By: angelo on Venerdì 23 Febbraio 2007 13:01
Salve Esteban,
cercando di essere sintetici, il punto è questo: i buyback possono essere visti in una visione “micro” o in una visione “macro”.
Sotto il primo aspetto, gli analisti guardano ogni singolo caso proposto e cercano di giudicare se è un buon affare oppure no ESATTAMENTE come farebbero per qualunque altro investimento del management.
Esistono moltissimi studi accademici su questo, miranti a determinare se esiste un sovra-rendimento delle aziende le cui azioni sono oggetto di buyback (basta fare una ricerca con Google).
Questi studi non giungono a conclusioni univoche, perché mancano nella premessa: non dividono i buyback in base alla loro causa (si credono le azioni sottovalutate? Oppure il motivo è un altro).
La novità degli ultimi 10 anni, che ha un po’ stravolto dei ragionamenti consolidati, è proprio il fatto che certi buybacks prescindono da ragionamenti di convenienza, ma servono solo per non diluire il capitale.
Si può vedere per esempio:
Kahle, Kathleen M. 2002. When a buyback isn’t a buyback: open market repurchases and employee options. Journal of Financial Economics 63 () 235–261.
Questo è un fenomeno che esiste, ma che non consente di generalizzare come fanno i talebani delle “nine fallacies”.
Dal punto di vista macro, invece, si ragiona come ha fatto Massimo.
Quando il valore dei buyback totali è ai massimi storici significa – in buona approssimazione - che c’è molto entusiasmo e molta liquidità e questo è di solito positivo per il mercato nel suo complesso.
Oltre a questo c'è un altro effetto che riguarda il funzionamento del mercato azionario, inteso come luogo di incontro tra domanda e offerta.
I buybacks – a parità di ogni altra condizione – tendono a ridurre l’offerta (a meno che non si pensi che il 100% è effettuato per compensare le stock options).
Dunque, sempre a parità di ogni altra condizione, quale dovrebbe essere il loro effetto sui prezzi di Borsa?
PS
Si, si lo so, i prezzi di Borsa sono dati contabili…… ma se ragioniamo così anche le cifre che sono scritte su strani pezzi di carta che convenzionalmente chiamate banconote sono solo dati contabili, che hanno un valore solo perché chi li riceve crede che qualcun altro sarà disposto a riconoscerglielo in beni reali.