Ero certo che se avessi parlato dei dati sul vaccino sarei finito nel tritacarne.
Ma ormai è fatta.
Trascuro di rispondere a Lmwillis, non tanto per i toni da psicopatico che utilizza nel confrontarsi (che in verità non mi danno alcun fastidio), quanto per il fatto che non ho capito che cosa obbietta della mia “equazione” dal momento che il TRE VOLTE era già stato da me evidenziato (e con le maiuscole) nel mio primo post sull’argomento.
Forse mi sfugge qualcosa dell’algebra inglese.
Rispondo invece volentieri alle acute osservazioni di Hobi sull’incidenza del vaccino sui contagi, che nel mio intervento avevo deliberatamente omesso perché la finalità, palesata in modo inequivocabile nel post, era di confrontare l’efficacia curativa del vaccino e non altro.
Efficacia che si può ricavare unicamente nel modo che ho descritto, e cioè confrontando la base numerica dei contagiati (di vaccinati e non vaccinati) con l’impatto della malattia che ho sintetizzato nel dato più “invasivo” disponibile, e cioè le morti.
Senza produrmi in particolari commenti ho evidenziato il dato UNDER 50 che palesa con evidenza che il vaccino non produce alcun effetto curativo. Al contrario degli OVER 50 ove il vaccino vanta una efficacia curativa pari a TRE VOLTE l’ipotesi di non farne uso.
Ora è chiaro che se si SOMMA (ma sarebbe, in omaggio all’algebra italiana, più corretto dire “moltiplica”) il dato iniziale dell’incidenza del vaccino sui contagi, l’esito percentuale complessivo sui morti (cosiccome sui vari tipi di ospedalizzazione) sarebbe diverso.
Per dire: se il decorso della malattia, statisticamente, produce sotto i 50 anni lo stesso numero di morti fra vaccinati e non vaccinati, assumendo un numero maggiore di non vaccinati pari a ‘x’ volte, fatalmente si avrebbe che di ‘x’ volte risulterà maggiore l’incidenza dei non vaccinati che muoiono.
Il problema è che ragionando in questo modo si fanno errori di valutazione a mio avviso cruciali.
Si narra ad esempio che il vaccino ha prodotto un risultato soddisfacente per l’effetto sui contagi (attualmente in Italia con un efficacia di circa il 75%), ma che il risultato sulla malattia è stato straordinario con picchi vicino al 95% per gli effetti sulle terapie intensive e sui decessi.
L’effetto del moltiplicatore.
In realtà e vero il contrario: è molto più efficace la protezione dal contagio che non i successivi effetti sulla malattia che, ribadisco, fino a 50 anni è nulla.
L’utilità di utilizzare dati corretti si traduce in scelte corrette.
Si può anche gioire del 75% di copertura dal contagio (Pfizer prometteva il 95%) ma non si può non constatare che quand’anche si vaccinasse il 100% della popolazione, l’immunità di gregge sarebbe comunque irraggiungibile, proprio per quel 25% che continua a circolare, riprodursi e mutare.
L’immunità di gregge è l’UNICA ragione che potrebbe giustificare l’obbligatorietà vaccinale.
Si può anche dire che l’effetto aggregato del vaccino sulla malattia è pari al 95% ma la verità resterà sempre che sotto i 50 anni il vaccino non produce vantaggi curativi.
Informazione cruciale per il rafforzamento delle cure all’insorgere dei primi sintomi, con l’idrossoclorochina e il cortisone per chi crede ai vecchi rimedi, con altre meraviglie per chi crede alla scienza delle industrie farmaceutiche.
Molto da dire ci sarebbe sul tema cruciale del rapporto rischi/benefici dei vaccini. Sull’argomento sono pure disponibili dati interessanti, persino dalle cosiddette fonti autorevoli.
Non mi avventuro in questa discussione per non ripiombare nella schizofrenia delle battute e degli insulti.
Quindi mi congedo dalla discussione scientifica e mi limiterò, d’ora in poi, ad intervenire sugli aspetti più propriamente politici.