Ma alla radice del problema c'è la Palestina - gz
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By: GZ on Venerdì 08 Luglio 2005 17:41
A proposito di idee sballate. Dopo aver condannato doverosamente gli attentati, passata l'emozione si tornerà poi piano piano al ritornello: ".... ma alla radice di tutto c'è però sempre da risolvere il problema della terra in Palestina".
Questo è quello che siamo condizionati a pensare dal lavaggio del cervello dei media degli ultimi 20 anni per cui ormai anche mio padre che quando ero studente parlava con ammirazione di Israele dice :" ehhh... mah.... comunque se poi risolvessero il problema della terra in Palestina..."
Bene, da un anno alcuni pezzi di territorio sotto Israele stanno ora passando sotto il controllo dell'Autorità Palestinese e nessun giornale o TV racconta quello che succede.
E cioè che nelle zone che gli israeliani stanno cedendo I PALESTINESI SI RIVOLTANO IN MASSA O CERCANO DI OTTENERE LA CITTADINANZA E EMIGRARE IN ISRAELE !
Fortunatamente con internet ora, se si vuole, è possibile sapere direttamente cosa succede veramente nel mondo.
---------------- (^Dal sito di Daniel Pipes#http://it.danielpipes.org/article/2739^ uno dei maggiori esperti del Medio Oriente) -----------------------
Palestinesi che si aggrappano a Israele
di Daniel Pipes
New York Sun
6 luglio 2005
Il Ministro dell'Interno israeliano ha di recente dichiarato che quattro palestinesi accusati di aver partecipato a un attentato suicida nel 2002, che fece 35 vittime, saranno espulsi da Israele una volta usciti di galera. L'Associated Press riporta che i quattro "perderebbero i diritti di residenza, come pure quelli alla previdenza sociale e all'assicurazione sanitaria".
La decisione del Ministro fa sorgere una domanda: Per quale motivo i palestinesi impegnati a distruggere lo Stato di Israele si sentono puniti se perdono il diritto di vivere in Israele? Si supporrebbe che i terroristi contrari a Israele preferiscano vivere nell'Autorità palestinese.
Beh, sarebbe errato pensarlo. I palestinesi – perfino i terroristi – preferiscono in genere vivere in quella che definiscono come "entità sionista". Questo tipo di comportamento divenne espressamente chiaro quando una bella porzione di territorio – la parte orientale di Gerusalemme nel 2000 e parte del "Triangolo" di Galilea nel 2004 – aveva buone possibilità di passare sotto il controllo dell'AP. In entrambi i casi, i palestinesi in questione si aggrapparono a Israele.
Gerusalemme. Quando a metà del 2000 la diplomazia del premier israeliano Ehud Barak rilanciò la possibilità che alcune zone di Gerusalemme a maggioranza araba fossero trasferite sotto il controllo dell'AP, un assistente sociale stimò che "una schiacciante maggioranza" dei 200.000 arabi di Gerusalemme preferiva rimanere sotto il controllo israeliano". Fadal Tahabub, membro del Consiglio nazionale palestinese, specificò che uno stimato 70% di 200.000 arabi residenti a Gerusalemme preferiva rimanere sotto la sovranità israeliana. Un altro politico, Husam Watad, disse che la gente era "in preda al panico" alla prospettiva di trovarsi a vivere sotto il governo dell'AP.
Il ministero dell'Interno israeliano denunciò un sostanziale aumento di richieste di cittadinanza e Roni Aloni, consigliere comunale di Gerusalemme, riportò alcune testimonianze rilasciate dai residenti arabi: "Non siamo fatti per vivere a Gaza o in Cisgiordania. Siamo in possesso di carte di identità israeliane. Siamo abituati a standard di vita più elevati. E anche se il governo israeliano non è il massimo, è sempre meglio dell'Autorità palestinese". Un medico che aveva chiesto di ottenere documenti d'identità israeliani spiegò: "Desideriamo rimanere in Israele. Almeno lì posso esprimere liberamente le mie idee senza essere sbattuto in prigione, come pure avere la possibilità di percepire un'onesta paga giornaliera".
Per fermare la corsa palestinese all'acquisizione della cittadinanza israeliana, i funzionari islamici di grado elevato di stanza a Gerusalemme emisero un editto che ne vietava l'acquisizione e Faisal al-Husseini, agente dell'OLP a Gerusalemme, si spinse oltre definendo ciò come "un tradimento". Essendo la sua minaccia risultata vana, Faisal al-Husseini annunciò che gli arabi di Gerusalemme che prendevano la cittadinanza israeliana avrebbero subito la confisca delle loro abitazioni.
Il Triangolo della Galilea, un'area a maggioranza palestinese situata nella parte settentrionale del paese. Un sondaggio del maggio 2001, rilevò che solo il 30% della popolazione araba di Israele era d'accordo con l'annessione del Triangolo della Galilea al futuro Stato palestinese, il che significa che una larga maggioranza preferiva rimanere in Israele. Dal febbraio 2004, quando il governo Sharon rilasciò una dichiarazione allo scopo di sondare la reazione pubblica in merito al fatto se trasferire il Triangolo della Galilea sotto il controllo dell'AP, secondo l'Arab Center for Applied Social Research di Haifa, la percentuale di coloro che preferivano rimanere in Israele balzò al 90%. E il 73% degli arabi del Triangolo sosteneva che sarebbe ricorso alla violenza per evitare modifiche al confine.
I politici locali riprovarono con veemenza la possibilità che Israele cedesse parte della Galilea; Ahmed Tibi, un parlamentare arabo-israeliano, un tempo consulente di Arafat, definì l'idea come "una proposta pericolosa e antidemocratica". L'opposizione araba alla cessione del Triangolo della Galilea al controllo da parte dell'Autorità palestinese era così forte che Sharon abbandonò velocemente l'idea del trasferimento.
Sempre nel 2004, mentre Israele era intento a costruire il suo recinto di sicurezza, alcuni palestinesi dovettero scegliere da quale parte vivere. La maggior parte di loro, insieme ad Ahmed Jabrin di Umm al-Fahm, non ebbe dubbi: "Noi ci siamo battuti [con le autorità israeliane] per stare dentro il recinto e loro lo hanno spostato in maniera tale che noi stessimo ancora in suolo israeliano".
Che sono in molti i palestinesi che preferiscono vivere sotto il controllo israeliano sembra risultare più da considerazioni di ordine pratico che da un proposito di sommergere a livello demografico lo Stato ebraico. Costoro ritengono che l'AP sia impoverita, autocratica e anarchica. Come spiega un palestinese, si tratta di "uno Stato sconosciuto che non ha un Parlamento né una democrazia e nemmeno delle università decenti."
I palestinesi non sono così impegnati a livello ideologico al punto di disdegnare la bella vita che il soggiorno in Israele è in grado di offrire. Ne derivano due conclusioni a lungo termine. Innanzitutto, se i palestinesi pretenderanno di esercitare un "diritto al ritorno"in Israele di cui non si sono mai avvalsi, si sposteranno nello Stato ebraico in gran numero. In secondo luogo, sarà molto difficile da raggiungere un accordo in merito allo status quo finale sulla nuova definizione dei confini.