interni rispetto a quelli esteri non è una passeggiata, soprattutto quando l'inflazione è bassa, perché una ulteriore riduzione dei prezzi interni può richiedere un processo lento e costoso in termini di disoccupazione, o una crescita forte della produttività, che in Italia langue da due decenni. Ci sono quindi pochi dubbi sul fatto che una svalutazione sarebbe lo strumento più semplice per riequilibrare il cambio reale e riacquistare competitività. Ma quali benefici potremmo aspettarci in termini di maggiore crescita e, soprattutto, quanto sarebbero duraturi? Due lavori recenti studiano l’effetto di una svalutazione del cambio sul tasso di crescita del PIL guardando alle esperienze passate.[1] Le analisi suggeriscono un’elasticità che varia fra l’1 e il 3%: una svalutazione del 30% del cambio nominale farebbe crescere il PIL fra lo 0,3 e l’1%. Le analisi indicano inoltre che questa elasticità è maggiore per i paesi in via di sviluppo, mentre per i paesi sviluppati le stime si situano nella parte bassa del ventaglio delle stime. La minore elasticita' per i paesi ricchi e' riconducibile alle caratteristiche dei beni da essi prodotti: la domanda dei beni di alta gamma, con marchi rinoscibili o qualita' difficilmente reperibile in beni sostituti, e' meno soggetta alle fluttuazioni del prezzo di vendita. Se voglio una Porsche o un iPhone la mia domanda e' rigida: e' difficile sostituire quel bene con un sostituto, anche se costa di meno, perche' di Porsche ce n'e' una sola. Molto piu facile sostituire una maglietta di cotone, scarpe non di marca, automobili di bassa gamma, e via dicendo. L’esperienza della svalutazione italiana del 1992 è coerente con questi risultati: il tasso di cambio reale della lira si svalutò sino ad un massimo del 30%. Secondo le stime sopra riportate l'effetto di questa svalutazione avrebbe contribuito ad aumentare la crescita del PIL tra lo 0,3 e l'1 per cento. Svalutare darebbe senz'altro un po’ di sollievo alla nostra economia in recessione, ma non ci farebbe crescere come 30 anni fa. Il cambio flessibile favorisce la crescita in modo duraturo? Ma un cambio flessibile permetterebbe di tornare a crescere in modo duraturo? La teoria economica dice chiaramente di no: il regime di cambio non influenza la crescita di lungo periodo. La crescita di lungo periodo, quella che rileva ai fini del tenore di vita dei cittadini, è determinata dalla capacità di aumentare la produttività dei fattori: questo significa creare un ambiente economico in cui imprenditori, professionisti e imprese che innovano e si dimostrano capaci di creare molto valore aggiunto si affermano (anziché' trasferirsi all'estero per sfuggire alle sabbie mobili della burocrazia nazionale e delle carriere politiche), a scapito di quelle che non riescono a innovare, che devono invece uscire dal mercato. Un paese che cresce non cresce solo grazie all'export (che nei paesi grandi costituisce una piccola parte del prodotto totale), cresce in tutti i settori. E l’evidenza è coerente con queste conclusioni: le differenze di crescita fra paesi con cambi fissi e variabili sono trascurabili, con qualche eccezione per i paesi in via di sviluppo[2]. Pensare che tornare alla lira ci riporterebbe su un sentiero di crescita duraturo è illusorio: basta uno sguardo all'andamento della crescita della produttività dei fattori italiana dal dopoguerra ad oggi per rendersi conto che il declino è iniziato almeno 10 anni prima dell'adozione dell'euro. Uscire dall’euro e svalutare ci permetterebbe certamente di recuperare il gap di competitività velocemente. E poi? E poi due scenari sono possibili. Il primo è che alla svalutazione segue un aumento dei prezzi interni, che in un paio d’anni ci riporta al punto di partenza. Questo scenario sarebbe verosimile se la svalutazione fosse molto grande, diciamo superiore al 50%. Ricordiamoci che la storia dell'Italia, dalla fine di Bretton-Woods fino agli anni 90, fu proprio una storia di continui inseguimenti tra svalutazioni del cambio, e aumenti dei salari e dei prezzi. Forse qualcuno se lo e' dimenticato ma la lira e' stata una valuta debole, che perdeva sistematicamente di valore. Una volta che l'Italia e' stata aperta ai movimenti di capitali, i risparmi italiani si sono potuti indirizzare verso attivita' piu sicure, e che si indebitava in lire (leggi il tesoro della repubblica) era costretto a pagare un bel premio sugli interessi perche altrimenti i risparmiatori (italiani e esteri) avrebbero comprato altri titoli. Tra i grandi motivi che spinsero il paese ad adottare l'euro ci fu anche quello di dare alla politica monetaria interna quella credibilita' che non era mai riuscita a raggiungere, offrendo al tesoro enormi vantaggi economici per il finanziamento del proprio debito. Purtroppo, come alcuni temevano, questi risparmi sulla spesa per interessi (equivalenti a quasi 5 punti percentuali di PIL) sono andati a finanziare maggiore spesa anziche' a ridurre il debito (cfr. il post di Andrea Moro). Il secondo scenario è che i prezzi non crescano, trasformando la svalutazione in un aumento persistente di competitività. Questo scenario sembra il piu' probabile nel caso di una svalutazione contenuta, che si limiti a correggere il livello eccessivamente alto del cambio reale (supponiamo rispetto alla Germania) riportandolo al livello di 10 anni fa. Ma questo secondo scenario è lo stesso che si otterrebbe con una diminuzione dei prezzi italiani rispetto a quelli tedeschi (che farebbe aumentare p*/p), e con questo condividerebbe una caratteristica fondamentale: costituirebbe un impoverimento relativo del nostro paese. A fronte di un aumento della competitività delle imprese si registrerebbe una diminuzione del potere d’acquisto dei lavoratori, dovuta al fatto che le importazioni diventerebbero più care. Detto diversamente, riacquistare competitività attraverso variazioni del cambio reale significa ridurre il potere d'acquisto dei salari italiani. Questo e' esattamente cio' che successe nel 1992: i prezzi al consumo in italia non registrarono impennate, crebbero meno di quelli all'importazione: in soldoni, molti italiani furono costretti a spostare il proprio paniere di consumo da beni esteri (es. una Volkswagen Golf, adesso piu cara) a beni italiani (es. una FIAT Ritmo, ora piu conveniente). Ad alcuni questo potra' parere un bene (i fan del protezionismo e delle Ritmo non mancano mai), ma quei consumatori evidentemente stavano meglio prima perche' la qualita del loro paneire di consumo e' peggiorata dopo la svalutazione (se avessero preferito la Ritmo alla Golf la avrebbero comprata anche prima della svalutazione). Se si ritiene che il destino dell’Italia sia quello di poter competere solamente con paesi a medio livello di sviluppo, come la Polonia o la Turchia, l’uscita dall’euro sarebbe il modo più veloce e meno doloroso per raggiungere quell’obiettivo. Con salari polacchi saremmo molto competitivi rispetto ai polacchi. Ma il potere d'acquisto derivante da una giornata di lavoro sarebbe inferiore a quello attuale. Se invece si ritiene di poter competere con i paesi sviluppati, allora non c’è regime di cambio che tenga: è necessario rendere il paese più competitivo attraverso cambiamenti che aumentino la produttività del lavoro. La Germania compete da 50 anni con i paesi più avanzati del mondo nonostante una valuta molto forte, perché' produce beni di elevata qualità la cui domanda non risente della concorrenza dei paesi emergenti. Pensare di usare il cambio come scorciatoia per evitare le riforme non è solamente illusorio, è controproducente: dopo la svalutazione del 1992 le imprese italiane hanno sfruttato il temporaneo vantaggio del cambio svalutato invece di mettere in atto difficili processi di ristrutturazione.[3] Quale paese vogliamo? In sintesi, la decisione sula permanenza nell'euro è legata alla visione che si ha del paese. Se riteniamo che non sia in grado di competere con gli altri paesi avanzati, a causa di una amministrazione pubblica inefficiente che frena le innovazioni e le ristrutturazioni, delle rigidità nel mercato del lavoro, di un mercato dei capitali incapace di sostenere la crescita delle imprese con potenzialità di crescita, di infrastrutture fatiscenti, allora uscire dall’euro è una scelta coerente. Lo ribadiamo: ciò significherebbe allineare il reddito degli italiani a quello dei paesi meno sviluppati. Se invece vogliamo giocare la partita nella serie A, e portare i salari italiani a livello di quelli tedeschi, non esistono scorciatoie legate al regime di cambio: si devono fare le riforme che permettano alla produttività di ricominciare a crescere, recuperando il terreno che stiamo perdendo da quasi vent’anni. --- #F_START# size=3 color=blue #F_MID# OK... Ma perchè dopo aver fatto notare tutto questo allora tu (zibordi) sei per uscire dall'Euro ? Perchè, come spiegato in tanti modi diversi qui e nel libro con Hoepli, non mi sono mai sognato di dire che devi ritornare alla Lira per decreto, facendo convertire una domenica tutti i conti bancari da Euro a Lira e abolendo l'uso dell'Euro in Italia per legge. Questo è stupido, non funziona, non è assolutamente necessario! #F_START# size=5 color=blue #F_MID# Il partito della Lira perderà se continua a minacciare che un giorno X il governo chude le banche e quando le riapre tutti si ritrovano i conti bancari e ogni altra cosa in Lire.#F_END# Non occorre però assolutamente abolire l'uso dell'Euro in Italia, basta cominciare invece da parte dello Stato italiano di creare moneta sotto forma di crediti fiscali senza uscire dall'Euro. Poi dopo due anni quando l'economia si è ripresa, lo Stato italiano decide di incassare le tasse solo in Lire... ecc... cioè arrivi gradualmente nel giro di quattro-cinque anni ad usare prevalentemente la Lira in Italia SENZA MAI ABOLIRE PER LEGGE O CONVERTIRE PER LEGGE GLI EURO IN LIRE In secondo luogo bisogna piantarla di dire che ritorni ad usare una moneta nazionale per svalutare. A che 'azzo serve svalutare se non a inviare all'estero merci prodotte in Italia in cambio di moneta estera ? E se il problema al momento è la scarsità di moneta perchè allora non crearne da parte dello stato SENZA INDEBITARSI ? Costa molto meno fatica e risorse che svalutare per esportare di più no ? E il problema della competitività, della produttività delle imprese italiane ? Per la madonna, ma se in italia paghi il 65% di tasse (se le conteggi tutte) e in Asia e tra le multinazionali si paga tra il 20 e il 25% perchè non proviamo a ridurre le tasse della metà ? E se metà o più della busta paga che l'azienda o il datore di lavoro paga finisce in tasse allo stato perchè non proviamo a dimezzare le tasse che pesano sulla busta paga ? Vedrai che dopo la produttività e la competitività delle imprese italiane non saranno piu un gran problema #F_END#

 

  By: lutrom on Sabato 20 Dicembre 2014 19:03

Questi troioni della troika non sono così scemi, loro VOGLIONO sbagliare le loro previsioni, SANNO di sbagliarle: ed intanto i polli abboccano e vengono spennati, le pecore vengono tosate, il tutto mentre, in questa bella "FATTORIA", i somari ragliano sempre più forte... ^Nella vecchia fattoria...#www.youtube.com/watch?v=YhCY_6rf-HQ^

 

  By: XTOL on Sabato 20 Dicembre 2014 18:16

gz, per smontare boldrin e qualsiasi altro sparaformule bocconharvardiano dovrebbe essere sufficiente mettergli sotto il naso l'infinita serie di previsioni sballate fatte dalla troika (che suppongo si serva dei loro modelli previsionali).. il problema che sembra estraneo alla discussione e invece a parer mio dovrebbe essere centrale è che si straparla della direzione e mai dell'obiettivo finale. se cominciamo proponendo ccf, uscita dall'€, default o qualsiasi altro movimento senza aver chiarito qual'è il punto di arrivo, per forza mercati e capitali fuggono precipitosamente. c'è un solo modo per evitarlo: avere una meta chiara, credibile, definitiva. io non vedo in giro niente del genere

 

  By: Ganzo il Magnifico on Sabato 20 Dicembre 2014 13:07

#i#Anti>"Pablo, mettitelo bene nella zucca, dopo il ritorno alla lira ci saranno 10 anni con le pezze al cul."#/i# Certo. Questo Bisogna #b#sempre#/b# dirlo. #b#Guai#/b# a menzionare l' uscita dall' euro #b#senza ripetere#/b# il solito matra rituale, ovvero quanto si soffrirà, quali e quante pezze al c.ulo avremo, come sarà difficile etc. etc. D' altronde i notri giornaletti di terza categoria (penso che siano fra i peggiori del mondo, i giornali egiziani sono meglio) è questo che ci insegnano. Come se ora invece le pezze al cul non ce le avessimo. #i#Moderatore>"Io invece nel dibattito a Ferrara con Marattin ho un poco perso la brocca..."#/i# L' avrei persa anch'io.

Slava Cocaïnii!

 

  By: pablo on Sabato 20 Dicembre 2014 12:54

Certo che so leggere Anti. E che l'uscita dall'Euro, al punto in cui siamo arrivati, sarà dura e dolorosa lo so benissimo e l'ho sempre scritto. Peraltro, credo che qui si pecchi all'eccesso opposto, cioè in pessimismo: ci sono dinamiche che se funzioneranno probabilmente ci consentiranno di rialzare la testa prima. A meno che crolli tutto sul piano internazionale, nel qual caso ci sarebbe poco da fare comunque. Infine, Zibordi non fa come te che guardi solo a uno degli aspetti della questione, ma nei suoi interventi mette in luce sia le problematiche "endogene", come le chiami tu, sia le cause "esterne", che sono più importanti e drammatiche perché "pesano" infinitamente di più.

 

  By: antitrader on Sabato 20 Dicembre 2014 12:40

Pablo, ma sai leggere? Quel pezzo li' smonta definitivamente le posizioni rettilianiche e riporta la discussione sui problemi endogeni (ricordati sempre dell'assessore) e sottolinea il disastro, che comunque ci sara' quando si dovra' uscire dall'euro, tra lo sconcerto di quelli che "torniamo alla lira che si svaluta solo de 20% (sisi, nelle favole), e cosi' facciamo il cul ai tedeschi). Pablo, mettitelo bene nella zucca, dopo il ritorno alla lira ci saranno 10 anni con le pezze al cul.

 

  By: pablo on Sabato 20 Dicembre 2014 12:33

Oh, Anti, un intervento ben fatto! Vedi che se ti impegni... :-) Leggiti anche il pezzo su Krugman & Co. globalisti contro chiunque tenti di riparare il disastro con politiche "nazionali". Se metti insieme tutto viene fuori un quadro abbastanza chiaro. Il punto che i pensionati e gli statali (statali che saranno pure troppi, ma per far funzionare un Paese e la sua economia va detto che servono e non poco, anche solo per le dinamiche economiche che si reggono sull'equilibrio fra pubblico e privato), il punto dicevo è che pensionati e statali non si rendono ben conto che questo sistema reggerà ancora per poco, dopo di che le pensioni saranno azzerate e i posti pubblici tagliati e falcidiati come in Grecia. Qualcuno glielo deve spiegare con onestà: Zibordi, scenda nell'Arena e faccia il suo dovere!!!

 

  By: antitrader on Sabato 20 Dicembre 2014 12:26

Ottimo pezzo Mod (per contenuto e per come e' scritto). Finalmente si smontano le facilonerie sull'uscita dall'euro e la leggenda secondo la quale le nostre disgrazie dipendono sempre dagli altri. Molto significativo rilevare come Bagnai, quando e' inter pares, dice cose un po' diverse rispetto a quando deve arringare la sua claque. Anche io penso che Grillo e Salvini faranno un buco nell'acqua con l'uscita dall'euro, in una nazione ostaggio di pensionati (16,5 milioni) e dipendenti pubblici (3,5 milioni) non avrai mai la maggioranza e, alla fine, il ritorno alla lira ci potra' essere solo sotto i colpi dei mercati che ci faranno a pezzi quando la situazione sfuggira' di mano anche a Draghi (*). Cosa hanno fatto i governi durante l'epoca euro? NIENTE! Solo Monti stava facendo qualcosa, purtroppo ha sbagliato completamente la mira, ad es. sulle pensioni doveva falcidiare quelle esistenti e non obbligare i vecchi decrepiti a "lavorare" (e mandare i giovani al bar), doveva colpire la spesa pubblica e invece, a mo' di un cav qualsiasi, si e' limitato a spremere ulteriormrnte di tasse famiglie e imprese. (*) l'ultima bizzarria e' che il QE (di solo 500 miliardi) non lo fara' direttamente la BCE ma lo faranno le singole banche centrali nazionali (finanziate dalla BCE presumo), in sostanza i tedeschi si fidano piu' delle banche centrali nazionali che degli stati piigs.

 

  By: pablo on Sabato 20 Dicembre 2014 12:24

Zibordi, glielo dico chiaramente e penso che molti qui siano d'accordo con me: visto ciò che ha spiegato e ciò che ha analizzato con tanta perizia, credo che sia un suo preciso dovere morale scendere nell'arena e cominciare ad andare per dibattiti a smontare i discorsi pseudo-modelli-matematici dei Boldrin e compagnia cantante. Fra tutti gli articoli e le analisi che quotidianamente leggo in giro, i migliori e più puntuali sono i suoi (e di persona solo Paolo Barnard ha lo stesso potenziale, una preparazione notevole e un'intelligenza grandiosa: peccato che il suo carattere incontrollabile gli faccia perdere appeal e a volte credibilità, perché ascoltarlo vis-a-vis in privato mentre ti spiega certi argomenti tecnici rendendoli comprensibili è un piacere per il cervello). Insomma: Zibordi, è il momento di mettersi in gioco!!!

 

  By: lmwillys on Sabato 20 Dicembre 2014 10:45

vabbé, bagnai è quello che è, sbraita e sproloquia quotidianamente contro l'euro e la flessibilità tanto apprezzate nel 1997 http://www.unich.it/docenti/bagnai/research/Eur.pdf e https://www.youtube.com/watch?v=AuomidqPKD8 ... certo ... io riservo il mio fankulo anche agli economisti contrapposti de 'svalutazione o no, senza drammatici, dolorosi e lunghi cambiamenti strutturali da questa situazione non se ne esce.' ... globalizzazione e libera circolazione dei capitali sono il problema, io non voglio 'dolorosi cambiamenti', voglio godere :-)

Michele Boldrin su uscita dall'euro, svalutazione e ripresa - Moderatore  

  By: Moderatore on Sabato 20 Dicembre 2014 03:10

Non bisogna pensare che tutti siano dei bolliti come Monti, Prodi, Saccomanni o Padoan o dei venduti alle banche come Draghi o la Reichlin o dei sprovveduti o deficienti come quelli che i partiti mettono in campo nei dibattiti sulla crisi e l'euro. C'è anche gente indipendente, intelligente e aggressiva che devi sconfiggere, come Michele Boldrin o Francesco Lippi. Nonostante sostenga tesi di fatto nocive per l'Italia, ^Boldrin#http://www.micheleboldrin.com/^ ad esempio è tutto meno che uno stupido e non solo perchè ha ^pubblicato tanti paper di taglio matematico#http://www.micheleboldrin.com/currentcv.pdf^ con i top economisti in america ed è un economista accademico noto a livello internazionale. E' uno tosto sia come prof che anche nelle discussioni, qui un video dove ^Boldrin maltratta Bagnai e gli anti-euro senza che l'altro riesca a dirgli molto#https://www.youtube.com/watch?v=YKsg3kZwTGc^ e quando si arriverà a dibattiti veri sull'uscita dall'Euro farà a pezzi i nostri eroi del ritorno alla Lira. ^Francesco Lippi#https://sites.google.com/site/francescolippi/home^ non è aggressivo, ma anche lui nel dibattito a Pescara in novembre sull'Euro se guardi ^ha demolito senza difficoltà il discorso di ritorno alla Lira#https://www.youtube.com/watch?v=etzZqn6moME^ di Bagnai. E anche Boltho di Oxford che dice: #i# "Magari! magari uscire dall'Euro fosse così facile, lo vorremmo tutti".#/i# ^Michele Boldrin#http://www.micheleboldrin.com/^ è noto perchè lo vedi in televisione ed è il fondatore di Fermare il Declino con Zingales e Oscar Giannino (entrambi poi ritiratisi per cui ne è ora lui il capo) e nelle sue apparizioni pubbliche ha perfenzionato uno stile aggressivo un poco "alla Sgarbi" di parlare di economia che gli garantisce un posto a Ballarò e nei talk show dove gioca la parte del duro liberista. I discorsi di Boldrin sull'economia non sono affatto superficiali, hanno sempre consistenza logica e sono documentati, purtroppo riflettono la visione di chi ha passato 30 anni a studiare e pubblicare di teoria economica in America. Per ragioni che non è così semplice spiegare, la teoria economica attuale è diventata sostanzialmente della matematica, dell'algebra lineare, dei sistemi di equazioni con postulati, teoremi e lemmi e poi dei test statistici. Se oggi vuoi vincere una borsa di studio e poi un posto all'università in economia devi imparare della matematica e scrivere dei sistemi di equazioni che dimostrino quello che vuoi dire. Come tutti i lavori di matematica, i paper di economia attuali sono difficili e risultano arcani a chiunque non abbia fatto un PHD, per cui hanno creato nella gente che arriva ad avere il posto in un università importante un senso di superiorità rispetto al resto della gente che non si è sobbarcata questa fatica con la matematica e lo stesso vuole parlare con loro di debito, occupazione, moneta, euro... Gli economisti oggi sono quasi tutti molto solidali tra loro, anche quando in apparenza sono di scuole diverse e sostengono tesi totalmente opposte. Ad esempio, Bagnai che sembra così aggressivo e sul suo blog insulta chi avanza dubbi sul ritorno alla lira, al suo convegno invece sull'Euro trattava con deferenza Boldrin in quanto matematicamente superiore, anche se gli ridicolizzava il ritorno alla lira. Altro esempio: il Luigi Marattin del PD, uno degli economisti dell'entourage di Renzi, che insegna a Bologna e con cui ho avuto un dibattito a Ferrara (finito male), ha invitato Boldrin alla festa dell'Unità anche se questo è un reaganiano-thatcheriano-liberista e lui dovrebbe essere di sinistra con il rispetto per l'accademico di livello superiore al suo... Io invece ^nel dibattito a Ferrara con Marattin ho un poco perso la brocca#https://www.youtube.com/watch?v=4RAti9sgPxw^ e gli ho cominciato a dire che non capiva un 'azzo della moneta fino a quando non se ne è scappato via, ma appunto non faccio il professore... e ho visto a sufficienza dei loro modellini di equazioni per sapere che sono finzioni #F_START# size=3 color=blue #F_MID#Tra di loro invece i professori di economia sono diventati una casta solidale, cementata da questa astrusa teoria in forma matematica che devono digerire con fatica e che per la sua complessità matemtica viene sentita come una scienza#F_END#. E' solo con la gente che lavora fuori dall'università che non si capiscono..perchè gli obietta che la loro teoria qui da noi produce miseria e non ce ne importa che invece in per la Cina o per le banche tutto vada bene. Il problema è infatti che i postulati su cui sono costruiti questi modelli di algebra lineare dell'economia sono fasulli. Ad esempio ipotizzano che la moneta esista già e non venga creata, che esistano solo individui e non collettività ecc... vedi ^Richard Werner per una rassegna dei postulati assurdi#https://www.google.it/webhp?sourceid=chrome-instant&ion=1&espv=2&es_th=1&ie=UTF-8#q=richard%20werner^ su cui tutta l'economia attuale si basa, oppure Steve Keen e naturalmente il nostro Warren Mosler ( e anche i capitoli sulla moneta del mio libro) Detto questo però uno come Boldrin nei dibattiti che ci saranno sull'Euro e la Lira farà a pezzi gli oppositori, basta ^vedere lui e Bagnai nel video e chi vince...#https://www.youtube.com/watch?v=YKsg3kZwTGc^. Immagina il giorno che il M5S mandi DiMaio o qualcun altro a spiegare il ritorno alla lira in TV e si trovi di fronte Boldrin... (non so se riesco a spiegarmi bene: io sono per il ritorno ad una moneta (e Banca Centrale) nazionale e l'uscita dall'Eurozona... ma se confronti quello che dicono Bagnai o Borghi che sono per la Lira e Boldrin che è contro, gli argomenti logici sono dalla parte del secondo. Idem se prendi il materiale No-Euro del M5S (che è copiato di sana pianta da Borghi & Bagnai!). Bisogna sapere argomentare, bisogna sapere quello che si dice, altrimenti incontrerai gente come Boldrin e Lippi e quelli ti possono asfaltare se non stai attento... Leggi durante le vacanze #F_START# size=3 color=blue #F_MID#questo articolo serio di Boldrin e Lippi, che smontano le tesi per molti versi superficiali di Bagnai sul ritorno alla lira#F_END#, leggi anche la marea di commenti, tra cui ad es. quelli ^di Iodice di "Keynes Blog"#http://keynesblog.com/about/^ che è del PD e keynesiano ma concorda con Boldrin...) ---- ^"Uscita dall'euro, svalutazione, ripresa. Riflessioni dopo un week end di dibattiti"#http://noisefromamerika.org/articolo/uscita-dall-euro-svalutazione-ripresa-riflessioni-dopo-week-end-dibattiti^ michele boldrin e francesco lippi, 19 novembre 2014 Abbiamo passato (parte de) il week-end 8/9 novembre a Pescara, ospiti di Alberto Bagnai (il quale è stato un molto cortese e grazioso padrone di casa e che ringraziamo qui pubblicamente sia per la disponibilita' al confronto che per l'ospitalita' dataci) per contribuire a due dibattiti sul noto tema "Euro & Europa". Facciamo qui alcune riflessioni su quanto appreso evitando (fino all'ultimo) di "entrare in politica" o di dare opinioni su svariati soggetti coinvolti nell'impresa che Bagnai sembra dirigere. Ci atteniamo, nei limiti del possibile, alla sostanza economica della questione "Benefici per l'Italia dall'uscita da Euro ed Europa". Nonostante il tema del meeting di Pescara fosse abbastanza generale si è finiti, almeno nelle due sessioni a cui abbiamo contribuito, a parlar solo di uscita dall'Euro, dei supposti guadagni che questo garantirebbe all'Italia, delle colpe della Unione Europea e così via. Sembrava, in particolare, che tutti i partecipanti (da Bagnai all'ultimo dei seguaci, passando per gli adepti illustri Alemanno-Bertinotti(?)-Fassina-Meloni-Salvini) fossero convinti del fatto che la continua recessione italiana (13 trimestri, and counting) si debba praticamente tutta al "vincolo Euro/Europa". Date le premesse impossibile parlar d'altro che di Euro, purtroppo. Il modello di Alberto Bagnai e le sue previsioni Il dibattito a cui ha partecipato Francesco (pomeriggio del giorno 8/11) verteva sulle predizioni del modello econometrico elaborato da Alberto Bagnai (AB da ora) e collaboratori e che era stato usato, nell'occasione, per simulare gli effetti di una uscita dell'Italia dall'Euro ed un ritorno alla Lira. ll modello è di media grandezza (una trentina di equazioni stocastiche e un centinaio di identità contabili), simile a quelli utilizzati nei centri studi di banche centrali e ministeri economici sino alla fine degli anni '80. Questi modelli sono spariti dalla ricerca accademica da almeno 30 anni a causa dei limiti metodologici che li affliggono: essi ignorano, infatti, la risposta degli agenti economici (imprese e famiglie) ai cambiamenti di politiche (si legga il commento (c), sotto, per qualche spiegazione in piu). In ogni caso, va riconosciuto ad AB che, almeno, mette per iscritto e in forma trasparente le proprie ipotesi, il che permette di valutare da cosa egli pensi possa derivare il benefico effetto del ritorno alla lira. Molto meglio questo che le chiacchiere vuote dei politici che ne hanno adottato le teorie o degli sproloqui di alcuni suoi compagni di viaggio. In sintesi il modello di AB simula una fuoriuscita dell'Italia dall'euro accompagnata da due mosse di politica economica: (i) una svalutazione della rinata lira del 20% rispetto alle valute dei partner commerciali più importanti e, (ii) un aumento della spesa pubblica (consumi intermedi, per circa 1% del PIL) congiunto a un aumento del 5% degli occupati pubblici (che implicherebbe un ulteriore mezzo punto di PIL di spesa). Nella simulazione di AB queste politiche accrescono il PIL di circa l'1,5% nell'anno della svalutazione, per poi ritornare sul trend (terminando quindi lo stimolo alla crescita) nell'arco di circa 3 anni. La crescita del PIL avrebbe un effetto positivo sull'occupazione del settore privato (circa mezzo milione in più di occupati) e un modesto effetto sull'inflazione, che salirebbe del 3% annuo dai suoi valori di stato stazionario. Il rapporto debito/PIL scenderebbe (di circa 10 punti rispetto allo scenario di previsione del FMI) mentre i salari reali si ridurrebbero di circa 5 punti percentuali in 5 anni come conseguenza della maggiore inflazione e dell'accresciuto costo delle importazioni. Le osservazioni critiche di Francesco I commenti di Francesco (FL da ora) sono cosi riassumbili (slides scaricabili qui): a) La simulazione è condotta sotto l'ipotesi che l'uscita dell'Italia dall'euro non abbia ripercussioni sui tassi di interesse a lunga del debito pubblico (che in termini reali, nella simulazione di AB, addirittura si riducono leggermente). La simulazione postula inoltre che il debito venga ridenominato in (nuove) lire creando di fatto un default parziale (pari alla svalutazione della Lira) per tutti i detentori che vogliano essere rimborsati al valore facciale in euro del debito (la questione giuridica, peraltro complessa, darebbe origine a infinite dispute forensi). Non sono considerate le ripercussioni (potenzialmente micidiali) che tale manovra avrebbe sulla solidità patrimoniale degli intermediari finanziari. Quanto sono verosimili queste ipotesi? Le recenti esperienze dei nostri vicini in odore di default (Grecia e Portogallo) hanno fatto registrare impennate impressionanti dei tassi di interesse reali. Sarebbe probabilmente più verosimile ipotizzare che l'uscita dall'Euro si accompagnasse a una chiusura del mercato dei capitali verso l'estero (una tassa sui risparmiatori italiani). Un'ulteriore complicazione potrebbe essere l'insorgere di una "crisi finanziaria sistemica'': l'uscita dell'Italia potrebbe scatenare la rottura di tutta l'architettura euro, con conseguenze sul commercio e, soprattutto, sui bilanci degli intermediari finanziari italiani, i cui stati patrimoniali non sono floridi. Un'ulteriore perdita di valore dei titoli sovrani detenuti nel portafoglio delle nostre banche porterebbe, verosimilmente, a un congelamento del credito. Come discusso altrove in questi casi di solito si manifestano grandi recessioni (intorno al -10% del PIL nell'anno della crisi). b) A parte le ipotesi rosee sul contesto di contorno, i risultati riflettono l'ipotesi di un moltiplicatore fiscale piuttosto alto (intorno a circa 2). Le stime del moltiplicatore fiscale sono incerte e controverse, ma per la maggioranza degli studi empirici il valore usato da AB è tra i piu elevati. Inoltre, nel modello di AB la svalutazione ha effetti atipici: essa riduce i consumi reali ed il PIL (questi gli effetti di una svalutazione dell'euro (senza rottura dell'unione) discussi nella versione preliminare del paper di AB). Nella simulazione tali effetti negativi vengono compensati dalla grande espansione di spesa pubblica finanziata a debito. Interessante anche osservare come la simulazione preveda che la manovra conduca a una netta riduzione dei salari reali. Questa previsione accomuna il modello di AB alla maggioranza dei modelli di commercio internazionale moderni, in cui le conseguenze reali di una svalutazione del cambio nominale possono essere replicate (a saldo di bilancio invariato) da una "svalutazione fiscale'', per esempio riducendo le imposte sul lavoro e aumentando l'IVA sui consumi dei residenti. I modelli di economia aperta mostrano che la svalutazione è, nei fatti, un sussidio all'export finanziato da una tassa all'import. Il cambio nominale non è l'unico modo per implementarla, se proprio la si desidera (si veda il paragrafo sulle "svalutazioni fiscali", qui). L'altra caratteristica che accomuna il modello di AB alle analisi moderne è che l'effetto della svalutazione è temporaneo. A differenza delle storie che si raccontano nei comizi, in TV o su Twitter, l'omogeneità nominale del modello richiede che necessariamente l'effetto della svalutazione svanisca nel giro di qualche tempo. Nessuna magia quindi: se svalutare fosse davvero l'unico modo che l'Italia ha per crescere, uscendo dall'euro imboccheremmo la strada delle svalutazioni ripetute. c) I grandi modelli econometrici simili a quello discusso da AB sono scomparsi dalla ricerca accademica (e, in quella forma, dalle banche centrali) in seguito ad un grande fallimento empirico: quello di non poter dar conto della stagflazione degli anni '70, e della conseguente "scomparsa" della curva di Phillips. Le ragioni di questa discrepanza sono note: questo tipo di modelli utilizza relazioni di forma ridotta che non dipendono dal tipo di politica economica adottata. Per esempio, in un mondo in cui l'inflazione è bassa, gli agenti detengono molti titoli nominali e non indicizzano i salari al tasso di inflazione. Ma è ingenuo ipotizzare, come questi modelli fanno, che i comportamenti rimarrebbero gli stessi se si passasse a un regime di alta inflazione. I modelli macroeconomici costruiti dai primi anni 80 in poi fanno dell'interazione tra politiche e reazioni di consumatori (imprese e banche) il fulcro dell'analisi. Poiché questo comporta un aumento delle esigenze computazionali, la scala dei modelli (numero di equazioni e numero di fattori stocastici coinvolti) è stata drasticamente ridotta a poche equazioni. I modelloni stile AB, comunque integrati da qualche forma di "risposta allla policy da parte degli agenti'', rimangono in uso presso le istituzioni di policy dov'è necessario fare previsioni coerenti (nel senso della contabilità nazionale) per molti aggregati, come succede al Tesoro quando si prepara la legge di bilancio (a questo servono le molte identità contabili). Ma conoscere questi modelli vuol dire in primis capirne i limiti, e le condizioni di uso appropriato: essi sono al massimo buoni per previsioni economiche che riguardano piccole variazioni di breve termine intorno alla "norma'', cioe al comportamento e alla politica economica seguite sino ad allora. Utilizzare un modello così fatto per studiare le conseguenze di un grande cambiamento strutturale, come l'uscita dell'Italia dall'euro e la probabile crisi sistemica descritta al punto (a) equivale, per usare le parole dello stesso AB, a fare ipotesi eroiche. Un po' come assumere che il comportamento degli uccellini sul balcone non dipenda dalla presenza del gatto. d) Nel preparare la discussione FL ha ricevuto diversi aggiornamenti del lavoro di AB, come spesso succede quando un paper è ancora in fase di preparazione. Piccoli cambiamenti delle politiche economiche ipotizzati nelle diverse versioni parevano implicare grandi differenze nei risultati rispetto alla crescita degli occupati o ale variazioni del rapporto debito/PIL. Tutti i modelli sono per natura incerti. Tuttavia quantificare l'incertezza intorno alle previsioni sarebbe utile, per dare ai lettori un'idea di quanto siano affidabili. Cercare di valutare con precisione le opzioni sul tavolo, incluso il possibile abbandono dell'euro, o la rinegoziazione del debito pubblico, è un esercizio utile. Sarebbe sbagliato considerare l'attuale situazione come una camicia di forza dalla quale non si può uscire: come i matrimoni, le unioni monetarie nascono con l'idea di durare per sempre ma a volte finiscono anzitempo, ed è utile che esista questa opzione (come nel paper 2006 di Fuchs e Lippi , che formalizza la formazione di un'unione monetaria, e la possibile successiva rottura, in un modello dinamico). Le risposte che oggi possiamo dare sono parecchio incerte, è bene riconoscerlo. L'analisi degli episodi di default sovrani (anche parziali) suggerisce che un'eventuale uscita non sarebbe una passeggiata, come nel modello di AB, ma sarebbe accompagnata da un ulteriore notevole inasprimento della recessione. Potrebbe ancora essere la cosa migliore da fare: se il paese riconosce di poter competere solamente con l'Europa dell'Est è bene adottare subito salari da Europa dell'Est, non vi pare? Due o tre svalutazioni così e, nel giro di un decennio circa, il gioco è fatto. Quanto, della stagnazione, è dovuto all'euro? La seconda parte della discussione di FL si chiede quanto sia sensato attribuire al cambio fisso rispetto ai paesi dell'area euro la grave situazione economica dell'Italia di oggi. Innanzitutto l'analisi dei dati sulla crescita mostra che il nostro è un problema strutturale, non ciclico: la bassa crescita italiana comincia nei primi anni 90, quando ha inizio una stagnazione della produttività del lavoro (prodotto su ora lavorata) che da allora non fa che aggravarsi, fino a oggi (vedere le figure nelle slides). Un dato straordinario è che la stagnazione della produttività in Italia si registra in tutti i settori produttivi, non solo nei servizi, ma anche nel settore manifatturiero (in questo siamo unici, anche tra i PIIGS). Tra le imprese italiane che fanno meglio in termini di produttività ci sono proprio quelle che esportano (e, ovviamente, non a caso esportano). Ma un'analisi macro coerente, con moltiplicatori sensati, suggerisce che la crescita non può venire solamente dall'export. Questi dati dovrebbero far nascere seri sospetti sull'ipotesi che il problema dell'Italia origini in gran parte da un vincolo esterno. La recessione legata all'ultima crisi finanziaria globale ha certo peggiorato le cose, ma è stata un'influenza che si è aggiunta a uno stato di salute già parecchio precario. Ne è riprova che mentre oggi molti paesi (europei e non) ricominciano a crescere, l'Italia rimane in recessione (da 13 trimestri). Anche questi dati suggerirebbero di non pensare al cambio (una rigidità nominale), i cui effetti possono al più essere temporanei. Sebbene l'identificazione delle cause prime del declino italiano sia impresa ardua, molte analisi puntano alle pervasive rigidità strutturali che caratterizzano il nostro paese: un sistema avverso all'attività d'impresa, un'inefficiente e pervasiva amministrazione pubblica, un sistema della giustizia che paralizza le controversie civili e ostacola la presenza di attività di ristrutturazione d'impresa, un sistema finanziario fortemente influenzato da cordate politiche e relazioni di scambio (leggi fondazioni bancarie), un cattivo sistema d'istruzione superiore e universitario ed una pessima gestione delle risorse ad esso destinate. La litania è ben nota ai lettori di questo blog, quindi non insisteremo. Il dibattito tra Michele e Alberto Bagnai D'altro canto, quello delle cause profonde del declino italiano doveva essere il tema del dibattito fra Michele Boldrin (d'ora in poi MB) e AB, avvenuto il giorno dopo, 9 novembre. Un confronto a due, moderato dal giornalista Mario Giordano, sui mali italiani e su cosa bisognerebbe fare per curarli. Riassumerlo è piuttosto complicato (potete vedervelo nella registrazione indicata nel sommario) per cui cercheremo di darne una sintesi, inevitabilmente di parte, per temi. Di temi, alla fine, ce n'è stato uno solo che era ed è quello caro all'ospite: l'Euro ci fa male ed occorre uscirne. L'argomento di AB è semplice e si articola su quattro punti: Come Bagnai propone di fermare il declino 1) L'Euro impedisce la svalutazione dei prezzi (dei prodotti italiani sui mercati esteri) indipendentemente da quelli degli altri paesi europei, Germania in primis. Le imprese italiane hanno prezzi troppo alti (dati i loro costi, evidentemente) e non potendo svalutare i loro prezzi senza che lo facciano anche le imprese degli altri paesi europei hanno difficoltà a vendere all'estero. 2) L'Euro, via patto di stabilità e il non finanziamento del debito pubblico italiano attraverso l'emissione di moneta di una banca centrale nazionale che non esiste più, impedisce allo stato italiano di fare un deficit maggiore del 3% circa concordato con gli altri partner europei. Questo ostacola la crescita del paese. 3) Uscendo dall'Euro e ritornando alla lira i prezzi dei prodotti italiani all'estero potrebbero ridursi, via svalutazione, quando espressi in monete estere ("Euro-tedesco", Yuan, Yen, Dollaro, eccetera) e questo permetterebbe alle imprese italiane esportatrici di crescere. La loro crescita si trasformerebbe in crescita dell'occupazione e del reddito italiano. 4) Uscendo dall'Euro la spesa pubblica (finanziata in deficit) italiana potrebbe crescere maggiormente di quanto non faccia o abbia fatto sino a ora e questa addizionale "domanda interna" permetterebbe alle imprese che producono per il mercato interndo di accrescere occupazione e valore aggiunto. Questa la "ricetta AB", crediamo onestamente riprodotta. Che dire? Due commenti Ancora una volta solo due commenti sono possibili. Il primo guarda all'esperienza storica italiana e non (senza andare troppo indietro nel tempo basta guardare ai risultati di Abenomics in Giappone) e conclude che la "ricetta AB" non porta da alcuna parte, anzi probabilmente continua ad aggravare i mali profondi che stanno uccidendo il paese. In fin dei conti la ricetta "svalutazione+spesa pubblica" l'abbiamo già vista messa in pratica da, almeno, la metà degli anni '70 in poi. Non serve riprodurre qui i dettagli delle "svalutazioni competitive" che si sono susseguite da allora sino al 1993 né, tantomeno, è il caso di riportare di quanto la spesa pubblica (finanziata in deficit, con conseguente aumento del debito) sia cresciuta da allora. I risultati sono quelli che tutti hanno davanti o, a voler essere fiscali, avevano davanti sino all'adozione dell'euro. Un paese con un debito pubblico enorme ed una crescita del PIL asfittica e senza dubbio incapace di sostenere il peso del debito stesso tanto da arrivare quasi, nel 1992, al default ed alla crisi finanziaria. Dalle orrende conseguenze della quale venne salvata, nel bene e nel male, proprio dalla prospettiva di adottare l'Euro! Questo per quando riguarda ciò che storia e teoria economica insegnano. Sulla credibilità e fattibilità concreta oggi della proposta di "svalutazione cum spesa extra", il secondo commento possibile, abbiamo già detto a iosa più sopra illustrando la discussione tecnica che FL aveva svolto il giorno precedente. La quale, a nostro avviso, non lascia spazio a dubbi: trattasi, nella migliore delle ipotesi, di cerotto di brevissimo periodo e, nella peggiore, di salto nel buio dalle conseguenze probabilmente drammatiche. La probabile contro-risposta di AB A questa osservazione AB risponderebbe, non ricordiamo lo abbia fatto ma lo facciamo noi, che comunque un minimo di crescita si ottenne durante quegli anni mentre - a partire dalla metà degli anni '90, quando le parità di cambio vennero fissate in preparazione dell'entrata nell'euro qualche anno dopo - le cose sono andate ancora peggio. E questo fatto, incontrovertibile, è il vero oggetto della discussione. Siamo quindi di fronte prima ad un controfattuale: (i) cosa sarebbe successo in Italia se a partire dal 1995-96 circa non ci si fosse indirizzati ad entrare nell'Euro, e poi ad una previsione per il futuro: (ii) cosa succederebbe se, per dire, nel 2015 l'Italia uscisse dall'Euro e ritornasse alla lira e a un finanziamento del deficit pubblico addizionale (e di parte del debito pubblico in scadenza) attraverso l'emissione di lire da parte di una rinata Banca d'Italia. Un controfattuale ed un paradosso: tanto peggio tanto meglio? Esaminiamo qui solo la parte (i) della probabile contro-risposta di AB perché la parte (ii) e' stata discussa attentamente nella sintesi della presentazione di FL ed il verdetto, repetita juvant, è semplice: trattasi non di previsione economica ma di chimera basata su antica numerologia a cui nessuno piu' crede. Durante il suo intervento, e in conversazioni precedenti, AB ha proposto il seguente argomento, derivato da un articolo di tre economisti spagnoli: Jesus Fernandez-Villaverde, Luis Garicano e Tano Santos. Secondo la loro analisi, l'adozione dell'euro ha "allentato" il vincolo di bilancio che la finanza pubblica dei paesi europei "deboli" (PIIGS) dovevano fronteggiare a metà anni '90. Questo allentamento ha permesso alle classi dirigenti di quei paesi di rinviare sine die le riforme strutturali già allora necessarie. Le mancate riforme hanno poi aggravato l'impatto della crisi finanziaria del 2008 su questi paesi e impedito sino a ora il loro ritorno alla crescita (eccezion fatta per l'Irlanda che alla crescita sostanziale sembra essere ritornata, guarda caso ... ah, sta succedendo anche in Spagna e forse in Grecia? Ma guarda un po' ...). L'argomento regge se e solo se si riconosce che questi paesi hanno ricevuto un bonus sostanziale grazie all'adozione dell'euro. Infatti noi concordiamo sia con la premessa dell'argomento (il bonus) sia con le conseguenze (limitandoci all'Italia: riforme strutturali mai fatte, proseguimento e peggioramento delle politiche precedenti) ed è proprio qui il punto che non si vuole intendere. Visto che persino AB (contrariamente a molti suoi seguaci o compari di strada) riconosce che il mega-bonus da euro è esistito (quello che qui ed altrove abbiamo quantificato fra i 500 e gli 800 miliardi di euro di interessi risparmiati) cosa dedurne? Noi ne deduciamo che uscire dall'euro potrebbe implicare l'opposto: i mercati (che, non scordiamocelo, son fatti al 70% da risparmiatori italiani) ci farebbero ripagare quel bonus con salati interessi! E a questo punto torniamo a capo: uscire vuol dire per certo una crisi immane di finanza pubblica e, forse forse, una fiammata di crescita pari a due massimo tre punti di PIL. Poi, a meno di riforme radicali e profonde, si ricomincia a declinare. Dalla premessa, condivisa, AB deriva invece una predizione controfattuale: se l'euro non si fosse adottato il bubbone italiano sarebbe esploso ben prima, durante la seconda metà degli anni '90, e oggi saremmo in una situazione migliore! Migliore perché? Perché il dramma del default sul debito pubblico e della mostruosa recessione che lo avrebbe accompagnato avrebbero spinto gli italiani a scegliersi una classe politica altra da quella che elessero al tempo e nei due decenni seguenti, una classe politica in grado di fare le riforme mai fatte. Si noti che, anche se purtroppo non lo dice mai in pubblico, pure AB concorda su questo punto: l'Italia non uscirà mai dal suo declino di lungo periodo senza una rivoluzione istituzionale ed economica senza precedenti nella sua storia. Solo che, lui dice, le riforme si farebbero se il vincolo diventasse drammaticamente stringente. E qui diventa evidente il paradosso. Da un lato si invoca un "tanto peggio tanto meglio" che, declinato al passato ha ovviamente l'effetto psicologico di illudere i fedeli i quali sono portati a sognare una catarsi che, avendo potuto accadere nel passato, riverbera sul presente solo i suoi (improbabili) effetti benefici (le mitiche riforme adottate under duress) permettendo di rimuovere il fatto che da catastrofi economiche di quel tipo è sempre uscito di peggio e non di meglio a meno di interventi esterni (la troika avrebbe dovuto occuparsi ed occupare l'Italia 20 anni fa, AB? Perché certo BS e Prodi quelle riforme tanto agognate non le avrebbero comunque introdotte!). Insomma, una fiaba di espiazione (i cui costi oggi non sono percepibili) e redenzione (tanto improbabile, alla luce della classe politica che l'Italia aveva allora ed ha oggi), quanto comprensibilmente agognata. Dall'altro si sostiene che fare oggi l'opposto di allora (uscire dall'euro e così via) non avrebbe oggi i costi drammatici che avrebbe avuto allora (rendere il vincolo di bilancio drammaticamente stringente, forzare un default o una monetizzazione massiccia del debito, chiudere il flusso di credito e capitale all'economia nazionale, eccetera) ma solo benefici. I quali benefici, ritorniamo alla discussione di FL, sono tanto imprecisi e di breve periodo quanto altamente improbabili. Stiamo girando in tondo. Infine ... A questo punto la discussione fa cortocircuito, come la registrazione del dibattito fra AB ed MB crediamo provi. Perché, ed è qui il dramma, né AB, né chi lo segue, né, soprattutto, chi cavalca politicamente questa fantasia, ha alcuna intenzione di dire chiaramente agli italiani che, svalutazione o no, senza drammatici, dolorosi e lunghi cambiamenti strutturali da questa situazione non se ne esce. E allora diventano rilevanti i tre mali che MB ha elencato in apertura del dibattito rispondendo alla domanda di Mario Giordano. Che sono (1) la profonda ignoranza che permea la società civile italiana, in generale e sulla situazione economica in particolare; (2) la conseguente ed antica tendenza a credere in fantasie, cospirazioni, bugie ed affermazioni tanto roboanti quanto demenziali nello stile "perfida Albione", "posto al sole", "spezzeremo le reni", "un milione di posti di lavoro" ... e, finalmente, (3) lo stato e la classe politica italiana che sul trinomio ignoranza-menzogne-credulita' continua a costruire il proprio potere guidando il paese ad un declino che, occorre cominciare a dire, la grande maggioranza degli italiani sembra essersi scelto. It's politics, stupid.

 

  By: GZ on Sabato 20 Dicembre 2014 02:55

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  By: temistocle2 on Venerdì 19 Dicembre 2014 22:04

perché pensavano di essere riusciti a comprarsi il voto per il nuovo presidente: "Greek Independent MP Pavlos Haikalis claims he was offered ^EUR 2-3 million in order to vote for Greece's next President"#http://www.zerohedge.com/news/2014-12-19/greek-vote-bribery-scandal-brings-goldmans-worst-case-scenario-closer^ Se 2-3 milioni è costato un deputato greco, quanto gli costerà comprarsi l'elezione di quello italiano? forse è per quello che cercano di eliminare il senato e ridurre i parlamentari...

 

  By: lmwillys on Venerdì 19 Dicembre 2014 09:02

la posizione del prossimo governo greco non è una novità, l'avevo riportata l'11 scorso ... dicevo ... 'Tsipras non vuole uscire dall'euro, vuole che gli ridicolizzino il debito, e senza spremere i privati è una posizione intelligente ... quindi fuori dalla portata dell'ebetino che continua a dire che pagheremo il debito' a noi tutti era nota anche per l'esperienza 'l'altra Europa con Tsipras'