By: giorgiofra on Mercoledì 17 Aprile 2013 10:53
Sì, ma tre quattro ragazzi di venticinque anni possono anche prendersi un appartamento più grande insieme e dividere le spese. Se è vero che per un monolocale paghi 600 euro, per un trilocale ne paghi 1000, che fa quindi 333,33 euro a testa se dividi in tre persone. E penso che a vent'anni si possa anche accettare di farlo.
Poi un'altra cosa. Tu, Giorgio, hai una grande saggezza ma finisci per fare il gioco di chi ci ha lavato il cervello quando ti fissi sull'idea che ognuno debba stare a casa proprio. Eppure è proprio quella una delle idee che ci hanno messo in testa per schiavizzarci. La libertà di muoversi senza dover rendere conto a nessuno è una delle più grandi conquiste che l'uomo abbia ottenuto. I tedeschi dell'est hanno fatto cadere il regime votando con i piedi. Prima ci negavano la libertà di andarcene, rifiutando quindi in tal modo la cattiva politica, attraverso la costrizione; oggi ce la negano convincendoci che "è bello restare a casa propria".
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Vincenzo, io sono convinto che tu sia in buona fede e, sopratutto, un ottimista. E lo sia a tal punto da ritenere che la responsabilità di questa situazione sia imputabile sopratutto ad un insieme di abitudini sbagliate della popolazione.
Io vedo le cose piuttosto diversamente. E mi pare di scorgere delle tendenze sociali che non condivido, ad iniziare dalla perenne mobilità della forza lavoro. Ciò che dovrebbe essere una eccezione, a tuo parere, dovrebbe essere la normalità. Io credo che sia una aspirazione legittima e naturale quella di voler vivere la propria vita nel luogo d'origine, ed il compito dello stato dovrebbe essere quello di soddisfare, per quanto possibile, tale aspirazione.
Piuttosto che trasferire milioni di turchi in Germania o di Algerini in Francia, sarebbe stato meglio trasferire le fabbriche nei paesi di origine di questa massa di migranti.
Come ho sostenuto nell"Uomo Digitale", lo sradicamento delle persone e la formazione di società multiculturali produce enormi danni al tessuto sociale, le cui conseguenze le pagheremo nel tempo.
Ma la cosa che noto con maggiore lucidità è il fatto che il problema del lavoro non si risolva con la mobilità. Per una serie di ragioni il lavoro sta perdendo dignità. L'aumento della disoccupazione genera automaticamente un abbassamento dei salari, con una corsa al ribasso che ci condurrà ad una società composta da una elitè di privilegiati ed una enorme massa di sottoproletariato. La gran parte della popolazione, andando avanti in questo modo, condurrà una vita di pura sussistenza, sballottata da un luogo all'altro secondo le mutevoli esigenze del "mercato".
Le cose sono molto più complesse di quanto appaia in superficie. E sarebbe stato compito della politica, se ne avesse avuto la capacità, di intervenire in modo radicale per costruire una società diversa da quella che conosciamo, e non più adeguata ai nuovi scenari mondiali. Spostare i lavoratori da un luogo ad un'altro, pretendendo che accettino lavori precari e sottopagati, e spesso squalificati, non risolve il problema, ma lo acuisce.
Scrollare le spalle, accettando il fatto che il lavoro perda di dignità, e pretendendo che le persone accettino qualunque condizione pur di lavorare, o tacciando come sfaticati coloro che legittimamente non vogliono subire il degrado morale ed economico al quale sono destinati, non mi pare la strategia migliore.
E' come accettare di convivere con la Mafia, considerandolo inevitabile. Sono invece del parere che la mafia vada combattuta, anche pagandone un alto prezzo. Altrimenti il suo potere aumenterà sempre più, unitamente al degrado delle condizioni della popolazione.
Il tempo in cui i lavoratori erano trattati come schiavi, ricattati dalla disoccupazione e dalla necessità di mangiare, lo abbiamo conosciuto. Anche allora i potenti sostenevano che quella fosse una condizione inevitabile, e non sarebbe stato possibile aumentare il loro benessere. Sappiamo che le cose sono cambiate, grazie alle lotte degli operai e dei contadini, e mai grazie alla bontà dei padroni o dello stato.
Stiamo tornando a quel tempo, giustificando la cosa come inevitabile conseguenza del nuovo contesto internazionale. Io sostengo che sia completamente falso. E questa volta non è l'avidità dei padroni la causa di tutto, ma quella del fisco e della grande finanza.
Ecco, io sostengo che una presa di coscienza (difficile) da parte di tutti, debba produrre quel movimento di massa di rivolta verso un sistema usuraio che è la vera causa del degrado del lavoro. Accettare supinamente la deriva sociale alla quale stiamo assistendo ci rende complici dei nostri aguzzini, e non potrà che peggiorare sempre più le condizioni di quella che un tempo era la classe media.