By: Euroforex on Giovedì 03 Marzo 2005 09:11
E' stato ancora una volta il presidente della Federal Reserve, Alan Greenspan, a movimentare il mercato valutario, distogliendolo dalla tentazione iniziale, emersa nei primi scambi della sessione di ieri, di provare a forzare al ribasso, scommettendo sulla possibilità di rialzi del dollaro. Questa possibilità era del resto un'opzione possibile, data l'eccessiva velocità con cui il dollaro era stato venduto dopo l'8 febbraio scorso. Una fase di storno era necessaria ed è tuttora, con una certa probabilità, ancora necessaria. Un possibile ulteriore target al ribasso potrebbe essere, ad esempio, quota 1.3010/20. Ma in questi giorni ci sono ancora troppi dati macro di fondamentale imoportanza per poter azzardare qualcosa di più. In ogni caso, il ritorno al di sopra di quota 1.3280 restituirebbe certamente forza al trend precedente, favorevole alla moneta unica, e in generale sfavorevole al biglietto verde.
Tornando a Greenspan, ieri pomeriggio, durante l'audizione alla Commissione Budget della Camera dei Rappresentanti, ha ribadito la necessità di un intervento più marcato per la riduzione del deficit di bilancio. In assenza di misure più incisive la situazione di bilancio potrebbe evidentemente pesare sulla crescita futura statunitense. Greenspan ha quindi espresso fiducia per il progetto di riforma previdenziale presentato dal presidente Bush. In ogni caso, per fornire comunque dosi di ottimismo, il capo della Fed ha poi aggiunto che l'economia americana cresce a ritmi ragionevoli. Ma questo non rappresenta certo una sorpresa. I mercati sono certamente più interessati al futuro che non al presente, su cui pesa l'ipoteca di una politica monetaria ancora molto espansiva e una politica fiscale spendacciona. La reazione dei mercati alle parole di Greenspan è stata favorevole all'euro, che si è riportato sopra 1.3100, rimanendoci anche nelle fasi successive.
Per oggi si attende la decisione sui tassi da parte della Bce (non dovrebbero giungere novità), mentre nel pomeriggio avremo i soliti sussidi settimanali di disoccupazione in Usa, insieme all'indice di produttività e all'Ism non manifatturiero