By: Roberto964 on Martedì 26 Marzo 2013 21:38
Paul Krugman sul New York Times, sulla crisi di Cipro e non solo.
<....la fine di un'era per Cipro, che ha in effetti speso gli ultimi dieci anni nel farsi pubblicità come luogo in cui i ricchi che vogliono evitare tasse e controlli possono tranquillamente parcheggiare il proprio denaro, senza che nessuno gli faccia domande. Ma può anche segnare almeno l'inizio della fine di qualcosa di molto più grosso: l'epoca in cui la libera circolazione dei capitali è stata considerata come norma auspicabile in tutto il mondo.
Non è stato sempre così. Nei primi due decenni dopo la seconda guerra mondiale, limiti ai flussi transfrontalieri di denaro sono stati ampiamente considerati una buona politica; erano più o meno universalmente adottati nelle nazioni più povere, e presenti anche nella maggior parte dei paesi più ricchi. La Gran Bretagna, ad esempio, ha limitato gli investimenti all'estero da parte dei suoi abitanti fino al 1979; altri paesi avanzati hanno mantenuto restrizioni fino agli anni '80. Anche gli Stati Uniti per un breve tempo hanno limitato il deflusso di capitali nel corso degli anni '60.>
<Ma la verità, difficile da accettare per i dogmatici, è che la libera circolazione dei capitali appare sempre di più come un esperimento fallito.
E' difficile da immaginare oggi, ma per più di tre decenni dopo la II guerra mondiale crisi finanziarie del tipo che ci sono recentemente diventate così familiari non sono quasi mai successe. Dal 1980, tuttavia, il ruolino di marcia è stato impressionante: Messico, Brasile, Argentina e Cile nel 1982. Svezia e Finlandia nel 1991. Messico nel 1995. Thailandia, Malesia, Indonesia e Corea nel 1998. Argentina nel 2002. E, naturalmente, la corsa dei più recenti disastri: Islanda, Irlanda, Grecia, Portogallo, Spagna, Italia, Cipro.>
<...il miglior indicatore dell'arrivo di una crisi sono gli afflussi di capitali esteri: in tutti salvo un paio di casi che ho appena citato, le basi per la crisi sono state poste da un afflusso impetuoso di investimenti esteri in un paese, seguito da un improvviso ritiro.
E non è solo l'Europa. In America lo scorso decennio abbiamo anche sperimentato una bolla immobiliare enorme alimentata da investimenti esteri, seguita da un brutto mal di testa dopo lo scoppio della bolla. Il danno è stato mitigato dal fatto che abbiamo fatto debiti nella nostra stessa moneta, ma è ancora la nostra peggiore crisi dagli anni '30.>
<Proprio in questi giorni i bei vecchi tempi in cui non era così facile spostare un sacco di soldi attraverso le frontiere appaiono tempi piuttosto belli.>
http://leprechaun.altervista.org/krugman_blues_danaro_scotta.shtml