La Moneta Elettronica di Stato (conti correnti presso il Tesoro che pagano interessi)

 

  By: traderosca on Lunedì 20 Ottobre 2014 22:05

Hobi, Il programma di Credt easing della BCE è di sicuro interesse che con gli interventi non covenzionali dell'acquisto di ABS e LTRO possa realmente diminuire il credit crunch, tuttavia la riuscita del disegno dipende dalla domanda del credito che famiglie e imprese oggi non chiedono per le prospettive economiche negative.Occorre ridare fiducia al sistema economico con misure di rilancio strutturale(riforme economiche,stimoli fiscali) di competenza dei governi.Tuttavia l'opera della BCE è incompleta,solo con un vero QE (acquisto di bond pubblici) potrebbe tornare fiducia nei mercati e delle economie.

 

  By: hobi50 on Lunedì 20 Ottobre 2014 15:19

I covered bond li ha sempre comprati la Bce. E non c'è nulla di male perché in passato le "garanzie" erano di elevata qualità. Negli ABS invece ,hanno messo dentro degli assets meno buoni . E per renderli un po più appettibili da parte dei compratori(BCE nella fattispecie) li hanno strutturati tipo CDO con tranche "senior" e "mezzanine ". Hobi

 

  By: traderosca on Lunedì 20 Ottobre 2014 14:40

Hobi,iniziato il surrogato QE europeo,quando l'originale? ECB SAYS HAS STARTED PURCHASES OF COVERED BONDS

 

  By: hobi50 on Lunedì 20 Ottobre 2014 14:10

Mosler è sempre interessante e dice anche cose molto semplici. Semmai ,spesso,la difficoltà sta nel ribaltamento da parte sua del comune modo di pensare. Stranamente non ho ancora letto nulla in risposta da parte del cosiddetto "mainstream ". In attesa alcune considerazioni sui tassi di interesse. E' ovvio che un aumento dei tassi di interesse provoca un MIGLIORAMENTO nello stato patrimoniale ( ed anche al conto economico ) dei PERCETTORI di tali redditi finanziari,ed un CORRISPONDENTE peggioramento di coloro che invece sopportano maggiori costi finanziari. Esaminiamoli singolarmente e cerchiamo di intuire se,come afferma Mosler ,aumenta la domanda aggregata qualora aumentino i tassi di interesse. Per prima dedichiamoci ai PERCETTORI. Normalmente mi chiederei a quale classe sociale appartengono . A spanne direi classe MEDIO - ALTA. Se devo riferirmi a quello che mi circonda non conosco una persona che modifica sostanzialmente i propri consumi in funzione degli interessi (dividendi-capital gain percepiti ). Il mese scorso ho perso il 2,5% del mio capitale finanziario e ,domenica,ho ordinato 54 bottiglie di ottimo vino ... Ma ,in particolari circostanze economiche ,anche la classe bassa potrebbe non tramutare in consumi i maggiori redditi finanziari ...piovuti dal cielo( caso degli 80 Euro di Renzi ). Infine c'è il solito problema della dispersione dell'incremento di domanda aggregata su beni di produzione estera ( classico caso dei telefonini Apple ). Adesso siccome si tratta di tirare un po' di numeri al lotto su quanta parte dell'incremento di interessi attivi si traduce realmente in domanda aggregata,lascio volentieri l'incombenza agli economisti del forum sempre molti abili a giocare sui numeri quanto scarsi a maneggiare concetti ... Ed adesso veniamo ai PAGATORI di maggiori oneri finanziari. Trattasi soprattutto di AZIENDE e CONSUMATORI. Una parte di essi, all'aumento dei tassi , passa immediatamente nella categoria degli ZOMBIE. Un'altra parte ( quella che è finanziariamente più solida ) vedendo peggiorare il proprio conto economico tenta ,normalmente ,la strada della riduzione dei costi ( alias ..austerity aziendale). Ma tutte le aziende vedono alzarsi il break even dei nuovi progetti di investimento che inevitabilmente diminuiscono. Non mi sembra in conclusione verosimile che un aumento dei tassi porti un incremento dell'attività economica. Hobi

NON ESISTE UN MOMENTO GIUSTO IN CUI LA FED AUMENTI IL TASSO DI INTERESSE! - Moderator  

  By: Moderator on Lunedì 20 Ottobre 2014 12:29

di #b#Warren Mosler#/b# - da ^ReteMMT.it#www.retemmt.it^ #b#Introduzione#/b# Io respingo la convinzione che l’economia sia solida e che stia operando a un livello prossimo alla piena occupazione. Rifiuto inoltre la convinzione che una politica di tassi 0% sia inflazionistica, supporti la domanda aggregata, o indebolisca la valuta, o che tassi più elevati rallentino l’economia e riducano l’inflazione. In aggiunta, rifiuto il punto di vista mainstream secondo il quale l’economia sta concretamente migliorando, la perdita di produzione è in corso di recupero, e l’inflazione sta aumentando e riavvicinandosi al target della FED. Ciò che sto sostenendo è che la FED e il mainstream vedono alla rovescia il modo in cui i tassi di interesse interagiscono con l’economia. Hanno idee sottosopra riguardo lo stato di salute attuale dell’economia e l’inflazione e, di conseguenza, la loro discussione sulla politica monetaria appropriata è totalmente confusa e inapplicabile. Inoltre, anche se io sono conscio del fatto che innalzare i tassi di interesse rafforza sia domanda aggregata che inflazione, mi oppongo categoricamente all’innalzamento dei tassi di interesse per ottenere questo risultato. Piuttosto, propongo di rendere permanente la politica del tasso di interesse a zero, e di sostenere la domanda aggregata con una totale sospensione dell’imposizione della tassazione FICA [Federal Insurance Contributions Act ]. E perche ci sia un prezzo àncora più solido dell’attuale politica della disoccupazione, propongo un lavoro di transizione finanziato a livello federale per coloro che vogliono lavorare e sono in grado di farlo, per facilitare il passaggio dalla disoccupazione all’occupazione nel settore privato. Queste proposte congiunte supportano livelli di occupazione ben più elevati e la stabilità dei prezzi. Quindi qual è il momento adatto per innalzare i tassi di interesse? Io dico mai. Al contrario, occorre lasciare il tasso FED a zero per sempre, per legge, e utilizzare l’intervento fiscale per sostenere la piena occupazione. #b#Analisi#/b# Il mio primo punto di contestazione al mainstream è la loro presunzione che bassi tassi di interesse siano di supporto alla domanda aggregata ed inflazione attraverso una varietà di canali di trasmissione, incluso il credito, le aspettative, e i canali di scambio estero Il problema con il canale del credito nella visione mainstream è che si fonda sull’assunto che bassi tassi incoraggino l’indebitamento destinato alla spesa. A un livello micro questo pare plausibile – le persone prenderanno più prestiti per acquistare case ed auto, e le imprese prenderanno più prestiti per investire. Ma si infrange al livello macro. Per ogni dollaro preso in prestito c’è un dollaro risparmiato, così ogni riduzione nei costi da interesse per coloro che prendono i soldi in prestito corrisponde a un’identica riduzione per i risparmiatori. L’unica strada per la quale un taglio ai tassi possa avere successo nell’incremento dell’indebitamento è che la propensione alla spesa di coloro che prendono i soldi in prestito ecceda quella dei risparmiatori. L’economia, ad ogni modo, è un vasto risparmiatore netto, essendo lo Stato in pari misura un pagatore netto d’interessi sul proprio debito in corso. Di conseguenza, un taglio dei tassi riduce la spesa dello Stato e il reddito netto del settore privato dell’economia. E guardando a oltre due decadi di tassi a zero e QE in Giappone, 6 anni negli USA e 5 anni di tassi zero ed ora negativi nell’UE, anche i dati mi dicono che abbassare i tassi non supporta la domanda, la produzione, l’occupazione, o l’inflazione. Difatti, gli unici argomenti che portano avanti sono controargomentazioni – l’economia sarebbe stata peggio senza la riduzione dei tassi – oppure sostengono che occorre semplicemente più tempo. Come conseguenza logica, i tassi a zero e il QE ci hanno anche protetto dall’essere schiacciati dagli elefanti (senza però riuscire ad impedire che si piazzassero in ogni stanza). Il secondo canale sono le aspettative d’inflazione. Questo presuppone che l’inflazione sia causata da aspettative d’inflazione, con coloro che si aspettano prezzi più elevati che accelerano acquisti e rivendicazioni per salari più elevati, e presume che tassi più bassi incrementeranno le aspettative d’inflazione. Io non sono d’accordo. Primo, essendo la valuta di per sé un semplice monopolio pubblico, come passaggio logico il livello dei prezzi è necessariamente funzione dei prezzi pagati dal Governo quando spende (e/o dei collaterali richiesti quando concede prestiti), e non dipende dalle aspettative d’inflazione. E il reddito perso per l’economia a causa dei ridotti pagamenti d’interessi effettuati dal Governo opera nel senso di ridurre la spesa, a prescindere dalle aspettative. Né esiste evidenza di sforzi collettivi necessari perché aspettative di prezzi più elevati si trasferiscano in salari più elevati. Al massimo, rivendicazioni di salari più elevati prendono forma ben dopo la caduta della quota salari nel PIL Si presume inoltre che tassi più bassi siano di supporto attraverso il canale del cambio estero, causando deprezzamento della valuta che rinforza la “competitività” attraverso costi reali di salario più bassi per gli esportatori in linea con un incremento nelle aspettative d’inflazione per i consumatori di fronte a prezzi per l’import più elevati. Oltre a respingere l’idea del canale delle aspettative inflattive, rifiuto anche il presupposto per cui tassi più bassi causino deprezzamento della valuta ed inflazione, così come fa la maggior parte delle ricerche empiriche. Ad esempio, dopo due decadi di politiche di tassi a 0 lo Yen è rimasto problematicamente forte e l’inflazione altrettanto problematicamente bassa. E lo stesso accade per l’euro e il dollaro USA dopo molti anni di politiche di tassi quasi-zero. Di fatti, la teoria e l’evidenza mettono in luce il contrario – tassi più elevati tendono a indebolire la valuta e sono di sostegno a livelli d’inflazione più elevati. C’è un altro aspetto riguardo il canale di cambio con l’estero, tassi di interesse e inflazione. Il prezzo spot e quello a termine per una commodity non deperibile comprendono tutti i costi di stoccaggio, incluso il costo dell’interesse. Di conseguenza, con una politica permanente di tassi a zero, ed assumendo che non ci siano altri costi di stoccaggio, il prezzo spot di una commodity è il medesimo del suo prezzo per la consegna in qualsiasi momento nel futuro. Ad ogni modo, se i tassi fossero, diciamo, 10%, il costo per la consegna futura di queste commodities sarebbe maggiorato del 10% (annuo). Che significa che un tasso del 10% implica un incremento continuo del 10% nei prezzi, che è la definizione di inflazione dai libri di testo! È la struttura a termine dei tassi privi di rischio di per sé che rispecchia la struttura a termine dei prezzi che alimenta sia i costi di produzione così come la capacità di prevendita a prezzi più elevati, determinando di conseguenza, per definizione, l’inflazione. Infine, io vedo che il gap di produzione mancante è molto più sostanzioso di quanto non veda il maistream. Mentre il numero totale di persone registrate come occupate è aumentato, così come ha fatto la popolazione. Per adeguare l’analisi a questo fattore guardate alla percentuale di popolazione occupata, ed ha avuto un andamento alquanto piatto dal 2009, mentre in ogni ripresa precedente è aumentata con un buon balzo una volta che le cose hanno riniziato a mettersi in marcia. Il mainstream sostiene che questa caduta sia ampiamente strutturale, intendendo che la popolazione è invecchiata o che altrimenti non ha avuto intenzione di lavorare ed è uscita dalla forza lavoro. I dati mostrano chiaramente che in una buona economia questo non accade, e di certo non a questo livello così accentuato. Piuttosto ciò di fronte a cui ci troviamo è una massiccia carenza di domanda aggregata. #ALLEGATO_2# #b#Conclusione#/b# Non esiste il momento giusto perché la FED aumenti i tassi. L’economia continua ad andar male, e la politica monetaria non è in grado di risolvere il problema. Piuttosto il tasso dei fondi FED dovrebbe essere stabilizzato permanentemente a zero (con l’ulteriore implicazione che il Tesoro metta in asta solo titoli trimestrali), lasciando che il Congresso utilizzi le manovre fiscali per raggiungere gli obiettivi di mandato di occupazione e stabilità dei prezzi.

 

  By: sol on Domenica 19 Ottobre 2014 00:12

Una proposta del M5S simile e' in esame alla commissione finanze. Sembra che qualcuno abbia presentato l'idea con qualche "leggera" variante limitandola per ora alla detrazione delle spese per interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica degli edifici, in modo che sia immediata e non differita negli anni. http://www.camera.it/leg17/126?tab=2&leg=17&idDocumento=1899&sede=&tipo= http://www.camera.it/_dati/leg17/lavori/stampati/pdf/17PDL0014930.pdf La stessa ovviamente ha chiamato in causa anche l'ABI che ha postato la medesima descrizione del meccanismo sul proprio sito. https://www.abi.it/Pagine/Interventi/Detrazioni-fiscali.aspx http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/salerno/notizie/cronaca/2014/6-agosto-2014/idea-pisano-certificati-credito-fiscalela-proposta-legge-piace-anche-all-abi-223699294947.shtml La differenza e' che il certificato viene emesso per incentivare una spesa che altrimenti non si sarebbe sostenuta e porta pertanto dei benefici immediati per l'erario e per l'economia, ma viene emesso quando qualcuno sa che entro breve lo utilizzera'. Nulla vieta che il meccanismo possa essere ampliato ma poi ci si troverebbe ad affrontare il problema che tutti aspettano gli incentivi per far qualcosa. Qui pero' il meccanismo e' semplice e il certificato termina la propria vita velocemente tramite il ritiro da parte dello Stato a seguito dell'utilizzo da parte della ditta che svolge i lavori, ed e' gia' previsto come sconto fiscale quindi e' coperto da altre entrate. --- Nel caso invece che vengano attribuiti/regalati senza un motivo di spesa specifico di breve termine, non penso sia cosi' automatico l'aumento di spesa da parte dei consumatori e il beneficio che le attivita' nostrane possono trarne. Non avendo grandi necessita' ancora da soddisfare e con l'economia in stallo si finirebbe col risparmiare gli euro e utilizzare il certificato magari solo per anticipare un acquisto futuro, come e' successo con gli incentivi auto. La gente non si fida per cui spende di piu' solo quando vede che l'economia si e' ripresa. Perche' sia piu' efficace il certificato dovrebbe fungere da sconto in % su un nuovo acquisto in modo che sul restante importo lo Stato incassi almeno l'iva. Se poi non lo spendi subito gli effetti benefici sulle casse erariali non ci sono. Diventa solo un regalo fiscale che provoca un buco nel bilancio dello Stato nell'anno in cui lo Stato si rende disponibile al ritiro privandosi del corrispondente valore di euro. Proprio per evitare questo lo Stato deve poter riemettere i certificati in circolo per pagare i propri debiti. Se cosi' non fosse lo Stato si priverebbe di euro e dovrebbe ricorrere al mercato, quindi a tutti gli effetti diventerebbe debito pubblico differito nel tempo. In ogni caso quando decidera' che a fronte di una mancata entrata di euro (corrispondente al certificato), non riemettera' un altro certificato di uguale valore per pagare i suoi debiti questo valore diventa debito perche dovra' reperire il corrispondente valore con l'emissione di titoli, a meno che nel frattempo l'economia non si sia ripresa compensando le mancate entrate in euro rappresentate da questo certificato. Perche' il certificato abbia svolto con successo il suo compito devi poter incassare IVA e parte delle imposte sui redditi almeno 4 volte (per andare sul sicuro), considerando l'aliquota iva ordinaria e una aliauota IRPEF sugli utili media. L'IVA e' un costo per i consumatori finali non per le aziende per le quali e' solo una partita di giro per cui il certificato deve tornare in mano al consumatore almeno altre 3 volte sotto forma di retribuzione, ma glielo devi regalare altrimenti il percipiente non avra' nessun beneficio. Questo e' impossibile visto che l'azienda lo ha accettato al posto degli euro per cui il meccanismo di incentivazione del certificato funziona solo la prima volta che lo ricevi dallo Stato e lo usi, per cui lo Stato alla fine deve coprire la parte rimanente non incassata con debito o emettere un altro certificato di valore corrispondente (sempre alla parte rimanente), e cosi' via fino all'esaurimento della sua funzione. Insomma bisogna che un certificato utilizzato una volta venga tolto dalla circolazione dalle aziende e che venga rimpiazzato da un altro assegnato con le stesse modalita' del primo al consumatore perche' produca gli effetti sperati. Solo che se il supermercato che li ha ricevuti al posto dell'euro va in banca vuole euro in cambio e la banca a sua volta diventa creditrice dello Stato che non la puo' pagare con un altro certificato e qui mi pare che il meccanismo si inceppi perche' per avere gli euro lo Stato si deve indebitare. Se invece al supermercato viene solo dato il permesso di scalarli dai futuri crediti con lo Stato questo ad un certo punto, quando ha raggiunto il valore di stima, non li accetta piu' e il meccanismo si inceppa. Peggio ancora se li puo' utilizzare dopo 2 anni, e' come pagare le imposte a rate prima che maturino. Se la banca lo tiene e lo porta a scadenza diventa debito pubblico. Se la banca lo gira alla BCE in cambio di euro diventa ancora debitor pubblico. Sembra che il ccf sia tanto piu' efficace quanto sia speso il prima possible ma se viene presentato all'incasso dal ricevente diventa debito e non puoi posticipare l'incasso di 2 anni perche' l'azienda ha bisogno di liquidita'. Lo Stato per non trovarsi in difficolta' al momento del riscatto deve comunque trovare la copertura almeno per la parte rimanente dell'iva + imposte sul reddito, quindi ad esempio per un 65% del valore nominale. Essendo poi certificati e non moneta legalmente sono soggetti a tutti gli "inconvenienti" dei titoli di Stato visto che verrebbero equiparati ad essi. Bisognerebbe entrare un po' piu' nei dettagli per capirne la vera efficacia, finche' si rimane sul vago sono molte le idee che sembrano funzionare. C'e' qualcosa che mi e' sfuggito ?

Alla Voce.Info.... - Moderatore  

  By: Moderatore on Martedì 07 Ottobre 2014 00:11

#i# Nota: Ho la netta sensazione che il conto alla rovescia per l'Italia e il suo debito pubblico sia iniziato per cui mi concentro sulla nostra proposta per risolvere la crisi a scapito di altro. Spiace per chi lo trovi noioso, ma presto lo troverà più interessante (quando ci sarà un piccolo panico finanziario...)#/i#. ^L'articolo citato#http://bastaconleurocrisi.blogspot.it/2014/09/chi-produce-la-moneta.html^ contiene qualche confusione, ma Marco si è concentrato sul meccanismo dei crediti fiscali, che si è inventato lui, scrivendo persino il decreto relativo. Non si è quasi occupato di banche o debito e in ogni caso ai fini del suo discorso dei CCF (crediti fiscali) non è rilevante. Il merito di Marco Cattaneo, e non è poco, è stato inventarsi un meccanismo finanziario a cui finora non aveva pensato nessuno, non si può fare tutto a questo mondo. Segnalo invece che tramite l'opera dell'indefatigabile Biagio Bossone ^abbiamo pubblicato un pezzo sulla rivista degli economisti italiani online, lavoce.info#http://www.lavoce.info/ricetta-per-eurozona-piu-pil-senza-nuovo-debito/^, dove per anni sono apparsi solo discorsi di austerità. Si stanno facendo progressi anche tra gli economisti! Di questo passo tra qualche anno arriveranno a convincersi di quello che c'è da fare.... quando l'Italia sarà bella e morta (ma si sa che i tempi dell'università non sono frenetici, del resto finora di professori di economia che hanno chiuso bottega o sono andati falliti non se ne sono visti) #F_START# size=2 color=blue #F_MID#[Nota Bene: il testo è scritto da Bossone, io non avrei insistito con il grafico del PIL della Germania ai tempi di Hitler, ma lui lo ha trovato non so dove e lo trova impressionante. Ed è vero, però poi sorgono sempre degli equivoci...]#F_END# ------ #F_START# size=3 color=black #F_MID#^"Ricetta per l’Eurozona: più Pil senza nuovo debito" 30 settembre 2014, Lavoce.info Biagio Bossone, Marco Cattaneo, Warren Mosler e Giovanni Zibordi #F_END# #i# Per uscire dalla stagnazione serve una soluzione che consenta di rilanciare la domanda nell’Eurozona, senza creare nuovo debito e senza coinvolgere la Bce. Come l’emissione di certificati di credito fiscale destinati a ridurre il cuneo fiscale. L’impegno ad accettarli per il pagamento delle tasse.#/i# COME SALVARE L’EUROZONA? Francesco Giavazzi e Guido Tabellini hanno lanciato una proposta per aiutare l’Eurozona a superare l’attuale, prolungata fase di stagnazione economica. Prevede una riduzione coordinata delle tasse pari al 5 per cento, un’estensione a tre o quattro anni del tempo limite per conseguire gli obiettivi di deficit di bilancio e l’emissione di debito pubblico a lungo termine finanziabile dalla Bce in assenza di sterilizzazione. La proposta segna un notevole passo in avanti rispetto alla via dell’austerità che a tutt’oggi domina il pensiero delle élite politico-economiche alla guida dell’UE, in particolare riconoscendo che la politica monetaria e quella fiscale devono usarsi congiuntamente se si vuole ottenere l’impatto di maggiore efficacia possibile sulla domanda aggregata in un’economia in cui i tassi d’interesse nominali sono vincolati dal limite inferiore di zero. Tuttavia, come gli stessi autori ammettono, l’ostacolo più impervio alla proposta è di natura politica: va contro il Trattato e verosimilmente Germania e alcuni altri Stati membri vi si opporrebbero. Condividiamo lo scetticismo degli autori. In realtà, i nostri dubbi vanno oltre l’ostacolo politico e riguardano il merito stesso della proposta: seppure fosse accettata, i margini di flessibilità che ne risulterebbero potrebbero essere insufficienti rispetto allo spazio fiscale di cui i paesi necessitano (si pensi all’Italia) per rilanciare la domanda interna e invertire le aspettative di cittadini, imprese e mercati. Inoltre, gli effetti della proposta graverebbero su situazioni debitorie già gravi, minando le prospettive di sostenibilità finanziaria dei paesi. Se la flessibilità utilizzata non riuscisse a imprimere uno shock sufficiente a far crescere il prodotto, il peso del debito sull’economia ne soffrirebbe. LA SOLUZIONE DEI CERTIFICATI DI CREDITO FISCALE I governi dell’Eurozona potrebbero invece perseguire una strategia alternativa, che consenta loro di stimolare in modo forte la domanda interna, senza creare nuovo debito e senza coinvolgere la Bce. Gli Stati potrebbero emettere certificati di credito fiscale (Ccf), denominati in euro, e attribuirli senza contropartita a imprese e lavoratori in funzione del costo del lavoro sostenuto dalle prime, e della retribuzione netta dei secondi. I Ccf sarebbero equivalenti a delle cambiali commerciali e non prevederebbero obbligo di rimborso da parte dello Stato. A due anni dall’emissione, tuttavia, lo Stato s’impegnerebbe ad accettarli per il pagamento di tasse e di qualsiasi altra obbligazione finanziaria (contributi pensionistici, previdenziali e sanitari, multe, eccetera). I percettori di Ccf potrebbero immediatamente convertirli in euro, vendendoli sul mercato finanziario a uno sconto presumibilmente simile a quello su un titolo di Stato zero coupon a due anni, e spenderli per l’acquisto di beni e servizi. I Ccf sarebbero una quasi-moneta (e, perché no?, potrebbero anche ricevere un tale gradimento dal pubblico da circolare come moneta a tutti gli effetti). I due anni di differimento servirebbero a dare all’economia il tempo di aumentare la produzione di beni e servizi in funzione dell’accresciuta domanda, generando incassi erariali che compenserebbero la diminuzione degli introiti in euro conseguente ai versamenti effettuati in Ccf. Le allocazioni di Ccf sarebbero destinate alla riduzione del cuneo fiscale, accrescendo il reddito disponibile dei lavoratori e abbattendo il costo del lavoro per le imprese. I maggiori redditi disponibili sosterrebbero i consumi, mentre la riduzione del costo del lavoro incoraggerebbe occupazione e competitività. La bilancia commerciale resterebbe in equilibrio, in quanto le maggiori esportazioni nette consentite dal recupero di competitività compenserebbero la crescita di import conseguente alla ripresa. Il flusso di allocazioni di Ccf e la non esigenza di copertura delle stesse attraverso futura tassazione darebbero luogo a consistenti effetti moltiplicativi della spesa sul Pil. Applicato, ad esempio, all’Italia, con un output gap pari a 300 miliardi di euro relativamente al trend pre-crisi, e ipotizzando stime conservative del moltiplicatore fiscale, si potrebbe chiudere il gap in tre o quattro anni emettendo Ccf per 200 miliardi all’anno (con un flusso peraltro modulabile in relazione alla risposta del Pil), senza mai eccedere il limite di Maastricht del 3 per cento sul budget e avviando a riduzione il rapporto debito/Pil. Il taglio al cuneo fiscale diverrebbe permanente, la ripresa della domanda giustificherebbe nuovi investimenti e le migliorate prospettive economiche riattiverebbero il circuito del credito. Peraltro, dato il volume di risorse attualmente inoccupate, la nuova spesa indotta dai Ccf non alimenterebbe l’inflazione, tenuto anche conto dell’effetto deflattivo dei Ccf sul costo del lavoro per le imprese. E comunque, se l’inflazione dovesse moderatamente ravvivarsi, ciò sarebbe coerente con gli obiettivi della Bce. I Ccf sono simili ai “Mefo bills” emessi dalla Germania nel 1933-1938 sotto la leadership del ministro dell’Economia e presidente della Reichsbank, Hjalmar Schacht. Permisero una formidabile ripresa economica dalla grande depressione, stimolando una rapidissima crescita del prodotto e consentendo il conseguimento della piena occupazione senza riaccendere l’inflazione. #ALLEGATO_1# Fonte: Mahe E., “Macro-economic policy and votes in the thirties: Germany (and The Netherlands) during the Great Depression”, Real-World Economics Review Blog, June 12, 2012. Nelle attuali condizioni di politica economica nulla può controbilanciare le pressioni deflazionistiche che affliggono le economie dell’Eurozona in maggiori difficoltà, dove la sfida è quella di trovare il modo di sostenere la domanda. I Ccf sono la risposta a questa sfida: rilanciano la domanda senza creare debito, poiché i governi che li emettono s’impegnano ad accettarli per il pagamento delle tasse, non a rimborsarne il valore a una qualche data futura. Questa soluzione consentirebbe la ripresa dell’output, rafforzerebbe la sostenibilità fiscale e contribuirebbe a creare un clima favorevole alle necessarie riforme strutturali.

 

  By: GZ on Martedì 07 Ottobre 2014 00:05

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  By: MR on Lunedì 06 Ottobre 2014 15:10

Segnalo questo articolo che denota una discreta confusione mentale da parte di Cattaneo, il che getta una luce sinistra sulla sua proposta. http://bastaconleurocrisi.blogspot.it/2014/09/chi-produce-la-moneta.html

 

  By: DOTT JOSE on Mercoledì 01 Ottobre 2014 18:21

Napoli 2-3 ottobre 2014 , il vero vertice BCE, quello che mette prima le persone http://listatsipras.eu/blog/item/2774-napoli-2-3-ottobre-block-bce-e-convegno-contro-vertice-bce.html

10 febbraio 1947 MATERIALI DI RESISTENZA STORICA GIORNO DEL RICORDO FOIBE dieci febbraio | MILLENOVECENTOQUARANTASETTE

 

  By: dbs on Martedì 30 Settembre 2014 17:05

#i# L'idiozia degli MMTer è infatti il programma di piena occupazione sotto l'egida dello stato.. Ma non perché non sia giusto che la gente lavori,ma perché non si può ottenerlo tramite lo stato. Allo stato facciamo pure rinforzare qualche argine dei fiumi, consentiamogli anche di stampare per questo scopo...ma facciamolo dimagrire. #/i# Che non si possa ottenerlo tramite lo stato monopolista della valuta è una fesseria, e infatti non c'è nessuna argomentazione seria o anche solo abbozzata del "perchè" non si possa. Paradossalmente ha più senso un "non è giusto che la gente lavori" (che sarebbe scelta politica) rispetto a "non si può ottenerlo tramite lo stato". A meno che non esista un motivo (basterebbe uno, non mille) non autolesionista per cui il monopolista della valuta dovrebbe astenersi dallo spenderla per le proprie necessità acquistando il lavoro di persone disoccupate e disponibili a lavorare (operazione che si conclude con un accumulo di crediti fiscali a disposizione del settore privato). E certo, il problema non si pone se le necessità dello Stato sono già tutte ampiamente soddisfatte e i lavoratori disponibili tutti occupati, ma non esistono molte situazioni di questo tipo.

 

  By: MR on Martedì 30 Settembre 2014 13:06

#i# Questa volta sono pienamente d'accordo con te. E aggiungo che quei tre cancri sono ancora vivi e vegeti, aldilà del fatto che i mafiosi non sono più giolittiani per ovvie ragioni. Non capisco però per quale motivi, dopo avere elogiato l'anarcoindividualismo di Marinetti, in altri interventi ti lanci in difesa della mentalità statalista. #/i# Non esiste una "mentalità statalista": esistono i liberisti, ovvero i figli negletti dell'empirismo britannico, quelli che considerano l'Uomo una tellina aggrappata allo scoglio di risorse limitate, e tutti gli altri. Io faccio parte del tutti gli altri. io comunque non elogiavo il suo anarcoindividualismo (che comunque stante le sue idee economiche e sociali avrebbe fatto rizzare i capelli in testa agli austricanti da forum) al punto che mi sono definito anche più fesso di lui.

 

  By: johnd on Martedì 30 Settembre 2014 12:08

"Lei è un misogeno". ^Huffingtonpost...#http://www.huffingtonpost.it/2014/09/26/sgarbi-picierno-cameriera-renzi_n_5887780.html^ I pidioti sono talmente manovrabili che voterebbero perfino Renzi. Oh....

 

  By: antitrader on Martedì 30 Settembre 2014 11:32

"credo sia una delle persone più cretine abbia mai visto" e ha fatto il record di preferenze, ben 223.000. Vedi perche' non scommetto un dollaro bucato su questo cesso di paese? Perfino la mussolini ha preso un fottio di preferenze, questi avrebbero votato perfino gasparri, alemanno e la santache' se fossero stati in lista. Paese morto, defunto. Meno male che la Merkel c'e'! (e anche Katainen).

 

  By: lmwillys on Martedì 30 Settembre 2014 11:17

la picierno ... credo sia una delle persone più cretine abbia mai visto