Troppa avversione al rischio può far male - gz
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By: GZ on Sabato 12 Novembre 2005 17:21
"Un popolo ammalato di avversione al rischio" cioè gli italiani che continuano a comportarsi in modo masochistico quando investono i loro soldi
Anche questo rapporto McKinsey conferma che i nostri concitaddini trovano il modo di guadagnare la metà degli inglesi, scandinavi ed americani e tutti gli altri che investono in azioni perchè persistono come pecore a tenere il 75% dei loro soldi in obbligazioni e prodotti strutturati vari (oltre alla quota investita nel mattone)
Quando esco quasi sempre per fare conversazione qualche parente o conoscente mi chiede "..se c'è qualche azione che si può comprare.." con il tono con cui chiedi a uno che si occupa di corse di cavalli se c'è da scommettere su un cavallo alle corse
Cercando di non essere sgarbato rispondo in genere: "perchè ?... hai messo per caso i tuoi soldi in qualcosa di diverso da delle azioni ... ?" " Hai comprato una polizza assicurativa, un prodotto a "capitale garantito" un "fondo comune bilanciato", un fondo monetario, dei CCT, Bot ?.. come mai visto che o non rendono niente o sono solo come pagare una tassa, a favore di chi te li vende ?"
Come ho mostrato infinite volte le azioni, persino in Italia hanno reso più del doppio del reddito fisso su qualunque intervallo temporale superiore ai sette anni. Se prendiamo gli ultimi 20 anni per la precisione ^il 21% nominale contro l'8% nominale (MEDIA ANNUALE) delle obbligazioni#www.cobraf.com/forumf/cool_r_show.asp?topic_id=5639&reply_id=55708^.
Anche questo rapporto mcKinsey mostra che mentre le azioni pagano dividendi del 4.5% contro un 2% dei Bot e CCT e salgono per il terzo anno consecutivo ovunque gli italiani ne stanno alla larga e lasciano ad altri popoli l'onere di arricchirsi (con tutte le conseguenza spiacevoli che casi come quelli di Lapo elkann dimostrano)
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^Troppa avversione al rischio può far male#http://www.milanofinanza.it/giornali/dettaglio_giornali.asp?id=1215234&codiciTestate=14^
Un rapporto mcKinsey evidenzia i comportamenti anomali dei risparmiatori italiani.
Un popolo ammalato di avversione al rischio. Quando si tratta di investire gli italiani continuano, indipendentemente dall'andamento dei mercati, a diffidare della borsa. Ben più di quanto non avvenga nel resto d'Europa. E anche il 2004, nonostante un Mib 30 in crescita del 17%, non ha fatto eccezione.
Il risultato? Mentre nel Regno Unito o nei paesi scandinavi il patrimonio dei risparmiatori affidato al risparmio gestito si è rivalutato in un anno, solo per effetto della performance dei mercati, del 9-10%, i sottoscrittori di fondi italiani si sono dovuti accontentare, su questo fronte, praticamente della metà, ovvero del 5%.
È quanto emerge dalla settima edizione del rapporto McKinsey sul risparmio gestito, cui hanno partecipato 110 società, tra cui 17 operatori italiani rappresentativi dell'85-90% del mercato. Rapporto che sottolinea un'altra anomalia tutta italiana: mentre oltre confine le società di gestione nel 2004 hanno visto crescere i propri patrimoni anche per effetto della nuova raccolta, in Italia sotto questo aspetto si è registrato un calo degli asset dell'1%. Le ragioni? ´La raccolta negativa in Italia', si legge nel rapporto McKinsey, ´è conseguenza del forte sviluppo di nuovi prodotti d'investimento, come gli strutturati'.
A dispetto della crisi di raccolta, tuttavia, il risparmio gestito italiano gode di una buona redditività: nel 2004 i margini di profitto rispetto alle masse gestite hanno raggiunto i 18 punti base, un rapporto più alto del resto d'Europa (in Spagna ci si ferma a 17, in Germania e Francia rispettivamente a 15 e 13).
Grazie a un contenimento dei costi, decurtati da tutta l'industria europea, ma anche ai ricavi assicurati dai sottoscrittori. Che in termini di commissioni di gestione pagano mediamente l'1,04%. Di cui lo 0,78% finisce nelle mani della distribuzione e solo lo 0,26% in quelle della produzione.