By: Fortunato on Martedì 03 Aprile 2007 00:58
In questi giorni di mercato e mercati di una noia fuori dal normale (stanno brancolando nel buio pesto) volendomi complicare la vita ho deciso di fare una ricerca molto superficiale sull'argomento del clima.
Noi italiani siamo un popolo veramente strano abbiamo sparsi nel mondo e anche in casa nostra tra i migliori scienziati e ricercatori al mondo ma o facciamo finta di non saperlo o, sciagura peggiore, non lo sappiamo proprio.
Ebbene il Prof. Vittorio Canuto, Professore prello la Columbia University, nonchè (udite! udite!) climatologo presso la NASA che nessuno legge nel nostro paese, Ministro dell'Ambiente in testa, eppure appartiene alla schiera di quegli scienziati che asseriscono ma con ragionamenti concreti che l'attività dell'uomo non è immune al cosìdetto effetto serra.
Quì di seguito trascivo integralmente qualcosache mi ha colpito molto per la semplicità con la quale esprime dei concetti davvero interessanti; inoltre guardate la differenza del linguaggio usato rispetto a Vincenzo Ferrara, responsabile del clima per i nostro Ministero dell'ambiente.
E' illuminate, secondo me.
"EFFETTO SERRA/
Clima, Enea: «Stiamo cadendo nel baratro»
L'allarme lanciato dai ricercatori italiani. «Ci troviamo in zona a rischio, ma non abbiamo un centro di ricerca adeguato»
Undicimila anni fa la Terrà piombò nell'era glaciale nel giro appena di qualche decennio. Se ciò riaccadesse l'uomo farebbe la fine della rana di un celebre esperimento. La povera bestia non riuscì a saltar fuori dall'acqua che veniva riscaldata e finì bollita viva. Questo l'avvertimento lanciato da Vittorio Canuto docente della Columbia University,
membri del consiglio scientifico dell'Enea durante la conferenza: "I modelli climatici, l'effetto serra e il futuro del nostro pianeta".
Canuto è stato anche critico nei confronti della proposta europea di tenere il clima a non più di 2 gradi superiori all'attuale, obiettivo che impone una riportare il livello di co2 del 60% sotto ai livelli degli anni Novanta. «Dare un limite - ha detto canuto - è sempre rischioso. Speriamo che ci vada bene, ma per alterare il sistema climatico potrebbe bastare anche l'aumento di un solo grado, superato il quale il clima potrebbe diventare incontrollabile e alla fine potremmo fare come la rana di un celebre esperimento fatto da due biologi. I due colleghi misero una rana in nell'acqua e cominciarono ad alzare la temperatura. Erano sicuri che quando l'acqua avrebbe raggiunto un calore insopportabile la rana sarebbe saltata fuori. E invece non ci riuscì e finì bollita. Questo comportamento può essere spiegato in due modi: o la rana è stupida o darwinamente non era mai stata abituata a un aumento tanto veloce di calore del suo habitat e non ha saputo reagire».
«La zona mediterranea - ha sottolineato poi Vincenzo Artale dell'Enea - costituisce una delle regioni più esposte agli effetti dell'impatto dei cambiamenti climatici, con conseguenze cruciali per la sopravvivenza delle specie viventi». Detto questo Artale ha stigmatizzato che «l'Italia pur essendo uno dei paesi più industrializzati non ha un centro di ricerca sul clima e questo pur trovandosi al centro di un'aria climatica altamente sensibile».
Nessuno degli esperti intervenuti ha una ricetta per risolvere il problema. «Gli scienziati che si occupano di clima hanno certamente una responsabilità sociale - ha detto Canuto - ma non tocca a noi occuparci di politica». Più che di una soluzione Canuto ha parlato di "tanti piccoli sforzi che possono servire all'obiettivo». Bene quindi ridurre il numero delle auto in circolazione e bene aumentare la forestazione. «Riforestare dove si sono tagliati gli alberi, ma anche aumentare le zone verdi delle città, o più semplicemente piantare alberi. Perché un albero giovane, nei suoi primi 50 anni di vita, per crescere assorbe più Co2 di quello che emette».
«La verità - ha sottolineato a margine della conferenza Vincenzo Ferrara responsabile del clima globale dell'Enea - è che conosciamo la gravità della situazione ma stiamo andando verso il baratro sperando che succeda qualcosa che ci fermi».
24 marzo 2006
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