Ma quali lobby e interessi finanziari, la disputa sul clima è tutta tra scienziati
Un libro ristabilisce i termini del conflitto tra gli esperti divisi
Clima, basta catastrofismi.
...L’osservazione polemica principale che il libro muove alle posizioni dell’Ipcc riguarda la metodologia prescelta, per figurare l’evoluzione (catastrofica) del clima e le variabili assunte alla base dei modelli. Le previsioni Ipcc privilegiano, largamente, modelli matematici computerizzati a poche variabili. Essenzialmente a una variabile, la CO2 antropica che, a seconda delle diverse ipotesi di quantità emesse, portano a schemi di aumento di temperature più o meno catastrofici. Il libro lamenta l’assoluto semplicismo e riduzionismo di tale metodologia. Lo schema Ipcc sovrastima il contributo della CO2 antropica (in fondo lo 0,76 per cento del totale di questo gas serra in atmosfera) e sottostima, invece, il feedback sul clima terrestre di altre “forzanti” climatiche: quelle radiative solari, in primo luogo. Ma non solo. Gli autori, sulla base delle loro discipline, contestano nei modelli Ipcc l’utilizzo non ancora sufficiente e largamente incompleto degli studi scientifici comparati e delle discipline fisiche, astronomiche, geologiche e paleontologiche nell’analisi di quelle che sono chiamate le “forzanti climatiche”, i fattori concomitanti che influiscono sul clima e sui suoi cicli temporali: i dati forniti dalle discipline di scienza della terra (movimenti della litosfera, della stratigrafia del sottosuolo terrestre, della geomorfologia della tettonica a placche, dall’oceanografia, dal vulcanismo), dalla storia agroalimentare, dalla fisica dell’atmosfera, dalla astrofisica del sistema solare (attività del sole, effetti e influenze della rotazione terrestre, del moto di rivoluzione, delle oscillazioni del campo geomagnetico, raggi cosmici, nutazione della luna). Il clima terrestre è un sistema macroscopico complesso prodotto, nel tempo, del feedback di tutte queste influenze, della casualità e ciclicità di ognuna di esse. Lo studio comparato dei dati provenienti da tutte queste discipline revocherebbero in dubbio le tre principali assunzioni del climatismo ufficiale dell’Ipcc: la tesi dell’eccezionalità e del carattere inedito del warming attuale (ci sono stati periodi più caldi nel passato); la sovrastima della CO2 antropica come causa esclusiva del riscaldamento; l’aleatorietà delle previsioni “allarmanti” di aumento delle temperature. Non manca, nel libro, un istruttivo capitolo dedicato al tema veramente decisivo del presente e del futuro delle politiche climatiche: il “mercato dell’anidride carbonica”, la mastodontica finanza verde nata con l’accordo di Kyoto del 1997: un colossale sistema di finanziamenti – titoli di trading, titoli di compensazione, sostegni a progetti energetici (176 miliardi globali di cui oltre 20 miliardi nella area Ue). Il libro mette in luce la trasformazione in atto in questa spesa e di cui poco si parla: una marcata finanziarizzazione in cui le transazioni e la speculazione sui mercati borsistici prevalgono significativamente sugli obiettivi e i progetti climatici. Su tali aspetti la lettura del libro fornisce un contributo alla comprensione del fenomeno più attuale in campo di politiche climatiche: i segni di una emergente insostenibilità sociale (le vicende francesi) delle costose e inefficaci politiche antiemissive.