By: DOTT JOSE on Venerdì 04 Febbraio 2005 20:00
da questo a rivincita degli sciiti e del leader al Sistani
La vittoria dell'ayatollah iraniano nel 26esimo anniversario del rientro in Iran di Khomeiny. Il voto visto da Sadr city, regno del ribelle Muqtada, dove c'è chi ha persino votato Allawi, uomo «laico e forte». Ma l'obiettivo di tutti è il ritiro Usa. Sullo sfondo, l'ombra dello stato islamico
GIULIANA SGRENA,
INVIATA A BAGHDAD
La folata di vento fa alzare una nuvola di polvere che avvolge i bambini che giocano al pallone sullo spartitraffico sterrato di una delle larghe vie che attraversano Sadr city. E agita le bandiere verdi della moschea al Mohsen, da dove il venerdì, attraverso i sermoni dello sceicco di turno, si possono tastare gli umori del leader radicale sciita Muqtada al Sadr. E' il giorno dopo il voto e per gli sciiti è anche il primo giorno del dopo-Saddam. Il voto, almeno nella partecipazione visto che non si conoscono i risultati, per gli sciiti è stato sicuramente un evento storico: ha sancito il riscatto della maggioranza degli iracheni (60%) finora sempre esclusa dal potere, appannaggio della minoranza sunnita. E il principale artefice di questo riscatto è un iraniano, l'ayatollah Ali al Sistani, che può festeggiare la vittoria proprio nel ventiseiesimo anniversario del rientro a Tehran dell'ayatollah Khomeiny. Sarà una data profetica? Una profezia comunque gravida di incognite perché il voto ha sancito la divisione dell'Iraq. Un paese lacerato, diviso in tre, sciiti e kurdi che hanno votato e sunniti che hanno boicottato - per scelta o per costrizione - e rischiano di restare esclusi. E l'isolamento potrebbe favorire una radicalizzazione delle posizioni.