i mercati da alcuni anni non rappresentano più la realtà, ma la mistificano. - defilstrok
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By: defilstrok on Martedì 07 Dicembre 2004 16:57
La mia analisi parte da una constatazione che è forse un azzardo ma che, proprio per questo, costituisce una premessa di valore: ovvero che i mercati da alcuni anni non rappresentino più la realtà, ma la mistifichino.
Mi spiego: in passato, molto semplicemente e molto terra terra (forse perché non erano un fenomeno di massa), le borse salivano quando l'economia tirava, e ripiegavano quando il ciclo economico rallentava. I mercati obbligazionari salivano quando l'economia dava segno di rallentare e si prospettavano ribassi dei tassi, mentre scendevano nella situazione opposta. Rispecchiavano, dunque, la dinamica economica e sociale sottostante.
Da diversi anni vediamo: rivalutarsi anche del 1000% azioni di società costantemente in perdita e con multipli fantascientifici; stare ferme azioni di società che magari non promettono granché ma che continuano a macinare utili; un 2004 borsistico sapientemente ingabbiato in un'oscillazione controllata sia nelle fasi in cui ci sarebbe da entusiasmarsi che in quelle in cui ci sarebbe solo da temere, nell'apparente indifferenza per tutto quel che le circonda (commodities, bond e cambi), la cui dinamica per definizione dovrebbe essere assai più stabile e invece supera di molto quella delle borse. Malgrado i problemi della bilancia commerciale USA fossero già palesemente evidenti dal '95 (e, per le condizioni in cui versa quell'economia - outsourcing dell'industria e preponderanza dei servizi - temo per altro strutturali) abbiamo altresì visto salire il dollaro fino a fine milennio; mentre adesso lo vediamo scendere senza requie, come se la situazione in cui verte Eurolandia fosse delle più floride...
Sono d'accordo: c'è un problema sottostante di flussi. Ma anche questi, in fisica, rispondono a delle leggi e a degli equilibri!
Adesso mi pare invece che sia tutto esasperato: borse, commodities e bonds tutti contemporaneamente sui massimi dei massimi!
E' normale? E' spiegabile? Con cosa? Con la keynesiana Trappola della Liquidità? Come il frutto di un gigantesco braccio di ferro tra rialzisti (che continuano a comprare borse nell'attesa che bonds e dollaro invertano) e ribassisti (che invece comprano euro e bonds)? Oppure con i fondamentali? fatico a crederlo. O meglio. Riesco pure a spiegarmi il mercato obbligazionario, e in parte quello valutario; ma quello azionario? Riflette lo stato dell'economia quale esso è, oppure vuole rappresentarlo come se fosse a sua immagine e somiglianza? Non mi riferisco agli sproloqui dei media, né ai demeriti dell'Euro, né ai come e perché le classi medie stiano o meno impoverendosi, né voglio incamminarmi sui sentieri impervi delle transazioni internazionali o la redistribuzione della ricchezza. Ma osservo direttamente, nel mio giro di conoscenze (riferito al Nord-Est) che il titolare della fabbrica di accessori per Hermes, così come il produttore di tubi e manufatti in acciaio, o l'allevatore di quaglie, il ristoratore, il gioelliere, etc. danno segnali ultra-preoccupanti di forte rallentamento del ciclo economico. E se poi parlo con i commercialisti, la quantità di debiti insoluti, rate di leasing impagate, etc. rilevabili dalla clientela (e "sopportate" dai creditori), denunciano uno stato di allarme preoccupante anche riguardo lo stato di indebitamento e di liquidità del sistema.
E nei paesi anglosassoni? In Inghilterra, semplicemente col sistema dei sussidi e del revolving tramite carte di credito la media dei londinesi tra i 18 e i 30 anni presenta un tasso di indebitamento di circa 30.000 euro (sic!). Non parliamo poi degli americani con un tasso di risparmio negativo da almeno sei anni, e sempre più indebitati oltre che direttamente, sotto il proflio del deficit federale, anche verso l'estero tramite il deficit commerciale.
Per concludere - e qui rimando al mio precedente intervento - penso invece che di fondo nelle radici dell'economia vi sia un deficit di domanda e nella finanza un eccesso di carta. E che la finanza, a meno che non "spurghi", sia a rischio di entropìa. E ad essa vadano attribuite le arrampicate sugli specchi con cui, da mesi, rialzisti e ribassistisi tentano di spiegare l'inspiegabile.
Prodotti strutturati, derivati, cartolarizzazioni, opzioni e futures hanno contribuito in egual misura a condurre il sistema dei mercati nelle condizioni attuali, condizioni che - ripeto, dal mio punto di vista che costituisce una premessa di valore - non possono perdurare. Lo spurgo può avvenire in due soli modi: per decantazione, stando agli "arresti domiciliari" per chissà quanto tempo; o con un crash.
La seconda possibilità è assai più rischiosa. Se si materializzasse darebbe adito a legittimamente interpretare l'ultimo biennio come un'onda II dell'onda impulsiva di ribasso iniziata a fine 2000, e una discesa sotto i minimi di agosto sancirebbe lo sviluppo di un'onda III che inverterebbe una volta per tutte un trend di rialzo pluriennale.
La prima possibilità è quella probabilmente auspicata dai più (non mi riferisco tanto ai rialzisti, quanto agli istituzionali). Ma se da una parte dubito sulle possibilità che possa essere portata avanti nei termini a cui assistiamo da qualche mese, dall'altra non voglio neppure fare lo struzzo e sottovalutare il potenziale di rischio nascosto dal bund a 119,15 e Eur/Usd a 1,3460. Non mi si dica che la discesa dei rendimenti ai minimi del trentennio sia cosa da sottovalutare, né che sia una manna per i debitori... E neppure mi si venga a dire che lo stato del cambio ha solo effetti benefici in quanto compensa il rialzo del greggio, mentre non ha alcun effetto su competitività ed export!