By: Ganzo il Magnifico on Domenica 20 Novembre 2016 11:16
Premetto che non sarò politicamente corretto.
Bisogna tornare indietro di qualche decina di anni (3 o 4). Gli Stati Uniti e l'Europa producevano tecnologia e beni di consumo che essi stessi consumavano; da noi si stava tutto sommato bene, c'era il welfare, le pensioni, i sindacati che difendevano i diritti dei lavoratori, gli industriali e gli imprenditori guadagnavano e in Cina andavano avanti ad una scodella di riso il giorno. Pensando di poter approfittare con la delocalizzazione e l' apertura delle barriere tariffarie della mano d'opera a basso costo della Cina e del sud est asiatico le multinazionali e le grandi aziende hanno voluto la globalizzazione ad ogni costo e l'hanno ottenuta con azioni di lobby sui governi. Il profitto è tutto.
La globalizzazione è inevitabile, ma il problema sono stati i tempi e i modi. Attratti dalla facilità di guadagno i grandi poteri economici hanno spinto per una globalizzazione improvvisa e selvaggia. Non solo, migranti e rifugiati cui è stata spalancata la porta hanno portato in Occidente ad un'ulteriore deflazione salariale. Detto per inciso è' interessante notare che sia stata la sinistra una delle fautrici di questo modello globalizzante. Così abbiamo perso il welfare, le pensioni, i sindacati e gli industriali per guadagnare devono andare altrove. E' stato tirato un uno-due all'Occidente. Una cosa che ho scritto spesso è che il G8 (o G7) e' di fatto il club dei paesi più indebitati del mondo. Non riuscendo più a produrre in modo competitivo (a parte la Germania che ha ricevuto l'aiuto dall'Euro a spese dei paesi mediterranei) o comunque consumando molto di più di quanto riescano a produrre, questi paesi mantengono (in parte) i loro antichi privilegi e il loro antico sviluppo facendo debito. Evidentemente non può durare. La gente comune, quella che vota e fa numero, si accorge che da noi non c'è più il welfare, le pensioni, i sindacati che difendono i diritti dei lavoratori, gli industriali e gli imprenditori che guadagnano. A questi non gli importa molto se in Cina ora non vanno più avanti ad una scodella di riso il giorno ma si possono comprare l' iPhone. Su questo si è innescato poi un altro fenomeno, figlio sempre della globalizzazione: la Rete che permette uno scambio di informazioni "incontrollato" al di fuori delle linee guida dei mainstream media. La massa che vota può attingere con facilità alle informazioni che non rientrano tra quelle "ufficiali", cioè fra quelle pagate dal grande capitale che guadagna dalla globalizzazione. Questo sta portando verso un riflusso, il Brexit e Trump hanno vinto sugli stessi temi isolazionisti. Così come il FN in Francia è divenuto il primo partito. Ed è un errore pensare che il trumpismo sia un "white nationalism". Nella sua semplicità non è razzista. Il trumpismo è semplicemente un "nationalism", inclusivo di neri, bianchi, ispanici (ma ovviamente solo quelli residenti) di tutti quelli cioè che si sentono oggi privati dei diritti e di un benessere che un tempo possedevano... perché come scriveva Gianlini sono solo i motivi economici che spingono ora, non quelli ideologici. Ed è facile prevedere che in Italia su questi stessi temi "populistici" Renzi perda il referendum e il M5S vinca le prossime elezioni. Sono stati fatti grossi errori, e la vecchia classe politica rischia di essere spazzata via. Juncker quando appare in televisione è già un morto che cammina. Chi rappresenta più se non una classe politica di zombie? Tremonti, forse il più intelligente e preparato tra politici italiani avvertì in "Rischi fatali" e ne "La paura e la speranza" che un globalismo selvaggio sarebbe stato pericolosissimo. E si era nel 2006. Il globalismo è sì inevitabile ma va dato tempo al tempo. Puoi aprire completamente i mercati alla Cina ma solo quando là avranno un tenore di vita ragionevolmente simile al nostro. Non è stato fatto così e risorge ora un nuovo vento, che nasce su basi esclusivamente economiche, come scriveva Gianlini. Sono i NAZIONALISMI. Nazionalismi, questa volta economici e non ideologici, non più basati cioè sulla lingua, l'etnia, la cultura o la religione ma solo su interessi meramente economici. Su interessi locali.