By: giorgiofra on Domenica 17 Febbraio 2013 13:16
C'è stato un periodo in cui ho diretto una piccola azienda di arredamento su misura. Ero, praticamente, il factotum, nel senso che mi occupavo dell'amministrazione, della vendita, della progettazione e della direzione della produzione.
Avevo idee ben precise su come gestire l'azienda, ed i risultati furono davvero notevoli. Agli operai, ad esempio, feci subito un discorso ben preciso: ragazzi, ogni mese dobbiamo fare un certo fatturato. E quello che mi interessa non è le ore di lavoro che fate e sopratutto l'ammuina, ma i risultati. Per cui se ogni mese raggiungiamo l'obiettivo programmato, vuol dire che avete lavorato bene, altrimenti vuol dire che imbrogliate oppure siete degli incapaci, con le conseguenze che potete immaginare.
Per questa ragione non mi interessa se la mattina venite in ritardo o se la sera andate via prima, oppure se vi rompete i coglioni ed andate al bar a prendere il caffè. Per quanto mi riguarda conta il risultato, e sono convinto che chi lavora con piacere è maggiormente produttivo. Se poi raggiungete il budget in anticipo vi do la possibilità di inserire altri lavori che, naturalmente, vi verranno pagati a parte, e non in base alle ore di lavoro, ma come percentuale sull'importo della commessa.
Il titolare dell'azienda all'inizio fu titubante, ma queste erano le mie condizioni, ed accettò. Il fatto è che la produttività di questa piccola azienda era quasi doppia rispetto ad altre simili, il clima era allegro, le contestazioni da parte dei clienti inesistenti, e gli operai guadagnavano davvero bene. Anche la redditività dell'azienda era davvero alta, considerando che era 20 volte il capitale investito e che il titolare, proprietario di una grande vetreria, si limitava a venire a ritirare gli incassi.
Dopo qualche anno il titolare iniziò a creare dei problemi, sostenendo che non poteva concepire che gli operai lasciassero il lavoro ed andassero al bar. Oppure che il lavoro in più che gli operai facevano non dovesse essere pagato, perchè svolto nelle ore già retribuite normalmente. Gli operai, sosteneva, debbono darmi tutta la loro capacità, visto che gli pago lo stipendio. Per cui se riescono a fare il doppio degli altri operai della concorrenza debbo esserne io a beneficiarne.
Un bel giorno il titolare credette di poter fare il furbo, avendo io comprato casa ed essendomi riempito di debiti fino al collo. Si presentò una mattina e mi disse che le cose dovevano essere fatte a modo suo, essendo lui il padrone, altrimenti era meglio che me ne andassi. Ottenne l'effetto opposto, proprio perchè avevo bisogno di più soldi di quanti me ne dava lui, gli dissi che dalla fine del mese me ne sarei andato. Butto l'asso e gli andò male.
Nelle settimane successive mi cercò, sia direttamente che tramite amici comuni, sostenendo che accettava le mie condizioni. Ma era tardi, anche perchè cercavo un pretesto per andarmene, non essendo la persona adatta ad avere un padrone. Al di la dello stipendio ho la inderogabile necessità di fare come pare a me, sempre e comunque.
Fatto sta che una azienda modello, con ottime prospettive di crescita, ha chiuso i battenti nell'arco di 5 mesi.
Qual'è la morale di questa storia?
La morale è che non sempre la rigidità, l'oppressione, l'imposizione di regole poco elastiche, pagano. Esistono persone che hanno bisogno di un padrone pronto a punire, e persone che hanno bisogno di rispetto, libertà e premi economici.
Il popolo italiano, o almeno un sua grande parte, appartiene alla seconda categoria. Gli imbecilli come Monti o come Ingroia credono che la rigidità, l'oppressione, il controllo asfissiante, le punizioni, sortiscano effetti positivi sulla popolazione. In realtà ottengono l'esatto contrario. E tanto più i controlli diventano rigidi e le punizioni pesanti, tanto più il Paese si spegne, mandando tutto a scatafascio.
E' l'atteggiamento tipico dei Talebani, convinti delle loro idee anche quando si scontrano palesemente con la realtà. Se fosse sufficiente una legge per ottenere certe cose, il mondo sarebbe più semplice. Ma la legge e le punizioni non possono tutto, direi anzi che possono davvero poco. Ne è esempio classico il tasso di criminalità americano, nonostante la severità della polizia e delle pene.
Oppure l'economia cinese di trenta anni fa, quando tutto era controllato dallo stato e dalle sue leggi, e le pene per i trasgressori erano davvero esemplari. Eppure la gente faceva la fame. Ciò che mancava era sopratutto l'interesse a darsi da fare, a lavorare bene, a competere, semplicemente perchè qualunque cosa uno facesse non otteneva alcun vantaggio economico, e quindi, esistenziale.
Gli psicopatici che si candidano a governare il nostro Paese, credendo di risolvere i problemi lottando contro l'evasione fiscale, abolendo il contante, confiscando patrimoni, non si rendono conto che, in tal modo, semplicemente sottraggono ogni incentivo alla produzione di ricchezza. Porteranno il paese ad un progressivo impoverimento, con il drastico crollo del gettito tributario, e con la necessità di aumentare ulteriormente la pressione fiscale, fino al collasso totale.
Questi malati non si rendono conto che se davvero riuscissero ad eliminare l'evasione fiscale ed il lavoro nero non otterrebbero maggior gettito, ma semplicemente un crollo del PIL reale, perchè una grossa fetta della ricchezza che il paese produce sparirebbe. Questa fetta di PIL è prodotta da tantissimi disoccupati e piccolissime aziende che non avrebbero alcun interesse a lavorare se alla fine nelle loro tasche non rimane nulla. Aumenterebbe la schiera dei disperati ai quali lo stato dovrebbe dare una risposta a fronte di un calo del gettito tributario.
Mi paiono evidenti gli effetti sull'economia delle politiche montiane, effetti che debbono ancora manifestarsi in tutta la loro drammaticità. Già oggi la situazione è drammatica, molto peggiore di quanto i media sostengono o da quanto si può evincere dai dati. Dal Nord al Sud milioni di famiglie stanno vivendo momenti davvero difficili, con il crollo dell'occupazione e la quasi impossibilità di ricollocarsi altrove. Le aziende, in larga parte, sono con l'acqua alla gola. Se nella mia disgraziata provincia siamo già morti, nel resto d'Italia l'agonia dell'industria si tocca con mano: basta farsi un giro nelle zone industriali un tempo vitali. Sembra di assistere alla scena di un film catastrofico.