Barrick Hedge Book

 

  By: Moderatore on Giovedì 08 Gennaio 2004 18:35

ORO: ARCUCCI; RIFIATA A BREVE, POI MEGLIO DI DOW JONES FRA DIECI ANNI POSSIBILE SORPASSO SU LISTINO BLUE CHIP USA 8 GEN - ''Vista l'amplificazione che e' stata data a questo rialzo, credo che per l'oro a breve termine possa esserci una correzione, anche importante, ma poi il rally proseguira' e nel lungo termine sorpassera' anche il Dow Jones''. Scommette forte sulla quotazione dell'oro il professore Francesco Arcucci, ordinario di economia degli scambi internazionali all'Universita' di Bergamo, intravedendo per il re dei metalli uno scenario esplosivo (''Non subito, naturalmente, tra una decina d'anni), in cui il prezzo dell'oro superera' il livello del Dow Jones: ''Non so - dichiara l'economista - il listino Usa delle blue chip potrebbe scendere a 3000 e al pari livello di 3000 dollari l'oncia salire il re dei metalli''. ''Siamo in un grande mercato generazionale al rialzo dell'oro - spiega Arcucci in un'intervista all'ANSA - come conseguenza di squilibri insostenibili nella bilancia dei pagamenti americana che continuano a dare origine a una tendenziale debolezza del dollaro a cui di solito si accompagna un rialzo dell'oro. Inoltre, il metallo giallo e' un bene che tende ad apprezzarsi nei periodi di contesto economico-sociale negativo, come quello attuale, determinato da vari motivi, terrorismo, guerre preventive e tensioni sociali, queste ultime di attualita' anche in Italia''. La conseguenza e' dunque la corsa all'acquisto di quello che viene tradizionalmente considerato un bene rifugio, definizione che viene pero' respinta da Arcucci:''Non definirei mai l'oro un bene rifugio - osserva l'economista - perche' dal 1980 al 2001 e' sceso del 75%, come si fa quindi a definirlo bene rifugio?''. Ma allora, non si puo' stare sicuri neanche con l'oro? ''Non si puo' stare sicuri con nulla, neanche con la Parmalat'', e' la replica scherzosa di Arcucci. Quello che rende appetibile l'oro, secondo Arcucci, e' il fatto che sia ''una moneta internazionale che non e' emessa da uno Stato e quindi non e' un debito di nessuno, percio' nei periodo di contesto sociale ed economico negativo i debitori diventano preoccupati e preferiscono una moneta che non e' debito di nessuno''.

 

  By: lutrom on Martedì 02 Dicembre 2003 17:47

da: www.tgfin.it 2-12-2003 Le banche mettono l'oro nei conti Allo studio depositi legati al metallo di Big Trader Anche e soprattutto a causa della continua minaccia terroristica di matrice islamica, l’oro sta riconquistando il suo storico ruolo di bene-rifugio. Con quotazioni che, in continuo rialzo, hanno riguadagnato la soglia dei 400 dollari l’oncia. E diverse banche italiane, cercando di cavalcare questo trend, stanno già pensando di lanciare conti corrente e depositi agganciati proprio al metallo prezioso Un esempio nel nostrano mondo del credito c’è già: è quello del “Conto Oro” della Banca dell’Etruria e del Lazio, realtà da sempre molto attiva proprio nel mercato dei preziosi. Parliamo in questo caso di un conto che prevede giacenze investite in oro, che possono essere addirittura convertite direttamente in lingotti. Insomma, si investe “virtualmente” o si può decidere di ritirare il prodotto “reale”. La riscoperta dell’oro sui mercati finanziari internazionali, con prezzi che sono tornati a segnare livelli di prezzo che non si vedevano da parecchi anni e con prospettive ancora rialziste per il prossimo futuro, sta portando dunque pure le banche a cercare di “agganciare” questo trend. In fondo, se le Borse restano “ballerine” e i titoli di Stato offrono rendimenti ai minimi termini, proprio il re dei preziosi potrebbe risultare un buon veicolo per garantire qualcosa in più ai propri clienti. La tendenza ultima del marketing bancario, almeno in diverse realtà, sembra proprio questa. Ed è lo strumento del conto di deposito quello che, alla fine, potrebbe essere più utilizzato per confezionare una nuova generazione di “prodotti auriferi”.

 

  By: rael on Lunedì 01 Dicembre 2003 11:09

Certo, per il 70% circa è settore minerario con varie specializzazioni. Oddio, non va bene nemmeno questo? Dovevo avere per forza titoli nasdaq? Certo, persa un'opportunità. Ma non mi sembra di averne pagato le spese. E poi non amo movimentare troppo quel fondo, non ne ho il tempo e la pazienza. Dopo averlo costruito 3 anni fa, non l'ho più guardato per mesi. Poi l'ho ripreso in mano, ho venduto quel che c'era da vendere (all'epoca avevo anche nasdaq) comprato quel che si doveva, e a parte qualche ritocco ogni tanto è rimasto tale e quale, nella sua core position. E non ho intenzione di cambiarlo quantomeno finché non si completa il testa e spalle sullo XAU.

Auriferi +650%, Oro +80% - gz  

  By: GZ on Domenica 30 Novembre 2003 16:54

------------------ Rael ------------- ....facciamo ricorso ai numeri, e visto che qui su Cobraf non ho mai pubblicato un trade, allora ecco: EFMF è il mio fondo su Marketocracy. L'ho messo su 3 anni fa, lo curo +/- distrattamente da circa un anno e mezzo. Last Week 5.25% Last Month 19.60% Last 3 Months 33.17% Last 6 Months 83.96% Last 12 Months 109.41% Since Inception 116.26% (Annualized) 46.43% E' nell'm100 e ci rimarrà anche questo trimestre ovviamente. E' risultato ottavo nel settore materials a 6 mesi, probabilmente questo trimestre si confermerà, se non migliorerà. Meglio dell'italia, meglio dell'S&P, meglio del Dax..... ---------------------------------------------------------- In effetti, come forse qualcuno ricorda, ^www.marketocracy.com#www.marketocracy.com^ ha un sistema del tutto realistico di misurare le performance virtuali per cui questi numeri sono come se fossero veri e sono molto buoni. Può essere che (a giudicare dall'andamento nel tempo dei numeri e dalla classificazione che le hanno dato) il portafoglio che lei ha messo su ^www.marketocracy.com#www.marketocracy.com^ sia composto solo di titoli auriferi ? Se fosse così sarebbe una strategia: "tutta le uova in un paniere" o: "punto tutto su una sola idea" che qua si è vista adottare con successo per altro da altri come Massimo Peppe (selezione di 2-3 titoli) o Banshee (tutto short il dollaro e tutto oro e argento). Parecchie persone su questo forum hanno suggerito di puntare tutto su questo settore negli ultimi anni. Per chi si sente adatto a questo approccio, c'è l'indice HUI, detto "Gold Bug" cioè l'indice di circa 30 titoli auriferi e che esclude le società che vendono a termine l'oro, quindi contiene le più speculative. E' un settore minuscolo, capitalizza solo 50 miliardi nel mondo, più o meno quanto telecom o pirelli, lo 0.25% del totale della capitalizzazione delle borse mondiali (che capitalizzano 20mila miliardi) e i titoli che lo compongono si muovono quasi tutti assieme per cui se ne compri cinque hai praticamente già comprato l'indice. Questo indice "HUI" è sceso dal 1996 al 2000 da 200 a 37 (un -85% da brivido..) e poi risalito dal 37 a 246 (un +650% da vertigini, vedi grafico sotto). E' composto da società che producono solo oro per cui dipendono al 100% dal prezzo dell'oro che però è risalito solo da 250 a 396, cioè di un +80%. In altre parole I TITOLI AURIFERI (quelli che non vendono short l'oro) SONO SALITI DEL +650%, MA L'ORO DEL +80%. Dato che di utili non ce ne sono quasi in queste società, si potrebbe dire che è un settore speculativo più del Nasdaq o del Nuovo Mercato edizione 1999. In ogni caso la gente che compra questi titoli deve per forza immaginare che l'oro vada a 500 o 600 dollari per giustificarne le quotazioni Ad ogni modo; l'indice aurifero HUI sta accellerando in su man mano che il dollaro cede e per chi ha investimenti in dollari ad esempio è un modo di coprirsi dal rischio del cambio. Se poi uno è molto convinto da discorsi della crisi del debito e del crac del Dollaro imminente può essere logico puntare metà o tutto il portafoglio su questo settore (ad es su questo indice HUI), tenendo presente che bisogna però che l'oro dai 396 dollari l'oncia attuali esploda ad almeno 500 dollari l'oncia per giustificare i prezzi di questi titoli

Il guru dell'oro non molla: 8mila dollari l'oncia è possibile - gz  

  By: GZ on Lunedì 13 Ottobre 2003 17:05

Questo Ron Paul, riportato qui sotto da Tkopf, deputato repubblicano del Texas, è famoso per essere il nemico numero uno della FED ora e dice cose molto ragionevoli, tra l'altro prima di diventare Chairman della FED anche Alan Greenspan diceva le stesse cose... Comunque ieri c'era uno dei guru dell'oro James Turk a predire seriamente su Barron's che da 370 dollari l'oro può arrivare a 8mila dollari (!)l'oncia per cui è ovvio che un seguito la teoria dell'oro come moneta lo mantiene. In ogni caso è vero che c'è una sola società, Barrick, che è short 15 MILIONI once di oro e le hanno fatto causa perchè in questo modo comprime il prezzo in modo artificiale ------------------- MONDAY, OCTOBER 13, 2003 Goldmoney.com's James Turk Barron's, ------------------------ ......At the peak, it took 1360 grams of gold to purchase the Dow Industrials. Today, it takes 812. Historically, when it takes less than 100 grams to purchase the Dow, gold's purchasing power is at a high point. So, we have got a long way to go down when you look at the stock market in gold terms. Q: Do you see parallels to the '87 Crash? A: I've been looking at that a lot. If there is a move out of dollars, people might sell stocks just to raise liquidity and convert their wealth back into their own home currency, which they may perceive to be safer. The bond market is more vulnerable than the stock market. The bond market has been propped up because the foreign central banks have been buying huge amounts of dollars. Those dollars are being recycled back into the bond market and government-paper market. I don't know how much longer that can be sustained without the dollar getting hit in a dramatic way in the foreign-exchange markets. The big swing down we saw a couple of months ago in the bond market was the first shot across the bow. Bond investors should be very wary here. Given all the selling pressure in bonds, we've been looking for a bounce, but so far the bounce has been very weak. Another interesting parallel is the early 'Seventies, when gold was at $35 an ounce and the Dow was about 800. Throughout most of the decade, the Dow traded between 600 and 1000. Eventually, gold and the Dow crossed at the end of that decade at 800. Adjusting for 2003 dollars, and multiplying gold by a factor of 10 because it takes $1 to buy what 10 cents purchased then, you get gold at $350. If you take the 800 Dow level of 1971 and multiple it by 10, you get 8000. If we repeat this, and that's what I'm expecting, the Dow will trade between 6,000 and 10,000 for the next several years. And gold will move from $350 an ounce up into the thousands. Gold could go from $350 to $8,000, which is no crazier than going from $35 to $800. Q: But this isn't the 'Seventies. A: That's what's worrisome. Back in the 1970s, we had an out. [Fed Chairman Paul] Volcker raised interest rates. He took government bonds up to 14%-15%, the prime rate was 21% and he saved the dollar. That is no longer an option. Can you imagine what this over-leveraged, over-indebted economy would do if interest rates even went up to half those levels, let alone a 21% prime rate? Or what the government deficit would do if interest rates rose 3% or 4% or 5% from current levels? We have a $7 trillion debt. Standard intervention weapons aren't going to work. The normal weapon would be to raise rates, and I don't see that as an option. We might have to resort to nonstandard weapons like capital controls such as were implemented in the 1960s, but they might be more draconian than the ones implemented then. In the early 'Sixties, we had the "Interest Equalization Tax," which was intended to keep dollars from flowing overseas. It was a fairly mild capital control, but relative to the time it was quite a controversial issue. Q: So you're still a fan of gold stocks? A: Yes, but I would stay away from the stocks of companies that hedge, the stocks that sell future production. Look at Barrick Gold, which hedges, and Newmont Mining, which doesn't. The stocks used to trade one-to-one, and Newmont is now nearly $20 higher than Barrick. That outperformance suggests to me that the market rewards stocks that don't hedge. Additionally, there is a lot of complexity and risk added to a mining company when you have a hedge book. My preference is to avoid the risk and go for the simple solution. Q: Why is Barrick still hedging? I thought they recognized it was a problem. A: Barrick and J.P. Morgan Chase have been sued by Blanchard and Co., a dealer in physical gold, under the Sherman Antitrust Act, alleging that Barrick and Morgan were conspiring to fix the gold price by keeping it lower and enabling Barrick to take advantage of the low price to buy mines on the cheap. Whether there is any truth to that, the courts will decide. But it may be why Barrick is sticking to its hedge position. But another reason is that its hedge position is so huge, at 15 million ounces, that there is no practical way you can go into the market and cover 15 million ounces without causing the gold price to skyrocket. I think they've locked themselves into a box. Q: What's the impact on the gold market if Blanchard wins? A: Extremely profound because it would suggest the gold price has been low because of price fixing and not because of its own merits or demerits. By way of disclosure, I should note I've had some discussions with the Blanchard attorneys as a potential expert witness should the case go to trial.

 

  By: tkopf on Venerdì 10 Ottobre 2003 23:12

Per chi coindivide la serietà del problema del gigantesco debito americano e della potenziale probabilità della futura forte svalutazione del dollaro americano c'è da leggere l'intervento di RON PAUL del 5 Settembre scorso al congresso americano . La critica alla FED è feroce, la denuncia della manipolazione della valutazione oro da parte delle banche centrali è a dir poco netta, del recente paventato pericolo deflazione ne contesta la fondatezza. Paper Money and Tyranny HON. RON PAUL OF TEXAS IN THE HOUSE OF REPRESENTATIVES September 5, 2003 http://www.house.gov/paul/congrec/congrec2003/cr090503.htm Nel corso della storia tutte le grandi repubbliche hanno avuto cura di una moneta sana, una unità monetaria, cioè, costituita da una merce-materia prima con caratteristiche di purezza e giusto peso. Laddove ciò si è realizzato, le civiltà hanno raggiunto livelli di maggiore benessere e le libertà si sono affermate con maggior vigore. Più una società tende verso condizioni di minore libertà, più è probabile che la moneta stia venendo svalutata e che il benessere economico dei suoi cittadini stia diminuendo. Diversi anni prima di diventare responsabile della scandalosa diluizione del dollaro americano, in qualità di Presidente della Federal Reserve, Alan Greenspan scrisse del legame tra moneta sana, prosperità e libertà. Nel suo saggio “Gold and Economic Freedom” (The Objectivist, luglio 1966), Greenspan comincia con le seguenti parole: “L’avversione quasi isterica nei confronti del gold standard è un atteggiamento che unisce tutti gli uomini di governo. Essi sembrano percepire… che l’oro e le libertà economiche siano inseparabili.” E più avanti dichiara che: “sotto il regime del gold standard, un sistema bancario si impone come il protettore della stabilità economica e di una crescita equilibrata.” In modo sbalorditivo, l’analisi di Greenspan sul crash del 1929, e sul modo con cui la Fed accelerò la crisi, ripercorre parallelamente la situazione attuale che stiamo vivendo sotto la sua direzione. Sempre in quel saggio, Greenspan spiega: “L’eccessivo credito pompato dalla Fed si riversò sul mercato azionario dando avvio a un incredibile boom speculativo.” E ancora: “nel 1929 gli squilibri dovuti alla speculazione erano diventati dirompenti e ingovernabili dalla FED”. Infine conclude scrivendo: “ In assenza del gold standard è impossibile proteggere i risparmi dalla confisca realizzata attraverso l’inflazione”. Egli spiega il “segreto meschino” che accomuna i fautori dei governi forti e della carta moneta non convertibile, identificando nel disavanzo della spesa pubblica uno “schema per attuare una invisibile confisca della ricchezza.” Tuttavia oggi ci ritroviamo con un sistema monetario puramente cartaceo, gestito quasi esclusivamente dallo stesso Alan Greenspan che così correttamente era riuscito sia a denunciare il ruolo della Fed durante la Depressione che a riconoscere la necessità di una moneta sana. I Padri fondatori di questa Nazione, e fino agli anni trenta anche la gran parte dei cittadini americani, disdegnavano la carta moneta, rispettavano la moneta merce-materia prima e disapprovavano il controllo monopolistico di una banca centrale sulla produzione di moneta e sui tassi di interesse. Ironia della sorte, l’abuso del gold standard, le abitudini della FED di generare credito negli anni venti e i danni che provocò negli anni trenta, non solo ci portarono alla Grande Depressione ma ebbero come effetto quello di prolungarla. Tuttavia, la colpa di quelle sofferenze fini con l’essere scaricata sulla moneta sana che avevamo allora. Questa é la ragione per cui la gente non sollevò obiezioni quando Roosevelt e i suoi amici statalisti confiscarono l’oro e svalutarono il dollaro, facendoci entrare nell’età delle valute cartacee non convertibili con le quali oggi si dibatte l’economia internazionale. Se come afferma Greenspan una moneta sana e le libertà sono inseparabili, e la carta moneta porta alla tirannia, ci si dovrebbe chiedere per quale motivo essa sia così ben gradita dagli economisti, dalla comunità economica, dai banchieri e dagli uomini di governo. La spiegazione più semplice é che l’uomo tende sempre a cercare il conforto della ricchezza con il minor sforzo possibile. Questo desiderio é alquanto positivo quando in una società capitalista esso induce al duro lavoro e all’innovazione. La produttività aumenta e il livello di vita migliora per tutti. Questo processo ha permesso oggi, alle classi meno abbienti dei paesi capitalisti, di usufruire di lussi neanche disponibili alle famiglie reali del passato. Tuttavia questa tendenza a ricercare il benessere e le comodità con il minor sforzo possibile viene spesso abusata. Essa spinge qualcuno a credere che attraverso certe manipolazioni della moneta, il benessere possa diventare più facilmente accessibile per tutti. Coloro che credono nella moneta cartacea non convertibile ritengono spesso che il benessere possa essere aumentato facendo a meno del dovuto lavoro e dell’innovazione. Essi arrivano anche a credere che i risparmi e il controllo dei tassi di interesse da parte del mercato non solo siano inutili, ma che rappresentino anche un ostacolo alla crescita economica. L’interesse per la libertà è rimpiazzato dall’illusione che i benefici materiali possano essere raggiunti attraverso la moneta cartacea non convertibile, piuttosto che con il duro lavoro e l’ingegnosità. I benefici percepiti diventano sempre più motivo di preoccupazione rispetto al mantenimento delle libertà. Ciò non significa che i sostenitori della moneta cartacea si siano imbarcati in una crociata per promuovere la tirannia. Sebbene il risultato tenda ad essere proprio questo, il fatto è che essi credono di aver trovato la pietra filosofale e un’alternativa moderna alla sfida per trasformare il piombo in oro. I nostri Padri Fondatori avevano capito a fondo la questione e ci misero in guardia contro la tentazione di ricercare il benessere e la fortuna senza il lavoro e i risparmi su cui invece si fonda una reale prosperità. James Madison, ad esempio, ci mise in guarda dagli “effetti pestilenziali della carta moneta”. I Fondatori, infatti, ben si ricordavano dei danni causati dal Dollaro Continentale. George Mason della Virginia affermò di provare un “odio mortale nei confronti della carta moneta.” Il delegato della Convenzione Costituzionale Oliver Ellsworth del Connecticut pensò che la convenzione potesse rappresentare “una occasione favorevole per chiudere e sprangare la porta davanti alla carta moneta”. Pressoché tutti i delegati della Convenzione consideravano pericolosa la carta moneta, e questa fu la ragione per cui la Costituzione limitò l’autorità del Congresso in materia dichiarando come unici mezzi legali di pagamento l’oro e l’argento. La carta moneta fu vietata e non venne autorizzata alcuna banca centrale. Oltre alle ragioni economiche in favore dell’utilizzo di una moneta onesta, Madison argomentò anche ragioni morali. Spiegò che la carta moneta distruggeva “la necessaria fiducia tra gli esseri umani, la necessaria fiducia nei consigli pubblici, nell’industria, nei costumi della gente e nel buon nome del governo repubblicano”. I Padri Fondatori erano ben consapevoli delle ammonizioni della Bibbia verso pesi e misure disonesti, verso l’argento alterato e il vino annacquato. Nel corso della storia la questione della moneta é stata una questione tanto morale quanto economica o politica. Persino con questa storia alle spalle e con la seria perplessità espressa dai Padri Fondatori, le barriere alla carta moneta sono state fatte a pezzi. La Costituzione é rimasta la stessa, ma non viene più applicata alla questione della moneta. Una volta, durante il dibattito sull’entrata in guerra in Iraq, mi spiegarono che non c’era bisogno di una dichiarazione di guerra poiché essa sarebbe stata “futile” e che la parte della Costituzione che trattava delle facoltà decisionali del Congresso sulla guerra era “anacronistica”. In maniera simile, pare che sia “anacronistico” anche il potere costituzionale del Congresso sulla moneta limitato dalla stessa Costituzione alla coniatura e ai giusti pesi. Se davvero la nostra generazione è in grado di sostenere le ragioni a favore della carta moneta, emessa da una banca centrale non autorizzata, sarebbe d’uopo perlomeno rispettare la Costituzione ed emendarla in modo corretto. Ignorare la Costituzione per compiere un atto pernicioso é nocivo sotto due punti di vista. In primo luogo, svalutare la moneta comporta danni smisurati a livello economico. In secondo luogo, attuare tale svalutazione senza rispettare la legge mina l’intero edificio della nostra repubblica costituzionale. Sebbene al momento la necessità di una moneta sana non sia una questione urgente per il Congresso, essa è qualcosa che non può essere ignorata poiché il nostro sistema basato sulla carta moneta sta causando dei seri problemi economici. In realtà, pur scontrandoci quotidianamente con le conseguenze arrecate da questo sistema, non riusciamo a vedere la connessione tra i nostri problemi economici e i danni orchestrati dalla Federal Reserve. Tutte le grandi religioni insegnano l’onestà in materia di moneta, e i difetti economici della carta moneta erano ben conosciuti quando venne scritta la Costituzione, dobbiamo quindi cercare di capire per quale motivo un’intera generazione di americani ha accettato la carta moneta senza esitare, senza porsi delle domande. La maggior parte degli americani é ignara della natura e dell’importanza della moneta. Per quanto riguarda coloro che detengono il potere, invece, o essi sono stati tratti in inganno da false nozioni oppure si rendono ben conto che il potere di creare moneta è un potere di cui in effetti godono mentre mettono all’ordine del giorno il welfare nel proprio paese e l’impero all’estero. La moneta é una questione morale, economica e politica. Poiché l’unita monetaria stabilisce qualsiasi transazione economica, dai salari ai prezzi, dalle tasse ai tassi di interesse, é estremamente importante che il suo valore venga stabilito in modo onesto dal mercato senza che banchieri, governi, politici o la Federal Reserve manipolino il suo valore al fine di servire interessi particolari. La moneta come questione morale: La questione morale dovrebbe essere la più facile da comprendere, tuttavia a Washington, quasi nessuno pensa alla moneta in questi termini. Sebbene ci sia una crescente e meritata sfiducia nel governo, la fiducia nella moneta e nelle capacità di gestione della Federal Reserve rimane molto forte. Nessuno accoglierebbe un falsario in città, eppure la nostra banca centrale é autorizzata a falsificare senza che ci sia alcuna seria supervisione da parte del Congresso. Quando il governo può riprodurre l’unità monetaria, sia essa carta moneta o registrazione elettronica, a suo piacimento e senza considerarne i costi, esso si mette sullo stesso piano morale del falsario che stampa valuta illegale. In tutti e due i casi si tratta di frode. Un sistema fondato sulla moneta cartacea non convertibile dà potere e autorità a coloro che controllano la produzione di nuova moneta e a coloro che per primi hanno accesso ai soldi o al credito appena originati. Il costo insidioso e finale si riversa invece su vittime non identificate, spesso ignare delle cause della loro sfavorevole condizione. Questo sistema di saccheggio legalizzato (sebbene non costituzionale) permette a un gruppo di persone di trarre profitti a scapito di un altro. Si realizza un vero e proprio trasferimento di ricchezza dai poveri e dal ceto medio alle classi finanziariamente privilegiate. In molte società il ceto medio é stato letteralmente spazzato via dall’inflazione che accompagna la carta moneta non convertibile. Nelle prime fasi del ciclo inflazionistico, l’aumento del costo della vita e la perdita di posti di lavoro colpiscono un segmento della società, laddove invece la classe imprenditoriale trae beneficio ricorrendo con facilità all’indebitamento. Uno scaltro operatore di borsa o un costruttore edilizio possono guadagnare milioni nella fase di boom del ciclo economico, mentre i poveri e coloro che percepiscono uno stipendio fisso non riescono a stare al passo con l’aumento del costo della vita. La moneta non convertibile é immorale anche perché permette al governo di finanziare una legislazione a favore di interessi speciali che altrimenti dovrebbe essere pagata con le imposte dirette o tassando le imprese produttive. Questo trasferimento di ricchezza si attua senza prendere direttamente i soldi dalle tasche dei cittadini. Ciascun dollaro creato diminuisce il valore dei dollari in circolazione. Coloro che hanno lavorato sodo, pagato le tasse e risparmiato per i tempi difficili vengono maggiormente colpiti poiché quei dollari perdono valore e fruttano bassi interessi a causa dalla politica accomodante della Federal Reserve. L’accesso facile al credito aiuta gli investitori e i consumatori che non si fanno scrupoli nell’indebitarsi e magari nel dichiarare bancarotta. Se uno considera lo stato assistenziale e il militarismo come sbagliati e immorali, dovrebbe anche capire che l’autorizzazione a stampare moneta permette di realizzare queste politiche molto più facilmente di quanto avverrebbe se le stesse dovessero essere finanziate immediatamente con le imposte dirette. Stampare moneta, che letteralmente significare inflazionare, non é altro che un sinistro e perverso sistema di tassazione occulta. E’ ingiusto e ingannevole e perciò fortemente osteggiato dagli autori della Costituzione. Questa é la ragione per cui né al Congresso, né alla Federal Reserve, né al potere esecutivo, è concessa alcuna autorità di amministrare il sistema monetario corrente. La moneta come questione politica: Nonostante la questione monetaria rivesta oggi poca importanza politica per i partiti e i politici, essa non dovrebbe venire ignorata. Coloro che prendono le decisioni di politica economica devono infatti fare i conti con le conseguenze del ciclo economico, le quali a loro volta sono il risultato del sistema basato sulla moneta non convertibile in cui operiamo. Forse essi non riescono ancora a capire questo passaggio, tuttavia, alla fine, lo dovranno capire per forza. Nel passato, la moneta e l’oro sono stati al centro di numerose campagne politiche di primaria importanza. Quando i cittadini hanno avuto la possibilità di esprimersi hanno sempre preferito l’oro alla carta. Per l’uomo della strada é semplicemente giusto così. In realtà, parecchi americani, forse la gran parte, credono ancora che il nostro dollaro sia sostenuto da enormi riserve d’oro custodite a Fort Knox. A spingere i delegati della Convenzione Costituzionale verso la ricerca di adeguate soluzioni per risolvere i gravi problemi economici di allora fu la questione monetaria, unita al desiderio di avere un libero mercato fra i diversi Stati. La recessione che seguì alla guerra di indipendenza venne infatti notevolmente aggravata dal collasso del dollaro Continentale, valuta debole e non convertibile. Il popolo, attraverso i suoi rappresentanti, si espresse in maniera forte e chiara a favore dell’oro e argento e a discapito della carta. Andrew Jackson, grande sostenitore dell’oro e oppositore della banca centrale (la Second Bank degli Stati Uniti) divenne un eroe per la classe operaia e fu eletto presidente per ben due volte. La questione monetaria fu ampliamente dibattuta nelle sue campagne presidenziali. Il popolo votò per l’oro a scapito della carta. Nel 1870, il popolo si pronunciò ancora una volta nettamente contro l’inflazione del biglietto verde di Lincoln. E’ tristemente noto che i governi si rivolgono alla carta moneta anziché all'oro quando devono promuovere guerre impopolari e troppo care. Il ritorno all’oro nel 1879, che avvenne senza difficoltà e che fu ben accolto da tutti, servì a gettare dietro le spalle il disastroso periodo inflazionistico della Guerra Civile. Anche Grover Cleveland, eletto per ben due volte alla presidenza, fu un grande sostenitore del gold standard. E ancora, durante la corsa presidenziale del 1896, William McKinley sostenne la tesi dell’oro. A dispetto delle forti arringhe di William Jennings Bryant, il quale appoggiò l’inflazione monetaria e fece un discorso derisorio sulla “Croce dell’oro”, la gente appoggiò le blandi ma corrette argomentazioni di McKinley a favore di una moneta sana. Il ventesimo secolo è stato molto meno gentile nei confronti dell’oro. Dal 1913 la banca centrale é stata accettata negli Stati Uniti senza grandi dibattiti, nonostante gli innumerevoli orrori economici e politici causati o aggravati dalla Federal Reserve fin dalla sua istituzione. Tutti gli alti e bassi del ciclo economico si sono succeduti come conseguenza delle politiche della Fed, dalla Grande Depressione alla spaventosa stagflazione degli anni 70, fino all’odierna crisi economica. Una banca centrale e una moneta non convertibile permettono al governo di seguire una comoda politica belligerante che sotto il vincolo di strette regole monetarie non sarebbe possibile. In altre parole, i paesi con una moneta sana molto difficilmente entrano in guerra per il semplice fatto che non possono permettersela, soprattutto nel caso in cui essi non siano direttamente attaccati. Un aumento del prelievo fiscale necessario a sostenere i costi della guerra semplicemente distruggerebbe l’economia. Tuttavia, stampando moneta, i costi possono essere rinviati e nascosti, a volte per anni se non per decenni. Per schierarsi sinceramente contro guerre inutili e preventive si dovrebbe sostenere una moneta sana, in modo da impedire ai promotori della guerra di finanziare il loro imperialismo. Si noti come sta esplodendo il budget militare, altrettanto sta accadendo al disavanzo pubblico, il gettito fiscale invece sta diminuendo. Non c’é problema; abbiamo la Fed che stamperà tutto ciò che serve per far fronte ai nostri impegni militari, che ciò sia cosa saggia o meno. La questione monetaria dovrebbe essere una questione politica gigantesca. La moneta non convertibile danneggia l’economia, finanzia le guerre e sostiene uno stato assistenziale eccessivo. Quando questi rapporti verranno capiti, allora essa diventerà di nuovo una questione politica di primaria importanza. La carta moneta non dura per sempre. Alla fine i politici non avranno alternativa se impegnarsi o prendere una posizione sulla questione monetaria. A richiederlo saranno il popolo e le circostanze. Ogni tanto si sentono dei discorsi sulla politica monetaria così come delle critiche nei confronti della Federal Reserve, tuttavia, essi non arrivano mai al nocciolo della questione che sto trattando in questa sede. Coloro che sostengono un forte stato assistenziale si lamentano costantemente della politica della Fed e di solito reclamano dei tassi di interesse più bassi persino quando questi sono già ai minimi storici. I conservatori che appoggiano imponenti operazioni militari in tutto il mondo, mentre sostengono che i “deficit non hanno alcuna importanza” fintantoché le aliquote fiscali marginali vengono abbassate, criticano la Fed per gli alti tassi di interesse e per la mancanza di liquidità. Giungendo sia da destra che da sinistra, queste richieste non sarebbero possibili se la moneta non potesse essere creata a volontà dal nulla. Entrambe le parti politiche chiedono alla Fed la stessa cosa ma per differenti ragioni. Essi vogliono che la macchina stampasoldi giri più veloce e crei più credito, in modo che l’economia possa venire curata come per magia, almeno così essi credono. Questo non é il tipo di interesse nei confronti della Fed di cui abbiamo bisogno. Io mi aspetto che si debba definire il dollaro e stabilire la consistenza della moneta, altrimenti, un giorno, dovremmo farlo per forza. La superficiale discussione sulla moneta di oggi mostra solo un desiderio di cincischiare con il sistema attuale nella speranza di migliorare l’economia in via di deterioramento. Tuttavia si arriverà ad un punto in cui il cincischiamento non avrà nessuna utilità e, persino il migliore dei consigli non avrà più alcun valore. Sono appena passati due anni e mezzo di cincischiamenti con ben 13 tagli dei tassi e la ripresa economica non é arrivata. Forse siamo più vicini di quanto ci si possa immaginare al giorno in cui sarà assolutamente necessario confrontarsi con la questione monetaria - sia a livello filosofico che strategico – e abbandonare l’approccio d’emergenza in uso verso il sistema attuale. La moneta come questione economica: Per un certo periodo di tempo, le conseguenze economiche legate all’utilizzo della carta moneta potrebbero apparire favorevoli e persino vantaggiose. Tuttavia, le ripercussioni che esse hanno sulla crescita economica e il benessere sono sempre negative. Nei loro sforzi di regolare l’economia i pianificatori economici keynesiani-socialisti hanno sempre gradito il controllo sulla produzione di moneta. Essi non si fanno alcuno scrupolo di esercitare questo potere per perseguire i loro sogni egalitari di ridistribuzione della ricchezza. Che si ricorra alla forza e alla frode per rendere il sistema economico apparentemente più giusto è cosa che li preoccupa ben poco. Ci sono molti conservatori che non appoggiano la pianificazione economica centralizzata, come invece fanno gli uomini di sinistra. Nonostante ciò essi riconoscono alla Federal Reserve l’autorità di manipolare l’economia attraverso la politica monetaria. Solo alcuni costituzionalisti, libertari ed economisti Austriaci a favore del libero mercato, rifiutano il concetto che la pianificazione centralizzata, attraverso la manipolazione dei tassi di interesse e dell’offerta di moneta, sia uno sforzo produttivo. Molti onesti politici, burocrati e banchieri appoggiano il sistema attuale, non per malignità o avidità, ma solo perché si tratta dell’unico sistema che essi abbiano mai conosciuto. I principi di una moneta sana e di un libero mercato bancario non vengono insegnati nelle nostre università. Si riscontra invece un largo consenso, sia a Washington che in tutto il resto del mondo, nel considerare oramai inutile e non funzionale la moneta convertibile senza una banca centrale. Siate pur certi, però, che coloro che traggono maggior beneficio dal sistema attuale conoscono esattamente i motivi per cui i vincoli imposti da un sistema monetario convertibile sono inaccettabili. Le conseguenze economiche legate all’utilizzo della carta moneta colpiscono in un primo tempo i cittadini a basso e medio reddito. La storia ci insegna, tuttavia, che quando la distruzione del valore monetario diventa dirompente i danni finiscono con l’estendersi a quasi tutti i cittadini mentre la struttura economica e politica diventa instabile. Ci sono quindi buone ragioni perché ognuno di noi nutra serie preoccupazioni per l’attuale sistema monetario e per il futuro del dollaro. Le nazioni che vivono al di sopra delle proprie possibilità finiscono sempre col pagare cari i loro sperperi. E’ facile capire come mai le future generazioni ereditino un pesante fardello all’accumularsi del debito pubblico. Questo implica infatti che il debito e gli interessi maturati su di esso vadano a carico di altri soggetti economici. Le vittime non sono mai i beneficiari dei fondi presi a prestito. Tuttavia questo non è ciò che normalmente accade. Il debito, in termini nominali, aumenta sempre e dato che, come afferma la maggior parte degli economisti, indebitarsi senza limiti non é la strada giusta per raggiungere la prosperità permanente, ciò che conta è riuscire a ridurre il debito reale. Questo si può fare solo deprezzando il valore del dollaro. Se il dollaro perdesse il 10% del suo valore, il debito nazionale che ammonta a 6.5 trilioni di dollari verrebbe ridotto, in termini reali, di 650 bilioni di dollari. Questo é uno stratagemma efficace e molto utile per il governo. L a Fed continua a preannunciare una deflazione imminente, così da poter continuare inesorabilmente a svalutare il dollaro. I politici non se ne preoccupano, i banchieri accolgono a braccia aperte gli affari e i beneficiari dei fondi distribuiti dal Congresso non si lamentano mai. Maggiore é il debito e maggiore é la necessità di inflazionare la moneta, dato che il debito non può essere la fonte di ricchezza reale. Gli individui e le società che prendono troppo a prestito alla fine devono contenere le spese, pagare i debiti e ricominciare da capo. I governi lo fanno raramente. Quindi dove sta il trucco? Questo processo, che sembra essere un modo creativo per riuscire a pagare il debito, finisce col minare la struttura capitalista dell’economia e, di conseguenza, finisce col rendere più difficile la produzione di ricchezza reale. Ad un certo punto l’intero processo si arresta. Se questo sistema provoca indubbiamente numerosi problemi economici, molti sono causati dall’interferenza della Fed sui tassi di interesse, ottenuta attraverso la creazione di credito e stampando moneta. Circa 100 anni fa, l’economista Austriaco Ludwig Von Mises spiegò e predisse il fallimento del socialismo. Senza un meccanismo di determinazione dei prezzi, il delicato equilibrio tra consumatori e produttori sarebbe andato distrutto. I prezzi che oscillano liberamente forniscono informazioni vitali agli imprenditori che prendono decisioni importanti sulla produzione. Senza queste informazioni vengono compiuti dei grossi errori. Un burocrate incaricato della pianificazione centralizzata non può essere un sostituto della legge della domanda e dell’offerta. Sebbene generalmente accettata dalla maggior parte dei moderni economisti e politici, la capacità onnipotente della Federal Reserve di conoscere il giusto prezzo del denaro – il tasso di interesse – e la sua offerta ottimale, trova ben pochi scettici. Per anni e specialmente durante gli anni ‘90 – quando il Presidente Greenspan era tenuto in altissima considerazione e nessuno osava mettere in discussione il suo giudizio sul sistema – questo processo ha trovato realizzazione senza essere ostacolato da restrizioni politiche o di mercato. Quando giungerà il momento di saldare i nostri perpetui disavanzi, dovremo anche pagare il conto per le continue manipolazioni operate sui tassi di interesse e sul credito. Tassi di interesse artificialmente bassi fanno ingannevolmente credere agli investitori che ci sia abbondanza di risparmi, ovvero di capitali non spesi nei consumi. Quando la Fed crea, dal nulla, dei depositi bancari rendendo disponibili dei prestiti al di sotto dei tassi di mercato, essa provoca sia cattivi investimenti che eccedenze di capacità produttiva, e spiana la strada per la successiva recessione o depressione economica. La politica creditizia accomodante é ben vista da molti: operatori dei mercati azionari, costruttori, acquirenti di case, scialacquatori del Congresso, banchieri e molti altri consumatori a cui piace indebitarsi a basso costo senza preoccuparsi della restituzione del debito. Tuttavia non si può sempre avere vita facile grazie al solo sostegno della moneta e del credito creati da un computer della Federal Reserve. A un certo punto l’oste vorrà essere pagato. L’arrivo della recessione è garantito dallo stesso boom artificiale di cui tutti stanno godendo, nonostante il sogno di essere entrati in una “nuova era economica”. Non lasciamo spazio ai dubbi: il ciclo economico, la stagflazione, le recessioni, le depressioni e le inflazioni non sono il risultato del capitalismo e di una moneta stabile ma, al contrario, sono il risultato diretto della carta moneta e della incapacità di gestione della banca centrale. Il sistema monetario di oggi rende allettanti i debiti per la gente, le società e i governi. Esso incoraggia i consumi sugli investimenti e la produzione. Gli incentivi al risparmio vengono annientati dalle facilitazioni creditizie delle Fed, disponibili a chiunque le richieda, e dai bassi tassi di interesse che spingono sempre meno gente a risparmiare per affrontare in seguito tempi più difficili. La situazione é peggiorata a causa della tassazione sui risparmi. Coloro che risparmiano e vogliono crearsi una rendita da interessi vengono massacrati. I tassi artificiali possono essere spinti sotto il tasso naturale di mercato del 4, 5 o 6 % e i risparmiatori – molti dei quali anziani e investiti nel reddito fisso – soffrono ingiustamente a causa di Alan Greenspan, il quale crede che ricorrere alla creazione di moneta possa risolvere tutti problemi e generare eterna prosperità. A volte, abbassare i tassi di interesse, specialmente nei primi stadi della svalutazione della moneta, produrrà gli effetti desiderati e provocherà un altro ciclo economico. Tuttavia, alla fine, le distorsioni e gli squilibri tra i consumi e la produzione, e il debito eccessivo, impediranno allo stimolo monetario di rilanciare la crescita economica. Provate a dare un’occhiata a quello che succede in Giappone da 12 anni. Quando la situazione diventa sufficientemente grave, l’unica espediente é procedere con una riforma monetaria in modo da ripristinare la fiducia nel sistema. Le conseguenze, provocate dalla moneta non convertibile, che rischiano di coinvolgere la gente sono l’inflazione dei prezzi e la disoccupazione. Sfortunatamente, solo pochi si rendono conto che questi problemi sono direttamente collegati al nostro sistema monetario. Anziché esigere nuove riforme, il coro, sia da destra che da sinistra, vuole che la Fed continui a fare quello che sta facendo, e il più velocemente possibile. Se il nostro problema deriva dalla facilità di credito e dalla manipolazione dei tassi di interesse da parte della Fed, chiedere ulteriori interventi non sarà di molto aiuto. Purtroppo si otterrà solo un peggioramento della situazione corrente. Ironia della sorte, maggiori sono i successi riportati dai gestori di moneta nel ripristinare la crescita e nel prolungare l’espansione economica con le loro macchinazioni monetarie e maggiori sono le distorsioni e gli squilibri economici che si ottengono. Questo significa che quando le correzioni ci verranno imposte, esse saranno molto più gravi, dureranno molto più a lungo e un numero maggiore di persone ne soffrirà. La situazione attuale: La condizioni economiche di oggi riflettono un sistema monetario non convertibile tenuto in piedi con molti stratagemmi e tanta fortuna da oltre 30 anni. Il mondo é stato inondato di carta moneta fin dall’eliminazione totale del gold standard ad opera di Richard Nixon il quale, il 15 agosto del 1971, pose fine agli accordi di Bretton Woods. Da allora abbiamo vissuto in un sistema basato sul dollaro di carta. Quasi sicuramente ci stiamo avvicinando all’inizio della fine di quel sistema. Se così fosse, saranno tempi molto difficili sia per l’economia americana che per quella mondiale. Un sistema basato sulla carta moneta implica che non ci siano restrizioni né sulla quantità di moneta da emettere né sui deficit federali. Nel 1971, la M3 era di 776 bilioni di dollari; oggi é di 8.9 trilioni di dollari, un aumento del 1100%. Il nostro debito pubblico nel 1971 era di 408 bilioni di dollari; oggi é di 6.8 trilioni di dollari, un aumento del 1600%. Da quell’anno, il nostro dollaro ha perso quasi 80% del suo potere d’acquisto. Il buonsenso ci dice che questo processo non é sostenibile ed è destinato a precipitare. Tuttavia, finora, nessuno a Washington sembra interessarsene. Sebbene la gestione dell’offerta di dollari é fondamentalmente la chiave dello stesso valore monetario, molti altri fattori hanno avuto un ruolo nella percezione del valore del dollaro, ad esempio: la forza dell’economia americana, la nostra stabilità politica, il nostro potere militare, il privilegio del dollaro come riserva bancaria mondiale e la relativa debolezza delle economie e valute degli altri paesi. Per queste ragioni, il dollaro ha beneficiato di un posto speciale nel sistema economico mondiale. Gli aumenti di produttività hanno aiutato a conferire immeritata fiducia nella nostra economia. D’altronde i prezzi al consumo, tenuti in una certa misura sotto controllo, fanno credere alla gente, sotto incitamento della Fed, che “l’inflazione” non sia un problema. La fiducia gioca un ruolo importante nella percezione del dollaro. Una moneta sana incoraggia la fiducia ma la fiducia può scaturire anche da altri fattori. Tuttavia, quando si perde questa fiducia, come sempre accade con la carta moneta, gli aggiustamenti a lungo rimandati possono dispiegarsi e colpire in maniera estremamente violenta. Dopo il fallimento degli accordi di Bretton Woods, il mondo ha fondamentalmente accettato il dollaro come sostituto dell’oro e lo tiene come riserva su cui possono basarsi ulteriori espansioni monetarie. E’ stato un accordo che, fino ad ora, sembra aver accontentato tutti. Noi abbiamo la stampante di denaro e creiamo tutti i dollari che vogliamo. Questi dollari vengono usati per comprare il debito federale. In altre parole ciò ci permette di monetizzare il debito. Il Congresso, naturalmente, trova la cosa particolarmente conveniente e non si lamenta mai. Circolando nel nostro sistema bancario a riserva frazionale, i dollari si moltiplicano. I nostri partner commerciali sono ben felici di accettare questi dollari creati in eccedenza come mezzo di pagamento. Grazie al nostro dollaro relativamente forte rispetto alle altre valute, siamo in grado di comprare i prodotti stranieri a prezzi scontati. In altre parole, creiamo la riserva mondiale di valuta a costo zero, la spendiamo oltreoceano e riceviamo in cambio i prodotti finiti. I nostri dollari in eccedenza finiscono all’estero e gli altri paesi – in particolar modo il Giappone e la Cina – sono felici di restituirceli comprando il debito del nostro governo e delle GSE. Fino ad ora, entrambe le parti hanno trovato in questo accordo mutua soddisfazione. Tuttavia tutti gli affari vantaggiosi trovano un limite naturale e anche questo accordo sta per terminare. Questo processo ci ha ridotti a una nazione con un debito enorme e con un disavanzo delle partite correnti di oltre 600 bilioni di dollari per anno, pari a oltre il 5% del nostro GDP. Ora noi dobbiamo agli stranieri più di quanto ogni altra nazione abbia mai dovuto restituire in passato, oltre 3 trilioni di dollari. Un debito di questa entità finisce sempre con una perdita di valore della valuta della nazione debitrice. Ed é quello che sta accadendo al dollaro, anche se la strada che ci porterà alla realizzazione completa di questo processo é ancora lunga. La festa non può avere durata illimitata. Stampare moneta, comprare prodotti stranieri e vendere il nostro debito agli stranieri finirà quando i detentori stranieri di questo debito cominceranno a preoccuparsi del valore futuro del dollaro. Una volta che questo processo si innesterà, i tassi di interesse aumenteranno. E nelle ultime settimane i tassi di interesse sono saliti, nonostante gli sforzi frenetici della Fed di tenerli bassi. La spiegazione ufficiale é che tutto ciò sia dovuto alla ripresa economica. Al contrario, le cause più probabili sono la diminuzione di domanda del nostro debito e la riluttanza a possedere il nostro dollaro. Solo il tempo ci dirà se l’economia si riprenderà in modo significativo, ma bisogna essere consapevoli che l’aumento dei tassi di interesse e una seria inflazione dei prezzi possono anche riflettere un dollaro debole e una economia debole. La stagflazione degli anni ’70 confuse molti economisti convenzionali ma non gli economisti Austriaci. In passato, molti altri paesi hanno sofferto una alta inflazione nel corso di una depressione inflazionistica e, questa volta, potrebbe capitare a noi. In realtà, la nostra politica monetaria e fiscale ci sta portando proprio in questa direzione. Nel breve periodo, il sistema di oggi ci garantisce dei privilegi gratuiti, la nostra carta acquista a basso costo i prodotti oltreoceano e gli stranieri rischiano tutti i loro capitali per finanziare i nostri eccessi. Tuttavia, nel lungo periodo, pagheremo il fatto di avere vissuto al di sopra delle nostre capacità. Il debito dovrà essere pagato in un modo o nell’altro. Una moneta inflazionata torna sempre a perseguitare coloro che hanno usufruito dei “benefici” dell’inflazione. Sebbene questo processo sia estremamente pericoloso, molti economisti e politici non lo considerano come un problema legato alla valuta. Essi mostrano invece la volontà di cercare un capro espiatorio. Sorprendentemente il capro espiatorio è spesso lo straniero che, stupidamente, prende la nostra carta in cambio di prodotti utili e ci agevola ridandoci in prestito il ricavato. E’ vero che il sistema favorisce lo spostamento del lavoro all’estero mano mano che noi aumentiamo gli acquisti di prodotti stranieri. Tuttavia nessuno è in grado di capire il ruolo della Fed in tutto questo, così alla fine si cerca di punire la concorrenza con tariffe più alte. Il protezionismo è una conseguenza prevedibile dell’inflazione dovuta alla carta moneta così come del resto l’impoverimento di tutta la classe media. Non dovrebbe sorprendere nessuno che persino nella fase di boom degli anni 90 molte persone abbiano finito con l’impoverirsi. Tuttavia, ciò che sentiamo ripetere sono gli appelli per ulteriori interventi di governo tesi a risolvere il problema attraverso le tariffe, un maggiore assistenzialismo verso i ceti più bassi e maggiori benefici per i disoccupati, il disavanzo pubblico, riduzioni speciali delle tasse, nessun intervento dei quali è in grado di risolvere dei problemi radicati in un sistema monetario non convertibile gestito da una banca centrale. Se l’inflazione fosse equa e trattasse tutte le classi sociali alla stessa maniera, provocherebbe meno divisioni a livello sociali. Tuttavia, mentre i redditi di alcuni soggetti aumentano ben al di sopra del tasso di inflazione (attori del cinema, amministratori delegati, intermediari finanziari, speculatori, atleti professionisti) i redditi di altre categorie ristagnano, come quelli della classe media, dei pensionati, degli agricoltori. Alla stessa maniera, l’aumento del costo della vita colpisce le classi medio basse in misura maggiore di quanto colpisca le classe abbienti. Siccome l’inflazione tratta i gruppi sociali in maniera iniqua, la rabbia e l’invidia sono dirette verso coloro che ne traggono beneficio. Il problema di lungo periodo è che le accuse non ricadono sulla banca centrale e il sistema monetario non convertibile quanto piuttosto sul capitalismo e il libero mercato. Questo è ciò che accadde negli anni trenta. I keynesiani, che finirono col dominare il pensiero economico di allora, accusarono erroneamente il gold standard, i budget ben bilanciati e il capitalismo, invece di far ricadere le colpe della crisi economica sull’aumento delle tasse, dei dazi e sulla politica monetaria della Fed. Questo paese non può permettersi un altro attacco alle libertà economiche simile a quello che seguì il crash del 1929 e che aprì la strada all’interventismo economico e all’inflazionismo che da allora hanno caratterizzato il nostro sistema economico. Queste politiche ci hanno portati sull’orlo di un'altra colossale crisi economica. Le grandi imprese e il sistema bancario si meritano le nostre critiche più aspre, ma non a causa della loro dimensione o degli enormi profitti che ne ricavano. Le nostre critiche dovrebbero essere mosse dal fatto che questi gruppi economici sono beneficiari di speciali privilegi grazie a un sistema monetario appostitamente designato per favorire certe classi imprenditoriali a spese della classe lavoratrice. Il leader sindacale Samuel Gompers aveva capito questo punto e nei suoi discorsi a favore dell’oro considerava la moneta non convertibile e la banca centrale come minacce da temere. Siccome il sistema monetario viene usato per finanziare i deficit causati dalle spese di guerra, anche l’apparato industriale militare è un forte sostenitore dell’attuale sistema monetario. I liberali credono ingenuamente di poter controllare il processo, ovvero di poter ridurre i privilegi che vanno alle grandi società e alle banche aumentando la spesa per l’assistenza alle classi più povere. Questo non si verifica mai. Gli speciali interessi finanziari hanno una forte influenza sulla spesa di governo e lasciano a queste classi meno abbienti solo le briciole. L’errore metodologico in questo approccio è che i loro sostenitori non riescono a capire i danni causati alle classi meno abbienti. L’aumento del costo della vita e le perdite di posti di lavoro sono la naturale conseguenza della diluizione della base monetaria. Perciò, anche un controllo di orientamento liberale sul processo di spesa pubblica non riesce mai a compensare i grossi danni causati all’economia e alle classi sociali meno abbienti dagli sforzi della Federal Reserve nel cercare di gestire un ingestibile sistema monetario non convertibile. L’intervento economico, finanziato dall’inflazione, fornisce ai grossi capitali l’incentivo di assumere il controllo del governo. I grossi capitali vengono da coloro che li hanno, grandi società e interessi bancari. Questo è il motivo per cui si spendono letteralmente miliardi di dollari per le elezioni e le campagne elettorali. L’unica maniera per ripristinare una maggiore equità sociale è cambiare la funzione primaria del governo da quella di pianificatore economico e apparato militare a protettore delle libertà. Senza danaro, le classi medio basse sono escluse dal processo elettorale. Naturalmente questa non è una questione di parte, poiché entrambi i partiti di maggioranza sono controllati da ricchi gruppi di interesse. Solo la retorica si rivela differente. I problemi economici di oggi sono direttamente collegati agli eccessi monetari degli ultimi trenta anni e agli sforzi più recenti compiuti dalla Federal Reserve per ostacolare le correzioni che il mercato ci sta imponendo. Fin dal 1998, si è verificata una erosione dei profitti societari. Già prima di questo, i profitti e gli utili venivano gonfiati e risultavano pertanto in gran parte fittizi. WorldCom ed Enron tra gli esempi migliori. Nonostante i 13 tagli operati sui tassi di interesse a partire dal 2001, non si é riusciti a rilanciare alcuna crescita economica. La carta moneta favorisce la speculazione, il debito eccessivo, e dirige gli investimenti nella direzione sbagliata. In ogni caso, il mercato tende sempre a eliminare i cattivi investimenti, a liquidare il debito e a ridurre gli eccessi speculativi. Quello a cui abbiamo assistito, in particolar modo dal picco del mercato azionario di inizio 2000, é stata una violenta e interminabile battaglia della Fed per evitare e limitare la recessione, e per cercare di stimolare la crescita con il suo unico strumento a disposizione, la creazione di moneta. Ciò di cui invece il mercato ha bisogno è l'eliminazione dei cattivi investimenti e dell’eccesso di debito. La Fed ha cercato anche di salvare il mercato azionario dal collasso e, in qualche modo, c’é riuscita. Il mercato, per contro, spingerà verso la liquidazione del debito insostenibile, la rimozione degli investimenti sbagliati degli ultimi anni e verso una drammatica rivalutazione del mercato azionario. A questo giro, la Fed ha fatto l’impossibile ed è più determinata che mai, eppure il mercato ci sta dicendo che una nuova e sana crescita economica non potrà avvenire prima che si sia compiuta una accurata pulizia del sistema. C’é qualcuno veramente convinto che le tariffe e i tassi di interesse all’1% incoraggeranno la ricostruzione della nostra industria tessile e siderurgica? Ovviamente è necessario fare qualcosa di più. Le banche centrali mondiali sono preoccupate per la mancanza di risposta delle loro economie ai bassi tassi di interesse. Esse si sono unite in uno sforzo concertato per salvare l’economia mondiale attraverso una politica che richiede nell’ordine: la protezione del ruolo del dollaro nell’economia mondiale, la negazione dell’esistenza di inflazione e la giustificazione dell’illimitata espansione dell’offerta di moneta. Per mantenere la fiducia nel dollaro, il prezzo dell’oro deve essere tenuto a freno. Negli anni ’60 il nostro governo non volle il voto di fiducia nel dollaro e per circa vent’anni il prezzo dell’oro é stato artificialmente tenuto a 35 dollari per oncia. Naturalmente la cosa non poteva durare a lungo. Negli ultimi anni, c’é stato uno sforzo coordinato da parte delle banche centrali mondiali per tenere sotto controllo il prezzo dell’oro. Ciò è stato realizzato scaricando sul mercato parte delle riserve. La cosa ha funzionato fino a un certo punto, tuttavia, così come non si riuscirono a sostenere gli accordi di Bretton Woods, anche questi sforzi sono destinati a fallire. Il prezzo dell’oro determinato dal mercato é importante in quanto riflette la vera fiducia nel dollaro. Un prezzo dell’oro tenuto artificialmente basso contribuisce a creare un finto senso fiducia che, quando verrà meno, causerà un caos ancora maggiore dovuto ai riaggiustamenti di mercato a lungo rimandati. La politica monetaria di oggi é studiata per demonetizzare l’oro e per riuscire a garantire alla carta, per la prima volta nella storia, il ruolo di adeguato sostituto nelle mani di saggi banchieri centrali. La fiducia, quindi, deve essere trasferita dall’oro ai politici e ai burocrati che sono responsabili del nostro sistema monetario. Tutto ciò non riconosce la ovvia ragione per cui nel lungo corso della storia i partecipanti del mercato hanno sempre preferito avere a che fare con asset reali, con una moneta reale piuttosto che con la carta emessa dal governo. La competizione tra la carta moneta e la moneta reale riveste molta più importanza di quella che molti gli attribuiscono. Entro i primi dieci anni probabilmente sapremo il risultato finale di questa disputa. Alan Greenspan, pur essendo stato un forte sostenitore del gold standard, ora crede di sapere quale sarà il risultato di questa battaglia. E’ il suo un pio desiderio? Nel rispondere a una mia domanda davanti alla Financial Services Committee nel febbraio del 2003, il Presidente Greenspan cercò disperatamente di convincermi che adesso la carta moneta funziona bene come l’oro: “Sono stato piacevolmente sorpreso, anzi, devo dire proprio soddisfatto, dal fatto che le banche centrali siano state capaci di simulare efficacemente molte delle caratteristiche del gold standard, limitando la quantità del denaro in modo da far scendere il livello generale dei prezzi.” Prima di questo episodio, nel dicembre del 2002, Greenspan parlò all’Economic Club di New York sullo stesso argomento: “I documenti degli ultimi venti anni sottolineano come, nonostante le croniche pressioni a favore dell’emissione eccessiva di moneta non convertibile, una politica monetaria prudente, mantenuta su un periodo di tempo abbastanza lungo, possa riuscire a frenare le forze inflazionistiche.” Ci sono numerosi obiezioni a queste ottimistiche osservazioni. In primo luogo, gli efficienti banchieri centrali non rimpiazzeranno mai la mano invisibile dello standard monetario convertibile. In secondo luogo, usare gli indici dei prezzi del governo per misurare il successo di una politica monetaria non dovrebbe essere cosa molto rassicurante. Questi indici possono essere arbitrariamente alterati per confermare il successo della politica monetaria. Inoltre, l’aumento dei prezzi al consumo non rappresenta la prova del nove per misurare i danni causati dai manager della moneta. Lo sviluppo di una capacità produttiva superiore al fabbisogno, la crescita eccessiva del debito e la speculazione si verificano persino quando i prezzi, grazie all’aumento della produttività e all’avanzamento della tecnologia, rimangono ragionevolmente stabili. Il Presidente Greenspan sostiene queste tesi per due motivi. In primo luogo egli spera di aver ragione nella sua convinzione che la moneta sana non sia più necessaria. In secono luogo perché tali tesi si pongono come scusa per continuare ad aumentare il più a lungo possibile l’offerta di moneta, nella speranza che un miracolo riesca a ripristinare una sana crescita economica. Ma questo è solo un sogno. Adesso dobbiamo confrontarci con una economia che è lungi dall’essere robusta e che potrebbe peggiorare molto prima di riuscire a stabilizzarsi. Se non è già il momento, giungerà presto il tempo in cui l’opinione economica prevalente degli ultimi novanta anni, da quando la Fed fu creata, verrà messa in dubbio. Se le condizioni sono veramente mutate e le pratiche di stimolo fiscale e monetario non funzionassero, faremmo meglio a prepararci per le conseguenze del fallimento del sistema monetario basato sul dollaro, conseguenze che non si limiteranno ai soliti Stati Uniti. Sul New York Times del 31 luglio 2003 è apparso un titolo interessante che recitava: “I costi delle materie prime aumentano, ma le industrie non sono affatto preoccupate”. Ciò che si può osservare è un cambiamento macroscopico nell’attitudine degli investitori. Costoro stanno cominciando a spostare le loro risorse e stanno dirigendo la speculazione dalle aree prettamente finanziarie, azioni e obbligazioni, a quelle fisiche delle merci e delle materie prime. Questo cambiamento mostra come in effetti, a dispetto della politica monetaria degli ultimi tre anni, la più aggressiva della storia, l’economia rimanga stagnante. Cosa può fare la Fed? Se questo trend continuasse, essa potrebbe fare ben poco. Non solo io credo che questo trend continuerà, ma credo anche che sia destinato ad accelerare. Questa politica mina le fondamenta della nostra economia, riduce i redditi, sollecita la crescita della spesa federale, ciò porta all’aumento dei disavanzi pubblici e del debito, e all’aumento dei tassi di interesse, i quali accrescono esponenzialmente le nostre difficoltà legate al bilancio pubblico. La serie di circostanze che affrontiamo oggi è unica e molto differente da tutte le altre recessioni con cui la Federal Reserve ha avuto a che fare. Generalmente, i tassi di interesse vengono alzati per raffreddare l’economia e smorzare le spinte inflazionistiche. Al fondo del ciclo economico i tassi di interesse vengono abbassati per stimolare l’economia. Questa volta, la recessione è giunta nonostante l’enorme e significativa riduzione dei tassi di interesse. Questa politica aggressiva non ha ostacolato la recessione come si era sperato, né finora ha prodotto la ripresa tanto desiderata. Adesso che siamo al fondo del ciclo economico non solo i tassi di interesse non possono essere abbassati, essi stanno addirittura risalendo. Questo fatto rappresenta una unica e pericolosa combinazione di eventi. Questa serie di circostanze può verificarsi solo in presenza di una moneta non convertibile e indica che ulteriori manipolazioni dell’offerta di moneta e dei tassi di interessi da parte della Fed avranno un effetto ridotto o addirittura nullo. Le probabilità per il futuro non sono a favore di una politica monetaria non inflattiva, questa avrebbe infatti conseguenze molto dolorose…La povertà è destinata a peggiorare a causa delle nostre politiche monetarie e fiscali. La nostra ossessione nel mantenere l’ordine pubblico mondiale, nel costruire le nazioni, nella guerra preventiva, non è suscettibile di allentarsi molto presto, poiché appoggiata sia dai leader Repubblicani che da quelli Democratici. Invece, il costo di difendere l’impero americano continuerà ad accelerare. Un paese che sta diventando sempre più povero non può essere in grado di pagare questi conti attraverso una tassazione più elevata né si può continuare a chiedere alla gente i fondi sufficienti da prestare al governo. L’unico espediente è l’appoggio della Federal Reserve e la monetizzazione del debito federale. Ciò naturalmente costituisce inflazione. Adesso si comincia ad ammettere che il deficit sia fuori controllo. Quello del prossimo anno dovrebbe superare i 500 miliardi di dollari, senza contare i miliardi presi a prestito dai fondi come la Social Security. Rimango fedele alla mia previsione che nel giro di pochi anni il debito nazionale aumenterà di oltre un trilione di dollari nel corso di un solo anno fiscale. Finora tutto bene, non ci sono grosse reazioni da parte dei mercati, il dollaro tiene e i leader politici non sono allarmati, anche se dovrebbero esserlo. Concordo sul fatto che politicamente sarebbe difficile ingoiare il rospo e affrontare i nostri eccessi, sia fiscali che monetari, tuttavia, le ripercussioni interne dovute a una perdita di confidenza nel dollaro sui mercati internazionali non saranno una bella vista da contemplare. Non vedo attualmente alcuna strada per poter evitare la crisi. Abbiamo però delle opzioni per cercare di minimizzare le sofferenze. Se solo lo decidessimo potremmo aprire alcune alternative al sistema monetario e bancario attuale. Già abbiamo fatto qualche passo in questa direzione. Il possesso di oro è stato illegale nel periodo tra il 1933 e il 1976. Oggi milioni di americani posseggono dell’oro. Le negoziazioni che riguardano l’oro sono legali, ma ogni pagamento legale viene sempre fatto con le banconote della Federal Reserve. Ciò limita il valore monetario dell’oro. Perché l’oro possa essere un’alternativa alle banconote della Federal Reserve, andrebbero abolite tutte le tasse sulle transazioni in oro, dalle vendite ai guadagni in conto capitale. L’acquisto di oro dovrebbe essere permesso a ogni fondo pensione, così come sono permessi i dollari. E’ necessaria l’abrogazione di ogni legge sui mezzi legali di pagamento. Una moneta sana non ha bisogno della forza della legge. Solo la moneta cartacea la richiede. Queste proposte, anche se attuate domani, non risolverebbero tutti quanti i problemi che stiamo fronteggiando. Tuttavia, esse legalizzerebbero la libertà nella scelta della moneta. Coloro, preoccupati che i loro risparmi possano essere erosi dal deprezzamento del dollaro, avrebbero quindi un’altra opzione a disposizione. Questa opzione renderebbe più sopportabili alcune delle difficoltà legate al forte aumento dei deficit in una economia debole con una inflazione galoppante. Porre dei limiti al raggio d’azione del governo e limitarne la sua dimensione come prescritto nella Costituzione è il fine a cui dovremmo tendere. Ma la realtà politica rende questa opzione disponibile solo dopo una bancarotta nazionale. Non abbiamo bisogno di giungere a questa catastrofe. Ciò di cui abbiamo bisogno è ridurre significativamente il potere di interferenza del governo con l’economia e con i nostri affari personali, e ritirare la sua presenza dagli affari internazionali delle altre nazioni. Conclusioni Non é una coincidenza che durante il periodo successivo alla costituzione della Federal Reserve e alla eliminazione del gold standard, si assistì a una crescita spaventosa del governo federale e del suo debito. Coloro che credono nel governo forte, che siano di sinistra o di destra, rifiutano, a gran voce, le limitazioni sulla crescita del governo che l’oro impone. E’ virtualmente impossibile proteggere la libertà quando la gente permette al proprio governo di stampare moneta a piacimento. Inevitabilmente, la sinistra chiederà maggiori interventi economici e la destra maggiori spese militari e potere imperialistico. Entrambi, o involontariamente o deliberatamente, favoriranno il corporativismo. Coloro a cui stanno più a cuore la libertà e la fiducia in se stessi si sentono persi. Nonostante la sinistra e la destra abbiano obiettivi diversi e siano a servizio di diversi gruppi di interesse, entrambe le parti hanno fin troppa voglia di scendere a compromessi e appoggiare reciprocamente i propri programmi. Se incontrollato, il caos economico e politico che scaturisce dalla distruzione della valuta porta inevitabilmente alla tirannia, una conseguenza di cui i Padri Fondatori erano fortemente consapevoli. Per 90 anni abbiamo vissuto con una banca centrale e negli ultimi 32 anni non ci sono state restrizioni sulla creazione di moneta. Col passare del tempo la stampante di denaro dovrà lavorare sempre più velocemente per cercare di mantenere la stabilità. In questo momento essa sta girando ad una velocità record. Era prevedibile ed é comprensibile il fatto che parallelamente il nostro debito nazionale si stia espandenendo a ritmi senza precedenti. Lo sforzo pauroso della Fed per stimolare la crescita economica ha prodotto, così come dichiarano alcuni favorevoli studi economici, una crescita pari al 3.1% nel secondo trimestre di quest’anno. Tuttavia nelle note a pie’ di pagina, leggiamo che le spese militari – la maggioranza delle quali sono realizzate per le imprese oltreoceano – ammontano a uno sbalorditivo 46%. Naturalmente, tutto ciò rappresenta spesa pubblica in disavanzo finanziata dalla stampante della Federal Reserve. Non sono affatto dati rassicuranti sulle condizioni di salute della nostra economia. Essi riflettono semplicemente il fallimento della politica economica corrente. Non ci sarà una reale crescita economica finché non verrà ripristinata la fiducia nel sistema. E finché tale fiducia continuerà a dipendere dalla spesa eccessiva dei politici e dalla inclinazione della Federal Reserve a gonfiare artificialmente la nostra prosperità, il raggiungimento di questo traguardo sarà impossibile. Solamente una moneta sana e un governo con poteri limitati potranno spingerci in questa direzione.

I titoli auriferi sono una nicchia come tante - gz  

  By: GZ on Venerdì 10 Ottobre 2003 21:48

Tutti i titoli auriferi del mondo equivalgono in capitalizzazione alla TIM, se mi sbaglio a Telecom italia. Il settore aurifero rappresenta quindi circa lo 0.3% della capitalizzazione delle borse mondiali Mettere tutti i soldi in titoli auriferi è come mettere tutti i soldi nel settore crociere o nel settore trasporto marittimo di greggio o nel settore casinò o nel settore software per videogame o nella Thailandia o nell'Argentina o nella Turchia Con un attimo di pazienza si possono trovare sei e sette settori di nicchia come l'aurifero (alcuni di quelli che ho citato e altri come diversi comparti del settore immobiliare usa) e diversi paesi che hanno tutti la capitalizazione dell'aurifero (cioè degli 0.3% o 0.4% del totale delle borse mondiali) e sono saliti negli ultimi tre anni della stessa percentuale. Ma a differenza dei titoli auriferi questi altri settori pagano dividendi e hanno utili e non solo "proiezioni" sui redditi futuri dei loro giacimenti d'oro e argento in africa o sudamerica. Per uno che guardasse strettamente ai numeri dei bilanci e non si fidasse delle proiezioni i titoli auriferi sono valutati peggio di Ebay o Amazon Quello che rende questa nicchia dei titoli auriferi un settore "speciale" è la teoria che ci sta dietro che il mondo crollerà e tutti avranno bisogno di oro

 

  By: banshee on Venerdì 10 Ottobre 2003 21:04

la sua allocazione raccomandata è rimasta a zero per cento in azioni nonostante il nasdaq sia rimbalzato del 70%, gli indici a piccola capitalizzazione del 70%, gli S&P del 34%, tutti i mercati emergenti di più del 50% e persino il Giappone di più del 30% ---------------------------------------------------------------- Ad onor del vero, Russell non ha evitato completamente le azioni. Ha consigliato tutta una serie di azioni dell'oro e dell'argento, alcune delle quali sono raddoppiate, altre si sono apprezzate piu' del Nasdaq, ed altre hanno guadagnato intorno al 50%. Tra tutti gli indici che ha menzionato, non vedo lo HUI. Chissa' perche', ma nessuno lo menziona mai. Eppure il suo apprezzamento quest'anno sta appena un'inezia sotto quello del Nasdaq.

E' dura stare fuori per un anno dalla borsa quando sale - gz  

  By: GZ on Venerdì 10 Ottobre 2003 20:19

I gestori e analisti di borsa non sono economisti i quali se la possono cavare con i libri e le analisi, che per loro fortuna nel caso dell'economia non sono mai troppo esatte ^Richard Russell ha raccomandato per tutto il 2003 di non comprare azioni#http://www.dowtheoryletters.com/dtlol.nsf^, la sua allocazione raccomandata è rimasta a zero per cento in azioni nonostante il nasdaq sia rimbalzato del 70%, gli indici a piccola capitalizzazione del 70%, gli S&P del 34%, tutti i mercati emergenti di più del 50% e persino il Giappone di più del 30% Se tu fai il consulente di borsa come Russell devi spiegarmi perchè io debba evitare 12 mesi di rialzo di borsa. Questa ^analisi della Cina, del deficit e del dollaro può essere corretta e posso condividerla#www.cobraf.com/forumf/cool_r_show.asp?topic_id=0&reply_id=37167^, ma a CHE PREZZO SIA GIUSTA E IN CHE MESE DELL'ANNO sia giusta è quello che conta. Secondo me adesso ad es è presto perchè abbia conseguenze pesanti. Anche perchè il trend di lungo periodo delle borse è al rialzo per cui non è la stessa cosa sbagliare comprando e sbagliare restando fuori. C'è gente come Prechter e se non ricordo male anche Russell che era negativa quando le borse hanno cominciato a salire nel 1996 e essendo stati fuori dalla borsa nel primo anno di rialzo poi non potevano perdere la faccia ed entrare nel 1997 quando era un 20% più alta. E nel 1998 pure non potevano dire di comprare dopo che era un 40% più alta. E così hanno atteso gufando sempre fino al 2001 quando finalmente è scesa e lì hanno detto "...ah...vedete che alla fine avevamo ragione...". E' molto raro trovare degli orsi cronici come Russell che riconoscano onestamente di essersi sbagliati e spieghino il perchè, preferiscono buttarsi sulla macro-economia, predire questo crash catastrofico del dollaro e dire di tenere tutto in oro. ^Bisogna però che questo crash arrivi presto ora#www.cobraf.com/forumf/cool_r_show.asp?topic_id=0&reply_id=37209^, altrimenti rischiano di squalificarsi come negli anni '90

 

  By: CORTO on Venerdì 10 Ottobre 2003 19:24

Buon giorno a tutti, ecco Richard Russell ("integralista fondamentale?) -- Just a few words today. I want to talk fundamentals. The economic fundamentals are as follows – China and Asia can, and are, producing merchandise far below the cost of what that merchandise can be produced for here in the U.S. Now the service industry too (think India) is moving towards Asia. This is creating huge imbalances in the transfer of funds. It’s producing half a trillion dollars a year in a U.S. negative trade balance. On top of this, the U.S. Federal budget is out of control to the tune of another half trillion dollars. These enormous imbalances must be addressed sooner or later. They are unsustainable. This means that either the U.S. accepts a major recession, which cuts consumer buying way back in the U.S. or – The U.S. dollar sustains a huge drop in value against other currencies, particularly the Asia currencies or – The Chinese and most of Asia agree to a major revaluation upwards of their currencies and particularly the Chinese renminbi. Or the U.S. puts up stiff tariffs. Which of these are the most likely to occur? We know the U.S. administration, backed by the Fed, will not accept a recession or even a slowdown in business. Thus, we see the Fed fighting any recessionary tendencies with everything in its arsenal. The main idea is to keep consumers buying, and this adds to the problem, since it keeps the negative trade balance going and even increasing. The U.S. authorities would like a weaker dollar, but Asia has been fighting this by buying dollars in an attempt to keep the dollar strong. Tariffs would lead to retaliations and a trade war. The Chinese have no intention of allowing a major revaluation upwards of the renminbi. They like matters the way they are, since they have the acute problem of putting millions of Chinese unemployed to work. My belief is that ultimately the dollar must fall, maybe 30%, 40% or even more against a basket of all currencies including the Asian currencies. This is a fundamental market solution. Even if this happens it may not solve the trade imbalance problem. But it would be a fundamental move in a situation that is unsustainable. The longer the dollar solution is held off, the worse the situation. The twin problems of the Iraq and Afghanistan are pushing the U.S. budget imbalances even further and further into the red. The U.S. policy of being policeman to the world, I believe, will prove to be unsustainable over time. It is also an added pressure on the dollar. From my subscriber’s standpoint, we need insurance. We take out insurance against car trouble, we take out insurance against home trouble, we take out insurance against our lives. What about insurance against the item that everything we own is denominated in – and obviously I’m talking about the dollar? Insurance against the dollar consists of gold, to a lesser extent gold stocks, and another currency. The main competing currency to the dollar, as I see it, is the euro. Thus I believe it is wise, if not mandatory, to own gold, gold stocks and probably euros in the form of German short-term bonds denominated in euros. The above are the fundamentals, as I see them. Two and two equals four. Yet if you tell people that two and two equals five often enough and with authority, in time many people will believe you. Many years ago the dollar “was as good as gold,” since you could turn your dollars into the government and receive gold. Today the government is implying that the dollar is still “as good as gold.” After all, you and I continue to work for dollars, don’t we? Yet today the dollar is simply as good as our confidence in the dollar. Intrinsically, the dollar is worth nothing, and dollars can and are printed by the billions every week by the government. Yet by law we must accept dollars because the U.S. government states that they are “legal tender.” Logically, this tells us (at least it tells me) that the dollar as a store of value is doomed. It’s only a matter of time before the dollar falls, and falls big time. The above are the fundamentals as Richard Russell sees them. Only God knows the timing of the dollar’s fall, but the ultimate fall of the dollar should be understood by every one of my subscribers. And that’s all I have to say for this weekend. Mull it over, guys and gals, because I firmly believe that it’s the truth. As for gold, it will fluctuate, but head generally higher, since gold is in a primary bull market. The central banks will do everything they can to halt the rise of gold, since rising gold, particularly fast-rising gold, constitutes a red flag for the central banks. It’s a red flag that tells the world that intrinsic wealth is preferable to fantasy wealth, and fantasy wealth is what the central banks are now offering to the world in the form of fiat currencies, or paper. (October 4, 2003) -- corto

il mercato all'estero è buono e vale la pena giocarlo fino alla fine - gz  

  By: GZ on Martedì 07 Ottobre 2003 02:23

(luccarini)....nel 2000 l'oro valeva 240/250 e adesso mal che vada 360. E visto che nel frattempo le borse sono scese mediamente del 40% mi sembra abbastanza chiaro stabilire quale asset sia in fase toro e quale no. O i numeri non interessano più di tanto?... ----------------------------------------------- Per uno che guardi alle azioni italiane questo è vero. Anche se tutti i titoli auriferi del mondo capitalizzano quanto TIM e quindi è come dire che una nicchia che vada bene la trovi sempre. Anche il settore videogame ad esempio è andato molto bene, più o meno quanto l'aurifero, ma chi ha il coraggio di puntare tutto su un settore minuscolo come gli auriferi o i videogames ? Per chi investa nelle azioni americane e asiatiche (magari tramite fondi-indice per semplificarsi la vita), gli ultimi 12 mesi sono stati SPETTACOLARI, purchè non ci si limitasse a comprare i titoli soliti a grande capitalizzazione. Il TITOLO MEDIO in America è ora al livello più alto della storia e sui livelli di marzo 2000. In italia non esiste un indice che misuri l'andamento del titolo medio, cioè che dia lo stesso peso a i titolini e alle mega-società, ma in america esiste , il Value Line index e mostra (vedi grafico sotto) che il titolo medio è sui massimi storici. Idem se prendi gli indici come il Russel 2000 o l'S&P 600, sono vicini ai massimi storici. E non è teoria a posteriori perchè io ad es per ^l'america suggerisco portafogli di una dozzina di titoli del genere e sono ora sopra i livelli di marzo 2000#www.cobraf.com/abbonati/trading/Portafoglio.asp?type=am^. Per i paesi emergenti e l'asia idem, gli ultimi 12 mesi, (ma anche 18 o 24 mesi in alcuni casi) sono stati tra i migliori della storia. C'è una forbice impressionante tra i titoli piccoli e quelli grandi negli USA e una forbice tra europa e resto del mondo: se uno gioca sull'estero e sui "piccoli" il mercato è toro e il mercato attuale americano ad esempio simile a quello del 1998-2000. Se anche tutto questo durasse solo fino a marzo come nel 2000 e fosse seguito da un crash vale la pena di giocarlo fino in fondo, così come a ottobre 1999 il mercato nel suo insieme (e in Italia) era vicino alla "fine" (che arrivò nel marzo 2000), ma gli ultimi mesi furono i più spettacolari

 

  By: CORTO on Martedì 07 Ottobre 2003 00:53

...ho navigato molti mari e queste onde di Elliot...è come inseguire le forme mutevoli dell'acqua... La vedo così. Assicurazione di portafoglio: quanto sono disposto a pagare per assicurare il portafogli da una crisi sistemica (anche solo temuta)? Il 5 , il 10 per cento? Lo investo in oro/argento e se l'assicurazione costa meno tanto meglio. In ottica di trading poi condivido Blizzard e noto che questi movimenti al ribasso spazzano via un po' di speculazione non i believers. Attenzione l'oro in questi ultimi anni non ha ancora assaggiato l'ebbrezza del volo alimentato dal panico. E' cresciuto su solidi fondamentali e su un po' di combattuta speculazione. Poi anche l'oro, dovesse andare in bolla, lo si può vendere: a quel punto non assicurerebbe più nulla. cordiali saluti a tutti corto

 

  By: blizzard on Lunedì 06 Ottobre 2003 20:52

 

  By: Luigi Luccarini on Lunedì 06 Ottobre 2003 20:07

Ricominciamo la litania... Nello spirito del berlusconismo imperante le informazioni vengono date (purtroppo anche su questo sito) sempre a metà - quella parte del bicchiere che si preferisce. La Banca Centrale Svizzera - mi sono preso la briga di andare a controllare - un bel dì si è alzata e così, senza che nessuno glielo avesse chiesto, ha "confermato" che nel 2004 venderà un po' del suo oro. La notizia ha più o meno la stessa valenza di quello che potrebbe essere l'annuncio di un prossimo allenatore per l'Inter alla fine di questa stagione: roba scontatissima, insomma. Che poi questa sia la conferma che l'oro è un po' manipolato - nel senso che il suo rialzo giova a pochi e quindi quasi tutti hanno interesse a comprimere il suo prezzo - mi interessa punto. Il COT segnala che da due mesi i commercials stanno impazzendo per venderlo e così l'argento: le barre put sono le più estese da quando si fa la conta dei contratti derivati. Molte posizioni short sono state aperte però intorno ai 360/365$ e quindi tecnicamente sono in perdita. Cavoli loro, mi viene da dire: con il dollaro che si svaluta e la grande recovery in agguato, i manuali dicono che oro e argento dovrebbero anticipare una futura possibile timida inflazione per cui chissenefrega se perde 14$ in un giorno. Perchè nel 2000 l'oro valeva 240/250 e adesso mal che vada 360. E visto che nel frattempo le borse sono scese mediamente del 40% mi sembra abbastanza chiaro stabilire quale asset sia in fase toro e quale no. O i numeri non interessano più di tanto?

 

  By: blizzard on Lunedì 06 Ottobre 2003 20:00