By: VincenzoS on Martedì 26 Marzo 2013 20:59
x Maurizio
Ad ogni modo, trovami un mondo o un luogo o un tempo che funziona come il tuo sistema, raccogli dati, fai uno stress-test alla tua teoria e se lo passa scrivi un libro di economia. Peró ti avviso che sull'economia del baratto sono giá stati scritti tanti libri.
scherzi a parte, se aumenti i soggetti e rendi complesso il sistema la banca serve e inizia a svolgere la funzione di regolatrice dei flussi monetari tra soggetti nello spazio e (soprattutto) nel tempo. E quando tutta la moneta arbitrariamente stampata si esaurisce, la fine di non bloccare il sistema vale la regola del Monopoli (il gioco da tavolo): "The Bank "never goes broke." If the Bank runs out of money, the Banker may issue as much as needed by writing on any ordinary paper."
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E' ovvio che il sistema che ho descritto era estremamente semplificato ma come tu saprai ogni insieme complesso può essere descritto come somma di tanti sotto-insiemi semplici.
Nel mio settore, quando uno deve testare un nuovo processo chimico mica costruisce direttamente l'impianto industriale, prima lo fa su scala di laboratorio, poi fa l'impianto pilota e poi quello industriale. Funzionano tutti allo stesso modo, con qualche piccolo correttivo legato a quello che si chiama "effetto parete" che però non altera la sostanza del processo.
Tra Bianchi e Rossi, l'esempio che ho fatto, il denaro può servire perché lo scmabio non avviene nello stesso momento e hanno cattiva memoria; e in più non sanno neanche scrivere per cui non possono scriversi un bigliettino tra di loro :)
Di nuovo, scherzi a parte, come dici tu, lo scambio tra Bianchi e Rossi nella realtà avviene con tutta una serie di scambi intermedi. Poiché il ciclo si può bloccare in ognuno dei passaggi serve un buffer (ecco che uso un termine "chimico", significa tampone per chi lo sa) di garanzie reali a priori per coprire chi altrimenti rimarrebbe con il cerino in mano.
Il problema è che tutti, oggi, usando la visione keynesiana pensano che si tartti di un problema di domanda mentre invece io ritengo che si tratti prevalentemente di un problema di offerta.
In altre parole negli anni passati l'elevata spesa pubblica, fatta tra l'altro in maniera di garantire la domanda di beni di consumo e manco per investimenti, ha ridotto la capacità delle imprese di ammodernarsi e di essere più competitive su un mercato dove sono ora presenti più players. A questo va aggiunta la miopia assoluta delle nano-imprese italiane legata anche a problemi di carenze culturali (pochissimi se la cavano con l'inglese).
Abbiamo per esempio un bel dire delle bellezze naturali e artistiche italiane, ma moltissimi turisti stranieri, che poi magari hanno solo una vaga idea di esse, selezionano il posto per le loro vacanze se A) ci sta l'albergo di una catena nota a livello internazionale, B) se sanno di poter comunicare e anche C) se sanno di poter trovare ristoranti che servono cibi del loro paese. D'altra parte l'80 % degli italiani che va all'estero, non a caso, scegli i villagi vacanza Alpitour o similari.
Le nano-imprese italiane, tra l'altro, non creano neanche le strutture commerciali dirette all'estero, come fanno tutte le grandi aziende, cosa che consentirebbe di profittare dei differenti prezzi sui differenti mercati.
Un conto è, ad esempio, caricare su un camion delle casse di vino e mandarle al proprio dipendente in Finlandia che le vende al prezzo di mercato vigente in Finlandia (magari 20 € visto che là vigneti non ce ne snoo). Altro conto è consegnarle qui in Italia, al prezzo di mercato italiano, mettiamo 5 €, ad un importatore finlandese che ha fiutato l'affare e tiene tutto il margine per se. Non a caso aziende come Benetton, Ferrero, Luxottica, operano direttamente sui mercati esteri. Ma le migliaia di Rossi & C. sicuramente non lo fanno. E quindi la loro profittabilità, a meno di operare in settori estremamente specialistici, ne risente in maniera enorme.
Peraltro, se vai a vedere quello che è successo in Spagna, almeno non corriamo il rischio di dubbi e di discussioni di tipo più politico, la cosa è chiarissima. Lì hanno preso in prestito ingentissimi capitali dall'estero per costruire una montagna di case. Finché stavano nella fase "costruzione" le cose funzionavano bene, i soldi giravano. Quando si è trattato di passare alla fase di vendita, ma a quel punto avrebbero dovuto comprare gli stranieri, ci si è accorti che quella offerta non interessava a nessuno e il sistema è saltato. E oggi si ritrovano con un mare di disoccupati perché l'unica cosa che sono attrezzati a produrre in grande quantità sono le case.
Sicuramente l'euro di tutto ciò è responsabile avendo reso possibile il movimento dei caapitali senza la forca caudina del cambio.
In assenza di una unione politica e fiscale e non essendovi neanche, nei fatti, una vera circolazione delle persone (vallo a dire a un palermitano di andare a vivere a Helsinki, cosa che peraltro nel lungo periodo io auspico che avvenga), si sarebbero dovuti studiare dei meccanismi che impedissero disequilibri nella bilancia commerciale e dei pagamenti.
Francamente non so dire quali essi avrebbero potuuto essere, resta il fatto che lì sta il nocciolo del problema, cioè nella distorsione dell'offerta causata dal credito facile.