una tragedia scomparsa dai radar
Giancarlo Loquenzi
Ci sono zone del Salento in cui si guida per ore con l'impressione di attraversare Mordor, la terra oscura del Signore degli anelli. A destra e a sinistra il panorama non offre altro che ulivi rinsecchiti, senza fronde, con i rami contorti e grifagni, anneriti dalla malattia. Neppure il cielo azzurro riesce a sollevare lo spirito da una visione macabra e ostile del paesaggio. La terra, ormai senz'ombra, è calcinata dal sole, mentre l'abbandono dei campi li riduce spesso a discariche piene di copertoni, attrezzi per il raccolto dimenticati, calcinacci e tubi neri dei sistemi di irrigazione che pendono senza più acqua dai rami. Dalla strada ora si vedono le belle masserie salentine, prima protette dal verde-argento degli ulivi, ormai completamente esposte, assolate, con i loro giardini circondati da mura bianchissime, pieni di tronchi minacciosi.
Sono passati sette anni da quando è scoppiata la crisi della Xyella e l'unica cosa che questo paese ha saputo fare è aprire una fantascientifica inchiesta contro gli scienziati e i responsabili dei servizi che avrebbero potuto contrastare il contagio. La procura di Lecce fece sequestrare tutti gli ulivi (sani e malati) destinati ad essere abbattuti per circoscrivere da diffusione del patogeno, come si fa in ogni parte del mondo da decenni quando si ha a che fare con una fitopatologia senza cura. L'allora governatore della Puglia, Emiliano (lo stesso di oggi, lo stesso che è ricandidato alle prossime elezioni come nulla fosse) giocava fin dall'inizio tutte le parti in commedia: con i contadini che si incatenavano ai loro ulivi, contro la Ue, contro il governo che non faceva abbastanza, contro se stesso quando scendeva in piazza per protestare. Emiliano accolse la notizia del sequestro e dell'inchiesta a carico degli scienziati, come una "liberazione" e annunciò che la Regione si sarebbe costituita parte civile.
Nel frattempo si era scatenata una sarabanda di artisti, cantanti, associazioni bio-ambientaliste (per lo più guidata da Sabina Guzzanti) che predicavano i vecchi sistemi di cura, con le fasi lunari e la cacca di capra, si incatenavano agli ulivi quando veniva la forestale per l'abbattimento, inventavano ogni giorno un nuovo complotto, da Monsanto (non manca mai) agli scienziati "untori" (il modello Capua). Emiliano stava come sempre un po' di qua e un po' di là.
Poi c'erano i 5stelle pugliesi scatenati sulla frontiera più estrema del populismo autolesionista, Sono stati loro per anni a suonare la grancassa contro le eradicazioni, contro la scienza, in nome dei più stralunati complotti. Ne ricordo uno per tutti, il senatore barese, Lello Ciampolillo, che elesse il suo domicilio legale su di un ulivo, per evitare che lo abbattessero.
Dopo quattro anni, nel 2019, l'inchiesta leccese (quella della liberazione) è stata archiviata senza che una sola delle ipotesi di reato in capo agli scienziati coinvolti (diffusione colposa di malattia delle piante, inquinamento ambientale, falso materiale e ideologico in atti pubblici, getto pericoloso di cose, distruzione o deturpamento di bellezze naturali) potesse essere confermata da un barlume di prova. Quattro anni persi ad inseguire fole e utili a perdere circa 20 milioni di ulivi. Ora gran parte del Salento sembra Mordor ma nessuno ha chiesto scusa.