By: Moderatore on Sabato 09 Marzo 2013 23:32
^"Imprese a secco, nuovo allarme credito: un terzo rischia di licenziare e chiudere"#http://www.repubblica.it/economia/2013/03/09/news/imprese_a_secco_nuovo_allarme_credito_un_terzo_rischia_di_licenziare_e_chiudere-54165332/?rss^, 9 marzo.
... Mentre i tre schieramenti politici sono impegnatissimi in manovre e contromanovre per eleggere Prodi come presidente della Repubblica, fare un altro governo tecnico di qualche genere e i magistrati lavorano a pieno ritmo per mettere Berlusconi perlomeno agli arresti domiciliari
^I 90 miliardi di liquidità sottratti al circuito delle imprese#http://www.linkerblog.biz/2013/02/14/lo-stato-insolvente-scherza-con-il-fuoco/^ stanno aggravando in modo pericoloso il circuito dei pagamenti tra imprese (chi non viene pagato si ritiene in diritto di non pagare, o non ha i mezzi per farlo), sta gonfiando i debiti bancari delle imprese che devono coprire il gap di finanza, sta scaricandosi sull’esposizione delle banche verso le imprese. Il peggio è che i rimedi, neppure parziali non sono stati trovati dal governo tecnico che pure aveva alimentato parecchie speranze, prima come volontà di assorbire progressivamente l’arretrato con un piano di rientro, poi con una procedura di smobilizzo dei crediti certificati che utilizza denari messi a disposizione della CdP e finanziamenti che arriveranno un po’ a denti stretti dalle banche, che in questo momento non avevano proprio intenzione di gonfiare i propri libri di altri rischi sulle imprese....(da ^linkerblog#http://www.linkerblog.biz^)
...Lo Stato sta scherzando con il fuoco: 70 o 90 miliardi sono liquidità vitale per il sistema imprese che sta crollando proprio per mancanza di liquidità e non può trovare riapre nella liquidità delle banche, perché anche quella è scomparsa o è stata investita in BTP, come dice lo stesso Ministero. 150.000 imprese in attesa di liquidità sono il 10% del sistema imprese e creano cerchi concentrici che toccheranno forse metà delle imprese, poco o tanto. La mancanza di liquidità ha innescato un circolo da girone infernale dove nessuno paga più puntualmente e allora non stupiamoci se i fallimenti crescono e i concordati in bianco sono esplosi (come avevo previsto in ottobre). Si fallisce o si chiede il concordato per mancanza di liquidità, signori del governo.
Ieri il Sole24Ore si accorge finalmente di quello che ad esempio Fabio Bolognini predica da tempo, cioè che ^ciò che manca essenzialmente al sistema imprese è la liquidità#http://www.linkerblog.biz/2013/03/07/il-paese-dei-furbi-non-ha-piu-futuro/^
----------
....Eppure vi è una soluzione semplice e radicale: far emergere i crediti commerciali, contabilizzarli come debito pubblico e liquidarli in contante e presto, con un’apposita emissione di debito. La dimensione dell’operazione di scongelamento dei crediti è di circa 50 miliardi (70 miliardi sono i crediti commerciali stimati, di cui il 70% oltre i limiti contrattuali). Una terapia d’urto come questa allevia immediatamente le condizioni delle imprese che hanno rapporti con la Pa, e immette liquidità nel circuito dell’economia.
Per farla circolare, la Pa può esigere che i suoi creditori diretti paghino tempestivamente i loro fornitori, ponendo questa come condizione per il rimborso dei crediti verso la Pa.
La puntualità nei pagamenti tra privati può essere ulteriormente incentivata anche facilitando l’abbattimento di asimmetrie informative, tramite la creazione di un registro pubblico delle aziende puntuali vs ritardatarie nei pagamenti. Un’iniziativa simile è stata presa in Inghilterra nel 2009 (UK Prompt Payment Code).
L’obiezione principale nei confronti di questa proposta è che il rapporto debito/Pil salirebbe immediatamente di circa 3,6 punti percentuali, e ciò potrebbe allarmare i mercati. È questa preoccupazione che spiega perché il problema sia ancora irrisolto. Ma è una preoccupazione poco fondata. Dal punto di vista sostanziale, infatti, i crediti verso la Pa sono già un debito dello Stato. Il saldo di questi crediti e la loro emersione è solo un aspetto contabile. Inoltre, l’entità di questo debito sommerso è ormai ampiamente nota, ed è verosimile che il suo effetto sia già scontato nelle quotazioni dei titoli di Stato. Anzi, il venir meno dell’incertezza circa le dimensioni effettive del debito sommerso potrebbe avere un effetto positivo sui mercati. Alcuni market makers da noi interpellati sull’argomento convalidano la nostra interpretazione. Infine, la contabilizzazione come debito dei crediti commerciali già contratti dalla Pa è in linea con lo spirito della nuova legislazione europea, che impone questo principio a partire dai pagamenti a fornitori fatti da quest’anno. L’Italia si allineerebbe al nuovo standard anche riguardo al pregresso, e potrebbe negoziare con le autorità europee un percorso di rientro dal debito basato su premesse più credibili di quelle attuali. Una seconda possibile obiezione è che i crediti delle imprese sono principalmente verso gli enti locali, più che verso lo Stato. Inoltre, parte di questo debitolocale è stato contratto in violazione del patto di stabilità interna, se non addirittura fuori bilancio. La loro trasformazione in debito pubblico equivarrebbe quindi a una sanatoria delle amministrazioni locali meno rigorose. Come spiega Massimo Bordignon in un articolo in questo giornale, tuttavia, le amministrazioni incapaci possono essere sanzionate con strumenti meno rovinosi per l’economia. Infine, si potrebbe obiettare che l’operazione non aggiungerebbe nuova liquidità a favore dell’economia italiana, perché lo Stato sarebbe comunque costretto a drenarla nel momento in cui emette il debito pubblico aggiuntivo. Ma è un’obiezione totalmente infondata. Oggi lo Stato ha accesso al mercato del credito internazionale, mentre molte imprese italiane non possono accedervi. [...]
La risposta di Confindustria è arrivata in giornata:
Roma, 8 mar. (Adnkronos) - L’Italia “e’ ancor una volta in piena emergenza credito”. Ora “va spezzato il circolo vizioso”. Lo sostiene il Centro studi di Confindustria, evidenziando che “serve uno shock di politica economica che punti all’obiettivo del ritorno alla crescita e restituisca ossigeno finanziario al sistema produttivo”. E “una misura che puo’ sbloccare lo stallo del credito e’ il pagamento immediato alle imprese di 48 miliardi di euro di debiti commerciali della Pa”. Questa liquidita’, osserva il Csc in una nota a firma Ciro Rapacciuolo, “avrebbe positivi effetti a catena su tutto il circuito dei pagamenti e restituirebbe fiducia. Ripartirebbero i progetti di investimento accantonati, salirebbero i rating aziendali, favorendo l’erogazione di credito a tassi piu’ bassi”. Il credito, secondo Viale dell’Astronomia, “e’ frenato inoltre da fattori strutturali: funding gap bancario e ratio di capitale di Basilea”. Anche cio’, prosegue il Csc, porta a concludere che “il calo del credito origini piu’ dal lato dell’offerta che da quello della domanda”. La flessione dei prestiti “e’ piu’ marcata di quella del Pil nominale e i dati qualitativi indicano che e’ avvenuta prima la riduzione dell’offerta di credito, che e’ stata la principale causa della seconda recessione, e solo dopo e’ seguito il calo di domanda”.
In questo quadro, “rischiano di sparire imprese con attivita’ operative positive”. La Bce, si ricorda, “ha fatto molto per la liquidita’ e puo’ trovare il modo giusto di dare prestiti alle banche finalizzati a divenire credito alle Pmi”. E le misure varate in Italia (moratorie, Fondo di garanzia) “vanno nella giusta direzione, ma non sono risolutive come il ritorno stabile dell’economia su un sentiero di alta crescita”.
------------
(sempre da Fabio Bolognini)
....Gli articoli su questo blog che hanno messo in piena luce il problema dei pagamenti sono molto numerosi e non hanno mai fatto mistero che la velocità, la puntualità dei pagamenti sono forse IL PROBLEMA principiale della finanza per le imprese, per il meccanismo di trasmissione alla liquidità e anche per la dotazione di credito delle imprese che soffre di arretrati, ritardi e insoluti a pioggia. Quando si parla di pagamenti il problema in Italia è purtroppo duplice:
1) Lo Stato, i suoi enti e le sue unità economiche (in particolare nel comparto sanità) hanno accumulato un arretrato di 90 miliardi nei confronti del sistema imprese.
2) I pagamenti tra le imprese private sono effettuati con termini eccessivamente lunghi, rispetto a qualsiasi media europea, termini che oltretutto non vengono rispettati perché in Italia è normale pagare in ritardo. Nessuno si vergogna di farlo.
Potremmo anche aggiungere un terzo bacino che deriva dalla liquidità sottratta nei fallimenti e nelle procedure concorsuali in cui chi ha crediti esce con le ossa rotte, le banche in prima fila.
Oggi, 7 marzo 2013, non possiamo più dire che sia una giungla, perché nel 2012 lo stato ha varato leggi e decreti per porre fine a questa piaga, stabilendo che l’arretrato venisse smaltito attraverso una procedura di smobilizzo dei crediti che coinvolge le banche e per i futuri pagamenti ha varato una legge che recepisce una direttiva comunitaria e che prevede pagamenti in 30 giorni. Le leggi non vengono rispettate.
Due articoli che certificano che in Italia le leggi non servono perchè vengono ignorate o aggirate, ben sapendo che non esiste un sistema di giustizia rapida e incisiva. Così il numero di furbi, siano essi i Comuni che fingono di non sapere che devono accreditarsi a un sistema pubblico per certificare online i propri debiti (!), siano esse le aziende private che continuano a pagare male e in ritardo come prima. Una conferma che arriva pochi giorni dopo il sondaggio promosso qui, che ha avuto poche risposte ma molto chiare (vedi box a destra).
A un certo punto dovremo renderci conto che questa proliferazione di furbi è malsana e conduce esattamente al disastro a cui siamo arrivati e probabilmente anche peggio. Pochi furbi che aggirano la legge possono essere una tolleranza inevitabile, ma se la maggioranza crede di essere furba a spese del proprio vicino prima o poi questa massa di furbi e sleali dovrà fare i conti con un territorio bruciato.